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15. Nuvola - Chen-Yi

⚠️ ALLERTA SPOILER! ⚠️

Non proseguite se non avete concluso la lettura di Bluebird!


Il cielo di quella notte era anomalo. Una singola, densa nuvola gravava sulla luna piena che avrebbe dovuto rischiarare il cammino dei Purificatori, soffocando il suo bagliore. Una coincidenza beffarda: proprio come la nube di cui portavano il nome, i membri del clan Kumo dovevano aver creduto di aver avvolto Jiyu in un manto impenetrabile, senza accorgersi delle innumerevoli stelle che brillavano tutt'intorno.

Chen-Yi si fermò sotto le fronde di un acero rosso, alle spalle di Lao Mi che guidava l'operazione. La donna fece cenno agli altri Purificatori di fermarsi e il suo sguardo si posò sulla residenza Kumo, una serie di edifici bassi che si snodavano lungo il versante ripido della collina, adattandosi a ogni irregolarità del terreno come se la struttura fosse venuta fuori dalla roccia stessa. Era un peccato doverla radere al suolo, ma gli Eletti erano stati categorici: ogni possedimento legato a quei traditori andava eradicato, e il loro cognome – così come il loro stemma – sarebbe stato condannato all'oblio. Coloro che non avevano partecipato alla cospirazione l'avrebbero sostituito con uno nuovo, e avrebbero potuto ricostruire una nuova residenza su quell'appezzamento di terra.

Lao Mi suddivise i Purificatori in gruppi da quattro, assegnando un piano a ognuno di loro così da coprire l'intera struttura, poi si rivolse a Chen-Yi. «Trova la bambina al più presto e conducila al sicuro, questo è l'unico compito che dovrai svolgere. Se dovessi trovare qualcuno con lei, non esitare a eseguire il Giudizio: i Conciliatori hanno giudicato colpevoli tutti i membri del clan qui presenti a eccezione di Aobara Kumo.»

Chen-Yi annuì e unì le mani a vortice davanti al petto, poi si mosse. Risalì la collina in scatti rapidi, i piedi silenziosi che sfioravano a malapena la roccia per darsi una nuova spinta verso l'alto. Superò il ruscello di Acqua di Sihir che scivolava in docili cascate per dare energia alla residenza e infine saltò sul tetto, accucciandosi contro le tegole di argilla scura. I Purificatori erano più lenti con le armature di cuoio e lamelle e quelle armi ingombranti che si portavano dietro, perciò la Madre aveva preferito inviare un Tessitore per quel compito: una volta che i suoi fratelli e sorelle si fossero avvicinati alla residenza si sarebbe scatenato il panico, ma lui poteva entrare e uscire senza farsi notare.

Serrò i pugni lasciando tesi indice e medio, posò una mano sull'altra e raccolse il Sihir che quel simbolo gli permetteva di canalizzare tra le dita. Quando spinse verso il basso, l'energia mistica strappò parte della sua coscienza via dal corpo e la proiettò in basso, oltre il tetto, libera dalle costrizioni del piano materiale. Chen-Yi chiuse gli occhi e quelli della sua proiezione si aprirono, mostrandogli la penombra della camera da letto in cui si trovava. Non c'era nessuno all'interno, così Chen-Yi fluttuò lungo il corridoio fino alla camera di Aobara, che era stata allestita non distante da quella dei suoi genitori.

Oltrepassò la porta e una luce calda lo avvolse, insieme al profumo dolciastro del Sihir che permeava l'aria. La sua proiezione non aveva il senso del gusto o del tatto, ma aveva la sensazione che vi fosse più calore in quella stanza che nel resto della casa, il flusso d'Acqua di Sihir doveva essere stato concentrato lì per alimentare il riscaldamento. Al centro della camera, una donna canticchiava una dolce melodia a bassa voce mentre faceva dondolare una culla di legno chiaro, i capelli azzurri raccolti in un'acconciatura tradizionale e l'hanfu rosa che avvolgeva la figura esile. Nessuno era in grado di vedere la sua proiezione a meno che non fosse lui a volerlo, perciò la donna tenne lo sguardo fisso sulla culla mentre Chen-Yi si avvicinava per sbirciare. La piccola Aobara era lì, un fagotto dalle guance rosee e i corti capelli azzurri che dormiva serenamente, ignara dei peccati di chi l'aveva generata.

Chen-Yi sospirò. I Kumo erano un clan prestigioso, avevano goduto per secoli della fiducia degli Eletti, quale corruzione dell'animo li aveva portati a cercare di strappare loro il potere? Quale ragione poteva spingere non un singolo uomo, ma un intero gruppo a voltare le spalle agli Dèi? Se avessero rispettato l'equilibrio che Edoi e Hun avevano donato a Jiyu, se avessero ascoltato la saggezza dei loro precetti, nessuna vita sarebbe stata strappata quella notte e Aobara sarebbe cresciuta in quella casa, con la sua famiglia.

Perché certi uomini non riuscivano ad accettare il peso che gravava dall'altro lato della bilancia? Gli Dèi avevano creato il mondo di opposti, bene e male, entrambi necessari alla sopravvivenza. Volontà e dovere. Guadagno e sacrificio. Chen-Yi l'aveva compreso già dieci anni prima, quando la sua ragione di vita gli era stata strappata via dalle mani, ed era divenuta evidente la necessità di qualcuno che ristabilisse l'equilibrio ogni volta che veniva infranto – così era diventato quel qualcuno.

Le mani del suo corpo fisico si mossero, intrecciando le dita all'altezza dell'ultima falange. Il Sihir scivolò di nuovo dentro di lui e questa volta trascinò le sue membra verso la coscienza, trasferendo le spoglie mortali là dove giaceva la sua proiezione.

La donna urlò quando si accorse di lui. Scattò in piedi e si piegò sulla culla, abbracciandola come poteva mentre tentava di coprirla col suo corpo. «Non hai pietà di una bambina?»

«Non le verrà fatto alcun male» assicurò Chen-Yi, liberando il capo dal cappuccio e il volto dalla maschera di stoffa. «Gli Dèi non puniscono gli innocenti, ma pretendono giustizia da te, Tamayo Kumo. Hai cospirato contro gli Eletti insieme a tuo marito al resto del clan Kumo, progettando il loro assassinio e la vostra conseguente salita al potere. Per le tue colpe, l'Ordine dell'Equilibrio ti condanna a morte. Accetterai la punizione con onore, pagando il prezzo del tuo crimine con la vita?»

Chen-Yi sfilò il tanto che teneva legato sulla schiena, porgendolo ancora infoderato alla donna. Lei lo fissò per un istante che sembrò infinito, abbassò lo sguardo sulla piccola Aobara che mugugnava nella culla, poi tornò sul pugnale. La sua espressione si affilò, gli occhi verdi concentrati e ardenti di vita.

«Non farlo» sussurrò Chen-Yi, ma Tamayo lo ignorò.

In un ringhio feroce si avventò su di lui, gli strappò il tanto dalle mani e lo sfoderò. Chen-Yi non si curò di impedirglielo. Afferrò il wakizashi che aveva al fianco e deviò la coltellata inesperta della donna, facendo tintinnare il metallo in uno schiocco acuto. Spinse via il braccio armato di Tamayo e affondò la lama dritta nel suo stomaco, aprendo un taglio laterale che le strappò un gemito di dolore. Crollò per primo il tanto dalle sue mani e poi il suo corpo, gli occhi spalancati mentre ancora boccheggiava alla ricerca di fiato, il sangue che impregnava la stoffa lacerata dell'hanfu e si riversava sul pavimento.

«I tuoi peccati sono condonati, Tamayo Kumo.» Chen-Yi si inginocchiò al suo fianco, chiudendole le palpebre e sollevando il mento per concederle un'espressione dignitosa nella morte. «Che la tua anima possa raggiungere presto gli Dèi.»

Il pianto di Aobara squarciò il silenzio. Doveva essersi svegliata nella colluttazione e si era affacciata dal bordo della culla, il visino stropicciato in una smorfia mentre continuava a strillare.

«Mi rincresce che tu abbia dovuto assistere» mormorò Chen-Yi, strisciando la lama del wakizashi sulla manica per ripulirlo dal sangue prima di rinfoderarlo.

La bambina non si placò, di certo non capiva cosa stesse dicendo. Forse non aveva neppure compreso cosa fosse successo a sua madre, ma allungò le braccia verso il suo cadavere mentre singhiozzava e gemeva, dandosi la spinta con le gambe nel vano tentativo di raggiungerla.

Chen-Yi si avvicinò con cautela, ma lei urlò più forte quando cercò di afferrarla. Agitò le braccia e cadde all'indietro, scuotendo anche le gambe e la testa con furia.

«Non ti farò del male.» Cercò di ammorbidire il tono, parlando a voce più bassa. «Ti porterò dai Monaci di Nuraijiin e non mi vedrai mai più. Loro si prenderanno cura di te e—»

Qualcosa si mosse sotto la culla. Il pavimento si contorse e si piegò, convergendo al centro di un'ombra così densa da assorbire ogni colore, poi cominciò a turbinare in una spirale che cominciò a crescere e divorare sempre più spazio. Chen-Yi afferrò Aobara, la strinse al petto anche se continuava a dimenarsi e saltò all'indietro, ma il vortice fu più veloce: il piede affondò nel vuoto e l'oscurità lo trascinò a sé, strappandogli Aobara dalle braccia mentre precipitava... giù?

