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Appuntamento
Con la poca affluenza di gente, il viale della Cioccolateria di Londra pone improvvisamente deserto. Nonostante fossero presenti pochi passanti, di cui la maggior parte composta da coppie, l'abitudine di vedere e doversi fare strada tra i fiumi di persone dava un senso di vuoto al posto. Quel giorno però andava benissimo così, Simon si sentiva molto più a suo agio rispetto a quella sera. Per quanto volesse adattarsi alla vita umana, le folle o la presenza troppo accalcata delle persone era il suo tallone d'Achille.
Una difficoltà che non sarebbe mai riuscito a superare, nemmeno, forse, se avesse passato più tempo tra gli umani che in mezzo ai lupi.
Viola ancora non si vedeva, ma aveva ancora una manciate di minuti prima dell'orario deciso. Simon si perse a guardare le vetrine degli altri negozietti, che incorniciavano la Cioccolateria come se fosse stata un'opera d'arte, quasi a voler segnare un percorso che aveva come capolinea proprio il negozio di dolci. Doveva essere la sua natura animale, ma si rese conto di comprendere con una certa fatica cosa attirasse le persone. Dal suo punto di vista, i vestiti parevano tutti uguali, solo con colori diversi; lui si sarebbe concesso giusto un paio di indumenti per necessità, senza badare troppo alle marche che altri clienti invece valutavano in modo puntiglioso.
Le altre vetrine sembravano uguali alla prima, nulla di diverso ai suoi occhi. Simon iniziò a sperare che Viola non fosse un'amente dello shopping e lui sarebbe stato nei guai; su questo aspetto Zita non aveva tutti i torti, erano concetti che non si legavano affatto al suo essere. Ma scacciò il pensiero, non voleva ricredersi solo perché alcuni usi li reputava insensati: a voler ben guardare, non era nemmeno l'unico a provare noia davanti ad un vetro che mostrava dei manichini, degli umani finti, fasciati con delle stoffe che si adattavano come un manto variopinto.
Tutte quelle coppiette felici però, forse era un segno del destino che continuasse a incrociarle; Simon pensò che fosse una predizione del proprio futuro: magari lui e Viola erano destinati a stare insieme, contro ogni aspettativa, contro ogni pronostico e ogni ostacolo. Gli venne però un dubbio: e se avesse dovuto offrirle qualcosa? Aveva abbastanza soldi? I prodotti costavano molto? Forse era meglio non preoccuparsi di queste cose...
Viola non arriva, ormai mancavano solo cinque minuti e Simon non era più sicuro che sarebbe riuscito a vederla e a passare un pomeriggio con lei.
Forse le era sembrato troppo impacciato e troppo diretto, non avrebbe dovuto buttarsi così a capofitto, in fondo si erano visti una volta sola e per... quanto? Cinque minuti, non di più.
Ma poi eccola, in lontananza, con un giacchetto bianco e i capelli biondi legati in una morbida treccia. Simon si rese conto di aver assunto un'espressione imbambolata notando, con la coda dell'occhio, il suo riflesso in una vetrina.
Viola era in compagnia delle stesse ragazze che avevo visto quella sera. Stavano ad una certa distanza, ma stavo parlando e discutendo, li non sembrava essersi accorta del ragazzo. Sima cercò di farsi vedere alzando un braccio, e appena la ragazza agganciò il suo sguardo, gli rivolse un sorriso radioso ammonendo le altre di tacere.
"Ammetto che per un attimo ho temuto non ti saresti presentata" confessò il ragazzo passandosi una mano sotto al mento, chiaramente imbarazzato istantaneamente.
"Perdonami. Ho cercato di venire il prima possibile, ma loro non hanno voluto saperne di lasciarmi andare da sola" Viola si voltò verso le amiche con una finta espressione offesa, per poi tornare sorridente da Simon, "Promettono che ci lasceranno i nostri spazi, andranno in parti diverse dalle nostre" il suo tono era mortificato e speranzoso allo stesso tempo, come se stesse bramando quanto lui quei pochi minuti in cui sarebbero stati insieme e senza presenze scomode. Simon riuscì a distinguere ogni nota della voce nelle sue orecchie, perdendosi per qualche istante nel suo suono soave.
