The silence
Il silenzio. Cosa strana il silenzio. Harry ne aveva sperimentati molti di silenzi. Lui viveva di silenzio. Era un tipo molto riservato e non parlava molto in generale. Il suo più grande potere erano quei silenzi che lui colmava di parole non dette. Harry aveva sperimentato il silenzio dell'abbandono, insieme a Lia, troppo piccoli per ricordarlo, ma sempre presente nei loro occhi, come in velo di malinconia che non lasciava mai quelle iridi troppo verdi.
Vent'anni prima
Mary Arrow era sempre stata una donna che metteva sempre il lavoro prima di qualsiasi cosa. Qualsiasi. Anche prima del suo grande amore, che avrebbe sposato con una cerimonia piena di lusso. L'aveva deciso lei, perché James Styles era sempre stato un tipo alternativo e non avrebbe mai organizzato un matrimonio di quel genere, ma per Mary questo ed altro. Il matrimonio comunque si sarebbe svolto di lì ad un anno, quindi non avevano programmato tutto, solo le cose principali, quali: catering, castello dove svolgere la cerimonia e cattedrale gotica per la messa. James odiava tutto questo, lo considerava "spreco di denaro", ma Mary aveva già programmato tutto e dirle che qualcosa secondo lui era eccessiva era come ucciderla. Stavano sperimentato il potere del Silenzio. Si stavano corrodendo dentro per colpa di segreti che non volevano confessare. James non voleva dirle che tutto questo lusso non faceva per la sua vita. E Mary, beh Mary aveva un segreto che era ben maggiore di quello di un semplice catering da cambiare.
Una sera di maggio, Mary sganciò quel segreto che portava dentro.
"Sono incinta" sussurrò mentre leggeva un libro e James strimpellava la sua chitarra, la sua amata Jolene.
James si fermò e per un momento pensò di essersi immaginato tutto. Quando però vide il viso di Mary pieno di sofferenza capì di non essersi immaginato tutto.
"Oddio, oddio, diventerò Babbo! Che cosa magnifica! Perché non si felice? C'è qualche problema con il bambino? O bambina? Io..."
"Non lo voglio."
Tre parole. Bastarono solo tre parole per distruggere l'immagine che James aveva sempre avuto di Mary. Donna forte Mary, che aveva lavorato sodo per arrivare ad essere una giornalista di successo. Un po' stacanovista, ma ognuno deve avere un tallone d'Achille, no?
James aveva sempre pensato questo della donna che amava, ma sentirla mentre diceva che non voleva una creatura, frutto del loro amore, gli aveva completamente oscurato ciò che provava per lei.
Da lì, beh da lì le cose peggiorarono. Litigi, litigi e ancora litigi. Annullarono il matrimonio e decisero di fare una cosa per far star bene entrambi: James avrebbe preso i due bambini,(avevano scoperto infatti che Mary non era incinta di un solo bambino ma di due piccolo gemellini, maschio e femmina), Mary invece avrebbe continuato la sua carriera senza "quei due intralci che le avrebbero impedito di coltivare il suo lavoro".
James lasciò la casa che aveva condiviso con Mary per sette anni, il primo di febbraio, con due fagottini e le ultime valigie, non voltandosi mai.
Entrò nel nuovo appartamento e sistemò le ultime cose nella camera dei gemellini, Lia Annabel e Harry Edward Styles, e poi presi i suoi due "angeli", attraversò la strada per arrivare davanti ad un locale che James aveva comprato due settimane prima mentre guardava l'appartamento, che in seguito sarebbe diventato l'isola felice di tutti e tre gli Styles.
"Sapete fagottini, Babbo aveva sempre voluto aprire un locale bello bello, pieno di musica, libri e felicità. Ora il sogno di Babbo si è avverato, ma voi siete la parte più inaspettata e meravigliosa della mia vita, e vi prometto che farò di tutto per darvi l'amore che la vostra mamma ancora non era disposta a darvi. Dovete comprenderla, lei deve lavorare molto, e non voleva crescervi da lontano. Ma noi ci prenderemo cura insieme, l'uno dell'altro, vero? Vi amo così tanto. Vedrete che vostra madre vi verrà a farvi visita un giorno."
