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33

Compagno

“Non dovresti trascurare i tuoi doveri, Viola” la voce sommessa di Giorgio sembrò arrivare dall'interno della sua tazza di caffé, risultando quasi la voce di una presenza ancestrale a cui era stato affidato il compito di governare il corso delle vite terrene.

“Non lo sto facendo, papà” la ragazza rispose senza alzare lo sguardo dai lamponi che stava schiacciando per farne un centrifugato, “Mi sono solo presa una breve pausa”.

“E la breve pausa dura… due mesi? Non ti sembra di aver perso abbastanza lezioni?”

“Sono al passo, anche se non partrcipo ai corsi in presenza. Le altre mi mandano gli appunti ogni giorno”.

Giorgio scosse la testa, emettendo una risata che dava più l'idea di essere sarcastica che divertita. Per la prima volta si ritrovò a non capire sua figlia: aveva lottato tanto per entrare nella facoltà di Biologia Naturale, si era privata di tsnti sfizi, aveva anche trovato un lavoro per pagarsi gli studi… e adesso voleva buttare via tutto? Per un ragazzo?

“Sono dell'idea che Simon ti stia isolando dal mondo” mormorò posando la tazza sul bancone, che emise un suono sordo, “Non ce l'ho con lui, credimi. Ma secondo me stai leggermente perdendo la retta via”.

“Simon è l'unica persona che mi sta facendo vedere un pezzo di mondo che vale la pena conoscere e vivere, papà. Non puoi davvero pensare che sia colpa sua!”

“Mmh…” il cacciatore pulì il bancone davanti a sé, raccogliendo le briciole di pane che aveva lasciato. Non era sicuro che quella reclusione da parte di Simon fosse una buona cosa, né che la figlia gli andasse dietro come un'ombra. Sì, erano usciti qualche volta, ma Viola doveva tornare a scuola, almeno per non rendere vani tutti gli sforzi fatti per potersi permettere di pagare la retta scolastica.

“Cosa non ti va a genio?”

“Il fatto che secondo me tu non stai vedendo le cose dal lato giusto. Sei a casa da oltre due mesi, non stai studiando e non stai cercando da nessuna parte gli orari per poterti rimettere in pista. E tutto per un litigio con un tuo compagno?”

“Non è stato un litigio, papà. Hudson é entrato nel bar e ha minacciato Simon, lo ha importunato e forse sarebbe arrivato alle mani! Questo lo chiami litigio?!”

“Simon è sicuramente più intelligente di così, per rinchiudersi in casa come un codardo”.

Viola avrebbe voluto controbattere, prendere le difese del suo ragazzo, ma si rese conto che suo padre comunque aveva ragione. Simon era più grande di età, più maturo e ovviamente più intelligente per recitare la parte del povero vigliacco che fatica a riprendere in mano la sua vita. Quella condizione alla fine non gli faceva bene, doveva affrontare il problema. Ma una parte di sé le impediva di cacciarlo fuori a calci, dirgli che doveva darsi una mossa e che quell'atteggiamento infantile non lo avrebbe portato da nessuna parte. Non voleva risultare lei il poliziotto cattivo, non sapendo di essere la persona di cui Simon si fidava di più.

“Posso provare a parlargli, se vuoi” disse abbassando il tono di voce, sperando che la sola intenzione potesse soddisfare le aspettative del padre.

“Non devi provare. Fagli capire che in questo modo si fa del male da solo”.

“Ma non posso cacciarlo via, papà!”

“Non ti sto dicendo di cacciarlo via! Solo di aiutarlo a liberarsi da un peso inutile! Nella vita ci saranno molti più ostacoli, anche più difficili. A quel punto cosa farà?”

“Be'... qualcosa si inventerà!” non lo avrebbe mai ammesso, ma Viola era d'accordo con suo padre. Fino a quel momento era stato anche troppo accondiscendente, ma non poteva più permettere a Simon di approfittarsi di quella sua condizione. Ormai era passato tanto di quel tempo che il primo datore di lavoro aveva di sicuro provveduto a sostituirlo con due o tre stagisti nuovi, e probabilmente non aveva mai saputo il motivo delle sue improvvise dimissioni.

