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Babbo Gufo


Quello sarebbe stato il miglior compleanno della sua vita, senza alcun dubbio. Monsieur Damocles se n'era convinto sin da quando, la sera addietro, rincasando aveva scorto un grosso gufo planare sopra di lui. In città! L'aveva preso come un segno, come la prova del nove, come il pipistrello che aveva dato la propria benedizione – maledizione? – a Batman. E lui, novello Bruce Wayne, quella notte aveva dormito sogni tranquilli, felice come un bambino.

   Si alzò presto, come ogni mattina, e fece una colazione abbondante, concedendosi anche un croissant in più – insomma, era pur sempre il suo compleanno. Uscì di casa di ottimo umore, non prima di aver portato con sé il prezioso costume da supereroe perché, si sa, il crimine non dorme mai. Qualcuno avrebbe potuto aver bisogno di aiuto e magari Ladybug e Chat Noir sarebbero stati troppo impegnati con un'akuma per intervenire. Toccava dunque a lui difendere la brava gente di Parigi, a qualunque costo.

   Lungo il tragitto, però, gli capitò di passare davanti a un ristorante orientale e di colpo gli tornò in mente quella ragazzina giapponese che aveva avuto la faccia tosta di spacciarsi come insegnante di arti marziali – e invece aveva finito solo per mostrargli qualche pozione yoga che lui avrebbe preferito dimenticare. Quello spiacevole ricordo intaccò vagamente il suo buon umore e l'uomo atteggiò il viso in una smorfia, cercando di scacciarlo via. Ripensò al gufo della sera precedente e gli tornò il sorriso sulle labbra, ripetendosi che era senza dubbio un segno.

   La giornata di lavoro andò avanti a fatica: studenti negligenti, due note e una sospensione; genitori sul piede di guerra perché i loro pupilli erano stati puniti per qualcosa che sicuramente non avevano fatto; docenti che si lagnavano per le lamentele dei genitori. Uscì da scuola con un'emicrania che, inutilmente, aveva già provato a far passare con un analgesico e valutò l'idea di andare in qualche sala da tè per rilassarsi davanti a una tazza fumante e un vassoio di pasticcini che sicuramente gli avrebbero risollevato il morale. Fu costretto ad abbandonare quel dolce progetto quando arrivò alla propria automobile e si accorse che qualcuno gli aveva forato tutti e quattro gli pneumatici. Se solo avesse avuto quei teppistelli fra le mani...! Affondò la faccia nel palmo di una mano, cercando di recuperare la calma, e si armò di cellulare per chiamare un carro attrezzi.

   Una volta sistemata la questione e consegnata l'auto a chi era accorso in suo aiuto, decise di fare due passi a piedi. Costeggiò Place des Vosges, domandandosi che fine avesse fatto la benedizione del gufo, e fu in quel momento che sentì un vociare concitato. Gettò uno sguardo in quella direzione e riconobbe subito due studentesse della sua scuola, Marinette Dupain-Cheng e Alya Césaire. Con loro c'erano due bambine, sicuramente gemelle, la cui somiglianza con Alya era piuttosto marcata. Dovevano essere le sue sorelline, pensò l'uomo, rallentando il passo e cercando di capire cosa stesse accadendo. Erano tutte e quattro con il naso all'aria e gli occhi puntati verso le fronde di un albero, la cui chioma rigogliosa gli impediva di scorgere alcunché.

   «Dobbiamo aiutarlo a scendere!» stava dicendo una delle piccole con voce disperata.

   «Se cade, si fa male!» le diede man forte la sorellina. «Dobbiamo chiamare Ladybug e Chat Noir!»

   Monsieur Damocles spiccò una corsa verso il bar più vicino, chiese di andare in bagno e ne uscì due minuti dopo con indosso il suo glorioso costume da supereroe. Tornò di filato in strada sotto lo sguardo attonito degli avventori del locale e, una volta a Place des Vosges, si arrampicò sul sedile di una panchina alle spalle delle quattro fanciulle. Chiuse le mani a pugno, le ancorò alle anche paffute e s'impettì tutto. «Non temete! Il Gufo è qui per aiutarvi!» esclamò infine, con voce impostata e altisonante.