Mary non si presentò mai.
Il silenzio era l'unica cosa che aveva lasciato dietro di se.
Harry aveva sempre pensato che il silenzio peggiore lo avesse lasciato sua madre, quando li aveva lasciati senza presentarsi mai per delle scuse. Quel giorno un altro silenzio lo colpì come un muro, quello di Louis. Il ragazzo dagli occhi blu, infatti, non gli aveva rivolto parola e non aveva accennato nemmeno un passo nella sua direzione. Harry aveva portato la colazione al tavolo dei suoi amici, e da Louis aveva ricevuto un piccolo "grazie" sussurrato. Harry, per la prima volta nella sua vita, voleva parlare, parlare forte, prendere Louis e chiedergli perché si comportava così quando era sempre il primo a mettere a tavolino i problemi.
Per la prima volta, avrebbe preso lui le redini.
"Louis devo parlati un secondo, puoi venire?" domando al liscio.
"Ehm, si eccomi."
Lo portò vicino al bancone, dove in quel momento non c'era nessuno.
"Senti noi dobbiamo parlare. Questa situazione mi sta rendendo nervoso e se non la risolviamo subito, penso che impazzirò."
"Okay, hai ragione...stasera non ho niente da fare, vuoi venire da me?"
"Okay! Porto qualcosa da cucinare, tanto lo so che tu non hai niente che non sia surgelato!"
"HEY NON È VERO!"
"Ora devo lavorare, ne riparliamo stasera."
Dopo tre ore e mezzo, arrivò la pausa pranzo e Harry salutò sua sorella e il suo migliore amico, per recarsi all'università per alcuni corsi pomeridiani.
"Tesoro, divertiti stasera e per favore scopa..."
"Cosa sono queste parole signorina?!" Urlò una voce divertita dietro le loro spalle.
Una voce calda, armoniosa, piena d'amore, piena di paternità.
"Babbo!! Senti lo dici sempre tu, meglio essere spontanei che eternamente falsi."
"Hahaahah! Ookay io devo proprio scappare! Ciao Sis, Babbo, Teddy!"
Harry corse via con la sciarpa non del tutto avvolta intorno al collo e la tracolla mezza aperta.
Lia invece era rimasta a finire il panino che doveva portare a Luke, prima di farsi fare il nuovo tatuaggio.
Due braccia ricoperte di tatuaggi poi avvolsero le sue spalle, e l'inconfondibile profumo di torta al cioccolato invadere le sue narici.
"Buongiorno Principessa comunque! Stai preparando il pranzo per Luke? Mi dirai che tatuaggio ti farà?"
"No, Babbo sai che non svelo mai cosa mi farò!"
"Okay okay! Ritorno in cucina a preparare il pranzo per James Corden, che sta tornando dal lavoro. A dopo Principessa."
Lia guardò suo padre rientrare nella cucina e non poté fermarsi dal pensare a quanto fosse fortunata. James era un padre eccezionale. Molto giovane per essere padre di due ragazzi di vent'anni, alto, occhi verdi, capelli lunghi che col tempo erano diventati lisci, pieno di tatuaggi e sempre comprensivo e dolce con i propri figli. Li aveva cresciuti in modo estremamente umile e dolce, rendendoli semplicemente meravigliosi agli occhi di tutti, non solo per l'aspetto impeccabile ma anche per il cuore enorme che entrambi i figli Styles portavano.
Lia uscì dal bancone e promise ad Ed che avrebbe fatto il più in fretta possibile.
Attraverso la strada e vicino al loro portone di casa, aprì la porta del "Lukey tatoos", con un sorriso enorme e un panino al salame e pecorino in mano.