Però… lei non si sentiva di andare da lui e dirgli di sloggiare, anche in modo gentile, e di trovarsi un nuovo impiego; era crudele da parte sua uscirsebe in quel modo dopo tutto quello che avevano cindiviso, ma sentiva che con suo padre aveva ormai terminato le carte da giocarsi. Giorgio non sarebbe più sceso a compromessi, non con mesi indietro di relax abusivo e indiretta segregazione della figlia. Per lui i limiti erano stati superati anche troppo ed era ora di ritornare sulla retta via. Primo perché sua figlia aveva dato tutto per quella facoltà, secondo perché lui aveva commesso atti di cui si era pentito pur di aiutarla - e ancora stava cercando di uscirne - e terzo perché Simon si stava comportando come un ragazzino depresso dopo uno scherzo di pessimo gusto. I reali problemi che lo avrebbero bloccato erano ben altri, e se non riusciva a rialzarsi per così poco, non avrebbe mai concluso nulla. E per qualche spiacevole mattino, vedeva che Viola si faceva coinvolgere troppo da quelle emozioni deleterie che la stavano solo isolando dalla realtà.

“Non resterò a guardare ancora per molto, Viola” disse alla fine Giorgio, “O trovi un modo per farlo rinsavire, o lo faccio io. A volte bisogna adottare il ruolo del poliziotto cattivo”.

“Ma con tutto quello che sta facendo per me, vuoi davvero che lo ripaghi in questo modo? Mi odierà se adesso vado da lui e…”

“Non serve” Simon apparve dall'entrata della cucina, con uno sguardo colpevole.

“Vi chiedo scusa, non ho potuto fare almeno di ascoltare…”

“Non fraintendermi ragazzo. Ma non possiamo andare avanti in questo modo. Non voglio cacciarti ma non posso più vederti qui a fare niente. Se proprio devo chiederti qualcosa… quanto meno riprendi in mano la tua vita! I litigi ci saranno sempre!”

“Non glielo puoi dire in questo modo! Lo stai letteralmente sbattendo fuori a calci!” ribatte la figlia, come se una forza incredibilmente ribelle avesse preso possesso di lei. Si pose davanti al padre, in un punto da cui poteva anche scrutare il suo ragazzo. Era del tutto decisa a difendere Simon anche andando contro alle considerazioni sensate e giuste di Giorgio.

“Viola... non fare la bambina. Ne abbiamo parlato adesso”.

“Papà, non posso permetterti di mandarlo via. Io non voglio!”

“Non è per cacciarlo via, tesoro, sto solo cercando di farlo ragionare!”

“Ascolta... tuo padre ha ragione” intervenne il ragazzo lupo, mettendo una mano sulla spalla della ragazza. Sentire quelle parole faceva male, ma sapeva bene di aver superato il limite inconsapevolmente. Nonostante avesse nutrito un profondo odio nei confronti di quell'uomo, sapendo cosa aveva portato all'interno del branco, non aveva mai avuto l'intenzione di approfittarsi della loro bontà d'animo. Giorgio aveva ancora un conto in sospeso con lui, ma non sarebbe passato dal lato del torto. Viola si voltò a guardarlo come se avesse visto un fantasma. Come se avesse appena sentito la più grande cazzta della storia. Non poteva credere che perfino il suo amato Simon fosse deciso a lasciare quella casa per tornare nei luoghi sperduti della foresta, dato che avrebbero potuto trovare qualsiasi soluzione che non avesse avuto come ultimo fine quello di cacciarlo via. Per quanto la riguradava, se il problema era il lavoro, avrebbe mollato lo studio fotografico e avrebbe ceduto il testimone a lui, che di possibilità e bisogno ne era più esigente. Lei per una volta avrebbe accettato il malloppo che suo padre aveva guadagnato da quel compito scomodo. Non la faceva impazzire l'idea, avesse potuto scegliere tra altre opzioni, si sarebbe allontanata il più possibile da quella soluzione, ma in quel momento pareva l'unica cosa da fare.

“Siamo in due” disse Giorgio, “Se hai bisogno…”

“Non serve, avete già fatto abbastanza”.

“… Indendevo: se ti serve uno sbocco per un'occupazione. Non voglio che tu te ne vada”.

“Allora può lavorare al posto mio allo studio fotografico. Il signor Frost non avrà problemi” intervenne Viola, mostrando forse troppa speranza nella voce.

“E tu come farai con la retta scolastica, che per precisare non hai ancora pagato?”

