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Cap 23

Sono in piedi davanti ad Alexander, che mi fissa contrariato dal mio abbigliamento. -Non se ne parla neanche- decreta.

Lo guardo male. -Perchè no?!-

-Perchè NON è vero che i mantelli con il cappuccio proteggono l'anonimato e ti fanno passare inosservata. Anzi, daresti solo più nell'occhio! Quindi, tu non andrai in città con un mantello con il cappuccio. Te lo proibisco-

E mi guarda serissimo, come a volermi imporre la sua volontà.

Neanche mezzora dopo, mi avvio verso la città, indossando il mio mantello con cappuccio. Alexander deve capire che non può dire a una ragazza cosa mettersi.

Lui procede accanto a me con una bandana legata in fronte per coprirsi i capelli, che visto il loro colore sono fin troppo evidenti come segno di riconoscimento; sbuffa. -Guarda che questa missione sta a cuore a te, non a me. Vedi di non sabotarti da sola-

-Non ci noterà nessuno- ribatto. Come per dimostrare che ho ragione, sono pochi quelli che si girano a guardarci quando arriviamo, e neanche uno di questi si sofferma su di noi più di qualche secondo.

Siamo a Jilor, una città che dista pochi chilometri dal passaggio che mio fratello ha fatto crollare. Non ce ne sono altre nelle vicinanze, quindi per approvvigionarsi l'esercito dei neri deve essere per forza passato da qui.

Solo che non ho idea di dove possa essere andato dopo, e le tracce sono ormai troppo vecchie per poter essere seguite, anche con Nive e Ashton.

Cosí ora i nostri lupi ci aspettano nella boscaglia, al sicuro, mentre noi cerchiamo di scoprire qualcosa nella città. Anche se sono un po' inquieta a lasciare Nive dove non posso tenerla d'occhio.

-Quindi.. Ora che facciamo?- domando al mio accompagnatore -Adottiamo la tecnica "ognuno per conto suo" o quella "coppia di fidanzatini curiosi"?-

Alla seconda proposta Alexander fa la faccia più scioccata che gli abbia mai visto addosso. Trattengo una risata. -Okay direi la prima ipotesi-

-Già- commenta lui, e senza neanche salutare sguscia via tra la folla.

Non me la prendo neanche questa volta. In fondo me la sono cercata.

Controllo che se ne sia andato davvero, poi abbasso il cappuccio. In fondo aveva ragione lui su questo.. Solo che finchè era presente non potevo dargli la soddisfazione.

Mi guardo intorno, pensando a dove potrei iniziare a chiedere informazioni. Inizialmente, mi viene in mente un bar.

È sicuramente il posto dove gli uomini parlano più volentieri, bagnandosi la bocca con i liquori.

Però sono costretta a scartare l'idea; una giovane donna da sola in un posto come quello rischia di incorrere in problemi. Probabilmente ci penserà Alexander.

Sospiro, guardandomi intorno e chiedendomi di nuovo a chi potrei domandare per sapere di Dow. Forse potrei provare con gli anziani del paese.

Mentre mi viene in mente quest'idea, ho il tempo di incantarmi guardando la città. Non è affatto come me la immaginavo; le case sono in legno, e su più balconi si affacciano dei fiori. La gente passeggia per le strade chiacchierando, e i bambini giocano. Non sembra una città dei nemici. Non sembra un posto dove la gente è sanguinaria, vuole conquistarci oppure ucciderci. Sembra...

Il mio villaggio. Sorrido al pensiero.

Mi ricordo come correvo anche io fra le vie da piccola, cimentandomi in prove di forza contro i maschi, sognando di diventare un giorno cavaliere dei lupi.

Mi risveglio dai miei ricordi per un forte dolore alla gamba. Abbasso lo sguardo di scatto, temendo di essere stata scoperta e attaccata, magari trafitta da una freccia. Però ad avermi colpito è solo un sasso affilato, che mi ha lasciato comunque un bel taglio sul polpaccio.

-Signorina!- esclama una voce preoccupata. Un bambino mi corre incontro, con aria mortificata -Ti sei fatta male??-

Ha un'aria così sconsolata che mi strappa un sorriso. -Stai tranquillo- lo rassicuro -Non è niente. Mi sono fatta di peggio-

Lui si sente in dovere di giustificarsi. -È che.. Mi stavo allenando con la fionda e.. Ho sbagliato mira..-

-Joshua!- una donna dall'aria gentile e materna si avvicina a noi -Cos'hai combinato questa volta?- chiede, ma senza traccia di risentimento. Poi guarda me.

-Forza, diamo una sistemata a questa signorina!-

Protestare non serve a niente: dieci minuti dopo sono in casa loro, e la donna mi sta disinfettando il taglio.

La guardo, incantata. Nei suoi gesti vedo quelli che avrebbe fatto mia madre se fosse stata viva, e che tante volte mio fratello ha fatto al suo posto consolandomi mentre piangevo.

