Capitolo 4: Stranieri nella Contea
Frodo Baggins era assai preoccupato.
Gandalf era sparito.
Lo Hobbit sorrise mestamente, pensando a come si era immaginato il loro incontro: avrebbe scherzato facendogli notare il ritardo, e lo Stregone avrebbe risposto con qualcosa di saggio e sagace.
E invece, avevano trovato il suo carretto dei fuochi d'artificio appena all'ingresso della Contea.
Tutto questo era davvero strano.
Mentre camminava pensieroso per le viuzze avvolte di alberi della Contea, Frodo si ritrovò davanti il trio più strano che avesse mai visto.
Il primo era, senza ombra di dubbio, a giudicare dalle proporzioni, parte della stirpe degli Uomini, ma i suoi capelli erano dritti sul capo; sembrava essere giovane, ma non si riusciva a capire bene quanto, e dopotutto, Frodo non aveva visto molta della Gente Alta, e aveva quindi problemi a farsi un'idea al riguardo.
Gli altri due erano creature di cui non aveva mai neanche sentito parlare: parevano un papero che usava le ali come braccia, e uno strano cane ritto sulle zampe didietro, con bizzarri canini squadrati.
I loro vestiti erano qualcos'altro che Frodo non riusciva a riconoscere: dovevano venire da un posto molto lontano, sicuramente.
< Chi... chi siete? > domandò.
L'umano si voltò: aveva gli occhi del blu più intenso che Frodo avesse mai visto, azzurri come un cielo senza nuvole, da cui traspariva un forte idealismo, un ottimismo di fondo che di solito si vede solo nei bambini.
< Oh! > salutò, sorridendo < Salve! Siamo Sora, Donald, e Goofy! >
< Da dove... da dove venite? > domandò Frodo, cercando di raccapezzarsi dello spettacolo che aveva di fronte.
Per qualche motivo, il papero, Donald, lanciò a Sora quella che Frodo riconobbe come un'occhiata d'avvertimento.
< Beh... > esitò il ragazzo < da un posto molto, molto lontano, si può dire. >
Non proprio soddisfatto dalla risposta, ma memore delle tipiche regole Hobbit della buona ospitalità, Frodo fece cenno al bizzarro trio di seguirlo.
Ovviamente, procedendo verso Casa Baggins, non poterono fare altro che attirarsi gli sguardi stupiti degli Hobbit, che mormoravano tra loro riguardo a quelle strane figure che seguivano il nipote di Bilbo.
Ma, dopotutto, cos'altro ci si poteva aspettare dai Baggins?
Non erano certo quello che gli altri Hobbit avrebbero definito "normali", non da quando, ormai decenni prima, Bilbo aveva vissuto la sua "avventura" insieme allo stregone Gandalf: ne era tornato con un immenso tesoro che lui giurava essere parte del bottino di un drago, e si era portato dietro una ventata di stranezza e di mistero che aveva dato adito al pettegolezzo, in giro per Hobbiville.
E, per qualche bizzarria del caso, i nuovi arrivati erano giunti proprio il giorno del centoundicesimo compleanno di Bilbo, e per Hobbiville impazzavano i preparativi: centoundici anni non erano certo pochi, anche per la vita di un Hobbit.
Frodo vide Sora guardarsi intorno con occhi pieni di meraviglia, e ne fu felice: come Bilbo stava scrivendo nel suo libro, "Andata e Ritorno", gli Hobbit erano gente semplice, che amava la terra e tutto ciò che ne cresceva, e vedere degli stranieri apprezzare i paesaggi bucolici della Contea scaldò il cuore di Frodo, allontanando momentaneamente la preoccupazione per la scomparsa di Gandalf.
Fu anche ben felice di notare che gli stranieri abbracciarono subito lo spirito della festa, mettendosi all'opera per aiutare gli Hobbit a erigere festoni e ghirlande.
Poco dopo, Sora si ritrovò circondato.
In specie, circondato da un folto capannello di bambini Hobbit.
Non gli ci volle molto a capire che erano delusi dalla mancanza di Gandalf e della sua bravura coi fuochi d'artificio, e si erano quindi avvicinati, incuriositi da quel bizzarro rappresentante della Gente Alta.