"Quindi... vuoi fare due passi? Ti offro qualcosa?" cercò di cominciare una conversazione nella maniera più normale possibile, pur sapendo che la sua scarsa capacità di sembrare diligente e professionale traspariva d'ogni lettera delle sue frasi. Viola comunque non sembrò infastidita, si mise a ridere, una risata cristallina e dolce.
"Non preoccuparti, davvero. Non serve correre così. Possiamo fare un passo alla volta" gli propose quindi, con un tono che parve rilassarlo un po'. Riuscì anche a ignorare gli sguardi ambigui delle altre ragazze, che si presero invece un'occhiataccia dalla loro amica.
Simon a questo punto volle comunque provare ad adottare un po' di cavalleria: si mise di fianco alla ragazza e le porse il braccio perché potesse agganciarsi. Da lì avrebbero camminato un pochino, giusto il tempo per conoscersi meglio, e si sarebbero in seguito seduti in un tavolino, dato che la Cioccolateria ad un orario preciso si cimentata nel servizio bar. Viola accettò di buon grado il gesto gentile, e lasciò indietro Lola, Grace e Tiffany per godersi - finalmente! - un momento sola con la sua nuova conoscenza.
Simon la incuriosiva parecchio, non aveva ancora parlato di sport e di fumetti, che invece nel suo corso di studi sentiva anche troppe volte. Non era certa se fosse un divieto autoimposto per non fare brutta figura e se fossero argomenti che non catturassero davvero la sua attenzione, ma lì per lì le andò più che bene. Poté quindi parlare delle sue passioni, vedendolo anche molto interessato, ed ebbe anche la soddisfazione di mostrargli qualche scatto che Simon fu perfettamente in grado di riconoscere o descrivere il posto. Non era un ragazzo egocentrico, non parlava molto di sé - anzi, non lo aveva proprio fatto; Viola però non riusciva a trovare niente di negativo in quel momento, quel giovane pareva essere uscito da qualche romanzo.
E lei aveva un buon profumo, una palle chiara e delicata ai suoi occhi; Simon riusciva a percepire ogni odore del suo aspetto, da quello curato della pelle a quello pungente e accattivante dei capelli, anche se il venticello fresco minacciava di disperdere ogni essenza. Quella ragazza lo attirava tantissimo: era l'unica a non essersi allontanata davanti al suo atteggiamento impacciato, volto solo a nascondere il fatto che potesse in qualche modo prevalere l'istinto lupesco; aveva accettato subito il suo invito e - lo aveva percepito - aveva sperato di allontanarsi dalle sue amiche per poter passare del tempo solo con lui. Zita si preoccupava per niente, Viola non era come tutti gli altri umani.
"Parlami un po' di te" la richiesta di Viola ruppe il silenzio a un certo punto, quando individuarono una panchina e optarono per sedersi.
"Non ho una vita molto avventurosa... cosa vorresti sapere in particolare?"
"Solo cosa ti piace fare, come occupi la giornata..."
Simon si rilassò internamente, era già pronto a dover inventare chissà quale storiella. Ma la richiesta più esplicita della ragazza fu rassicurante, volendo solo sapere come occupava la giornata e non come vivesse nello specifico.
"Mi piace passeggiare" cominciò a spiegare, "I boschi al mattino presto sono molto più eccitanti che nel resto della giornata".
"Eccitanti?"
"Proprio così" strizzò un occhio nella sua direzione, come a voler simulare un occhiolino, "Senti molti più rumori che nel pomeriggio. Nelle prime ore della mattina alcuni animali sono ancora in circolazione. Se non fai rumore e ti muovi piano... puoi vedere ancora qualche famiglia di tassi o di coniglietti intenti a passeggiare. Quando passano le macchine invece, tendono a nascondersi".
Viola allargò un sorriso ammirato, avrebbe tanto voluto immortalare in qualche foto quelle piccole famiglie di animaletti felici, indisturbati dall'urbanizzazione umana. In Italia, quando ancora viveva con sua madre Arianna e il suo compagno Vincenzo, tutte quelle possibilità se le era potute solo sognare, purtroppo la sua casa natale era situata nel centro di Assisi, dove la vegetazione - per quanto in Umbria fosse molto estesa - si vedeva ben poco e gli animali selvatici si tenevano a debita distanza. Anche Londra in realtà era un po' povera, ma per fortuna ai confini vi erano diversi boschi che circondavano le strade principali regalando delle ombre fresche e naturali.
