Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Il Visitatore di Gran Burrone

Gran Burrone

Anno 2953 della Terza Era


In quel soleggiato pomeriggio appena all'inizio dell'autunno, il giovane di nome Aragorn, figlio di Arathorn, era nei giardini del palazzo di Re Elrond, intento a leggere un libro sulla sconfitta di Sauron.

Avrebbe potuto essere un argomento affascinante, se non fosse che ad Aragorn suscitava una cosa, e una cosa soltanto: lo spaventoso sentore del peso della sua responsabilità come erede al trono di Gondor.

Isildur, il suo antenato, era famoso per aver mozzato il dito su cui Sauron portava l'Anello, sconfiggendo il Grande Nemico dei Popoli Liberi di Arda... ma anche per aver infine ceduto alle lusinghe dell'Anello stesso, lusinghe che l'avevano portato alla morte.

C'erano così tante cose del suo ruolo che ancora non capiva, come pure del suo destino, e non poteva fare a meno di sentire di cosa parlavano gli Elfi.

Di come Gondor fosse debole, di quanto i suoi Sovrintendenti, di generazione in generazione, fossero sempre più attaccati allo scranno dell'autorità, e pareva che stessero anche usando antichi artefatti, come addirittura un Palantìr, giocando con forze molto al di là della loro comprensione.


E anche altro gravava sul suo animo: altre voci circolavano per Gran Burrone, dell'ultima volta che il Bianco Consiglio si era riunito, quello stesso anno.

Pareva che l'Anello di Sauron fosse caduto in mare, seguendo la corrente del fiume Anduin, ma la cosa non convinceva molto Aragorn.

Per quanto Saruman fosse saggio, non era infallibile, poteva comunque sbagliare, anche se il giovane Principe di Gondor si era ben guardato dall'osare dirlo ad alta voce.

Ancor più segreto teneva il suo altro pensiero che riguardava lo Stregone Bianco: che non stesse dicendo tutta la verità.

Era comunque vero che la Fortezza di Barad-Dur stava venendo ricostruita, e perché dei semplici Orchi, Goblin e Troll avrebbero dovuto mettersi all'opera, se non per un futuro ritorno dell'Oscuro Sire di Mordor?

C'erano molti pezzi di quel mosaico che non si incastravano appropriatamente, almeno secondo lui.


Venne distratto dal suo rimuginare da uno strano rumore, che all'inizio non riusciva a identificare, ma presto capì: erano rumori di spada, di rapidi fendenti ed affondi, ma più veloci di qualsiasi cosa Aragorn avesse mai sentito, anche durante gli esercizi degli Elfi.

Seguì il suono fino ad uno spiazzò, dove vide un... non sapeva bene come definirlo, in verità.

Sembrava che qualcuno avesse cercato di combinare alcune tipiche forme dei tratti facciali elfici e umani, ma ciò non aveva senso: i Mezzelfi, come Elrond, non sembravano una "via di mezzo" tra Elfi e Umani.

Chiunque fosse, vestiva di nero, con un ampio mantello grigio di una fattura che Aragorn non riconobbe.

C'era anche qualcosa di strano, in quell'individuo: era come se fosse e non fosse lì, un momento reale come roccia e quello dopo il riflesso distorto in uno stagno in cui qualcuno aveva buttato un sasso.

Anche quello che stava facendo con la spada non sembrava avere senso: ad occhi chiusi, la mulinava tra le foglie che il vento gli agitava intorno, ma non sembrava riuscire a colpirle... se era così rapido ed agile, perché perdeva così il suo tempo?

"Chi ti dice che io stia perdendo il mio tempo?" chiese lo straniero, senza aprire gli occhi né distrarsi dal suo esercizio.

Fu allora che Aragorn capì, che vide lo schema nelle azioni dello straniero.

Non una sola foglia aveva toccato non solo la sua lama, ma neanche una qualsiasi parte del suo corpo, nemmeno un lembo del suo mantello.

Ma come faceva a sapere cosa Aragorn stesse pensando?

"Sì." continuò lo straniero, rinfoderando la spada e avanzando verso Aragorn, mentre le foglie si allontanavano per lasciarlo passare "Sì, so leggere nella tua mente. Certo, il termine è una semplificazione approssimativa e rozza, ma applicabile, per amor di brevità."

"Chi...?" tentò di dire Aragorn, prima di venire interrotto quando lo straniero continuò a parlare.

