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Promesse
La Cioccolateria era sempre il luogo più affollato di tutti i negozi, non importava quale forse la stagione e quali fossero gli eventi. Viola l'aveva sempre amata, sia per i profumi, per i dolci che vendeva e, dopo quel giorno, perché aveva dato l'inizio ad una bellissima storia d'amore con un ragazzo diverso da tutti gli altri. Simon aveva promesso di portarla almeno una volta a settimana in quel magico posto - a patto che lei non trascurasse i suoi impegni.
E lei aveva detto che non sarebbe venuta meno allo studio, e non avrebbe saltato nemmeno un giorno di lavoro.
Anche se... a dire il vero non voleva fare nulla di tutto ciò, ma sapeva di avere padre e fidanzato alle costole ed era meglio non far perdere loro la pazienza.
Per sua fortuna, in quel caso, riusciva a inventarsi tutte le scuse per eludere quelle promesse: si stava infatti avvicinando il periodo più ricco di eventi per lei. Il compleanno di Lola si stava avvicinando, e anche quello di sua madre e non avrebbe accettato di rimandare la telefonata nel suo giorno speciale; Tiffany aveva prenotato messi prima dei posti esclusivi per un concerto che normalmente finiva i biglietti in una sola settimana; Grace aveva studiato per lanciarsi in un nuovo percorso di studi, aveva capito che quella scuola non faceva per lei e Viola si era offerta di aiutarla. Simon adesso aveva bisogno di un nuovo lavoro, anche se non lo voleva cercare, quindi anche lui aveva bisogno dell'ingegno della ragazza.
Erano impegni abbastanza consistenti, no?
Un piccolo trillo risuonò nella sua tasca. Hudson le aveva mandato altri tre messaggi. Non aveva più smesso dal pomeriggio scorso. Dopo l'entrata in scena di Simon, l'altro doveva aver intuito qualcosa. Ma adesso stava davvero diventando snervante. Non avevo il diritto di insistere in quel modo, o avrebbe rischiato solo di passare dalla parte del torto senza più lasciar colpo a Simon, visto che una parte gliela doveva lo stesso riconoscere. Aprì il profilo del compagno di studi controvoglia, e senza leggere di fatto quello che aveva scritto. I messaggi si presentarono chilometrici, quasi confusi come se qualcuno li avesse scritti in uno stadio avanzato di ebbrezza, del tutto incomprensibili. Le uniche cose che le balzarono all’occhio furono le parole lupi e pericoli, doveva aver trovato qualche leggenda metropolitana e nella fretta gliele aveva spedite, e lei sperò fosse successo per sbaglio. Non le interessavano quelle storielle tirate su dal nulla, che si tenevano in piedi con dei frammenti di legno già precari. Preferiva di gran lunga documenti reali, con informazioni reali.
Simon fece capolino dagli scaffali con le piantine carnivore fatte di cioccolato al caramello, tenendo in mano un piccolo bouquet di marshmallow dalle forme floreali. Glielo porse davanti con un sorriso soddisfatto e un’espressione galante: “Per la mia donzella, amante di dolci morbidi e saporiti”.
“Wow!” esclamò abbassando le spalle e fissando quel bouquet come se fosse stato un monumento: “Come sei riuscito a crearlo?”
“Reparto San Valentino, in fondo a sinistra. Deve averlo allestito da poco, a giudicare dalla massa di gente che ancora lo esplora”.
Viola lo prese in mano, con la tentazione di addentare il primo fiore dolce. Ma non poteva farlo in negozio, prima avrebbero dovuto pagarlo e lei non voleva fare la parte dell’avida ladra. Ma spostando lo sguardo, vide che tante coppiette erano intente a masticare e a pulirsi la bocca dal cioccolato colante, eppure tutta la roba esposta non poteva essere consumata prima di aver in mano lo scontrino.
“Sono in offerta. La commessa ha detto che quello stand in particolare è gratuito, meno le scatole di cioccolatini e le forme interessanti destinate come regali. Quelli dobbiamo pagarli”.
