⇝ 12. Quel cerbero di Olivia
La lezione di francese proseguiva stranamente con tranquillità, rendendo l'argomento spiegato quasi di più facile comprensione.
Ms. Wilson, neo-eletta docente rappresentante di classe, senza continui schiamazzi e commenti inopportuni di certi elementi, riusciva a spiegare molto meglio e addirittura ascoltare le domande dei suoi studenti senza assumere la sua tipica espressione scocciata; la sua parlata, normalmente frenetica e caratterizzata dall'abilità di incastrare numeri spropositati di parole in un brevissimo lasso di tempo, ora era più bassa e lenta.
La donna dietro la cattedra era talmente diversa che per un attimo Sarah sospettò di avere davanti la sua gemella buona.
Anche se, ovviamente, dietro tutta quella quiete c'era un motivo ben preciso: Max si era assentato almeno venti minuti prima.
La professoressa sembrava essersene dimenticata – o meglio: se lo ricordava benissimo, ma preferiva lasciarlo lì dov'era.
Per una volta che poteva insegnare senza interruzioni, sarebbe stato sciocco rovinare tutto richiamandolo nella stanza.
Tuttavia, non trascorse molto tempo prima che il suo senso di responsabilità tornasse a picchiettarle sulla spalla per attirare la sua attenzione come un bambino fastidioso: se la preside avesse sorpreso quel piantagrane di Torres a bighellonare per i corridoi – o peggio, a importunare giovani donzelle – l'avrebbe convocata d'urgenza nel suo ufficio per cantargliene quattro; la signora Ortiz non avrebbe certo gradito ascoltare la storia di come uno degli studenti più scansafatiche fosse finito a deambulare senza meta durante le ore di lezione.
La Wilson interruppe la frase che stava pronunciando a metà e sospirò rumorosamente, consapevole che da lì a poco si sarebbe pentita amaramente della propria scelta.
« Che fine ha fatto quel fannullone? » domandò retoricamente.
« È in bagno. Gli ha dato il permesso di uscire quasi un quarto d'ora fa. » le rispose Chase Anderson.
La professoressa lo guardò con le sopracciglia aggrottate: dunque era stata quella la scusa patetica che le aveva rifilato per andare a farsi un giro?
Quando il ragazzo aveva sollevato la mano con la sua solita aria tronfia e le aveva chiesto qualcosa, la donna si era limitata ad annuire e ad agitare la mano come se stesse scacciando un moscerino, senza ascoltare per davvero.
La Wilson borbottò tra sé e sé, ancora indecisa se fare la cosa giusta e mandare qualcuno a riportare indietro il problema numero uno o se invece risparmiarsi lo stress e far finta di nulla. Alla fine, però, l'immagine della preside che apriva con veemenza la porta della classe mentre trascinava per l'orecchio il suo detestato alunno la convinse definitivamente a riportarlo in classe.
« Dubito seriamente che quello lì sia ancora in bagno... » bofonchiò.
« Magari ha problemi gastrointestinali, prof. » proruppe Logan, rimasto tranquillo fino a quel momento.
La Wilson gli lanciò un'occhiataccia e, vedendo dipinto sul volto di Sarah il medesimo cipiglio disgustato, la donna non poté che provare empatia per quella ragazza: l'aveva vista molte volte in sua compagnia e ancora non si capacitava di come una giovane così timida e educata potesse trovarsi bene con qualcuno così diretto e burlone.
« Credo sia ora che ritorni in classe. » continuò la donna, decidendo di non rispondere al problema numero due.
« Vuole che vada a chiamarlo? » si propose quest'ultimo, iniziando già ad alzarsi.
« No! Sta' fermo dove sei! Se proprio devo mandare qualcuno, che sia coscienzioso e degno di fiducia. »
Logan incrociò le braccia all'altezza dello stomaco fingendosi offeso e, quando Sarah notò che gli occhi scuri della professoressa si erano puntati su di lei, non poté fare a meno di gonfiare il petto d'orgoglio.
« Williams, mi faresti questo piacere? »
Sarah si alzò dalla propria sedia con la grazia di una gazzella, stirandosi la gonna della divisa e rivolgendo uno sguardo derisorio a Logan.
« Ma-. »
« Non iniziare, Ross. Sono già consapevole che tra poco mi pentirò della mia scelta, non iniziare a farmi venire il sangue amaro sin da subito. »
Sarah camminò con lunghe falcate verso l'uscita, felice di poter fare quattro passi per i corridoi – nella migliore delle ipotesi avrebbe incrociato Ethan e avrebbe potuto scambiarci quattro chiacchiere.