Gli sembrò di roteare mentre cadeva e d'un tratto stava salendo, come se la forza di gravità si fosse invertita. Il sopra e il sotto si mescolarono e il nulla lo investì con mille percezioni diverse, freddo e caldo insieme, un volo nell'aria leggera e un tuffo in un liquido denso che gli impediva di muoversi. Atterrò o forse si rialzò su una superficie liscia che era anche grezza, dura sotto i piedi e così morbida da farlo affondare. Non vedeva niente, non sentiva niente, le sue urla risuonavano solo nella sua testa e le sue mani erano colori senza ombre. C'era silenzio attorno a sé e tanti rumori che faticava a sentire i suoi stessi pensieri, e l'aria... Dov'era l'aria?

Non c'era ossigeno. Ce n'era troppo. Chen-Yi spalancò la bocca e tentò di respirare, ma il petto si riempì di vuoto. Crollò in ginocchio o forse riprese a cadere, non riusciva a capirlo, muoveva arti che non sembravano appartenergli. Sentì il pianto di Aobara al suo fianco, distante chilometri, provenire da ogni direzione e rimbalzare nella sua testa. Era lei quella macchia di colore nell'oscurità? La vista sfumò quel poco che riusciva a vedere, gli occhi bruciavano mentre qualcosa di caldo e denso scivolava lungo le guance, poi un sapore ferroso gli riempì la bocca e si riversò fuori, macchiando l'oscurità di rosso.

Allungò un braccio verso di lei, chiamò il suo nome, non riuscì a fare nessuna delle due cose. Il petto stava collassando, le gambe tremavano, il Sihir non rispondeva, la mente... La mente...

La mente non era in grado di concepire gli Dèi nelle loro forme più pure. Chen-Yi sentiva il loro sguardo su di sé, il paradosso dell'esistenza schiacciarlo, vita e morte che si fondevano assieme in un limbo dove la sua coscienza non poteva sopravvivere. Si abbandonò al nulla e al tutto, pregando Edoi e Hun con ciò che restava della sua lucidità, affidò a loro la sua anima anche se la sua mente non era più in grado di tradurre quei concetti in parole.

Poi una luce sferzò il nero assoluto dal basso e lo tirò giù, davvero giù, una direzione che era in grado di riconoscere. I contorni della camera di Aobara di sostituirono alla dimensione dell'assurdo, tornarono i sensi, fu di nuovo padrone del suo corpo. Cadde sul pavimento di legno e tossì sangue e saliva, si tastò le braccia e le gambe, prese respiri ad ampie boccate finché la fame d'aria non gli concesse un po' di tregua. Il cuore batteva così forte da fare male, si sentiva debole e confuso, ma era vivo. Lode agli Dèi, era vivo!

Cercò Aobara con lo sguardo, trovandola riversa al suolo non distante da sua madre. La voltò a pancia in su, respirava ancora ma quando provò a scuoterla non si svegliò. Era ovvio: Chen-Yi aveva appena assistito al suo Sblocco. Quei vortici avevano consumato così tanto Sihir che il suo piccolo corpo aveva raggiunto il limite in un istante. Quei vortici... Quei vortici li avevano portati nella dimensione degli Dèi e poi di nuovo indietro. Il simbolo di Edoi e Hun si era manifestato dinanzi a lui, trascinandolo al loro cospetto per poi lasciarlo andare. Non poteva ignorare una simile coincidenza, la Madre doveva sapere.

Prese Aobara tra le braccia e la strinse a sé mentre scivolava fuori dalla residenza. Lao Mi e i Purificatori l'avevano già presa d'assalto, le urla dei Kumo si diffondevano nella notte insieme alle preghiere che gli Dèi non avrebbero ascoltato. L'ultima nuvola si era dissolta, e il bagliore della luna piena accompagnò i passi di Chen-Yi verso il Tempio. 

Ebbene sì, ho brutalmente approfittato del Writober per mostrare lo Sblocco di Chloe, ossia la ragione per cui è stata cresciuta al Tempio di Hoshu e non tra i Monaci della Famiglia come sarebbe dovuto essere.

Nulla di nuovo a livello di informazioni, sapevamo già che i genitori di Chloe avessero cospirato contro gli Eletti e che Chen-Yi avesse già visto Oblivion, ma ho pensato che mostrare la scena sarebbe stato interessante :3

Però hey, in effetti qualcosa di nuovo c'è: ora conosciamo il VERO nome di Chloe, Aobara Kumo, che purtroppo lei non scoprirà mai :') È stranissimo rivolgersi a lei in questo modo, almeno a "Kiyoko" sono più abituata, ma è indubbio che "Chloe" sia quello che la rappresenta meglio xD Cosa ne pensate? Io lo trovo comunque carino, significa "rosa blu" e il diminutivo Aoba suona bene ♥



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