“Io…” Viola si sentì stranamente colta alla sprovvista. Aveva sviluppato in pochissimi secondi un moto di rovellione passiva nei confronti del padre che non riusciva a spiegarsi. Era come se Giorgio le stesse portando via qualcosa a cui lei teneva molto, come se improvvisamente i suoi desideri fossero spazzatura. E avrebbe voluto dirgli che si sarebbe rassegnata a usare i soldi provenienti da quel compito, ma da un secondo all'altro aveva deciso che quella soddisfazione non gliel'avrebbe data così facilmente. Rifletté velocemente se valesse la pena dire che avrebbero lavorato tutti e due, ma il signor Frost avrehbe accettato due dipendenti al posto di uno? Perché no, in fondo più gente aveva come aiuto e più aveva modo di finire i compiti. Però questo non dipendeva da lei, non poteva stabilirlo così su due piedi.

“Posso pagargliela io, se può servire” Simon fece un passo avanti, affiancando la ragazza per farle sentire la propria vicinanza.

“Ma assolutamente no!” sbottò Giorgio battendo un palmo sul bancone. Era il colmo, non avrebbe accettato di vedere Viola non solo rifiutare le proprie responsabilità, ma addirittura approfittarsi di qualcun altro. Era inconcepibile.

“Ha voluto lei iscriversi a quella Facoltà dicendo che ci avrebbe pensato da sola, e per questo non le permetterò di avere scorciatoie!”

“Si può sapere perché hai tutta questa riluttanza di punto in bianco?!”

“Prova un po' a indovinare, Viola! Ho fatto un mucchio di sacrifici per tirarti su in modo decente! Ho accettato l'impossibile perchè tu avessi meno limiti possibili! Ho persino infranto la legge per pagarti gli studi dannazione! E tu adesso cosa fai? butti via tutto!”

“Io non sto buttando via proprio niente!”

“Lo stai facendo eccome! Non vai a scuola da… quanto? Tre mesi?! Hai smesso di lavorare, ti gingilli per le strade giocando al ruolo della fidanzatina, che alla tua età va benissimo; ma vogliamo metterci un po' in riga adesso?! Non hai sentito prima? Vuoi lasciare che altri paghino sempre per te?! Adesso lasci anche il lavoro?”

L'impulso che ebbe Viola in quel momento fu di girare i tacchi e varcare la soglia di cosa. Sentire tante rabbia e tensione addetto da voler evitare ogni altra interazione con suo padre. Sentiva di avere il mondo contro e avvertiva un forte senso di debolezza per tutte quelle accuse ricevute in un colpo solo. Eppure sapeva molto bene che quelle parole, per quanto facessero male, portarono cadeletto tutto il pres della ragione. Era vero: aveva trascurato apposta lo studio e tutti gli altri impegni per potersi divertire con Simon come una felice coppia di fidanzatini, non calcolando che prima o poi tali impegni si sarebbero fatti sentire appena sotto casa. Ma solo il fatto di essere stata rimproverata come una bambina davanti al suo compagno fu abbastanza umiliante.

“Se posso...” intervenne il ragazzo dopo un momento di silenzio che perse parare sulle spalle di tutti più del piombo, “Avrei una soluzione”.

Giorgio gli fece cenno con la mano di continuare: “Potrei lavorare con lei allo studio fotografico, ma aiuterei Viola con le spese. Pagherebbe lei la retta, e metà la pagherei io”.

“Divideresti il tuo stipendio con mia figlia, pur avendo delle spese tue?”

Simon annuì. Non lo poteva dire, ma in realtà a lui i soldi servivano relativamente. Non aveva nessuna spera a cui dare peso, non aveva mutuo, bollette o affitto. Lo stipendio del bar lo teneva sempre da parte per potersi permettere di comprare un cellulare con cui sentite Viola, cosa che poi era scemata nel momento in cui venne a stare da lei. Non aveva mai avuto un vero bisogno di fare fede a quel poco fondo che aveva accumulato, quindi lo sforzo per Viola poteva farlo senza problemi. Ma capiva comunque il discorso e lo scetticismo del cacciatore: dopo tutto non aveva passato anni di briciole per poi vederle buttate al vento in poche mosse.

Giorgio fece un gesto di rassegnazione, non voleva più stare dietro a quei due e alle loro convinzioni comprate per aria, in fondo erano grandi e vaccinati ed era anche ora che facessero fronte alle difficoltà per conto loro. Lui sinceramente aveva questioni più urgenti.

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