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2.9

Silverstone

ISABELLA

Credo che l'amore sia un concetto estremamente sopravvalutato.
Si crede che tutto giri intorno ad esso, che possa effettivamente influire sulla personale felicità di qualcuno, ma così non è.
L'amore è un'aggiunta, un qualcosa che può darti sollievo tanto quanto un buon pasto, un buon film alla televisione o una giornata di shopping.
A dirla tutta, non so se sceglierei l'amore piuttosto che un paio di Louboutin.

Devo anche ammettere, però, che questo mio concetto materialista e ben poco romantico, non ha niente a che fare con la Isabella di qualche mese fa, che credeva nell'amore della propria vita, nella favola amorosa e nel 'vissero per sempre felici e contenti'.
Questo probabilmente perché il mio stesso ideale di amore è cambiato, trovandosi a sbattere contro il muro di nome Lewis Hamilton.
Già, credo in qualche strano e malato modo di essermi innamorata di Lewis, ma non come potete pensare.
Non posso dire che mi scoppi il cuore quando lo vedo, che non vivrei senza di lui o che non aspetto altro se non passare il resto della mia vita con lui.
Direi piuttosto che è diventato un punto fermo, una persona con cui, tuttosommato, so di poter far squadra.
Alla fine di ogni giornata, indipendentemente da tutto, so che su di lui posso contare.
E ora come ora, è questa la mia idea migliore di amore.

Cammino a testa bassa per il circuito che meglio conosco al mondo. Benchè non sia mai stata una grande fan della Formula 1, o delle corse in generale, Silverstone è sempre stata una tappa fissa.
Io, Tom e mio papà, mano nella mano che cerchiamo di non perderci in mezzo alla confusione di tutti i meccanici.
Anche ad oggi, a distanza di anni, la situazione è più o meno la stessa, con la sola differenza che ormai in un paddock so destreggiarmi piuttosto bene.
Tengo sempre per la mano Tom, mentre i suoi amici ci camminano al fianco.
Siamo felici ed elettrizzati, in fondo oggi è race day.

"Allora Bella, è sempre così?" Mi chiede d'improvviso mio fratello, quando ci fermiamo per aspettare Lewis, circondato da tifosi.
Il mio gemello e il mio ragazzo sono amici da prima che ci mettessimo insieme, il che ha reso la loro nuova conoscenza decisamente facilitata.
"Beh di gente ce n'è sempre, ma credo che il Gran Premio di casa sia diverso" Rispondo senza distogliere lo sguardo dal campione del mondo in carica, che cerca di essere disponibile con tutti, ma allo stesso tempo liberarsi per venire da noi.
Ci mette un bel po', ma finalmente ci raggiunge, con un sorriso a trentadue denti.
"Tom, è bello averti qui amico" Esclama Lewis, scambiando una fraterna stretta di mano con mio fratello e venendo poi al mio fianco.
"Io ho ancora qualche minuto prima della drivers parade, volete venire sulla terrazza a fare due chiacchere?" Tutti accettano la proposta del pilota, io compresa, facendo sì che in poco ci ritroviamo tutti sopra l'Hospitality Mercedes.
Da qui si vede proprio tutto, il frenetico paddock, la pit lane e il rettilineo di partenza.

Sento i ragazzi discutere di qualcosa riguardante la gara e le macchine, ma mi distraggo ad osservare le persone che corrono sotto di noi.
Hanno fretta di finire il loro lavoro o di iniziare a svolgerlo al meglio.
Poi, fra tutti, un viso noto. Fin troppo noto.
Il cappellino arancione girato all'indietro come fosse un bulletto, il sorriso allegro mentre parla con una giornalista, la polo stropicciata e la borraccia con la bandiera inglese impressa sopra.

Sento un brivido improvviso lungo la schiena, una nuvola oscura di colpo il sole e Lando alza lo sguardo, incrociando il mio.
Non so perchè certe cose succedano, ma questo breve istante è stato una pugnalata al cuore.
Non ci penso due volte a defilarmi con una scusa dai ragazzi e scendere di sotto, andando alla ricerca del giovane pilota.
Certo, trovarlo tra tutta questa folla è un'impresa, ma quando è destino, è destino.

Lo scorgo dietro un angolo, posato con la schiena ad un Hospitality, come se cercasse di nascondersi.
Mi avvicino a passi lenti, temendo forse in qualche modo di spaventarlo.
"Che ci fai qui?" Chiedo quando sono ormai abbastanza vicina da essere notata.
Alza lo sguardo di scatto, rilassandosi nell'istante in cui vede chi sono.
"So di non essere Hamilton, ma ho comunque la pressione di correre a casa. Voglio davvero fare bene, ci tengo troppo e ho paura di fallire".
Sputa onestà come se non potesse farne a meno, il che lo rende più vulnerabile che mai.
Mi avvicino ancora di qualche passo, sorridendogli.
Non so nemmeno io che sto facendo, mi muovo e parlo senza ragionare.