“Quindi posso disintegrare questo splendido mazzo di marshmallow senza essere ripresa? Però… adesso che me lo hai detto, mi dispiace sapendo l’impegno che ci hai messo” Viola tornò a guardare il suo bottino zuccherato con occhi brillanti, ma davvero: adesso che sapeva di averne la possibilità, non voleva distruggere il lavoro di Simon, che aveva investito impegno e un ottimo occhio di abbinamenti.
“Be’ posso sempre fartene un altro, anche se il secondo verrebbe a costarmi una manciata di sterline. Ma per la mia principessa…” non finì nemmeno la frase, che sparì di nuovo dietro agli scaffali.
Viola lo osservò per qualche secondo, e quando fu sicura di non vederlo più iniziò ad addentare i suoi fiorellini di marshmallow, leccandosi le dita dopo ogni morso. Come facesse lui a sapere che fosse un’amante di caramelle di quel tipo, non lo avrebbe saputo tanto facilmente. Però apprezzava davvero il gesto, che le aveva proprio addolcito il pomeriggio che subito dopo sarebbe stata costretta a passare sotto i libri, e non aveva affatto voglia. Non ricordava nemmeno quando era stata l’ultima che era stata entusiasta di studiare, forse da piccola quando allestivano la recita scolastica nel periodo natalizio e alla fine dell’anno scolastico. Recitare le poesie era sempre stata la sua attività preferita, perché durava poco e perché era giustificata in caso avesse voluto tenere davanti il foglio. I bambini fanno fatica a imparare a memoria testi troppo complessi.
Le parve strano avere quei pensieri in un momento del tutto estraneo alla situazione. Lì non era presente alcun riferimento che potesse ricondurla ai suoi pensieri delle elementari. Forse era colpa dell'atmosfera fanciullesca che il negozio trasmetteva con orgoglio a riaccenderle ricordi infantile.
Dopo aver buttato in un cestino i bastoncini accartocciati, Viola decise di cercare Simon per sapere che fine avesse fatto. Ormai erano passati diversi minuti e non si era ancora ripresentato. La Cioccolateria in fondo non era così grande, al punto di perdersi in mezzo ad una folla inesistente e non riuscire più a capire da dove si potesse passare. Per di più il negozio a quell'ora era mezzo vuoto.
“Viola!” una voce familiare, e che lei NON avrebbe voluto sentire in quel momento, la fece voltare confusa. Hudson era proprio davanti a lei, con uno sguardo strano, come se avesse passato diverse motti insonne e avesse seguito qualcuno correndo per molte ore. Ma non avrebbe proprio potuto scegliere un momento peggiore per farsi vivo, visto che la ragazza non aveva affatto voglia di avere a che fare con lui.
“Ma che ci fai qui?” chiese, senza preoccuparsi di poter sembrare sgradevole. Non aveva intenzione di recitare la parte di quella che non sapeva, la situazione l'aveva al corrente da molto tempo.
“Ti ho cercata per giorni. Non rispondevi alle mie chiamate, né ai miei messaggi. Mi sono molto preoccupato, ma poi ti ho vista entrare qui”.
“Sì, sono ancora libera di girare per i fatti miei, lo sapevi?” notò che il ragazzo si guardava intorno, come se stesse cercando qualcuno, oppure come se si stesse assicurando che quel qualcuno non fosse nei paraggi. “Che cosa vuoi?”
“Devo parlarti di una cosa, è molto importante e molto strana. Ti ho mandato un riassunto poco fa. Ammetto che alla prima lettura non ci potevo credere. Ma quando ci ho pensato su…”
“Se ti stai riferendo a quella leggenda per nerd, sappi che non mi interessa. Ho delle cose più importanti e più reali a cui pensare” non le era estraneo che Hudson mostrasse interesse per certe documentazioni, ma fino a quel punto non lo avrebbe mai valutato. Non voleva nemmeno sapere lo scopo di tale intrusione, di quei messaggi e di quell’aspetto tanto trasandato. Voleva solo trovare Simon e andarsene a questo punto, la presenza di Hudson aveva rovinato l’atmosfera.
“Senti…” lui le prese il polso proprio mentre lei si stava girando, in quel momento Viola notò la grossa cicatrice che li prendeva l’orecchio e la guancia sinistra, “So che pensi sia strano. L’ho pensato anche io, te l’ho detto. Ma… non ti devi fidare di Simon. Non è quello che sembra”.
