35
Umano-lupo
“Che cosa sei tu?” ripeté il cacciatore senza lasciare le spalle di Simon, quasi stringendo di più la presa. “Non puoi essere ciò che sto pensando tu sia. È troppo assurdo…”
“Lei crede sia assurdo? Allora perché ci sta pensando?” il ragazzo glielo domandò quasi con un tono di sfida, modificando del tutto il suo atteggiamento. Non poteva darlo per certo, forse Giorgio avrebbe rilassato i nervi e si sarebbe staccato pensando di essersi immaginato una cosa surreale, ma Simon ritenne ormai inutile continuare a fingere, era stato scoperto.
“Hai i suoi stessi occhi… e la stessa…”
“Cicatrice? La stessa che mi ha fatto quella mattina… quella maledetta mattina” dalla bocca del iovane fuoriuscì un ringhio pericoloso, non umano, che costrinse il cacciatore ad arretrare. Ma cosa aveva davanti agli occhi? Un mostro?
“Ma come fai ad essere…”
“Umano? Lo siamo tutti, almeno quasi per la metà del nostro stesso essere. Tutti quelli che hai assassinato erano come me” Simon si avvicinò con fare pericoloso, e Giorgio arretrò dello stesso numero di metri. Quello che stava dicendo il ragazzo sembrava un brutto scherzo di pessimo gusto, una di quelle storielle inventate che si raccontano ai bambini per spaventarli la notte se non dormono nei loro letti. Peccato che davanti non ci fossero bambini, ma adulti che di scherzo nella voce avevano poco o addirittura nulla.
“Hai idea di quanto abbia sofferto dopo quel giorno? Dopo quel maledetto giorno in cui tu mi hai portato via ciò che avevo di più caro?! Lira era come una madre per me, mi ha allevato e mi ha educato per sopravvivere in questo mondo che voi umani state distruggendo un pezzo dopo l'altra, mi ha supportato anche quando ho conosciuto tua figlia e me ne sono innamorato… e voi che avete fatto?!” dalle dita del ragazzo apparvero, anche se poco visibili, degli artigli affilati. Non erano più sporchi del sangue di Hudson, ormai dopo mesi si era seccato ed era andato via grazie alle docce fatte. Ma anche solo la vista di quegli elementi così anomali in una mano umana bastò a Giorgio per arretrare ancora, per confermarsi da solo di non trovarsi al sicuro, di avere davanti un pericolo imminente.
Adesso la prima cosa che sarebbe potuta venirgli in mente sarebbe stata prendere un'arma qualsiasi e scagliarsi contro Simon per difendersi, per impedirgli di aggredirlo e fargli… qualsiasi cosa avesse avuto in mente di fare, a lui o peggio: a Viola. Eppure non era sicuro di voler credere a quella storia, a quella versione così surreale del ragazzo. Anzi più ci pensava e più sentiva che fosse impossibile avere uno spiraglio di verità in quelle parole. Uomini-lupi? Ma nemmeno nelle fiabe aveva sentito delle cose tanto assurde.
“Mi stai prendendo in giro… non puoi essere un…”
“Se fosse falso, come potrei sapere che ti trovavi alla baita abbandonata, che hai ucciso molti dei miei compagni e che ti sei portato via Lira, una lupa bianca?” quell'elemento fece sbiancare il volto del cacciatore. Nessuno a parte i lecca-piedi di Amanda sapeva cosa avessero davvero portato a casa, nessuno aveva mai saputo cosa avessero cacciato quella maledetta mattina; neppure Viola aveva mai fatto domande. Quella coscienza non poteva essere trapelata in nessun modo. E adesso che aveva anche quella conferma, insieme alla cicatrice sulla schiena e con quello sguardo feroce che lo stava fissando, iniziò davvero a sentirsi in pericolo.
A quel punto un pensiero fisso gli si piantò in testa: Viola. E se Simon avesse solo macchinato tutto per avvicinarsi alla ragazza e farle del male? Se tutto quello che stavano passando insieme fosse solo uno spettacolo teatrale e macabro per colpirla quando meno se lo sarebbe aspettato? Avrebbe accettato tutto, ma non che fosse fatto del male a sua figlia, all'unica persona che aveva promesso di proteggere da tutto e da tutti. Non sapeva però se avrebbe voluto sapere le reali intenzioni di Simon, se avesse voluto chiedergli cosa avrebbe deciso di fare ora che aveva fatto cadere quella maschera di cera.
