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5. Crepuscolo

Nella foschia del crepuscolo è giunta anche una flebile pioggia, che porta con se, lontano, nuvoloni scuri con lampi che illuminano di blu il cielo roseo.

Axia si prepara ad accendere la lanterna per tornare a casa dopo quel primo giorno di addestramento.
Ha fatto mangiare la polvere alle altre reclute, ma non ha abbassato la guardia.
È figlio della Comandante, è impossibile non notarlo. Non vuole che gli altri ragazzi pensino che non meriti di trovarsi lì, così si è impegnato ogni giorno per migliorare sempre di più le sue abilità in combattimento.
È felice di essersi finalmente trovato all'altezza di qualcosa.
Gira la manopola della lampada ad olio, che si anima con una fiammata giallastra, e con un singolo gesto passa il fodero della spada e la borsa dietro la schiena.

Prima che possa lasciare la caserma viene fermato da una voce alle sue spalle. Non la riconosce.

-Sei Axia, vero? -

Il diretto interessato si volta, e incrocia lo sguardo con un uomo. Sembra decisamente più maturo di Axia, ma è certo che si stesse allenando insieme alle reclute, poco fa, insieme a lui. Ha occhi argentati, del colore di quell'unica nevicata di tanto tempo fa, e capelli di un grigio tendente all'azzurrino.

-Sì. Scusa, non ricordo il tuo nome. -

-Siegard. Perchè non vieni con noi? Io e gli altri andiamo a berci qualcosa in taverna qui accanto. Si chiama "Cavallo Impennato", o qualcosa di similmente stupido. Stasera offre il caposquadra. -

Axia ha quasi diciassette anni.

E una birra gratis non gli dispiace affatto. Alza le spalle.

-Certo. -

-Grande! Andiamo, gli altri stanno aspettando lì. -

Axia lo segue, e vorrebbe far proseguire la conversazione in qualche modo, ma non è bravo in queste cose. Raggiungono un gruppo di quasi quindici ragazzi che chiacchierano sotto la pioggerella. Quando vedono Axia cala per un attimo il silenzio, ed è certo che lo stiano guardando con diffidenza. Gli è subito chiaro che nessuno di loro aveva intenzione di invitare il figlio del comandante. Lascia che quegli sguardi scivolino via; sa perfettamente quello che pensano di lui.

Non gli importa.

-Dovete fissarmi come deficienti o andiamo? -

Una delle ragazze fa un passo avanti come per rispondere alla provocazione, ma si morde la lingua. Piuttosto concentra le sue attenzioni su Siegard. -Ti stavamo aspettando! Dai, andiamo. -

Quando entrano in taverna, gli ultimi spicchi arancioni nel cielo scuro stanno lasciando il posto a un azzurro serale. È un locale piuttosto grande e affollato; i tavoli sono bassi, ci si accomoda su dei cuscini sul pavimento per bere.

Axia nota che per tutta la serata, diverse persone tentano di far colpo su Siegard, ma nessuna di loro ha successo. Dopo il terzo boccale di birra la parlantina fluisce molto più facilmente, così smette di pensare e inizia a parlare: -Non te ne frega niente? Che stasera potresti portarti al letto qualcuno? Ci hanno provato in, tipo, 4. -

-Ah, - Siegard abbassa leggermente la voce, -lo so. In altre circostanze, magari sì, ma sono sposato. -

-Ah. Ok. Sì, sembri il più vecchio qui. Apparte il caposquadra. Ha senso. -

-Tu potresti scioglierti un po' di più, invece. -

-Nah, sicuramente già mi odiano. Ma me lo aspettavo. Non vedo il problema, non m'interessa. -

Siegard alza un sopracciglio, gesto che fa quasi ridere Axia. -È solo perchè hanno pregiudizi su di te. Fra qualche giorno si renderanno conto che sei uno apposto, dagli tempo. -

Axia butta giù rapidamente il resto della birra. Non ricorda di cosa abbiano parlato, ricorda solo di aver parlato e riso con Siegard di chissàcosa.

E mentre torna a casa, con un debole sorriso illuminato dalla lanterna, si ritrova a non vedere l'ora di parlare di nuovo con lui.

*

Ma perchè devo lavorare NON MI VA ewwww che schifo farsi amici cmq

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