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2. Aurora

È sempre stato un po' drammatico, o almeno così diceva Ava.

Quello che a lei pareva una minuscola preoccupazione, per Axia era un problema insormontabile per il quale disperarsi come un nobile che ha appena perso la sua villa più bella scommettendola a poker.

Come quella volta che, per sbaglio, Ava aveva fatto cadere il modellino preferito del figlio, spezzandolo in due, e Axia aveva pianto per quasi tre ore.

O come quando aveva perso uno dei suoi due guanti rossi. Che fine aveva fatto? Come aveva potuto perderlo? Era proprio lì, lo stava indossando, e poi improvvisamente non c'era più. Il dramma è terminato solo quando Ava, per non sentirlo più, è andata a comprarne un altro paio, ne ha gettato uno per terra, e glielo ha lasciato trovare. Ovviamente non lo ha mai scoperto, che quello non era davvero il vecchio guanto.
Ma, in sua difesa, ingannare un bambino di sei anni è piuttosto semplice.

Ecco, Axia non crede che quelle fossero state delle stupidaggini.

Adesso ha appena finito di asciugarsi le ultime lacrime, scaccia via quelle che stanno per formarsi nuovamente. Ha freddo. Non sa quanto manca alla mattina, non sa da quante ore sia lì, e nonostante sia quasi estate, il suo corpo è pervaso di brividi. Oggi dovrebbe essere il suo quinto giorno di scuola, e mentre dovrebbe trovarsi a casa sua, nel caldo del suo letto, si è rifugiato sul tetto della scuola il giorno prima. Stringe le gambe contro il petto e tiene la testa poggiata sulle ginocchia.

Alcuni bambini più grandi gli avevano detto che non avrebbe avuto il coraggio di imbrattare il cappotto del maestro. Axia non è il ragazzino più brillante della classe, ma ha abbastanza buonsenso da capire che sarebbe stata una pessima idea far arrabbiare l'insegnante, così si è rifiutato, e ha anche detto a quei bambini che erano stupidi.

In quel momento si era sentito fiero di se stesso.

Poi, durante la pausa, qualcuno ha preso la prima bottiglietta d'inchiostro che ha trovato nell'armadio della classe, e mentre il maestro non c'era, l'ha versata sull'indumento, lasciandoci sopra un'indelebile macchia nera.

Non ricorda bene cosa sia successo, sa solo che i ragazzini più grandi sono andati dal maestro a dirgli che lo avevano visto versare l'inchiostro, e che il maestro si è poi messo a urlargli contro. Aveva provato a balbettare qualcosa, ma le persone che gridano lo spaventano, perciò era rimasto seduto sulla sua piccola sedia, a tremare come una foglia finché il maestro non si era voltato.

Axia non sa perché lo hanno preso di mira.

Sa che il sangue gli è salito al cervello, che non ci ha capito più niente, e che è subito scappato dalla classe per evitare di piangere davanti a tutti.

Sa che lo stanno cercando, poco prima c'erano delle persone che urlavano il suo nome.

Non gli interessa.

Non vuole affrontare la realtà.

Non vuole sentire sua madre dire di nuovo che è stato troppo drammatico.

Vuole rimanere su quel tetto per sempre.

Da solo.

Alza la testa, allarmato dal cigolio della botola che ha usato per salire fin lì.

Si aspetta di vedere il maestro, o qualche adulto che intende riportarlo a casa.

Invece, dalla botola esce fuori un ragazzo. Sembra avere poco più di tredici anni, ha in testa una cascata di capelli castani spettinati, ma Axia non riesce bene a vederlo in faccia; è troppo buio.

Il ragazzo chiude la botola il più silenziosamente possibile. Non nota subito il bambino rannicchiato sul punto più riparato del tetto, dietro la ciminiera. Ci fa caso solo quando sta per accomodarsi sulle tegole. Si scrutano a vicenda, e per qualche minuto nessuno dei due apre bocca. Finché il ragazzo non decide di prendere l'iniziativa.

-Sei quel bambino che cercano da ieri sera? -

Axia esita, ma annuisce.

-Ok. Stattene lì, io me ne sto qui. Non mi interessa. Basta che stai zitto. -

Axia annuisce di nuovo, e torna a poggiare la fronte sulle ginocchia in silenzio. Silenzio che dura poco.

-Hai freddo? - domanda il ragazzo, alzandosi, per mettersi di fianco ad Axia; annuisce. Il ragazzo sfila la giacca dalle spalle, dove era solo poggiata, e la lascia cadere addosso al bambino. -Non sei un po' piccolo per stare qui da solo? -

-No. -

-Ah, come ti pare. Come ho detto. Non mi interessa. - il ragazzo si accende una sigaretta con uno schiocco di dita. Axia si stringe nella giacca, rilassandosi al calore che gli fornisce. La linea dell'orizzonte si colora di un violetto aranciato, mentre i primi raggi di sole si preparano a illuminare la città.

Axia non ricorda gli occhi verdi del ragazzo, o il suo volto piegato in un espressione di pietà; per qualche ragione si sente al sicuro. Non pensa più alla mamma che lo sgrida perché si lascia prendere dalle emozioni, non pensa alla rabbia del maestro, non pensa agli altri bambini che gli ridono alle spalle, e finalmente si addormenta, poggiato alla ciminiera, cullato dall'aurora che dipinge il cielo di lilla.

*

Ommiodio è una dramaqueen proprio come me

Non ho voglia di concluderla, decide Blacky quanto si è incazzata Ava

:)

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