“Ed ora quali sono le tue intenzioni?” chiese in un sussurro, assicurandosi di essere abbastanza distante da poter reagire ad un eventuale attacco a tradimento.
“Tecnicamente” Simon parlò lentamente, per farsi capire fino in fondo, “Il mio scopo sarebbe quello di ripagarti con la stessa moneta. Lo scopo di tutti sarebbe quello di farti provare lo stesso dolore che abbiamo provato noi quando ci hai portato via la nostra leader. Il fatto è che, l'unico bersaglio ideale, sappiamo entrambi quale sia…” anche se parlava in modo crudele, con l'unico obiettivo di terrorizzare quello che era ritornato il suo peggior nemico, non avrebbe fatto nulla a Viola.
Non poteva. Non ce la faceva. Non avrebbe mai avuto la vigliaccheria e la crudeltà di ferire la ragazza di cui era innamorato e che aveva deciso di proteggere dal suo branco e, in qualche modo, da sé stesso, dalla sua versione bestiale che lei non avrebbe mai dovuto vedere. Ma questo Giorgio non doveva saperlo, nella testa del ragazzo lupo saltò un pensiero che avrebbe potuto portarlo nella zona franca: il cacciatore avrebbe dovuto credere che lui potesse colpire in qualsiasi momento, quando in realtà non avrebbe mai nemmeno avuto l'intenzione. Ma in quel modo avrebbe avuto la certezza che non avrebbe commesso atti stupidi.
“Quindi il tuo scopo è questo? Uccidere… la stessa ragazza che hai aiutato fino a questo momento? Sei davvero così vile e selvaggio da colpire una ragazza innocente come Viola?” le parole di Giorgio, inaspettatamente, gli arrivarono addosso come un treno. Il pensiero di prima sfumò nello stesso modo e nella stessa velocità con cui si era mostrato.
“… no”.
“Se devi colpire qualcuno, se devi trovare un colpevole e portarlo al tuo branco come trofeo… porta me piuttosto” Giorgio avanzò di nuovo, dopo aver passato anche fin troppo tempo nell'angolo come una preda in trappola, “Se c'è qualcuno che deve pagare, quello sono io. Ma Viola non ha colpe, non ha un ruolo in tutta questa storia. Io riconosco quello che ho fatto, e me ne vergogno profondamente, dal primo giorno. Ma se questo è il modo migliore per espiare le mie colpe… fallo adesso”.
Quella condizione investì Simon come un'onda d'urto potentissima. Non avrebbe mai immaginato delle parole simili. Era abituato a vedere solo un mare d'omertà da parte degli umani, a vederli reagire in ogni modo possibile per non arrendersi al destino che li aveva ormai inquadrati nel mirino. Ma Giorgio non aveva reagito allo stesso modo, e la visione del cacciatore crudele che aveva sempre visto si sgretolò come una statua ormai consumata dagli anni, volando via in una nuvola di polvere soffiata via anche dalla più delicata delle brezze. E questa cosa lo mise in automatico nella posizione peggiore che la catena naturale poteva creare: ora Simon si trovava dalla stessa parte in cui stavano gli avvoltoi, in una posizione vigliacca e facile. Adesso avrebbe potuto prendere Giorgio, ucciderlo e lui non si sarebbe opposto, ma avrebbe voluto dire perdere la dignità del predatore. Le prede cercano sempre e comunque di difendersi, anche scappando, ma averle davanti a braccia aperte lo rendeva solo un assassino.
“Io… non lo farò” disse abbassando le spalle, e ponendosi in una postura che trasmettesse calma, “Non posso farlo in questo modo. Non se tu ti offri come sacrificio”.
“Ma avresti le parti di nuovo sullo stesso livello. Una vita per una vita. Non è così che devi agire?”