Luke la aspettava già sulla sua postazione e la ringraziò per il panino.
"Quindi questo qui sulla spalla sinistra, e questo su quella destra, ho capito bene?"
"Hai capito benissimo Lukey, come sempre!"
"Perfetto, cominciamo!!"
Due ore dopo, i tatuaggi erano stato fatti e Luke era pienamente soddisfatto di se stesso.
Lia lo salutò e ritornò di corsa al Wonderwall.
Aprì la porta e si riallacciò il grembiule, mentre prendeva il suo block notes per prendere l'ordinazione di alcune ragazze.
Il pomeriggio passò alla svelta, come sempre al Wonderwall, tra risate e tanta musica. Lia e Ed si divertivano ad intonare tutte le canzoni che passavano nel locale mentre servivano i clienti, e i clienti ascoltavano volentieri quei due ragazzi pieni di talento.
Durante un'intensa perfomance di "Let it be", la porta si aprì e rivelò una donna d'affari che parlava con tono duro al telefono.
"Ti ho già detto che l'appuntamento dovevi spostarlo a lunedì prossimo! Vuoi essere licenziato? No! Bene, allora fai il tuo lavoro come si deve!"
Chiusa la telefonata, la donna si avvicinò al bancone e chiese a Edward se c'erano dei tavolini liberi al piano superiore, riservato al silenzio e al relax della lettura. Ed la portò al piano superiore e scese due minuti dopo, entrando nella cucina senza dire una parola a Lia, che rimase interdetta per un momento. James uscì di lì pochi minuti dopo, e si avviò al piano superiore.
"Cosa vuole quella donna da mio padre?" Chiese Lia.
"Non lo so. Ha detto che era importante."
Dopo una ventina di minuti, James scese dalle scale, e insieme a lui, portò anche quella misteriosa donna.
"Lia...devo presentarti una persona..."
"Oh...salve sono Lia Styles, piacere. Lei è...?"
"Sono Mary Arrow...tua madre."
Il silenzio. Cosa strana il silenzio. Lia lo odiava. Con tutto il suo cuore. Lei amava parlare, urlare, cantare. Tutto tranne il silenzio. Ma in quel momento avrebbe preferito continuare quel silenzio per millenni.
"Io..."
"NO! Non puoi presentarti così, da un giorno ad un altro. Non puoi entrare così nella mia vita e presentarti come se avessi qualche diritto di dire che sei mia madre!"
Detto questo Lia corse fuori da locale e attraversò quel piccolo tratto di strada con le lacrime agli occhi.
"James, io..."
"No Mary, tu non dovevi venire così. Dalle tempo, per favore."
"Okay."
Mary uscì dal locale dopo aver salutato Ed e James.
"James io vado da lei, tu resta pure qui. Magari la porto a casa mia così la faccio distrarre un po'"
"Grazie"
Non c'era stato bisogno di parole. Edward era entrato a casa di Lia e lei era già li ad aspettarlo per andarsene a casa del rosso, su quel divano che aveva visto tutta la loro vita.
Lia odiava il silenzio. A volte però i silenzi avevano il potere di scaldare il cuore e darti la speranza in un futuro migliore. Erano rare le volte in cui i silenzi avevano creato questi sentimenti in Lia ma quella sera, su quel divano, con il suo migliore amico, quel silenzio era confortante, e Lia non si sentiva più la sola a sperare in un domani meno grigio. Così si strinse di più al fianco di Ed, e sussurrò un tiepido "grazie", che era un po' come dire,
"grazie di esserci.
Grazie di sopportarmi.
Grazie di non scappare.
Grazie di farmi vivere.
Grazie di essere sempre Tu."
E Edward capì. E strinse più forte la presa sul suo fianco, lasciando un piccolo bacio sulla sua tempia, come aveva fatto quando a sedici anni aveva la polmonite e aveva la pelle in fiamme, come faceva sempre, come per dire "non sei mai sola, ci sono io".
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