"Ho sempre desiderato vedere dei tassi. Li ho visti solo nelle enciclopedie, di norma. Forse ho solo avuto la fortuna di scovare qualche scoiattolo, qui a Londra c'è ne sono davvero tanti".
"Sì, vero" Simon trattenne una risata, ripensando ai piccoli lupetti che si divertivano a rincorrersi sfrecciando in mezzo agli arbusti, "È anche molto divertente offrirgli le ghiande e le noci. Ti si avvicinano come se ti conoscessero da tempo".
"Quindi vivi vicino ai boschi?" chiese quasi in contropiede, a un certo punto.
Simon si ritrovò a dover riflettere, sia per capire bene come strutturare la risposta, sia per evitare che trasparisse qualche informazione di troppo. Doveva comunque proteggere l'esistenza della Comunità, sapendo che in condizioni normali non avrebbe dovuto farsi vedere nemmeno lui. Anche se era in grado di mantenere la sua forma umana, restava il fatto che con quella popolazione non c'entrava assolutamente niente.
Ma non voleva demordere: se ancora riusciva ad avere due forme, forse il destino voleva che lui potesse scegliere del proprio cammino, a prescindere dall'insegnamento che gli era stato dato.
"Hai voglia di bere qualcosa?" decise di sviare il discorso, notando il sguardo un po' perso della ragazza nonostante stesse aspettando una risposta.
"Sì, ma non vorrei darti troppi impegni..."
"Tranquilla, davvero. È d'obbligo offrirti qualcosa" Simon si alzò dalla panchina e porse la mano a Viola per aiutarla ad alzarsi a sua volta. Aveva individuato un piccolo tavolino della Cioccolateria e aveva avuto la premura di occuparsi subito. Per fortuna qualsiasi cosa avesse scelto la ragazza, rientrava dentro il budget che si era portato dietro. Era una fortuna che fosse molto economica oltre che molto frequentata, il che era paradossale considerando che con l'affluenza che si ritrovava, non avrebbe di certo fatto male ad alzare un po' i prezzi.
Cercò anche di accaparrarsi un ombrellone, per avere un po' di ombra nonostante il poco sole presente avrebbe potuto scaldarli. Viola lo rifiutó educatamente, preferiva godersi i lievi raggi solari che erano riusciti a penetrare nelle spesse nuvole del cielo britannico. Le piacera però quel trattamento, così accogliente e diverso degli altri. Forse a tratti destare qualche punta di imbarazzo, ma una volta superati i tutti gli ostacoli diventava rilassante e piacevole.
Simon dal canto suo iniziava a sentirsi più disinvolto. Una volta superato quel muro di diffidenza generale pur mostrandosi amichevoli, iniziò ad atteggiarsi in modo più sicuro pur mantenendo un certo contegno. Non voleva essere dirompente nei suoi confronti e non voleva nemmeno che Viola pensasse di avere davanti un soggetto che alla prima occasione evidenziava i suoi meriti come un gradasso. Lui non era così. Preferiva sempre lasciare spazio a tutti coloro che potessero rendere la compagnia vitale e piacevole. Per questo si era interessato alle fotografie della ragazza: vedere il suo bosco immortalato in un piccolo foglio do carta che lo avrebbe preservato in tutto il suo verde, era qualcosa di affascinante. Qualcosa che non avrebbe potuto vedere normalmente per quanto i colori dell'inverno, della primavera, dell'autunno e dell'estate rendessero i paesaggi dei quadri viventi che nessun museo avrebbe potuto esporre.
"Non mi hai ancora detto dove abiti, però" Viola ripartì all'attacco girando la sua cioccolata con la cannuccia di cialda.
Simon incanalò l'aria nei polmoni, girando il caffè amaro scuotendo leggermente la tazza: "Vivo vicino alla strada principale, quella circondata dai boschi che mi hai mostrato".
"Oh!" la ragazza emise un suono ammirato, "Allora è tua la capanna che ho intravisto la settimana scorsa? Sono passata di lì tornando da una gita".