L'ultima cosa che poté udire prima di richiudersi la porta alle spalle, fu l'inizio di una lunga sfilza di lamentele della Wilson riguardanti la sua deludente e stressante vita.
Il corridoio era vuoto e silenzioso, animato solo dall'alunna che con finta serietà – per evitare troppe domande se mai avesse incrociato un bidello – cercava l'amico disperso. I suoi passi risultavano amplificati dal pavimento di marmo opaco, il che le rendeva impossibile conciliare una camminata veloce a un passo felpato. Una professoressa piccola e anziana, prima ancora che la ragazza potesse camminare davanti alla sua porta, si era infatti precipitata a serrarla per evitare di venir disturbata da quello scalpiccio crescente.
Quando Sarah raggiunse i servizi dei ragazzi ci si bloccò davanti, incerta sul da farsi. Li aveva già visti un pomeriggio, quando le era toccato abbandonare la chiave della Stanza, ma adesso che le lezioni erano in pieno svolgimento non le sembrava proprio il caso entrare e bussare ai cubicoli per verificare lo stato di salute di Max.
Inoltre, anche se lo avesse effettivamente trovato, si sarebbero verificati due problemi: Sarah non aveva alcuna voglia di sentire il tanfo che il biondo avrebbe emesso e sarebbe stato imbarazzante farsi sorprendere là dentro da qualcuno.
Come fare? Non poteva mica picchiare contro la porta e chiedere dell'amico, come se si tfosse trovata davanti ad un citofono di un condominio.
Stava quasi per sacrificarsi e poggiare l'orecchio contro di essa per origliare, quando intravide la zazzera rossiccia e la stazza imponente di Nelson dirigersi pigramente verso di lei. Il giornalista la guardò incuriosito, non capendo perché mai la ragazza stesse stazionando proprio davanti alla toilette maschile, ma essendo una persona buona evitò di porle domande scomode.
« Ciao. » salutò Sarah, rispondendo al cenno di capo del ragazzo. « Potresti, per caso, vedere se lì dentro c'è un ragazzo biondo alto più o meno così? » gli domandò, mimando con una mano l'altezza di Max.
« D'accordo... » disse poco convinto Nelson.
La stava prendendo per pazza, Sarah glielo leggeva in viso. Per evitare quindi che questo dicesse al Sergente Olivia che una delle sue revisionatrici non avesse tutti i venerdì al proprio posto, si affrettò ad aggiungere:
« È uscito dalla classe dicendo che gli serviva il bagno più di un quarto d'ora fa, ma non è ancora tornato. »
Il rosso annuì comprensivo, senza tuttavia rivolgere alla ragazza un sorriso rassicurante che le lasciasse intendere di non essere passata per la squilibrata di turno.
Nelson aprì la porta del bagno ed entrò, mentre Sarah lo attendeva fuori con le braccia conserte; lo udì picchiettare con le nocche contro i cubicoli dei gabinetti per assicurarsi che nessuno fosse nascosto, e subito dopo vide il suo ciuffo rosso sbucare dallo spiraglio dell'ingresso.
« Qui non c'è nessuno. »
« Ah... va beh, grazie per l'aiuto. Ci si vede a giornalismo. » replicò la ragazza, rivolgendogli un sorriso non ricambiato.
Poiché, prevedibilmente, Max non era per davvero ai servizi, Sarah decise di avventurarsi al piano terra; magari il biondo aveva semplicemente avuto un leggero languorino ed era andato al bar per mangiarsi un boccone.
Scese gli scalini quasi di corsa, saltellando e tenendosi la gonna affinché non si sollevasse troppo, per poi precipitarsi verso la sala mensa. Man mano che si avvicinava un profumo sempre crescente di carne arrosto le solleticava le narici e, per un attimo, la quattordicenne fu tentata di fermarsi e controllare di avere qualche monetina nelle tasche per imitare colui che stava cercando.
Quando raggiunse la sua meta, la frustrazione di non vedere nessuno nemmeno lì le fece emettere un verso frustrato.
« Hai bisogno di qualcosa, dolcezza? » le urlò Simon, il barista, che vedendola arrivare tutta trafelata aveva pensato fosse successo qualcosa di grave.
Sarah gli si avvicinò con passi lunghi e ben distesi.
« Hai visto, per caso, un ragazzo biondo e alto più o meno così? » ripeté Sarah, replicando la stessa scena avvenuta con Nelson.
Dopo aver pensato che la Forthbay potesse essere colma di "biondi alti così", la ragazza si figurò nella mente il volto dell'amico per poter dare informazioni più precise.