"Sono uno dei tuoi nuovi precettori." spiegò lo straniero "Puoi chiamarmi semplicemente Maestro. Un nome è una cosa di grande potere, ed è meglio non usarlo a sproposito."

"Sei... sei qui per insegnarmi come usare la spada come te?" domandò Aragorn, intrigato, e parzialmente sollevato che il Maestro l'avesse lasciato parlare.

"No." fu la semplice risposta "Il mio stile di scherma è inadatto alla spada che dovrai brandire, la Lama Che Fu Rotta. Ti insegnerò qualcosa di più sottile, ma che potrebbe esserti utile."

"Ne sei sicuro, Maestro?" domandò Aragorn "Io dovrei essere un giorno essere un Re, un guerriero... se non la spada, cosa? Il tiro con l'arco? La sopravvivenza nei boschi? Come si amministra un regno?"

Il Maestro ridacchiò.

"Di arco e vita nei boschi mi intendo abbastanza." ammise "Ma se si tratta di gestire un Regno, che sia in tempo di pace o di guerra, sono terribilmente inadeguato."

Sguainò di nuovo la spada.

"Ma se vuoi misurarti con me, sei libero di tentare, Aragorn, Figlio di Arathorn."


L'Erede di Isildur estrasse la propria lama, studiando l'avversario, che dal canto suo non si era nemmeno messo in guardia.

"Non riuscirai mai a colpirmi." disse il Maestro, in tono franco "Ogni tua strategia mi scorre davanti come le pagine di un libro. So qualunque mossa tu stia per fare prima che lo sappia tu stesso."

Presto, Aragorn vide quanto il Maestro avesse ragione: ogni affondo, ogni fendente, ogni singolo colpo che Aragorn provasse a tirare andava tragicamente a vuoto, come se stesse tentando di tagliare l'aria, mentre il Maestro schivava piegandosi a malapena, come se, per i suoi riflessi, Aragorn fosse nulla più che un pesce che tentava penosamente di nuotare controcorrente in un fiume di melassa.

Sentì ad un tratto la punta aguzza della lama avversaria contro la nuca, esattamente dove la base del cranio si collegava alla colonna vertebrale, con una precisione che non avrebbe potuto esistere, non combinata a quella velocità.

"Troppo lento e troppo rozzo." spiegò il Maestro, ritirando la lama "Proviamo con qualcosa di più facile."

Lo stava deridendo?

Aragorn si sentì avvampare di vergogna, quando il Maestro mise via la propria spada: dopo averla rimessa nel foderò, scagliò il tutto verso un albero, e Aragorn vide con stupore fodero e lama piantarsi nel legno fino alla guardia, infilzandosi con tale precisione di forza e posizione, da non agitare neanche le foglie sui rami.

Foglie sui rami?

In autunno?

"Se hai tempo da perdere pensando al fogliame, possiamo chiuderla qui." lo schernì il Maestro, allargando le braccia come ad invitarlo a fare centro.

Aragorn ringhiò e tentò un affondo, ma il Maestro si piegò all'indietro come se quasi non avesse giunture nella schiena; mentre Aragorn si sbilanciava goffamente in avanti, il Maestro alzò una gamba, colpendolo in faccia e rompendogli un labbro.

"Vedo che non ti hanno insegnato che la rabbia, per quanto sia un'ottima fonte di forza, capace di far scordare dolore e fatica, necessiti di qualcosa che la diriga in modo appropriato, per non rivoltarsi contro di te."

Mentre lo diceva, il Maestro scivolò dietro ad Aragorn, colpendolo con un altro calcio, stavolta alla schiena, e mandandolo lungo disteso a terra.

"Raccogli la tua lama." ordinò il Maestro "Presto le tue membra saranno troppo stanche per continuare a combattere, e tutto questo si concluderà in un nulla di fatto. Sarebbe decisamente uno spreco del mio tempo, anche se cominciò a pensare che lo sia anche l'essere venuto qui."

Mentre il Maestro rifletteva, Aragorn recuperò la spada e, senza riflettere, lo raggiunse, trapassandolo da parte a parte.

Prima ancora che il Principe potesse essere sopraffatto dall'orrore per quanto aveva fatto, il Maestro sorrise, e si disciolse in una nidiata di serpenti, che si gettarono su Aragorn, cominciando a mordere e a cercare di strangolarlo.

Durò un istante e poi finì: nessun serpente, e il Maestro non era mai stato trafitto.

Cosa...?

