17. Velocità
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L'ho vista, cazzo! Giuro, era una reale! Era... Era un'ombra, una sagoma nera, tipo... umana, tutta allungata, una macchia scura, con testa, braccia e gambe, ed era dietro di lui, e aveva due occhi... bianchi, cazzo! Due puntine, ed è comparsa all'improvviso, e io ho cominciato a urlare, che cazzo è?! Che cazzo è?!
Yassine è scattato di lato, si è girato nella direzione in cui stavo puntando il mitra, ma non c'era più nulla. Cosa, Cosa, mi fa. Dove?! E io, c'era una cazzo di sagoma, dietro di te, era proprio lì!
E lo so che cosa ha pensato, Cristo, gliel'ho letto in faccia, perché ormai per lui io ero finito, nulla di quello che dicevo andava preso sul serio, e anche quello era un trucco per sviare il discorso, un altro pericolo immaginario che mi ero appena inventato per manipolarlo e mandare in vacca la missione. Ma poi, ho visto il guizzo della sua paura. Ero impazzito. Ero un pazzo con un mitra in mano. E, giuro, ho avuto il sospetto pure io.
Ma poi, il suo sguardo si è proiettato altrove, verso al vetro del diorama degli orsi polari, ha sbarrato le palpebre, e ha cominciato a urlare, con l'indice teso.
E io ho aperto il fuoco, cazzo, ta-ta-ta-ta-ta, e la saletta si è trasformata in un bordello, con le vetrine in frantumi, le finestre esplose, e il rinculo! Non riuscivo a tenere fermo il mitra! E a un certo punto stavo sparando in direzioni a caso, con Yassine che mi urlava in modo assurdo e disarticolato, in mezzo alle pallottole che rimbalzavano sui muri, cazzo! Se ci penso! Dio, sono... Sono andato a un passo così dall'ammazzarci entrambi...
Prende fiato.
C'era... c'era lo scheletro di una balenottera, attaccata al soffitto. Era lunga tipo venti metri. Se c'era rimasto qualcosa di integro, dopo che ho svuotato il caricatore, è finito schiacciato dalle sue ossa.
Siamo rimasti immersi nel silenzio. Tremavo, e Yassin si era chiuso a guscio sul pavimento, con le mani sulle orecchie. Quando si è alzato, ho detto, Yas, lo hai visto? Lo hai visto anche tu?! E lui mi ha preso per mano, letterale, e mi ha strattonato via.
Usciamo di qui, mi ha detto. Subito.
E non abbiamo più aperto bocca, finché non siamo tornati a Sesto.
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Qui Gioele Rota, come sempre.
Ho bisogno di sfogarmi un attimo. Non so quanto questo discorso potrà essere utile a chi verrà, ma... Ma devo parlarne. Non riesco a iniziare il discorso, altrimenti.
Credo che Yassine, negli ultimi tempi, si sia fatto un'idea di me che non c'entra un cazzo con la realtà. Lui credeva che io fossi soddisfatto. Che non aspettassi altro che succedesse una cosa del genere, per dimostrare che dovevamo rimanere qui, e che era troppo pericoloso avventurarsi fuori. Quando siamo tornati a Sesto, abbiamo lasciato il furgone in mezzo al piazzale, con tutte le armi ancora dentro, e ci siamo chiusi in una camera di Villa Torretta. Eravamo seduti per terra, io alla pediera e lui contro il muro, e ci guardavamo in faccia, senza riuscire a spiccicare parola. Stavamo entrambi ripensando a quella cazzo di ombra, credo io, o al casino che è scoppiato dopo, con i proiettili e il fottuto scheletro di balena che crolla.
Poi, a un certo punto, mi fa, Gio, ma che cazzo era?
E io, non lo so, Yas.
E queste sono state le prime cose che ci siamo detti, da quando siamo usciti dal museo.
Be', mi fa poi, con un tono strano, tipo sarcastico. Alla fine avevi ragione tu, eh?
E io, su che?
Sul fatto che dovevamo starcene qui, belli buoni.
Pausa.
Solo che è una cazzata, però. Non avevo ragione io. Magari fosse così! Non volevo andare a Milano? Sì, okay! Sotto sotto non ci volevo andare, non ho problemi ad ammetterlo, a 'sto punto. Ed è anche vero che ho fatto di tutto pur di rimandare. Ma, punto primo, non credo proprio mi si possa imputare chissà che colpa o chissà che piani subdoli solo perché avevo paura. Punto secondo, se fosse vero quello che ha detto, vorrebbe dire che... quel coso, quel... quell'ombra umanoide, cazzo, è... è un problema che sta... solo a Milano. Come se, tipo... fosse confinato lì.
Ma come può essere questa la realtà? Come può crederci? L'ha vista, com'era. E come si è spostata veloce. Era...
Oh, Dio. Mi piacerebbe tanto che fosse così, cazzo. Lo spero. Ma non sembrava una cosa che sta ferma in un punto. Non sembrava nemmeno...
Deglutisce.
È da quando siamo tornati che non faccio altro che pensarci. Mi sono venute in mente tante di quelle cose, tipo, che quell'ombra è comparsa mentre ci stavamo urlando addosso. Ha senso? Vuol dire qualcosa? Tipo che dobbiamo stare in armonia, per tenere lontani gli spettri? Cazzo, ma non è una favola per bambini, questa. Ci stanno corpi sfracellati nelle macchine a tutti gli incroci, c'era un treno che aveva continuano a marciare con tutti i passeggeri immobilizzati dentro, ci saranno stati pure aerei nel cielo, cazzo! E, in tutto questo, io dovrei credere che ci stanno degli spettri che si preoccupano che io e Yassine andiamo d'amore e d'accordo? Cioè, tipo, dovrebbe essere una morale?! No, cazzo. Non lo accetto.
E poi, mi è venuta in mente anche un'altra cosa. Perché ho ripensato alle lancette che si sono spostate di un secondo, e al fatto che questo, in teoria, dimostra che il tempo non è davvero fermo come pensavamo noi, ma è, tipo... come se andasse al rallentatore, e che quello che per l'orologio è un secondo per noi corrisponde a settimane.
E, non lo so. Mi sono chiesto, ma la gente ferma... ci vede? Cioè, riesce ad accorgersi di noi, quando ci spostiamo da un posto all'altro davanti a loro, oppure è... cieca? Perché finora io e Yassine abbiamo dato per scontato che fossero come manichini, e che non si rendessero conto proprio di nulla. Ma se il tempo non è fermo, ma scorre solo più piano, allora, in teoria... potrebbero anche vederci, tipo. Cioè, magari no, perché la differenza di velocità tra noi e loro è troppo esagerata. Però...
Singulto.
Dio. Scusate.
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Scusate, riprendo.
Deglutisce.
Il fatto è questo. Io ho sempre dato per scontato che i vocali che sto registrando fossero per dei superstiti come noi, che magari sarebbero arrivati qui tra chissà quanto. Ma se il tempo non è fermo, se la gente si muove solo a una velocità diversa rispetto a noi, allora... Cioè... È per loro che li sto registrando. Sono loro che prima o poi li troveranno. Non altri, ma loro. E questa cosa, non lo so, mi ha messo addosso una tristezza assurda, perché... I miei genitori, ad esempio. Loro, di domenica, si svegliano intorno alle otto e mezza. Ma per come sta andando il ritmo, è chiaro che io sarò stra-morto, a quell'ora, mi sarò addirittura già ampiamente decomposto, e loro si sveglieranno, si chiederanno, dov'è Gioele? Perché non è nel suo letto? E poi, tra chissà quanto, leggeranno il mio nome nelle scritte che ho lasciato sui muri, capiranno dove ho messo le registrazioni...
Sospira.
Non lo so. È solo che era tutto meno orribile quando pensavo che loro avessero solo perso coscienza.
Ma non è questo il punto. Il punto è che, poi, ho pensato a quell'ombra, dentro il Museo di Storia Naturale, e al modo rapidissimo con cui si è spostata da un angolo all'altro della stanza, al punto che, cioè, per me era solo sparita e ricomparsa da un'altra parte, come se usasse il teletrasporto, o qualche specie di magia.
Ma se fosse molto più banale, la questione?
Non lo so, giuro. In certo momenti ho davvero il dubbio di aver perso la testa e di non essere in grado di ragionare. Però mi sembra un discorso più che sensato, a questo punto. Come noi ci muoviamo a velocità aumentata, perché n-non... Perché non potrebbe esserci qualche altra cosa, o creatura, o entità, oltre a noi, che si muove ancora più veloce?!
E se ci fossero sempre state, quelle cazzo di ombre, ma nessuno le avesse mai viste, perché andavano troppo veloci rispetto a noi? E se io e Yassine fossimo gli unici a poterle incontrare, dal momento che adesso le nostra velocità sono più vicine? Mi sono immaginato questa ombra nera, nella sala del Museo, che si vede sparare addosso trenta pallottole così a cazzo di cane, e in tutta calma se ne va via, facendo a zig-zag tipo Matrix, e ci lascia lì come due scemi.
Non lo so. Devo parlarne con Yassine.
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A essere sincero, non so che effetto abbiano avuto le mie parole su di lui. Quando sono entrato nella sua stanza, a Villa Torretta, era seduto a gambe incrociate sul letto, e guardava con insistenza un punto fisso sul muro.
Gli ho esposto tutto il mio ragionamento, per come potevo; ma lui continuava a restare immobile, come se non fossi nemmeno lì. Non so se stesse pensando che erano tutte cazzate, oppure se ci stesse solo riflettendo sopra.
Mi rendo conto anche io che è una teoria come un'altra, e che potrebbe essere tutto e il contrario di tutto. Ma ho bisogno che Yassine resti presente. Che mi dica che non sono impazzito, e che non sto immaginando tutto. Anche se il cliché di noi due che ci fomentiamo a vicenda nella follia in un mondo in cui siamo rimasti soli continua a mettermi i brividi.
Ho fatto una foto al netturbino, gli ho detto. Così, la prossima volta che notiamo qualche cambiamento, possiamo essere sicuri che non si tratti di un'allucinazione. Dopo vado a stamparla. Se vuoi venire con me...
Gio, mi ha fatto lui, a un certo punto. E, di colpo, ha distolto lo sguardo dal muro.
Quella cosa mi ha guardato negli occhi, ha detto.
Si è accorta che potevamo vederla.
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