“Io…” non era così che voleva agire. Simon voleva solo vendicare la morte ingiusta di Lira, dare giustizia a tutti i compagni che aveva perso, ma non in quel modo. E a dire il vero non voleva più avere sulle spalle quella missione tanto brutta che lo avrebbe solo reso un essere infame come quelli che aveva attaccato nel bosco per difendersi. Lui non era così: non era un assetato di sangue e dolore, non era uno di quelle creature che volevano vedere i loro nemici soffrire. Aveva già mollato silenziosamente quella missione, lo aveva annunciato non facendo più ritorno e non sarebbe tornato sui suoi passi.
“Non sono un mostro, non sono come voi. Non farei mai del male a Viola… io la amo”.
Viola aveva subito la strana atmosfera che aveva creato Hudson in modo passivo ma decisamente pesante. Il ragazzo si era seduto qualche banco più indietro rispetto a lei pur mantenendo la stessa fila. Eppure la ragazza aveva lo stesso percepito il suo sguardo di fuoco sulla nuca. Stare attenta alla lezione quindi, oltre che aver perso la maggior parte delle spiegazioni durante tutti quei mesi che avrebbero potuto salvarla da un down completo di concentrazione, si rivelò un'impresa degna di Annibale quando aveva percorso le montagne con degli elefanti.
Aveva sperato di vedere le sue amiche almeno per un supporto morale, una cosa del tutto banale ma fondamentale nel suo povero animo che aveva perso confidenza con l'ambiente scolastico, ma nessuna delle ragazze pareva essersi presentata a lezione. Una parte di sé aveva sperato che fossero in aula studio o che avessero deciso di farle visita a casa per sapere come stesse, ma in quel secondo caso sarebbe stato un vero disastro: lei non era a casa, e loro avevano scelto il giorno sbagliato per farle una sorpresa. Ma forse lei aveva scelto il momento sbagliato per tornare in facoltà, sotto tutti gli aspetti.
Aveva lasciato il posto con aria quasi furtiva: radunando le sue cose e mettendole silenziosamente nella borsa, per poi sgattaiolare in corridoio approfittando del caos generale che tutti i suoi colleghi di studio aveva creato per qualche minuto. Allontanarsi da Hudson era l'unica cosa che voleva fare, avrebbe anche percorso tutti i corridoi, aule, padiglioni possibili per fare perdere le proprie tracce. Nonostante fosse stato gentile ad aiutarla, lei sentiva ancora un brutto astio che non sarebbe sceso tanto facilmente.
“Aspetta, Viola!” ma la sua fuga non ebbe il risultato sperato.
“Sono ancora qui Hudson”.
“Senti” disse lui parandosi davanti alla giovane, “Capisco che tra di noi non stia girando una buona aria, davvero. Ma ti sto chiedendo di darmi un'altra possibilità”.
Lui la faceva facile, come se non avessero avuto nulla di tanto serio di cui discutere. Hudson non voleva proprio capire: aveva commesso il brutto errore di sentirsi superiore agli altri e ci avevano perso in troppi, ma questo non lo voleva proprio capire. L'unica cosa che gli interessava davvero era ancora fare colpo sulla ragazza, che dopo quanto successo aveva deciso addirittura di tagliare i ponti.
“Non è così semplice, Hudson. Io…”
“Lo so che sei arrabbiata, e fai bene ok? Però io sono pentito di quello che ho fatto, sono sincero”.
“Pentito…” Viola ripeté quella frase come se avesse dovuto convincere di più il mittente che sé stessa, “Non hai nemmeno idea del peso che ha avuto quella tua trovata. Forse non hai capito, ma Simon ha perso l'unica fonte di guadagno che aveva e per colpa tua rischia di finire sotto un ponte. Prima o poi qualcuno verrà a chiedergli delle bollette, prima o poi dovrà mangiare… a e questo non è mai interessato!” non avrebbe voluto dirlo con un tono tanto cattivo, a dire il vero si era premurata di mantenere la calma, ma in quel momento il su unico pensiero fu ancora una volta prendere le difese di Simon. Era ingiusto: nessuno sembrava voler dare a quel ragazzo il rispetto che meritava, e dire che lui si era sempre messo a disposizione per aiutare tutti indipendentemente. Hudson non aveva davvero vergogna di quello che aveva fatto, ma nemmeno una briciola e lo vedeva dal suo sguardo, quella era solo una tattica per potersi ingraziare di nuovo Viola. Ma questa volta lei non sarebbe stata gentile come al solito.
“Ma non ha perso il diritto di lavorare! Ok non ha più quel posto, ma ce ne sono altri!”
“Per te è tutto facile! Non sei tu a vivere in un luogo sperduto e a dover provvedere del tutto a te stesso”.
“Ti devo ricordare chi è stato dei due a ferire l'altro?”
Mannaggia a quelle frasi mirate, Viola dovette zittirsi per qualche minuto. Quella condizione, seppure piccola, cambiava totalmente il quadro e Hudson finiva dalla pare della ragione. In effetti Simon era stato quello a reagire, a sferrare il colpo che aveva portato a tutto quel casino. E per quello purtroppo non esistevano rimedi che potessero alleviare la colpa, anzi: più avrebbe provato a giustificarlo e più avrebbe peggiorato la sua posizione già compromessa. Odiava sentir evidenziare quel fatto come se fosse stato l'unico effettivo errore in tutta la scena, considerando che chi aveva effettivamente iniziato era stato proprio il suo compagno di studi che si era presentato in modo arrogante, per poi invadere lo spazio personale del suo fidanzato.
“Sei incredibile…” disse poi Viola riacquistando pian piano sicurezza, “Non fai altro che rivangare a quell'unico fattore quando il più lo hai provocato tu senza troppi problemi”
“Senti” Hudson alzò le mani come per mettere a fuoco una visione ben precisa, “Ho sbagliato, ok? Lo so. Ma l'ho fatto per un motivo. Perché mi piaci ok?” mormorò quell'ultimo frase come se fosse stata una di quelle confessioni inaspettate e romantiche. Ma sia il tono che il momento lo resero il gesto più ridicolo e sbagliato che potesse pensare di fare.
“Mi spiace che tu abbia agito secondo questi canoni, Romeo” borbottò Viola incrociando le braccia sul petto, “Ma credo che qualsiasi fosse stato il risultato, avrebbe dovuto spettare a me la scelta. Hudson sei incredibile…”
“Tu che cosa avresti fatto se il tuo meraviglioso Simon fosse stato conteso tra te e un'altra ragazza?” era chiaro che Hudson aveva calcolato male il risultato della sua spiegazione e che adesso stesse cercando di giustificare la cosa per sembrare meno stupido. Ma la verità era che NESSUNO avrebbe reagito come diceva lui, la violenza per fortuna non era entrata dentro nessuno come soluzione, o almeno una volta superati gli anni critici dell'adolescenza.
A quel punto, Viola decise di non perdere ulteriore tempo con quel ragazzo, tutto quello che voleva fare adesso era tornare a casa il prima possibile per rifugiarsi tra mura familiari e gente di cui poteva fidarsi davvero. Sfruttò una piccola fiumana di studenti e raggiunse la hall principale con meno difficoltà rispetto al mattino, potendo raggiungere la bicicletta con cui era venuta e pedalando fino al vialetto di casa sua. Non si voltò a guardare i cantieri che ancora stavano lavorando per ampliare le villette, non era in vena di confrontare i diversi progressi nelle giornate che passavano. Scese dalla bicicletta e continuò a piedi tirandola per il manubrio, respirando l'aria maturare che riempiva sempre il ciottolato che l'avrebbe condotta fino al cancelletto d'ingresso. Vide la macchina di suo padre parcheggiata appena fuori al garage, di solito la metteva dentro per non occupare troppo spazio.
Quando Simon e Giorgio sentirono la serratura del cancello scattare, furono mossi da un lieve moto di panico. Viola non doveva sapere cosa fosse appena successo, nessuno dei due voleva turbarla fino a quel punto.
“Se dovesse scoprire tutto questo…” sussurrò Giorgio voltandosi verso il suo nemico, “Sarà la fine per tutti e due”.
“Ti propongo un patto. Che dovrai rispettare con il massimo impegno” ordine Simon a voce bassa, per non farsi sentire. I passi della giovane si stavano avvicinando pian piano.
“Lo stesso vale per te, non sei nella posizione più comoda”.
“Allora il silenzio sarà d'oro sia per me che per te”.
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