Eh no. Questa non gliela poteva fare passare. Le stava bene che lui volesse eventualmente difendersi dal fatto che fosse reputato il fulcro scatenante della lite al bar, e riconosceva lei per prima che Simon avesse reagito molto male colpendolo. Ma da quello ad arrivare a definirlo una persona del tutto diversa da quella che lei era sicurissima di conoscere non poteva accettarlo. Lui non ne sapeva niente e non aveva il diritto di inventarsi storielle spaventose solo per vendicarsi. E poi dove voleva arrivare? A dire che il suo Simon era una creatura mistica e pericolosa?
“Stai delirando…”
“Ti dico che è vero. Ho letto i sintomi, le caratteristiche. Quello le ha tutte”.
Viola scosse la testa, era incredula e del tutto confusa. Quello che aveva davanti non era lo stesso ragazzo che aveva conosciuto nell’atrio della facoltà di Biologia Naturale, che l’aveva aiutata per l’iscrizione. Aveva davanti un pazzo insonne, un ubriaco forse, nel migliore dei casi a parer suo.
Se si fossero trovati in un’altra situazione, con un altro umore, sarebbe stato molto diverso. Magari da piccola avrebbe creduto già di più a tutto quello che il ragazzo le stava vomitando in quel momento, calcolando la precisione di tutti quei dettagli che sembravano uno più strano dell’altro. Ma avevano ormai un’età adatta e consapevole per capire che quello che era finto non poteva essere anche reale, un po’ come i prestigiatori che alla fine usavano dita finte, carte truccate e anelli tagliati per impressionare i bambini che intrattenevano. Ma la realtà era MOLTO diversa.
“Ci sono delle testimonianze che ritengono di aver visto bambini mutare il loro aspetto, diventando delle bestie…”.
“Hudson ma pensi davvero che io possa bermi una cosa del genere?! Sei ridicolo!” Viola a quel punto non ci vide più. Era decisamente pazzo e lei voleva allontanarsi il prima possibile, non aveva intenzione di passare altro tempo con uno che in quel momento stava solo farfugliando delle assurdità, per di più in un luogo pubblico dove tutti avrebbero potuto reputarlo anche in modi peggiori.
“Non ti sto prendendo in giro! Posso assicurarti che…”
“Non mi interessa nulla di tutto quello che mi stai dicendo, lo capisci?! So che sei arrabbiato per quello che è successo con Simon, lo capisco! Ma arrivare ad essere tanto meschini mi sembra davvero esagerato!” sbraitò lei, alzando la voce in modo che alle orecchie del compagno di studi il concetto potesse arrivare chiaro. Ma solo dopo aver finito di urlare in mezzo a tutto il negozio, senza curarsi minimamente se potesse o meno attirare l’attenzione di tutti, si rese conto che la reazione di Hudson era molto diversa da quello che avrebbe potuto prevedere. Hudson infatti la guardò incredulo, come se avesse scoperto un qualche tipo di tradimento da un suo compagno fidato; abbassò le spalle e aggrottò le sopracciglia. Viola cercò di interpretare al meglio quello che stava vedendo, ma più cercava di capire e più sentiva di confondersi.
Che fosse stato un equivoco involontario? Possibile che Hudson non avesse previsto che Simon avrebbe raccontato tutto appena ne avesse avuto l'occasione?
“Ti ha detto di quella mattina?” chiese abbassando la voce, e mantenendo un tono sconvolto.
Viola però non si fece abbindolare dall’atteggiamento: “Ma che cosa credevi? Certo che mi ha detto quello che è successo tra di voi. E so cosa ti ha fatto e gliene do tutta la colpa. Ma quello che hai fate TU Hudson è davvero egoista e prepotente! Per colpa di questa tua trovata ora Simon ha perso il lavoro”.
“… se lo merita” Hudson non mostrò alcun segno di pentimento, non diede l'idea di avere dei sensi di colpa, e questo fece imbestialire ancora di più la ragazza.
“Se questo è tutto quello che hai da dire... allora io e te abbiamo finito” riuscì a liberarsi della presa e si allontanò. Non volevo voltarsi a guardarlo, non lo meritava, uscì dal negozio e decise che avrebbe aspettato Simon all'esterno.
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