« Ha gli occhi scuri e un po' di acne sulla fronte. »
Simon annuì, facendole tirare un sospiro di sollievo.
« È venuto qui, ha comprato un tramezzino al prosciutto ed è uscito in giardino. »
« Perfetto, grazie mille! » lo ringraziò in tutta fretta la ragazza, non aspettando nemmeno una risposta e schizzando verso la porta antincendio del locale.
Una volta uscita, però, la ragazza si rese ben presto conto che "in giardino" era un'indicazione fin troppo vaga in un'area vasta come quella della Forthbay. Max poteva essere ovunque.
Picchiò il piede contro il selciato per la delusione e incrociò le braccia al petto per il freddo, non aveva nemmeno portato con sé il giubbotto. Alzò gli occhi al cielo e si domandò cos'avesse fatto di male per meritarsi tutte quelle sfighe, maledicendo il momento in cui mrs. Wilson l'aveva scelta per quell'ingrato compito.
La mora cercò di concentrarsi maggiormente e di pensare come solo il compagno avrebbe potuto fare: dove si sarebbe imboscata fosse stata in lui?
Dal momento che non era né in bagno, né al bar, le risposte rimanevano solo due: a fumare o nei dormitori femminili, per rimorchiare qualche ragazza con l'ora libera o per appartarsi un po' con la sua nuova fiamma.
Sarah si diresse con passo deciso verso le camerate delle ragazze, sperando che Max si trovasse nella sala comune e non in qualche camera, poiché altrimenti sarebbe stato complicato andarlo a ripescare.
Ciliegina sulla torta, il suo cellulare era rimasto in classe, rendendole impossibile risolvere il tutto chiamandolo.
In un batter d'occhio raggiunse il portone dell'edificio di mattoni rossi e lo tirò sbilanciandosi all'indietro con tutto il suo peso. Il calore della stanza l'abbracciò come un focoso amante e la ragazza sospirò profondamente sentendo le proprie guance solleticare per lo sbalzo di temperatura.
A Sarah piaceva parecchio passare del tempo in quella stanza, al contrario di Lauren, che preferiva il silenzio e la solitudine della camera da letto. I divani di stoffa erano disposti a ferro di cavallo attorno ad un tavolino, dove alcune ragazze la sera appoggiavano il proprio pc portatile per poter guardare serie tv tutte insieme, e sulla parete c'era appesa una piccola e vecchia televisione da muro; alcune poltrone in tinta con i divani, su cui Sarah amava sedersi nelle giornate di pioggia per guardare l'esterno, erano vicine alle finestre e ai caloriferi. La carta da parati con motivi floreali le ricordava vagamente il soggiorno di nonna Concordia.
Max era seduto su un divanetto e dava le spalle all'ingresso. Sulle sue ginocchia aveva Chloe Fish e il suo inconfondibile caschetto color miele, con cui scambiava un bacio appassionato e colmo d'ardore. Il maglioncino blu scuro della divisa era stato distrattamente gettato sul tavolino da caffé e i capelli color grano scompigliati lasciavano intendere che la ragazza si fosse divertita a farvi scorrere le dita.
Le ciabatte rosa pelose di Chloe, quel giorno rimasta al dormitorio per una banale influenza che a quanto pareva era già passata, giacevano in due posti diversi come se la bionda, occupata ad amoreggiare, le avesse perse in giro senza accorgersene.
Udendo la porta spalancarsi, i due piccioncini si voltarono di colpo per vedere chi mai potesse avere così tanta fretta da aprirla con tale urgenza. Quando gli occhi scuri di Max si posarono su Sarah, le sue labbra si piegarono in un sorriso – al contrario di Chloe, che non aveva affatto gradito quell'interruzione e la guardava con un misto di rabbia e rancore.
Sarah venne presa in contropiede da quel quadretto romantico; immaginava che, se mai l'atleta si fosse trovato là dentro, non l'avrebbe certo trovato a spolverare i mobili, ma non si aspettava mica di sorprenderlo a pomiciare proprio davanti all'uscio d'entrata circondato da abiti gettati alla rinfusa!
Spostò il proprio peso da un piede all'altro visibilmente a disagio, mentre gli occhi nocciola di Chloe la osservavano da capo a piede.
« Ehm... la Wilson ti rivuole in classe... » disse incerta.
Max lasciò cadere pesantemente la testa all'indietro e sospirò frustrato.
« Per una volta che la lascio spiegare in pace ha anche il coraggio di lamentarsi. »
Senza particolare premura e senza dimostrare tatto, spinse via la ragazza dalle proprie gambe, che per poco non ruzzolò a terra.