Sora sorrise, e si chinò per mettersi alla stessa altezza dei bambini.
< Chi di voi vuole sentire una storia? > chiese, con uno dei suoi soliti sorrisi a trentadue denti.
Accolto da una serie di sguardi meravigliati, si sedette su un ceppo e cominciò a raccontare.
C'erano una volta, su un'isola molto, molto lontana, dei ragazzini come voi.
E proprio come voi, passavano le giornate a giocare tra loro, ma quello che nessuno sapeva, nemmeno loro stessi, era che una di loro non era una ragazza come le altre: era la Principessa di un Regno molto lontano, finita lì per magia, che non ricordava niente del suo passato.
I giorni trascorrevano felici e spensierati, fino a quando non giunse una terribile tempesta: non era una tempesta qualunque, ma una tempesta colma delle forze dell'Oscurità.
La Principessa scomparve nel nulla, l'Isola venne spazzata via, e uno dei ragazzi si ritrovò in una città che non aveva mai visto prima.
Lì incontrò dei nuovi amici, e fece un'incredibile scoperta: doveva mettersi in viaggio nel Mare di Stelle che separava i mondi, per vivere la più magica delle avventure, oltre i più remoti confini dell'impossibile.
Affrontò le forze dell'Oscurità fino a giungere in un luogo dove i mondi divorati dalle tenebre erano tenuti prigionieri, e lì incontro il responsabile di tutta quella terribile malvagità.
Colui che si faceva chiamare Ansem, lo Studioso dell'Oscurità, ma non era il suo vero nome: era un nome che aveva rubato al suo Maestro, il Grande Saggio.
Alla fine, il ragazzo riuscì a salvare la Principessa, ma i due vennero separati.
Il nuovo eroe visse molte altre avventure, che forse un giorno vi racconterò, e alla fine lui e i suoi amici si ritrovarono.
Ma, purtroppo, un eroe non è mai del tutto a riposo: ci sono sempre nuove avventure da vivere, e malvagi da sconfiggere.
Sora si stiracchiò, una volta finito il racconto, osservando gli sguardi stupiti dei bambini Hobbit.
La cosa lo riempì di felicità e di una sensazione di tenerezza: come gli era stato più volte ripetuto nei suoi viaggi, i bambini erano le schegge di luce di tutti i mondi, le torce nell'Oscurità avanzante.
D'un tratto, si sentì tirare la manica, e si voltò: era Donald, che lo fissava con aria abbastanza contrariata.
Lo seguì lontano dagli Hobbit, e gli chiese quale fosse il problema.
< Cosa ti salta in mente? > gli domandò il magico palmipede < Sai che non si può parlare dei mondi esterni! Rischi di diffondere ancora di più il caos! >
< Rilassati. > sorrise Sora < Per quel che ne sanno loro, è solo una storia: non c'è niente di vero. >
< Spero che tu abbia ragione. > concesse Donald < Ah, Frodo mi ha detto che dovresti parlare con suo zio Bilbo. Secondo lui, Bilbo ha qualcosa che lo turba, e parlarne con te potrebbe fargli bene. >
< Davvero credi che potrei essergli utile? > domandò Sora, passandosi una mano tra i capelli.
< Ehi. Sei riuscito a tirare su di morale Riku. > disse semplicemente Donald, prima di allontanarsi, riflettendo ad alta voce su dove fosse finito il suo bastone magico.
Il mago di corte di Re Mikey oltrepassò Goofy, che stava aiutando ad appendere uno striscione, e continuò la sua ricerca dello scettro.
L'aveva appoggiato un momento per aiutare a trasportare un vassoio di paste glassate, ma quando si era girato di nuovo, era sparito.
Quella sì che era una brutta notizia.
Senza quel bastone, non avrebbe potuto canalizzare i suoi poteri, e se qualcuno l'avesse usato in maniera avventata, le conseguenze avrebbero potuto essere devastanti.
Scacciò quei pensieri: quante erano le probabilità che qualcuno, agitando il bastone a caso, facesse partire per sbaglio una magia?