Per un secondo, il respiro di Simon si arresto. Non poteva aver visto la baita dove si nascondeva la Comunità, si erano sempre assicurati che fosse ben nascosta delle visuale delle auto e di chi si fosse avventurato in quel rettilineo per una passeggiata. Cercò di una mostrarsi inquieto, anche se a malapena riuscì a mantenere il contatto visivo. Provò, nella sua testa, ad essere razionale: forse la capanna che aveva visto si trovava in un punto differente - in fondo di ruderi in quel pezzo di strada ce n'erano molti; forse quello non era neppure lo stesso tratto, ma uno simile. Le ipotesi potevano essere tante, anche se il suo presentimento tornava sempre al pensiero della baita.
Venne salvato per il rotto della cuffia delle amiche di Viola, che li avevano raggiunto al tavolino. Fecero un mucchio di domande che si lanciavano sia sul vago che sullo specifico, bombardando principalmente la loro amica.
Simon lì per lì non seppe se quell'atteggiamento nei suoi confronti fosse dato dalla semplice e totale mancanza di conoscenza, o se fosse per non metterlo troppo in imbarazzo, o se lo stessero ignorando apposta, ma il suo naso poté captare l'inconfondibile odore di una femmina in calore. Una delle amiche doveva avere il ciclo mestruale - come lo definivano gli umani - e doveva essere ai primi giorni.
In Viola notò un chiaro sguardo di disagio al sentire tutte quelle parole in pochissimi secondi, addirittura il ragazzo poté captare segnali di fastidio e irritazione. Non metteva in dubbio che fossero un gruppo molto affiatato, ma a giudicare da quella scena, le ragazze sapevano essere davvero pesanti.
"Allora, come sta andando la vostra prima esperienza di appuntamento?" chiese quella che doveva chiamarsi Lola, a memoria di Simon.
"Stava andando molto bene... poi siete arrivate voi".
"Dai Vivi! Siamo solo curiose e felici per la nostra amica" obiettò la ragazza più grande di statura, doveva chiamarsi Tiffany.
Viola scosse la testa roteando gli occhi: "Togli il termine curiose... vi ho già detto che volevo vedersela da me, un passo per volta. Anche per non metterlo in imbarazzo o a disagio" lo indicò con la mano, "Ma così voi non state aiutando affatto!"
"E dai, stiamo solo avendo la premura di non lasciarti in balia di un possibile playboy che potrebbe farti soffrire".
Simon rimase un po' interdetto dall'affermazione della terza ragazza - che escludendo i primi nomi, doveva chiamarsi Grace; aveva l'aspetto o l'atteggiamento di un playboy? Non era molto sicuro di averne incrociati abbastanza da potersi paragonare...
"Ti posso assicurare che Simon è un perfetto gentiluomo, nonché la prima persona con cui ho potuto parlare di fotografia senza essere interrotta dai mille sbadigli che ne seguivano in altre circostanze" concluse piccata la bionda italiana, alzando il mento come per informare le altre che non avrebbe ammesso ulteriori obiezioni.
"D'accordo... questo significa che sta andando bene" formulo Tiffany rubando una cucchiaiata di cioccolata, "Avevamo iniziato a preoccuparci, tutto qui".
"Ciao ragazze!" esclamò lei comunicando solo con il tono quanto la loro presenza in quel momento fosse di troppo. Era un suo momento intimo con un ragazzo, il primo che avesse mai avuto il coraggio di invitarla ad uscire, e non avrebbe accettato che il povero Simon avesse potuto rinunciare ad un secondo incontro solo perché loro tre avevano un istinto protettivo anche più pressante di suo padre.
"Ti chiedo scusa..." disse con uno sguardo basso e il tono dispiaciuto, una volta che le tre presenze si furono dileguate, "Sono delle brave persone normalmente, ma tendono ad esagerare".
"In realtà è un bene!" mormorò lui sorridendo, "Avere delle persone che vogliono proteggerti vuol solo dire che ci tengono. Come un branco, ci si protegge a vicenda".
Viola sorrise a sua volta a quella frase, Simon doveva aver avuto delle conoscenze molto affiatate per poter dire una cosa del genere. E mentre parlava i suoi occhi brillavano di orgoglio.
Simon sentiva nella sua testa la voce di Zita, rimbombava nella mente con un tuono. Il tuo cammino non ti permetterà di vivere in mezzo agli umani...
Nei suoi pensieri sapeva che aveva ragione, ma sarebbe stato disposto a tutto pur di stravolgere quelle previsioni.
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