   Alya e Marinette lo fissarono dapprima stupite, poi quasi sul punto di scoppiare a ridere. Ella ed Etta, invece, strabuzzarono gli occhi con gioiosa meraviglia e iniziarono a saltellargli attorno tutte contente. «Presto! Presto! Ha bisogno di aiuto!»

   «Sono qui apposta!» annunciò l'uomo, scendendo cautamente dalla panchina per paura di prendere una brutta caduta e fare la figura dell'imbranato ancora una volta. Le bambine lo afferrarono per il mantello prima ancora che lui avesse messo anche il secondo piede a terra e, trascinandolo fino ai piedi dell'albero, quasi lo strangolarono.

   «Smettete di tirarlo! Rischiate di fargli male!» le rimproverò Alya. «Le chiedo scusa, monsieur Dam... Gufo!» si corresse subito, stando al suo gioco come sempre. Insomma, quell'uomo non faceva del male a nessuno, vestendosi in quel modo bizzarro, e anzi cercava di dare una mano quando poteva. Era forse una stramberia, d'accordo, ma lo avevano già deriso a sufficienza in passato causandone l'akumizzazione, perciò non era il caso che la storia si ripetesse. Ormai tutti, in città, fingevano di credere a farsa e andava bene così: a ciascuno il proprio sogno.

   «Non temete, ci penserò io a tirare giù dall'albero quel gattino», si propose subito monsieur Damocles, battendosi un pugno sul petto con fare orgoglioso.

   «Ehm... veramente...» tentò di farlo ragionare Marinette, visibilmente nervosa. Prima che lei potesse continuare, però, Ella ed Etta ricominciarono a strillare di gioia, creando solo e unicamente scompiglio.

   «È vecchio!»

   «Ha i peli bianchi!»

   «È pure piccolo!»

   «Ha la schiena curva!»

   «Non preoccupatevi», intervenne l'uomo, pronto a tranquillizzare le piccole, «lo riporto giù in un minuto.» Ignorando il gesto di Marinette, che si portò entrambe le mani davanti al viso, monsieur Damocles alzò gli occhi alla chioma dell'albero e solo dopo qualche istante vide una figura rannicchiata su un ramo, piuttosto ben nascosta. Rimase a bocca aperta, incapace di proferire parola per diversi secondi. Infine, esclamò: «Ma non è un gatto!»

   «Eh, no», ammise la figura sull'albero, stringendosi nelle spalle. «E starei bene dove sto.»

   Il preside dell'istituto François Dupont aggrottò le folte sopracciglia scure, squadrando quell'ometto piccolo e anziano. «Sicuramente dev'essere l'Alzheimer», suggerì alle sue studentesse, convinto di essere arrivato alla soluzione di quel mistero. Insomma, cosa mai poteva farci un anziano su un albero?! Marinette emise un verso esasperato, battendosi una mano sulla fronte. «Non si preoccupi, signore, ora la tiro giù!» annunciò monsieur Damocles, iniziando ad avvicinarsi di più al tronco.

   «Nonnino, non farti male», disse una delle due gemelline.

   L'uomo si voltò a guardarla con aria oltraggiata. «No-Nonnino?!» ripeté costernato, mentre Alya faticava a trattenere una risata.

   «Hai la barba bianca, sei vecchio anche tu», gli fece notare l'altra bambina.

   «Sarai mica Babbo Natale?»

   «È vero, ha anche il pancione!»

   «Voi due, smettetela subito!» fu costretta a intervenire Alya, sperando in cuor suo che monsieur Damocles non decidesse poi di vendicarsi su di lei una volta tornati a scuola. Non vista, intanto Marinette faceva segno all'altro signore di approfittare di tutta quella confusione per svignarsela il prima possibile. Sì, perché forse gli altri non sapevano chi fosse quel tipo, ma lei lo aveva riconosciuto all'istante, soprattutto perché i baffi posticci che lui aveva indossato per non farsi individuare da Papillon erano alquanto inutili: si trattava di Fu, il guardiano dei miraculous, che aveva trovato un momentaneo nascondiglio su quell'albero per sfuggire al loro acerrimo nemico.