Sora bussò alla strana porta rotonda, che non era tuttavia la porta più strana che avesse visto in vita sua.
Come dimenticare quella che dava su Kingdom Hearts, o la serratura parlante del Paese delle Meraviglie?
Ad aprirgli fu Bilbo Baggins, il padrone di casa, un Hobbit dai capelli lievemente ingrigiti e lo sguardo grave e preoccupato.
< Ah, devi essere quel ragazzo di cui mi ha parlato Frodo. > sorrise, invitando Sora ad entrare.
La casa, nonostante fosse a tutti gli effetti un buco in una collina, era molto pulita e ordinata, e Bilbo si rivelò subito estremamente ospitale, offrendo a Sora uno spuntino.
Uno "spuntino" secondo il significato Hobbit della parola, ovvero un'intera forma di formaggio, diverse fette di pane imburrato, patate e uova cotte nei modi più fantasiosi, salsiccette e del tè, per non farsi mancare nulla.
Sora si chiese distrattamente, tra una fetta di pane imburrato e l'altra, come facessero gli Hobbit a non essere ancora più rotondi, se quella era la loro idea di "spuntino".
< Mi dai l'aria di essere un ragazzo a modo. > disse Bilbo, sorridendo < Penso di potermi confidare con te riguardo a certi pesi che ho sul cuore. Dopotutto, Frodo si fida di te. >
E così, Bilbo raccontò: raccontò di come si sentisse affaticato, come se cominciasse a sentire il peso della sua lunga vita, e altro ancora, dettagli che Sora, purtroppo, riconobbe.
Occhi completamente gialli che sembravano osservare dalle ombre.
Gli Heartless erano giunti anche in quel mondo, alla fine.
< C'è qualcuno a cui chiedere aiuto? > domandò Sora.
< Gandalf ha menzionato un paio di volte un altro Stregone, più saggio e potente di lui. > rispose Bilbo < Un grande Sapiente, che ha studiato testi antichi e la cui conoscenza del mondo è superiore a quella dello stesso Gandalf. >
< Dove posso trovarlo? >
< Vive lontano, fuori dalla Contea, purtroppo. > disse Bilbo, alzandosi ad osservare fuori dalla finestra < Ma se vuoi provare a raggiungerlo dopo la festa, dirigiti a sud-est, fino a trovare un'alta torre. Si tratta di Orthanc, la torre di Isengard. Una volta lì, chiedi di Saruman il Bianco. Ho qui qualcosa per te. >
L'Hobbit aprì un armadio e ne estrasse una scatoletta di legno, piena di una strana erbetta pestata finemente.
< Un po' di Erba-Pipa, qualità "Vecchio Tobia". > sorrise Bilbo, con fare complice < Portala con te, come dono per Saruman. Se la apprezza come Gandalf, potrebbe essere una prova delle tue buone intenzioni. Dì che ti mando io, Saruman sa che gli Hobbit sono amici di Gandalf, e ti concederà udienza. >
In quel mentre, nella stanza giunse Frodo.
< Abbiamo un problema. > disse < Nessuno è in grado di far partire i fuochi d'artificio di Gandalf. >
Sora, memore della campagna contro gli Unni, si fece scrocchiare le nocche e sorrise.
Ci sarebbe stato da divertirsi.
Quella sera, il cielo di Hobbiville era pieno di esplosioni di fuochi d'artificio, ma il pensiero di Donald andava da tutt'altra parte: non aveva ancora trovato il suo bastone, e la cosa era preoccupante.
< Sicuro che sia magico? > chiese Meriadoc Brandybuck, detto Merry, grattandosi il capo e osservando il bastone nella mano dell'amico.
< Certo! > rispose Peregrino Tuc, detto Pipino o Pip, agitando l'oggetto < Somiglia a quello di Gandalf, e hai visto lo straniero? Era un papero parlante! >
< Sai almeno come usarlo? > domandò Merry.
Pipino fece spallucce e agitò un paio di volte il bastone.
Dal quale partì una folgore che andò a colpire il tendone dei fuochi d'artificio.
Cinque minuti di parapiglia dopo, i due Hobbit erano stati messi ai lavori forzati in cucina, perdendosi il resto della cena.