Le mani della donna, amorevoli ed esperte, finiscono il lavoro in pochi movimenti rapidi ed efficaci.

-Devi perdonarlo sai- mi dice -ha deciso di voler diventare un soldato dell'armata. Come lo è stato suo padre-

Le sue parole assumono un tono malinconico alla fine della frase, e io resto in silenzio per rispettare il suo dolore.

Silenzio che viene rotto dal piccolo Joshua.

-Il mio papà era un eroe- dice, orgoglioso -Lui ha protetto il regno da quelli che volevano invaderci e conquistarci. Per questo voglio diventare forte come lui. Così difenderò tutti e non potranno più farci del male-

Per istinto mi viene da sorridere, orgogliosa, e penso che quel bambino sarà un buon soldato un giorno. Poi impietrisco, perchè realizzo in che fazione combatterà.

Ero così tranquilla, così rilassata, e le frasi che sentivo le sentivo mie. Mie e dei bambini con cui sono cresciuta, nel regno dei bianchi. Queste frasi sono state sulle nostre labbra come ora sono su quelle di Joshua.

Possibile che dietro entrambi gli schieramenti battano cuori uguali? Le stesse paure, gli stessi ideali, gli stessi valori.

Questo mondo è identico al mio, eppure è l'opposto. Non riesco a capire come sia possibile.

-Ti vedo pensierosa- dice gentile la donna -La guerra non ti piace molto vero?-

-Piace a qualcuno?- rispondo amaramente -È una bestia atta solo a mietere vittime e dare più potere alle persone importanti. Io ho perso entrambi i genitori-

-.. Mi dispiace- dice lei, accarezzandomi una spalla. Mi abbandono per un attimo al suo tocco. Il tocco di una madre.

-È colpa dell'armata bianca- dice invece Joshua -Sono loro che ci fanno questo-

Provo un colpo al cuore sentendo queste parole. Ma mi sforzo di non darlo a vedere.

-Hai mai pensato che nell'altro regno possano esserci altre persone come te che provano esattamente le stesse cose?- chiedo. Ed è nel momento che lo dico che mi accorgo, per la prima volta nella mia vita, di quanto sia vero. Alla fine ho sempre visto questa gente come barbari conquistatori. Invece sono come noi.

Amano, soffrono, lottano, muoiono e piangono come noi. Allora perchè continua questa guerra, se non porta altro che sofferenza da entrambe le parti? Cosa la fa andare avanti?

-La signorina ha ragione Joshua- dice dolcemente sua madre -Credi davvero che tutti i bianchi siano cattivi?-

E io, credo davvero che tutti i neri siano cattivi? Anche dopo essere stata in questo posto?

Il bimbo sembra riflettere. -Il cavaliere che hanno portato qui prigioniero non sembrava cattivo. Solo triste- dice alla fine, in un sussurro.

Il mio cuore perde un battito, poi inizia a martellarmi nel petto a un ritmo sfrenato. Dow. Dow. Dow.

-Quale cavaliere?- chiedo, cercando di suonare il più indifferente possibile.

La donna abbassa il capo. -Un prigioniero. Lo hanno condotto legato insieme al suo lupo, e li hanno lasciati alla berlina mentre i soldati si riposavano. Poi sono ripartiti per andare a Ureht.

Però, erano incredibili. Sembravano emanare fierezza anche mentre venivano colpiti dalla frutta. Mi domando se tutti i soldati bianchi siano così-

Mi sforzo di non digrignare i denti. Dow alla berlina. Jeis alla berlina.

Questo non dovevano farlo. Le pagheranno tutte.

Ma ora, se voglio davvero aiutarli, non devo assolutamente tradirmi.

-Oh, Ureht- ripeto quindi -La prigione giusto? Ne ho sentito parlare. Mi sembra sia a nord di qui-.

Sto totalmente sparando a caso, ma stranamente qualcosa indovino.

-A nord ovest- mi corregge la donna -A pochi giorni di cammino da qui. È sulla tua strada? Da quello che ho capito sei una viaggiatrice-

-Si, è sulla mia strada- confermo. -Sto andando a trovare mio fratello. È la persona che si è presa cura di me dopo la morte dei miei genitori.. Ed è l'unica persona che mi è rimasta-

-Vi auguro di ricongiungervi presto, allora- sorride lei.

Sorrido anche io. -Lo faremo-.

Può starne certa.

Dopo averla salutata e aver dato una scompigliatina ai capelli di Joshua, ritorno nel punto in cui mi ero separata da Alexander. Lui è già li.

-Era ora- mi saluta quando arrivo -Ho scoperto dove hanno portato tuo fratello-

-Anche io- sorrido sinistra, tirandomi di nuovo su il cappuccio del mantello -Si parte per Ureht-

Fratello, sto arrivando.

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