   «Chiedete immediatamente scusa!» stava dicendo nel frattempo Alya, decisa a rimettere in riga quelle monelle delle sue sorelline.

   «Perché?» domandò Ella, non capendo cos'avessero detto di sbagliato.

   «Babbo Natale è anche meglio di un supereroe!» confermò Etta, convinta di quella verità.

   «Porta i regali a tutti i bambini del mondo in una sola notte!»

   «Quelli sì che sono superpoteri!»

   Entrambe le bambine tornarono subito a rivolgersi all'uomo in costume. «Gufo, ma tu ce l'hai un miraculous

   «Quello del Gufo?»

   «E che superpotere hai?»

   Preso in contropiede, monsieur Damocles fece un passo indietro. «No, ecco... io veramente...» Oh, diamine! Non solo il giorno del suo compleanno si stava rivelando un disastro, ora ci si mettevano anche quelle due piccole pesti a mortificarlo?!

   «Il Gufo è come Batman», venne in suo soccorso Alya, dotata come sempre di grande fantasia e prontezza di spirito. Vide Ella ed Etta sgranare gli occhi e spalancare la bocca e capì di aver fatto centro e catturato tutta la loro attenzione. «Un semplice uomo armato di un grandissimo senso di giustizia. È un esempio da seguire, perché ci insegna che tutti noi, nel nostro piccolo, possiamo essere degli eroi.»

   Il preside la guardò con gratitudine e tornò a impettirsi. «Sono al servizio dei cittadini e della giustizia!» Quella frase conquistò il cuore delle bambine, perché subito gli furono addosso, aggrappandosi alle sue possenti braccia quasi fossero state due koala. In preda all'entusiasmo, si dimenticarono del motivo per cui avevano richiesto il suo aiuto, tanto che Fu riuscì a scendere dall'albero e a defilarsi senza farsi vedere, portando con sé la grossa borsa nella quale nascondeva la scatola dei miraculous. Marinette tirò un sospiro di sollievo e s'irrigidì quando sentì fare di nuovo riferimento al vecchietto malato di Alzheimer.

   «Ma che fine ha fatto?» domandò Alya, cercando di scorgerlo tra le fronde.

   «L'ho visto andare via poco fa», spiegò la sua amica, facendo un vago cenno con la mano, come a dire che ormai era lontano.

   «E come ha fatto a scendere?!»

   «Magari non era poi così anziano come sembrava...»

   «Lo vedete, bambine?» riprese parola monsieur Damocles, mentre le monelle gli si arrampicavano sul collo e sulle spalle. «Mai giudicare dalle apparenze: anche una barba bianca può nascondere un atleta di tutto rispetto.»

   «Ben detto, nonnino!» lo appoggiò Etta.

   «Cos...?!»

   «È un boomerang, questo?» volle sapere invece Ella, sfilandogli l'arma dalla cintura e saltando a terra per osservarlo meglio.

   «No, ferma... Ridammelo!» Quella però scappò via, agitando il boomerang per aria e lanciando un grido di guerra. Sua sorella la imitò e, manco a dirlo, il povero Gufo fu costretto a inseguirle, alimentando in quel modo la loro voglia di giocare a guardia e ladri.

   «Povero monsieur Damocles...» mormorò Marinette, osservando la scena con una certa ansia per la salute dell'uomo.

   «Povera me, se quelle due non si fermano immediatamente!» esclamò invece Alya, mettendosi anche lei all'inseguimento delle sorelle. «Domani il preside mi metterà sicuramente in punizione!» L'amica si apprestò a darle man forte, non del tutto convinta che Alya avesse ragione: per un momento, infatti, proprio mentre lui le passava accanto, le era parso di scorgere un sorriso divertito sul volto dell'uomo.

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