E perdendosi anche Bilbo che, sorprendendo assai i suoi invitati, prima rivelò di aver scelto di invitare esattamente centoquarantaquattro persone perché erano la somma degli anni suoi e di Frodo, e poi svanì nel nulla.
Potete ben immaginare la sorpresa del vecchio Hobbit quando trovò Sora ad aspettarlo sulla porta di casa.
< So che sei lì, Bilbo. > disse Sora, sorridendo.
< Come hai fatto a seguirmi? > domandò lo Hobbit, tornando visibile.
< Mi sono allenato con un camaleonte gigante. > fu la semplice risposta del ragazzo, a cui non era passato neanche lontanamente per la testa che, probabilmente, Bilbo non avesse mai neanche sentito prima la parola "camaleonte".
Il punto era che quello scherzetto giocato da Bilbo ai suoi ospiti aveva confermato i sospetti di Sora: le forse dell'Oscurità erano all'opera, e l'Anello magico che lo Hobbit aveva usato era colmo di un'aura tenebrosa come Sora non vedeva dai tempi dello scontro con il Mondo del Caos, la forma finale di Ansem l'Oscuro.
Quell'oggettino doveva essere fatto praticamente di malvagità allo stato solido.
< Dovresti liberartene. > disse semplicemente Sora.
< Bah. > rispose Bilbo, liquidandolo con un gesto della mano < Non ce n'è bisogno. Insomma, che male può fare che io lo tenga ancora un po'? Dopotutto, che se ne farebbe Frodo? >
< Fidati di me. > insistette Sora < Da quell'Anello non può venire niente di buono. >
< Una ragione in più perché lo tenga io, no? > disse Bilbo, il respiro leggermente affannato < Per non far gravare la cosa sul povero Frodo... non credi? >
< Sei tu a parlare? > chiese Sora, preparandosi a materializzare il Keyblade < O è l'Anello? >
< Ah, cosa vuoi saperne, tu? > chiese Bilbo, ormai agitato < Tu non sai un bel niente! Sei solo un ragazzino! >
Sora non se la prese: non era colpa di Bilbo, era l'Oscurità a farlo comportare così.
< Ho esperienza in questo genere di cose. > gli disse < Ci sono passato anch'io. >
Ricordava ancora di quando era caduto sotto l'influsso di Xehanort, poco tempo prima.
< Può sembrare che il tuo cuore non sia forte abbastanza da resistere, ma ti sbagli. Nel profondo, tu sai che il motivo del tuo malessere è quell'Anello. Non lasciare che ti consumi, pensa alle luci che accendono la tua vita. >
Bilbo sospirò: forse quel ragazzo della Gente Alta aveva ragione.
Forse l'Anello stava avendo su di lui la stessa infuenza che aveva avuto su Gollum.
< Sei più saggio di quanto non dica la tua età. > ammise Bilbo.
< Grazie. > sorrise Sora, portandosi le mani dietro la testa con fare modesto.
Bilbo appoggiò l'Anello su un tavolino e, rivolto a Sora un cenno di commiato, si allontanò, nella notte, per le vie della Contea.
Sora, incuriosito, provò a toccare la piccola fascia d'oro.
Fuoco.
Fuoco e oscurità, con una fessura che sembrava quasi la sagoma di un uomo in armatura, al centro di un globo di fiamme.
Sora ritrasse la mano e cadde a terra, spaventato.
La forza che dimorava nell'Anello era oscura come poche.
Avrebbe dovuto parlare al più presto con quel Saruman a cui aveva fatto riferimento Bilbo.
OMAKE DI FINE CAPITOLO
Sora, incuriositò, aprì la scatoletta contenente l'Erba-Pipa.
< Chissà di cosa sa... > rifletté il Prescelto, accendendo una pipa.
Cinque minuti dopo, un Sora con gli occhi arrossati si stava reggendo alla spalla di Goofy.
< Coso... coso... ci sei? > ridacchiò Sora, aspirando di nuovo dalla pipa < Tu sei un cane... ma anche Pluto è un cane... perché tu parli e lui no? E perché lui è giallo-ocra? >
< Gosh... > riuscì solo a dire Goofy.
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