« Peccato, eravamo sul punto di andare in camera. » valutò con tranquillità lui, come se avesse semplicemente fatto una constatazione sul meteo.
Sarah si considerò fortunata: era arrivata giusto in tempo per riportarlo indietro. Se solo avesse tardato un po', sarebbe stato impossibile individuarlo per almeno altri venti minuti. E non era poi così sicura che la Wilson avrebbe retto emotivamente alla notizia di essersi persa uno studente chissà dove.
Chloe gli posò le mani sulle spalle e si risedette a cavalcioni sulle sue cosce.
« No, dai, resta. » lo pregò con il tono di voce così basso e grave da ricordare le fusa di una gatta.
Per un attimo Sarah pensò che le sarebbe toccato dare la cattiva notizia alla professoressa ma, sorprendentemente, Max le avvolse le mani sui fianchi e la sollevò per spostarla nuovamente di lato.
« Lascia stare, torno in classe. » disse lui alzandosi. « Sarà per un'altra volta. »
La camicia era per metà sbottonata, rivelando il classico fisico asciutto di qualcuno che pratica sport da sempre. Con assoluta nonchalance si diresse verso la compagna di classe con un sorriso amichevole.
« Max? »
« Che c'è? »
« Non stai dimenticando qualcosa? » gli fece notare la mora, indicando con gli occhi il maglione sul tavolino e la divisa aperta.
Solo allora il biondo sembrò ricordarsi delle condizioni in cui versava e, mormorando un ringraziamento, tornò indietro per recuperare quanto lasciato in giro e coprire il proprio petto nudo.
Chloe lo guardò attonita: da quando in qua qualcuno come Max rifiutava una proposta così esplicita? Convintasi che Sarah fosse una pericolosa rivale pronta a soffiarle il ragazzo, le lanciò un'occhiataccia.
« Max, non puoi abbandonarmi da sola: sono malata, potrei stare male! » esclamò questa, fingendo dei poco credibili colpi di tosse.
Senza che la mora potesse evitarlo, il suo sopracciglio sinistro scattò verso l'alto.
Max le riserbò una scrollata di spalle.
« Va' in infermeria. »
Quello stesso pomeriggio, dopo la fine delle lezioni, Sarah si precipitò in camera sua per cambiarsi e mettersi qualcosa di carino nello stile di Ethan per il loro quotidiano appuntamento in biblioteca. Salutò allegramente Lauren, che le rivolse un sorriso accorto e che le augurò un "buon pomeriggio di studio".
Mentre scendeva le scale del dormitorio intravide ancora Chloe Fish seduta su una poltrona e ignorò deliberatamente il suo sguardo furioso.
Saltellò come un bambina lungo i corridoi del liceo, preparandosi mentalmente ad accettare i complimenti per i suoi jeans strappati sulle ginocchia o la maglia coperta di pizzo dal senior; stava patendo il freddo vestita così, ma per poter far colpo su di lui era più che disposta a rischiare un raffreddore.
Tuttavia, arrivata davanti alla porta della libreria, questa si aprì di scatto travolgendola. L'unico accorgimento che le aveva risparmiato una botta in faccia era stato il riflesso si portarsi le braccia davanti ad essa.
Sarah sollevò immediatamente il capo, curiosa di vedere in faccia l'idiota che l'aveva quasi uccisa e per lanciargli un'occhiata arrabbiata; quando però i suoi occhi ne incontrarono un paio che si era ritrovata ad ammirare di frequente, tutta la sua convinzione svanì in un istante.
« Oddio, perdonami! » si scusò Ethan, riponendo in tasca il cellulare e piegandosi verso la poveretta per assicurarsi di non averla ferita.
« Non fa niente, è tutto okay. » mentì Sarah.
L'aveva quasi mandata a terra, ma non se la sentiva proprio di fare la vittima con lui.
« No, mi dispiace, davvero. È che mi hanno chiesto di correre in presidenza per parlare della recita di Natale e nella fretta non ho pensato di fare attenzione. »
Un luccichio brillò negli occhi della quattordicenne: la recita? Quella recita di cui ancora nessuno sapeva niente e che i giornalisti stavano cercando di scoprire con ogni mezzo? Era quasi tentata di fare la finta tonta e domandargli con nonchalance cosa avessero scelto di interpretare, ma temendo di venir smascherata in un batter d'occhio preferì tacere. Ethan non era certo scemo, avrebbe sicuramente trovato sospetto che qualcuno nel club di giornalismo iniziasse a fargli domande indiscrete su un argomento che, per ordine della preside, andava tenuto nascosto.
