31
«Ehm... Non vorrei disturbarvi, ma noi tre stiamo andando a fare un po' di spesa» prorompe Cecily dall'altro lato della porta, la quale è chiusa. Non a chiave, certo, ma credo che ognuno di loro immagini che non è il caso di entrare senza preavviso. Hanno ragione, d'altro canto, anche se mi diverte pensare a quale sarebbe la sua faccia se ci potesse vedere ora.
Riccardo ha il viso appoggiato sul mio petto, tra la spalla e il seno, e non appena sente la voce di sua cugina lo sento — o, meglio, lo avverto — ridere sommessamente contro la mia pelle.
«Va bene!» esclamo. «Non state via troppo» continuo, sicura che lei abbia capito che, per quanto ci riguarda, potrebbero anche passare l'intera mattinata al supermercato per lasciarci un po' da soli.
Il ragazzo scuote la testa, poi la alza e il suo sguardo cristallino incontra il mio. Le sue labbra si allargano presto in un sorriso mentre solleva con lentezza la mano destra e con i polpastrelli mi sfiora le labbra. Ogni suo gesto è intriso di una dolcezza disarmante, tanto che fare l'amore con lui, la scorsa notte, è stato così naturale da avermi fatta rimanere senza parole. Continuavo a guardarlo e a sorridere, perché mai mi ero sentita in quel modo tra le braccia di qualcuno: al sicuro, protetta, libera di essere me stessa.
Niente tra di noi è mai stato forzato, nemmeno all'inizio. Sin dalla volta in cui ha varcato la soglia della biblioteca in cui lavoro ho provato attrazione per lui — e non solo fisica anche se è indubbiamente un bel ragazzo, perché desideravo conoscerlo con qualunque fibra del mio essere. Ed è forse stato questo a spingermi verso di lui, il fatto che non volesse davvero niente da me, né un appuntamento né qualcosa di più. Mi ha ascoltata infinite volte, mi ha lasciata parlare a rotta libera — me, sì, proprio quella... la stessa persona che non riusciva a relazionarsi realmente con nessuno all'infuori di Sebastian.
Man mano che lo conoscevo, ero certa di potergli dire di no senza deluderlo, di rifiutare un'uscita senza farlo soffrire, e questo per il profondo rispetto che ha nei miei confronti, per la spontaneità che ha caratterizzato ogni azione che abbiamo compiuto e ogni parola che abbiamo pronunciato.
Ecco perché essere adesso qui, con lui, mi sembra la cosa più normale del pianeta. Non una novità, no, perché mi sembra di aver vissuto questa quotidianità mille volte e al contempo di non averlo fatto mai.
Gli accarezzo il capo, passo le dita attraverso i suoi capelli, e nel frattempo il mio sguardo vaga all'interno della camera. Prima intercetta la finestra alla mia sinistra, più o meno alle nostre spalle, dove dalla persiana filtrano i raggi di un sole pallido invernale, e dopo si sposta sulle pareti dai colori caldi, sul quadro appeso raffigurante un paesaggio di montagna innevato, sulle due poltrone ai lati del mobiletto nero che si trova sotto la TV a schermo piatto fissata al muro.
Le mie dita sono ancora lì, tra i suoi capelli.
«Ricordi che ero particolarmente giù di morale, un paio di settimane fa?» chiede Riccardo. Per un istante mi dà l'impressione che stia parlando a se stesso, però è chiaro che non è così. Si sposta dal mio abbraccio e, puntellando il gomito sul materasso e appoggiando il viso sul pugno chiuso, cattura di nuovo la mia attenzione.
Annuisco impercettibilmente, nonostante sia superfluo.
«È giusto che io sia sincero e onesto con te» continua.
Mi giro anche io a questo punto, in modo tale da essere faccia a faccia. Riccardo non pare preoccupato, anzi, quindi in un certo senso mi adeguo al suo stato d'animo. Il fatto che lui sia estremamente calmo, calma me. Non ho alcuna ragione di fasciarmi la testa prima del previsto, malgrado mi sembri ancora tutto troppo bello per essere vero. La realtà, infatti, è che non mi ha mai dato motivo di dubitare di lui e di quello che abbiamo insieme.
«Certo» concordo, in parte forse per riempire il silenzio. «Nulla che tu possa dire potrà mai farmi cambiare idea su di te.»
«Be', non stavo pensando a questo» mi rassicura. «So che non succederebbe, ma c'è una cosa che ti devo dire. Non lo faccio per farti sentire in colpa, sia chiaro... Credo soltanto che tu debba esserne a conoscenza.»
«Mi stai facendo preoccupare» ridacchio nervosa.
Ride anche lui, ma torna serio quasi subito. «So che vuoi bene a Sebastian e che ne hai passate di tutti i colori con lui, ma non riesco a non pensare che ci sia ancora qualcosa in sospeso tra di voi.»
L'ho fatto parlare senza interromperlo, però mi dispiace che la veda così. Credevo fosse ormai chiaro a entrambi quello che provo, e soprattutto che Sebastian non è tra i miei pensieri — sotto un punto di vista romantico, perlomeno — da un bel po'.
«Il capitolo Sebastian sarà per sempre in sospeso» rispondo piano in cerca delle parole giuste da dire, parole che siano in grado di fargli comprendere la situazione e allo stesso tempo di non ferirlo. «Ti sei mai chiesto come sarebbe la tua vita adesso se quella determinata cosa fosse andata diversamente? Io sì, e questa per me è il nostro rapporto. So però che, se non c'è stato niente tra di noi, è perché non eravamo destinati a essere. Questo l'ho accettato da un bel pezzo ormai, e la vita mi avrà tolto e dato tanto in questi ventidue anni, ma non cambierei nulla di ciò che è accaduto.»
Riccardo si rilassa e butta il capo a peso morto sul letto prima di incrociarvi le braccia dietro. Il suo sguardo si fissa sul soffitto mentre sembra riordinare con lentezza quello che ho appena detto e i pensieri che ne sono derivati. Decido allora di alzarmi e di raggiungere la persiana che tiro su per inondare la stanza di luce.
Sono stata sincera con lui perché non avrebbe avuto senso nascondergli ciò che sento. Non ho niente da nascondere, a dirla tutta, e lui è stata la prima persona a farmi sentire libera di esprimermi. È stato lui a regalarmi la fiducia necessaria per diventare trasparente fino a questo punto e non ho alcuna intenzione di negarmi una cosa così bella per paura oppure per vergogna. Non ho nessuna ragione di provare sensazioni tanto umilianti e logoranti, soprattutto ora che sto bene.
Quando mi stendo di nuovo accanto a Riccardo, ci mette poco a voltarsi verso di me. Lo vedo tendere il dito indice in aria e poi appoggiarlo sul mio petto, proprio contro il cuore. Sono piuttosto sicura che ne percepisca i battiti regolari sotto il polpastrello. Resta fermo così, sospeso.
«Devi fidarti di me» sussurro.
«Io mi fido di te.»
«Davvero?» ribatto alludendo alla conversazione che abbiamo avuto poco fa.
«Davvero» mi risponde sicuro, ma c'è qualcosa nel modo in cui lo dice che mi impedisce di credergli. Prima di parlare, infatti, il suo sguardo si è allontanato dal mio e le sue labbra sono state sorprese da un tremolio.
Decido allora di alzarmi dal letto, di nuovo, e di camminare fino al piccolo zainetto nero che ho portato con me. Non c'è molto al suo interno, tranne il portafoglio e le tre cose dalle quali non mi separo mai: il mio quaderno degli appunti, la penna nera e L'insostenibile leggerezza dell'essere. Dopo aver trascorso un po' di giorni sul mio comodino, quel libro ha seguito ogni mio passo, ogni giornata storta e ogni istante in cui ho sperato di essere finalmente nel posto giusto. È il promemoria della svolta, il momento in cui ho capito che la vita è molto di più che un susseguirsi di giornate in cui dobbiamo andare avanti per forza. Mi ricorda l'inizio del mio percorso e delle sfide che ho dovuto affrontare lungo la strada, l'amore — quello vero — che mi ero convinta che non avrei mai trovato dopo tutte le volte in cui mi ero illusa che quello che sentivo potesse avvicinarvisi. Mi ha sempre ricordato che nel mio cuore, da quel giorno, c'è spazio per una persona sola.
Tiro la cerniera e lo prendo. Lo stringo al petto qualche secondo, poi torno da Riccardo.
Mi siedo al bordo del letto, rivolta verso di lui, e sollevo il libro in aria, all'altezza della mia spalla destra. «Te lo ricordi?»
«Sì» annuisce lui.
«Lo porto con me da quando ti ho rivisto fuori dal Clyde's. È stato lì che ho capito che ti volevo conoscere e che non mi sarei fermata davanti a niente pur di averti. Nonostante la paura e le mie insicurezze, quel libro mi dava forza e mi ricordava quella promessa. Mi ricordava che avrei potuto andare con chiunque, ma che avrei comunque amato una persona soltanto: la stessa che lo aveva chiesto in prestito. Avevo chiuso con Sebastian molto prima che tu arrivassi, ecco perché mi ferisce sapere che, per qualche ragione, credi che io sia tua solo a metà. Non è così, non lo è mai stato, e se lo pensi ancora forse non è il caso di continuare. Non voglio darti cento quando tu, per salvaguardarti, ti trattieni e mi dai il sessanta. Ti ho detto che ti amo, Riccardo... Probabilmente non hai capito quanto un passo del genere fosse importante per me. Se non ti fidi delle mie parole, però, perché siamo ancora qui? Perché siamo insieme?»
«Ho paura di perderti, Caelie» ammette in seguito al mio monologo. «Ne sono terrorizzato. E so che l'unica persona che potrebbe portarti via da me è lui.»
«Ma è così facendo che mi perderai!» esclamo. «Non ti rendi conto di quello che mi stai dicendo, nemmeno un po'? Ho scelto te, Riccardo, cos'altro vuoi? Vorresti che Seb non facesse più parte della mia vita?»
«Sì» replica di getto. «No» si corregge subito dopo.
Torno alla sedia dove ho appoggiato lo zaino e ripongo il libro al suo interno. «Non è una decisione che spetta a te. I miei amici, le persone con cui scelgo di trascorrere il mio tempo, non sono vincolate da volontà estranee alla mia. O accetti Sebastian o è finita qua.»
Quando mi volto Riccardo ha gli occhi lucidi, però non ho alcuna intenzione di cedere. Lo amo, tanto, ma è qualcosa che non può chiedermi di fare. Deve fidarsi di me, delle mie azioni e delle mie parole, altrimenti non c'è amore che tenga. Voglio essere libera, ho già passato troppi anni a preoccuparmi di ciò che gli altri pensavano di me. Anni in cui, per paura del giudizio altrui, preferivo rimanere immobile piuttosto che fare ciò che ero sicura mi avrebbe fatta stare bene.
«Conosci i miei trascorsi con Sebastian. Sai quanto io mi sia sentita umiliata la sera in cui avevo deciso di confessargli la mia cotta. È questo che mi ha deluso di più, Riccardo: come puoi pensare che io possa amare chi mi ha fatta sentire una nullità solo perché avevo sviluppato dei sentimenti nei suoi confronti? Quella no che non è una storia chiusa. Non dimentico chi mi fa sentire piccola così.»
«Ma...» riprende Riccardo, ma non sento cosa sta dicendo. Ho già chiuso la porta alle mie spalle.
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