"Lewis è sereno, come se avesse già vinto. Non so come fa" Dico io, afferrandogli una mano che lui però lascia cadere subito al fianco.
"Lui ha già vinto. Certo, forse non oggi, non qui, ma nessuno può impedirgli di vincere il sesto mondiale. Pensa che quando camminavo prima, una giornalista mi ha chiesto se sentissi il confronto, se temessi di essere nella sua ombra" Una risata ironica gli esce spontanea, mentre sposta lo sguardo per controllare se siamo ancora effettivamente soli.
"Essere nella sua ombra capisci? Come se potessi anche solo lontanamente competere con uno come Hamilton" Continua, guardandomi ora dritto negli occhi, come a farmi capire che il suo discorso trascende il solo campo automobilistico.
"Io credo tu sia un fantastico pilota Lando e credo anche che se oggi non farai la miglior gara della tua carriera, non sarà la fine del mondo".
Mi afferra per un braccio così da allontanarci ancora un po' dalla confusione, per essere isolati maggiormente.

"Non si tratta di una gara, ma del campionato. Vedi, posso aver fatto delle ottime prima gare, ma non serve a nulla se alla fine non porto a casa il campionato" Prosegue serio.
Ormai è evidente come il discorso non riguardi più la Formula 1, Silverstone o le monoposto.
Ma io non sono un campionato da vincere e voglio questo sia molto chiaro.
"Sentimi bene Lando, non so perchè da un po' di tempo a questa parte tu ti diverta a farmi dare i numeri, ma sei tu che hai scelto di mollare, di non combattere nemmeno. Sei tu che mi hai fatto scegliere lui quindi ora non hai il diritto di tornare ad incasinarmi la vita!" Alzo il tono, incurante del fatto che potrebbero pur sempre sentirci.
Gli dò perfino una spinta sul petto, per farlo vacillare quel tanto che basta per riscuoterlo.
Ho bisogno di una sua reazione, ho bisogno che mi sputi in faccia cosa pensa realmente, perchè se continuiamo così, io rischio solo di uscirci pazza.

"Non ti ho spinta fra le sue braccia Isabella, ho fatto quello che tu non avevi il coraggio di fare! Siamo due ragazzi che non sanno niente della vita o di cosa comporti una relazione stabile. Volevi davvero buttare all'aria la tua carriera per me? Me?!" A gridare ora è lui, che ha gli occhi lucidi e le mani tremolanti.
Non dovrebbe stare così prima di un Gran Premio, ma temo che questa sensazione non sia nata ora, non per quello che ho detto o fatto.
"La scelta spettava a me Lando e io avevo scelto te capisci? Avevo scelto te" Mi avvicino per afferragli il viso tra le mani ed asciugarli le lacrime.
È come un bambino, ingenuo ed indifeso.
Mi distrugge vederlo così, sebbene sia inutile negare come il cuore mi stia esplodendo nel petto.
Per mesi ho sperato che venisse da me a dirmi che mi amava, per mesi ho aspettato che si rimangiasse quanto detto. E poi così, di punto in bianco, in una banale giornata, arriva a distruggere tutta la corrazza costruita, come fosse fatta di carta.

"Ce lo stiamo dimostrando anche ora no? Avevi scelto male e sarebbe finita anche peggio. Non possiamo stare insieme io e te, lo sai tu e lo so anche io. Odio ammetterlo, ma Hamilton ha ragione, tu hai bisogno di un uomo al tuo fianco, ed io ad oggi non lo sono"
Ora a piangere sono io, ancora incredula di quanto sta succedendo.
Penso che mi risveglierò tra poco, che mi renderò conto di quanto sia stato tutto un incubo, un bruttissimo e molto realistico incubo.

"Un uomo non si dimostra in base a come tratta la sua ragazza in pubblico, in base a com'è a letto o a quanti anni ha. Non credi possa essere io a decidere chi è abbastanza uomo da starmi al fianco?".
Lui non dice nulla, così come me.
Sappiamo entrambi che è un discorso inconcludente, non ci rimetterà insieme e non ci separerà definitivamente.
Lo so io e lo sa lui, è tutto inutile, ogni parola, ogni gesto.
Ben presto ci saluteremo, io tornerò da Tom e da Lewis, fingendo che vada tutto bene. Lui salirà in macchina, tornerà in pista, poi dalla sua famiglia, fino a scordarsi di quanto successo.
Fino a che queste parole svaniranno nei nostri ricordi, così come tutte quelle che le hanno precedute, lasciando spazio per altri discorsi inutili ed inconcludenti.

A risvegliarmi da questo torpore ci pensa lo squillo del mio cellulare, segna una chiamata di Tom.
Mi schiarisco la voce e rispondo, salutando Lando con un cenno del capo e tornando in mezzo alla folla.

Non è cambiato nulla, ma allora perchè io mi sento peggio di prima?
Forse, tuttosommato, l'amore non è così sopravvalutato come credevo.

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