Sarah non aveva idea del perché di tutta quella segretezza, ma aveva sentito più volte dire da Sierra e Olivia che la dolce Trinity era una grande amante del cosiddetto "effetto sopresa" e che fosse convinta che creare un alone di mistero dietro un evento specifico aumentasse maggiormente l'interesse di chi deve presenziarvi. E aveva pienamente ragione.
« Ho lasciato le mie cose al solito posto, ci vediamo dopo! » la salutò frettolosamente Ethan.
Sarah lo seguì con lo sguardo fino a vederlo sparire dietro ad un muro, diretto in tutta fretta verso l'ufficio della rettrice. Indecisa tra seguirlo per spiarlo, e tra invece rinunciare all'opportunità di correre al club di giornalismo con quell'indiscrezione, la giovane non notò la porta d'ingresso aprirsi di nuovo e colpirla.
La borsa a tracolla le cadde a terra e non riuscì a non portarsi una mano alla spalla percossa con una smorfia di dolore. Perché cavolo la gente doveva spalancare il portone con così tanta forza? Se lei, piccola e debole come un passerotto, riusciva ad aprirsi uno spiraglio per passare, allora potevano farcela anche gli altri.
Il colpevole in questione si scusò e le raccolse la borsa cascata sotto lo sguardo torvo di Sarah che, dopo quella mattinata passata a correre qua e là e aver visto la morte in faccia per due volte consecutive, cominciava a convincersi che quello non fosse affatto il suo giorno fortunato.
La ragazza si diresse al suo solito posto tenendo i denti stretti per il nervoso e si lasciò cadere sulla sedia. I libri e i quaderni di Ethan erano ancora aperti sulle pagine che stava studiando, le penne e gli evidenziatori erano stati tutti lasciati senza tappo per l'urgenza di correre via. Sarah glieli richiuse tutti per evitare che questi si scaricassero.
Si impegnò a non pensare al genere di conversazione che il senior stesse intrattenendo con i compagni di teatro e la preside, ma la consapevolezza che quel segreto così tanto custodito avrebbe potuto renderle la vita al club molto più semplice la stava facendo crollare.
Inutile anche cercare di controllarsi ripassando scienze, il suo egoismo ebbe la meglio e Sarah lasciò tutto sul tavolo per dirigersi correndo verso l'uscita.
Come scoprì quando giunse nella zona dedicata all'ufficio della preside Ortiz e dei segretari, già a casa per la fine della loro giornata lavorativa, la donna non stava proprio badando a moderare il tono di voce.
« E ci avete messo così tanto tempo?! » la sentì tuonare.
Sapendo di non poter rimanere in mezzo al corridoio o sedersi dietro l'uscio semiaperto della stanza, Sarah dovette nascondersi nel bagno del personale fuori uso e rimanere immobile per evitare di coprire la voce dei ragazzi.
« Signora preside, la prego di capirci, abbiamo dovuto inventarci un'intera opera e la professoressa Auten è stata assente per due settimane... » disse debolmente una ragazza.
« Ragazzi, siamo già al dieci novembre, la festa è il ventidue dicembre, vi rendete conto che adesso avete a malapena un mese se non si contano i weekend? In più avete di mezzo i lavori di ristrutturazione all'auditorium. »
Silenzio.
Un sorriso soddisfatto si dipinse sulle labbra della ragazza, che già si pregustava le facce dei giornalisti quando venerdì gli avrebbe riportato quanto udito.
« Ci eserciteremo tutti i giorni fino ad allora. » si affrettò a dire la stessa giovane, che Sarah pensò essere la presidentessa del club.
La preside sbuffò rumorosamente.
« Suppongo di non avere altra scelta se non dovermi fidare di voi. Ma vi avverto: se anche la recita di quest'anno dovesse affondare a causa della vostra incompetenza, il vostro voto di condotta ne risentirà parecchio. La preside Dubois verrà ad assistere, e non ho alcuna intenzione di sfigurare di nuovo davanti a lei, né di dover chiamare ancora un'ambulanza!» li minacciò la donna. « Di cosa dovrebbe parlare quest'opera? »
La medesima ragazza illustrò brevemente la trama del recital alla donna, che per una volta si limitò a chiudere la bocca e ascoltare senza intervenire. Quando poi questa cominciò ad elencare i ruoli e i nomi di chi li avrebbe interpretati, il cuore di Sarah fece le capriole nel petto: a Ethan era stato affidato il ruolo di uno dei due protagonisti.
La giovane finì inevitabilmente per distrarsi e immaginarsi cosa sarebbe potuto accadere il giorno di Natale: lei che andava a trovarlo prima dell'inizio per augurargli la buona fortuna, loro due soli soletti nel backstage, un bacio di sfuggita prima che uno si unisse ai colleghi e l'altra ai genitori nel pubblico...
Fu una frase a riportarla alla realtà e a farle venire i sudori freddi:
« Beh, se questo è tutto, direi che siete liberi di andare. » disse la preside con il suo solito tono gelido.
Sarah andò nel panico, adesso non era proprio il momento di abbandonare il proprio nascondiglio e scappare via, l'avrebbero senz'altro sorpresa; già si immaginava lo sguardo deluso di Ethan, una volta scoperto che li aveva spiati per tutto quel tempo.
Non sarebbe stata mai più in grado di guardarlo in faccia.
Ascoltò con il cuore a mille i passi degli studenti andare via in silenzio e tirò un sospiro di sollievo quando li sentì affievolirsi man mano che la distanza aumentava. Almeno non avrebbe dovuto convivere con l'immagine dell'espressione amareggiata del senior.
Fece appena in tempo ad allungare la mano verso la maniglia per uscire, quando udì la porta dello studio della preside cigolare. Il sangue le si gelò nelle vene e, anche se un cartello all'esterno intimava di non usufruire di quel bagno, era terrorizzata dall'idea che l'amata Trinity potesse non vederlo ed entrare comunque.
Sentì il picchiettare dei tacchi della donna risuonare per il corridoio e avvicinarsi al suo nascondiglio; il cuore di Sarah batteva così forte che, come in un cliché da film, giurava di sentirlo rimbombare in tutta la stanza.
Era in piedi, al buio, davanti all'ingresso, troppo spaventata per fare qualsiasi cosa, tra un gabinetto puzzolente con lo sciacquone rotto e il lavandino. Anche volendo non si sarebbe potuta nascondere da nessuna parte.
Il rumore di passi si interruppe proprio davanti a lei e, quando percepì le dita della donna sfiorare la maniglia consunta, temette che si sarebbe accasciata al suolo senza sensi per lo spavento. Sarah chiuse gli occhi.
La preside gemette frustrata e allontanò la mano.
« Ugh! Questo maledetto cesso è sempre fuori uso! Scommetto che anche questa volta è stata quell'inetta di Susy ad otturarlo! » parlò da sola la preside. « Che seccatura, mi tocca sempre andare in quello degli studenti. »
Il suono dei passi riprese e Sarah si disse che Olivia avrebbe fatto bene a baciarle i piedi, una volta riferito quanto ascoltato.
La quattordicenne abbandonò il proprio nascondiglio solo quando non udì più alcun rumore e, con vent'anni di vita in meno, ritornò in biblioteca, dove era sicura di trovare Ethan.
Arrivato il venerdì pomeriggio, Sarah entrò nell'aula del club di giornalismo con aria tronfia, si avvicinò a Isaac e annunciò:
« Lo spettacolo teatrale di quest'anno si chiamerà "sotto la neve". »
Il biondo la guardò stralunato.
« E tu come fai a saperlo? »
« Ho seguito i membri del club di teatro e li ho spiati mentre ne parlavano con la preside. »
Isaac si voltò per controllare se qualcun altro li avesse sentiti, ma vedendo gli altri giornalisti assorti nei propri lavori, disse:
« Ragazzi, a quanto pare abbiamo il titolo dell'opera di quest'anno. »
Sierra sollevò gli occhi scuri dallo schermo del pc per posarli sul collega, mentre Olivia sollevò un sopracciglio dubbiosa.
« L'avresti scoperto tu? » le domandò Sierra.
Sarah annuì orgogliosa, mentre la vicepresidentessa piegò le labbra carnose in un ghigno.
« Non sappiamo nemmeno se sia la verità o no! » intervenne Olivia a frenare l'entusiasmo di tutti.
« È la verità. » si inalberò Sarah.
Aveva rischiato l'infarto e una punizione per quell'informazione, ci mancava solo che adesso passasse per una bugiarda.
« Hai le prove? »
« No, ma- .»
« Allora non possiamo sapere se tu ci stia rifilando una balla oppure no. »
« Per l'amor del cielo, Olivia, la vuoi far parlare?! » la zittì Isaac.
Il Sergente gli rivolse un'occhiata di fuoco.
« Ti devo per caso ricordare che noi non accettiamo tutte le baggianate che cercano di rifilarci? »
« Non puoi sapere se si tratti di una bugia se non le lasci nemmeno modo di spiegarsi. Williams, potresti dirci come l'avresti scoperto? » la incitò Sierra.
Il sentirsi chiamare per cognome lasciò intendere alla ragazza che, nonostante la vicepresidentessa le si stesse rivolgendo con educazione e diplomazia, ancora non confidava al cento per cento nella sua affermazione. Sierra, infatti, chiamava per nome solo quelli che facevano parte della ristretta cerchia di giornalisti.
« Mi sono nascosta nel bagno fuori uso della preside e ho origliato la conversazione tra lei e quelli di teatro. »
La stanza era immersa nel silenzio e alla mora sembrava quasi di essere sotto processo. Isaac la guardava con gli occhi spalancati, Olivia con sospetto, Sierra non mostrava alcuna reazione e Nelson era rimasto poggiato contro al muro con altrettanta neutralità come al suo solito.
« Beh, anche questa potrebbe essere una bugia. Non abbiamo prove. » replicò Olivia.
« Da quando consideriamo balle tutte le cose per cui non abbiamo fotografie? Certo, averne una aiuterebbe, ma non possiamo giudicare nulla senza prima documentarci. » valutò Sierra.
« Io invece le credo. » intervenne Isaac.
Il biondo si tolse gli occhiali per pulirli con apparente tranquillità.
« Considerando che è stata lei a fare sparire la chiave della stanza del fantasma, a 'sto punto potrebbe per davvero aver spiato la preside. E non mi meraviglierei nemmeno troppo se tra una settimana dovesse portarmi un pezzo di costume di scena o un copione. »
« Sei stata tu?! » domandò un ragazzo di 2^D, con cui Sarah aveva parlato un paio di volte. « Non posso crederci! Tutti hanno incolpato un mio compagno per nulla! »
Sarah si voltò verso la caporedattrice per osservare la sua reazione, ma questa fu così svelta a nascondere il proprio stupore che la quattordicenne non vide nulla.
« Notevole. » si complimentò Nelson con un mezzo sorriso che Sarah gli restituì.
Olivia incrociò le braccia al petto ostinata.
« Ma cosa facciamo se dovesse saltare fuori che è stata tutta una balla? »
Quella ragazza innervosiva così tanto Sarah, che questa avrebbe tanto voluto strozzarla. Perché accidenti qualcuno avrebbe voglia di mentire ad un cerbero come lei? Quel suo modo di porsi da Rottweiler avrebbe fatto desistere qualsiasi bugiardo.
« Non ci arrivi proprio che con questo tuo caratteraccio alla gente passa la voglia di rifilarti scemenze, eh? »
Isaac sembrava aver pensato la sua stessa cosa e la giovane lo guardò con riconoscenza.
« Esatto. E poi cosa facciamo se invece dovesse aver detto la verità e noi ci lasciassimo sfuggire lo scoop? Al massimo, se non saltano fuori prove tangibili, preciseremo che sono solo voci di corridoio. Così come abbiamo sempre fatto. » si aggiunse al coro Sierra.
« Quindi adesso facciamo entrare tutti? » domandò infastidita Olivia, passandosi una mano tra i capelli tagliati da maschio.
« No, solo quelli che-. »
« FUORI DA QUESTA STANZA! » strepitò il Sergente in direzione dei revisori, facendoli tutti sobbalzare sulle sedie.
I ragazzi si affrettarono ad abbandonare la sala come se all'interno fosse appena scoppiato un incendio.
« Anche tu, bella. » ringhiò poi verso Sarah, che confusa da tutto quel caos se ne andò senza obiezioni.
Una volta chiusasi la porta alle spalle, la quattordicenne si disse che sarebbe stato meglio, per una volta, farsi gli affari propri.
All'interno dell'aula, gli occhi castani di Olivia lanciavano lampi in ogni direzione.
« Non possiamo accettare tra noi la prima povera scema che viene a spifferarci qualcosa e prendere tutto quel che dice come oro colato. » attaccò lei. « Alicia faceva così e il giornalino scolastico stava affondando. Noi galleggiamo solo perché stiamo bene attenti a quel che scriviamo e perché siamo solo noi. » continuò, ricordando a tutti quanto successo con l'ex caporedattrice.
« Ma tu non ci sarai per sempre, Olivia! A giugno ti diplomerai e l'anno prossimo il testimone passerà a me; diplomata anch'io sarà compito di Isaac o di Nelson gestire questo posto, e se andiamo avanti a trattare la gente come dei criminali nessuno vorrà far parte di questo club. Il giornale fallirà comunque. » cercò di farla ragionare Sierra.
Olivia si lasciò cadere su una sedia con un'espressione imbronciata.
« Guarda l'elenco degli iscritti: dieci in meno rispetto l'anno scorso. Che ti piaccia o no, noi giornalisti andiamo sostituiti una volta andati via, e non è terrorizzando tutti quelli che vogliono mettersi in gioco che salverai questo mensile. » aggiunse la vice.
« Nessuna disciplina è dannosa, in una certa quantità è benefica, ma se è troppa si trasforma in una miccia pronta ad esplodere. » si intromise Isaac, dimostrando grande saggezza.
Seguì un momento di silenzio in cui la presidentessa sembrava assorta nei propri pensieri.
Isaac ne approfittò per continuare il proprio discorso persuasivo:
« L'anno scorso, quando mi avete accettato tra voi, mi hai detto che eri disposta a tollerare solo quelli che non dormivano sugli allori e che si impegnavano per uscire dalla massa. Hai ripetuto la stessa cosa a Nelson quando si è rivelato un ottimo paparazzo e hai visto che riusciva a scattare fotografie nitide di chiunque in qualsiasi momento. Ora dimmi, perché questa regola non è più valida quest'anno? »
Non c'era rabbia nel suo discorso, ma un'emozione più simile alla delusione.
« Tu sei suo amico, non sei oggettivo. » lo rimbeccò Olivia.
« Allora sarò io a dire che potrebbe promettere bene. » intervenne finalmente Nelson.
Tutti si voltarono verso di lui, sorpresi da quell'improvvisa presa di posizione. Il ragazzo non parlava spesso e il fatto che adesso decidesse improvvisamente di difendere qualcuno con cui aveva scambiato due parole in rare occasioni non poteva che sbalordire i colleghi.
« L'ho vista prendere di mira la stanza del fantasma di Renée e poco dopo è riuscita a rubare una chiave su cui nessuno avrebbe dovuto mettere le mani. Adesso ha messo gli occhi addosso alla recita ed è tornata indietro con informazioni in proposito. »
Olivia non replicò, mentre Sierra sospirò profondamente.
« Non vuoi lasciarle carta bianca per gli articoli? Va bene, non lo faremo. Ma non puoi negare il fatto che potrebbe esserci utile. » le disse quest'ultima.
Olivia ringhiò scettica.
« Facciamo così: se entro la pubblicazione del ventiquattro riesce a portarci qualcos'altro di scottante, la ammetteremo nella squadra. » patteggiò sempre la vice.
La caporedattrice si alzò in piedi e fece un gesto sbrigativo con la mano, avendo capito di star combattendo una battaglia da sola.
« E va bene, facciamo così. Rifacciamola entrare. Ma che nessuno le dica niente a proposito di questa sfida, voglio vedere se adesso rinuncia e si mette a cazzeggiare come tutti gli altri o se invece va avanti ad impegnarsi. »
Isaac sorrise vittorioso, balzò in piedi e corse ad aprire la porta. Gli altri revisori si riversarono in silenzio all'interno della stanza, mentre Sarah esitò un attimo davanti all'uscio.
Era davvero infastidita per essere stata creduta una racconta balle dopo aver scoperto qualcosa che nemmeno Olivia era riuscita a sentire, e il suo orgoglio la obbligava a tenere muso; ma davanti al sorrisetto fiero del biondo, la ragazza si convinse a rientrare e andarsi a sedere senza fiatare.
« Sarah? Vorresti dirci la trama della recita, così ce la scriviamo? »
La mora si voltò verso la fonte della voce per scoprire che, chi le aveva appena posto tale domanda era Sierra - che, con un sorriso cordiale e una sedia al suo fianco, vi picchiettava sopra una mano.
***
Et-voilà! Ecco a voi un altro capitolo (uscito con un ritardo spaventoso, ma non soffermiamoci troppo su questo) Spero che vi sia piaciuto e che la sua lunghezza non vi sia sembrata noiosa, perchè credo proprio che d'ora in avanti saranno più o meno di questa misura. Gli avvenimenti saranno sempre più collegati l'uno con l'altro e non posso permettermi di fare grandi tagli come ho fatto fino ad adesso. I'm sorry, ma la vita della nostra Sarah diventerà così movimentata da negarmi categoricamente di far sparire più di un tot di informazioni per parte.
Fatemi sapere che ne pensate con un commento o con una stellina! Conto di aggiornare il prima possibile e di non far passare un altro mese.
Al prossimo capitolo,
Lily
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