"Posso vedere cosa c'è nella tua mente." spiegò il Maestro "Avrebbe dovuto essere ovvio che potessi anche inserirci qualcosa, e farti credere che qualcosa stesse accadendo."

Aragorn si alzò, toccandosi il labbro spaccato.

Almeno quello era reale.

"Di nuovo." ordinò il Maestro, mettendosi seduto su un muretto che separava lo spiazzo da uno strapiombo alberato "Finché non riuscirai a capire."


"Aragorn!" esclamò ad un tratto una voce familiare.

La voce di Arwen Undomiel, la figlia di Re Elrond, che stava giungendo a spada già sguainata.

Aragorn sorrise: insieme, avrebbero potuto sconfiggere il Maestro.

Neanche lui poteva difendersi su due fronti, specie contro una guerriera di esperienza millenaria come Arwen.

Si era sbagliato.

Non importa dove colpissero, lui sembrava aver smesso di essere lì giusto un istante prima, come se...

Come se...

Aragorn sorrise e abbassò la spada.

"Sei nella mia mente fin dall'inizio, vero?" domandò "Fin da quando abbiamo cominciato il duello."

Il Maestro sorrise a sua volta, e all'improvviso, i due erano sempre stati seduti l'uno di fronte all'altro, senza che un solo istante fosse passato.

Aragorn neanche aveva preso con sé la spada.

Ecco perché c'erano stati dettagli che non avevano senso, come le foglie ancora sugli alberi in autunno.

Erano tutti trucchi del Maestro per metterlo alla prova, per vedere se fosse stato in grado di accorgersi nell'intrusione nella sua mente.

Niente spada, niente duello, niente Arwen... a meno che il Maestro non stesse giocando con la sua mente anche in quel momento, e...

"Posso assicurarti che non è così." rispose il misterioso incappucciato "Per ora, ciò che vedi è ciò che davvero è."

Aragorn si toccò il labbro: perfettamente integro.

"È questo che mi insegnerai? Come entrare nelle menti dei miei avversari?" domandò.

"Se sarà possibile, sì." annuì il Maestro "Ma, innanzitutto, devo insegnarti come impedir loro di fare altrettanto con te. Ho avuto una visione, e in futuro dovrai confrontarti con una volontà grande, oscura e terribile."

"Una visione?" domandò Aragorn, stupito "Come nello specchio di Dama Galadriel?"

"Qualcosa di simile." ammise il Maestro "Neanche lontanamente così preciso nel mostrare le possibili ramificazioni del fiume che costituisce il futuro, purtroppo."

Passarono il pomeriggio così, a discutere, con il Maestro che faceva di tutto per distrarre Aragorn mentre attaccava la sua mente con la propria.

A volte usava illusioni, altre volte semplicemente causava intenso dolore per spezzare la concentrazione del Principe.

Cominciò ad un certo punto a combinare le due cose, come quando lo convinse che uno scorpione si fosse arrampicato sulla sua mano per pungerlo, iniettandogli il suo bruciante veleno.

"Continueremo." disse il Maestro, quando percepì che Aragorn fosse sul punto di arrendersi per lo sconforto "Continueremo fino a quando la tua mente non sarà come diecimila scudi, e a quel punto procederemo alla parte successiva: renderla affilata al punto che potrebbe tagliare l'aria. Sei il futuro Re di Gondor, e non ti permetterò di arrenderti dopo appena qualche ora di esercizio."

Aragorn annuì e riprese posizione.

Proprio quando credette di afer compreso almeno i rudimenti della difesa mentale, sentì qualcosa colpirlo in mezzo agli occhi.

Una ghianda.

"Doppio errore." lo redarguì il Maestro "Hai perso consapevolezza dell'ambiente circostante, e hai lasciato che una distrazione fisica e materiale spezzasse le tue difese mentali. Continuiamo."



OMAKE DI FINE CAPITOLO

"Maestro, ma tutto questo davvero mi servirà a qualcosa?" domandò Aragorn.

"Ah, boh." rispose l'altro, accendendosi una pipa piena di erba-pipa "Io sono qui solo per essere misterioso e far chiedere ai lettori se sono un OC o no, e nel qual caso chi..."



E anche questo capitolo è andato!

Sì, lo so, meno ignorante del precedente, e di questo mi scuso.

Ma non preoccupatevi che, dal prossimo, si torna alle mazzate nel Nexus.

Voi intatto commentate, e farcite il mio ego^^

Alla prossima!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro