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Seonghwa

Da una settimana erano iniziate le feste al mio castello, in cui diversi giovani si incontravano e parlavano con l'intento di conoscersi meglio e, addirittura, sposarsi.

Ovviamente io, come tutti gli anni, avevo evitato qualsiasi tipo di contatto con ogni ragazza che cercava di avvicinarsi a me, nonostante le diverse occhiatacce che mi arrivavano ad mia madre ogni qualvolta lo facevo.

Al contrario degli anni precedenti, quello aveva preso una piega diversa. L'arrivo di una nuova famiglia aveva attirato completamente la mia attenzione e quella dei miei amici e, in una settimana, avevamo scoperto solo le informazioni basilari: il figlio aveva la stessa età di Yunho e Mingi mentre la figlia era una debuttante, proprio quell'anno aveva compiuto sedici anni; inoltre, il loro cognome era Kang.

Ero sempre stato curioso nella mia vita, mi interessava fin troppo spettegolare sui fatti altrui e infatti quella volta non era affatto diversa. Avevo provato a convincere i miei amici a farli avvicinare alla ragazza per ottenere informazioni ma nessuno dei due cedeva, con l'idea fissa nelle loro teste che lei fosse troppo piccola, come se dovessero sposarla sul serio!

«Vado io.»dissi mentre eravamo seduti al tavolo, con gli occhi puntati sulla figura snella della sedicenne, attenti a non incontrare lo sguardo protettivo del fratello. Era tutta la sera che li guardavamo, molti pretendenti si erano fatti avanti per avere un ballo con lei ma quasi sempre il ragazzo le aveva sussurrato qualcosa all'orecchio e poi li aveva liquidati.

Quando quelle parole uscirono dalla mia bocca intendevo dire che sarei stato io il prossimo a provare ad ottenere quel tanto desiderato ballo, per questo i miei amici mi guardarono entrambi increduli.

«Sei serio?!»quasi urlò Mingi, tant'è che gli tirai una gomitata nelle costole per farlo smettere di fissarmi a bocca spalancata, anche se non ottenni quei risultati sperati.

«Non eri tu quello che aveva detto di voler parlare il meno possibile con le ragazze per non farle sperare di poter avere una chance con te?»mi chiese retoricamente Yunho dall'altro lato del tavoli. Io scrollai le spalle e poi allungai la mano verso un calice di champagne che aveva poggiato poco prima un cameriere e me lo portai alle labbra, mandando poi giù il liquido frizzante. Presi poi coraggio e mi alzai dalla sedia, poggiando le mani sulle spalle dei miei amici e poi girando attorno al tavolo.

«Se entro cinque minuti vi lancio un'occhiata venite a riprendermi. Non ho intenzione di lasciarla andare senza aver scoperto nulla, ma nemmeno di passare la serata con una ragazza.»spiegai ai due i quali non mi fecero cenno di aver sentito quelle parole. Senza aspettare una risposta o senza sapere se mi avessero sentito mi voltai di nuovo e camminai verso la coppia di fratelli.

Quando mi ritrovai dietro i due mi schiarii la gola ed entrambi si voltarono. Il ragazzo mi squadrò dalla testa ai piedi, quasi mi sentii in soggezione sotto quegli occhi coperti da due lenti a contatto azzurre, mentre la sorella semplicemente mi sorrise e mi guardò in viso.

«Mi stavo chiedendo se questa giovane debuttante avesse voglia di ballare con me.»dissi inchinando la testa verso il basso e mi persi il sorrisetto con cui voltò il capo verso il fratello.

«Sono sere che se lo sta chiedendo, dal momento che non è la prima volta che lo becco a guardare mia sorella.»commentò il nero accanto a lei, la quale subito abbassò la testa come sentendosi in colpa e io cercai di controllarmi. Se avessi reagito male non solo avrei fatto una pessima figura davanti agli invitati, ma non avrei avuto occasione di capire chi fossero.

«Ha una bellissima giovane donna al suo fianco, non credo di essere l'unico ad aver voluto avere un ballo con lei, io sono soltanto più timido degli altri. Dopotutto, è a questo che servono queste feste, a ballare e a conoscerci.»risposi cercando di tenermi il più pacato possibile e a quanto pare ci riuscii dal momento che lo sguardò sul suo volto si ammorbidí.

«Beh, Park Seonghwa, non credo che voi siate cosí timido come ritenete, non credo sia il termine più adatto.»mi stupí quando mi guardo col mio nome e cognome e quasi spalancai gli occhi per la sorpresa, poi mi diedi dell'idiota pensando al fatto che ci fossero miei quadri appesi ovunque per il castello e che probabilmente gli era bastato fare due più due per capire chi io in realtà fossi.

«Come mai voi sapete cosí tanto su di me mentre io so poco nulla sul vostro conto?»ribattei, cercando di arrivare al punto e di avere almeno qualche informazione in più rispetto a quelle che avevo già. Il più basso ridacchió nel sentire le mie parole e semplicemente sciolse la presa che aveva sul gomito della sorella per incrociare poi le braccia al petto.

«Sono Kang Yeosang, lei è mia sorella Minso. Veniamo da un regno piuttosto lontano dal vostro e siamo nuove di queste parti perchè nostra madre ha da poco sposato un un reale che ci ha preso sotto la sua ala protettrice. Il mio padrino ha avuto la brillante idea di mandarci qui per farci adattare ma è evidente che la mia cara sorellina abbia attirato le attenzioni di molti uomini.»spiegò velocemente e io ci misi tutto me stesso a trattenere dei salti di gioia al venire a conoscenza di tutte queste cose. Rimasi ad ascoltare fino all'ultima parola di quel discorso, ponendo attenzione ad ogni dettaglio, fino a quando non scattò l'ora della mezzanotte, simbolo che ogni ospite sarebbe dovuto tornare a casa propria.

«È stato un piacere passare la serata con voi.»disse la ragazza, facendomi udire per la prima volta la sua voce delicata e fine. Io mi inchinai e le presi una mano, per poi poco dopo portarmi il suo dorso alle labbra e lasciarci sopra un piccolo e velocissimo bacio.

«Altrettanto.»risposi soltanto mentre il fratello semplicemente mi salutava con un cenno della testa. Non ebbi il tempo di andare anche a salutare i miei amici ma sapevo che tanto il giorno dopo li avrei di nuovo visti, perciò non mi preoccupai troppo e presi a camminare verso la mia camera da letto, prendendo il cellulare in mano con l'intento di mandare un messaggio proprio agli altri due.

Non appena mandai l'ultimo messaggio rimasi un po' su quell'app, finendo a guardare i post recenti delle persone che seguivano e non mi resi nemmeno conto che nel frattempo ero arrivato nella mia camera da letto.

Alzai gli occhi dal cellulare solo quando sentii, una volta entrato e chiuso la porta alle spalle, il suono di un tasto del pianoforte che avevo dentro la stanza. Seduto sullo sgabello c'era infatti un ragazzo dai capelli bianchi con la testa china sui tasti, probabilmente nemmeno si era accorto della mia presenza. Aggrottai le sopracciglia non sapendo nemmeno chi fosse ma, quando vidi che sullo strumento c'era poggiato uno spazzolone capii che si trattasse di un ragazzo delle pulizie.

«Che stai facendo?»chiesi con la voce piú roca di quella che mi ero aspettato. Lo vidi sobbalzare e poi alzarsi di scatto, voltandosi immediatamente verso di me. Fui sicuro di non averlo mai visto quando ci trovammo faccia a faccia.

Era più basso di me di diversi centimetri, magro al punto giusto, anche se l'aggettivo che probabilmente meglio lo descriveva era minuto. Sul viso piccolo e ovale ricadevano dei ciuffetti bianchi, le guance rosse a causa dell'imbarazzo di essere stato appena colto sul fatto e gli occhi impauriti, come se da un momento all'altro avessi potuto ucciderlo per cosí poco.

«Signorino Park, mi dispiace infinitamente, stavo pulendo il pianoforte e...»ma non lo lasciai finire perchè ridacchiai e andai a sedermi sul mio letto, lasciandolo probabilmente confuso dal mio comportamento.

«E ti sei messo a suonare.»gli feci notare con un gesto della mano i tasti e lui voltò la testa verso di essi, dandomi una perfetta visuale del suo profilo, fatto da un naso che era a dir poco perfetto e da una mascella ben delineata.

«Ehm, si, mi dispiace, non avrei dovuto. Non succederà mai più, lo prometto. Se vuole non entrerò nemmeno più nella sua stanza e affiderò le pulizie a qualcun'altro.»continuò a blaterare ma io scossi la testa in disaccordo.

Di quel piano non mi importava più di tanto in fondo, che qualcuno lo usasse non mi recava alcun danno, almeno c'era qualcuno che lo sfruttava senza lasciarlo a crollare a causa della vecchiaia e delle tarmiti.

«Puoi stare tranquillo, non mi importa cosí tanto di questo piano.»cercai di tranquillizzarlo e il ragazzo davanti a me semplicemente annuí, prima di voltarsi per riprendere le sue cose e fare per uscire dalla mia camera.

«Come ti chiami?»gli domandai allora sinceramente curioso, dal momento che conoscevo i nomi di tutti quelli che lavoravano per la mia famiglia e che un giorno, che a quanto pare non era cosí lontano come desideravo, avrebbero lavorato sotto le mie regole.

«Hongjoong.»mi rispose semplicemente con un leggero inchino con la testa e io non potei non trovare buffo il suo comportamento. Fino a qualche attimo prima era sembrato dispiaciuto, come se sarebbe crollato in un attacco isterico a momenti, mentre ora mi guardava senza un accenno ad alcun tipo di espressione, quasi apatico nei confronti delle mie richieste.

«Bene, Hongjoong. Il mio nome è Seonghwa, per le prossime volte che dovrai scusarti per avermi suonato il piano.»lo presi in giro, avendo sentito come si fosse rivolto a me con il mio cognome. Comunque lui annuí e poi guardò verso il basso mordendosi un labbro inferiore e per un attimo mi chiesi se volesse dire qualcosa che in realtà stava trattenendo ma non gli dissi nulla: ora volevo soltanto andare a riposare.

«Puoi uscire, continuerai a pulire la mia stanza domani.»lo informai e lui annuí prima di fare un inchino e con un lieve "con permesso" allontanarsi dal posto dove era rimasto fino a quel momento e uscire dalla porta a passo svelto, come se non vedesse l'ora di uscire dalla mia camera.

Comunque non mi feci altre domande e semplicemente mi spogliai dei miei indumenti per poi infilarmi tra le coperte e cercare di prendere sonno, cosa che stranamente quel giorno mi venne anche in maniera piuttosto facile.

Aww che carini, il primo incontro! Non sono teneri? No, in realtà non ancora ma ok fate finta che lo siano già

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