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Relazione

Quel mattino, quando scese dalla sua bicicletta per dirigersi verso l'ingresso della facoltà, dove sarebbe stata accolta dall'immenso atrio della struttura lucido e luminoso, Viola era ancora frastornata dalla sera precedente. Ancora le sembrava un sogno, una cosa impensabile, solo uno scherzo della sua mente troppo fantasiosa. Ma no: era successo davvero, lei e Simon si erano baciati e la cosa era stata... diversa, anche meglio di come si era sempre immaginata quella scena. Le loro labbra si erano incontrate in un modo tanto delicato e perfetto che parevano essere state create per incastrarsi alla perfezione; i loro respiri si erano sincronizzati automaticamente e, forse, anche il loro battito cardiaco aveva deciso di creare un unico suono soave che li avrebbe uniti definitivamente.

Non sapeva spiegarsi quel modo incredibile di immaginarsi la cosa, eppure quelle che era successo la sera precedente sembrava più magico di un sogno, di quel sogno che aveva fatto tante volte dopo i loro primi incontri.

Se avesse dovuto raccontarlo a qualcuno, magari alle sue amiche visto che erano sempre le prime a sapere tutto quello che le succedeva durante la giornata, forse non sarebbe stata in grado di darle lo stesso peso che aveva ottenuto vivendolo, ma andava benissimo così: non era una cosa che si poteva spiegare, bisognava solo viverla e goderne perfettamente per ogni secondo che scoccava. Sentiva di essere gelosa di quel momento, lo aveva scritto solo via messaggio a Emma, che era certa non sarebbe andata a spifferarlo in giro ai quattro venti, ma non era sicura di potersi fidare al cento per cento. Forse non avrebbe dovuto dire niente e tenersi quella meraviglia per sé senza nessuno a cui raccontarla.

"Puntuale come un orologio svizzero, eh Viola?" la voce di Hudson la sorprese facendole fare un leggero sobbalzo, costringendola a voltarsi verso l'ingresso che aveva varcato immersa in quei pensieri.

"Hai tanti modi diversi di dare il buongiorno, Hudson. Come hai dormito?" chiese lei cercando di assumere e mantenere un tono di voce normale e privo di eccessivo entusiasmo. Le veniva davvero difficile fare finta di niente dopo quelle ore fredde. Accidenti, si erano baciati! Lei aveva avuto un primo e serio bacio!

"Come un bambino, il nuovo materasso che ho cambiato concilia perfettamente il sonno e dona un riposo in grado di farti dimenticare ogni dolore fisico. E tu? Mi sembri molto allegra".

"Sì io... ho dormito molto bene. Ho... iniziato ufficialmente un lavoro che mi piace e sento che le cose stanno finalmente andando per il verso giusto" e come poteva non essere felice? Cavolo aveva appena passato la notte più bella della sua vita, anche all'insaputa di suo padre! Loro due abbracciati nello stesso letto a dormire sereni, dopo altri piccoli e intensi baci che si erano scambiati. Come poteva non essere felice? Certo non si sarebbe sognata di raccontarglielo, sapeva bene che tra lui e Simon non correva buon sangue, non si erano affatto piaciuti dal primo momento e questo le dispiaceva, ma doveva anche capire che purtroppo non tutti potevano essere amici.

"Mi fa piacere. Ti ricordi che oggi hai il primo esame da recuperare, vero?" chiese Hudson mostrando un viso preoccupato, ma dentro si capiva benissimo che non era un'espressione reale, ma solo un modo per tentare di mantenere una conversazione che lo staccasse dal possibile inizio di Simon.

Ma effettivamente Viola non era preoccupata o in ansia, si sentiva molto sicura e perfettamente a suo agio, pronta ad affrontare il mondo senza problemi. Lo studio con Simon e l'uscita nel parco naturale le avevano dato diversi spunti per non farsi cogliere impreparata, e le lucciole le avevano sfondato un portone che l'avrebbe portata presto all'apice della media universitaria. Sperava solo che il suo tema sulla vita segreta degli insetti d'inverno potesse portare da qualche parte. Sapeva che certi argomenti portavano a molti più sbocchi, ma voleva essere originale e non troppo scontata: alla fine tutti sapevano il periodo del letargo degli orsi, la migrazione degli uccelli e perfino il processo di perdita dei palchi delle alci. Ma di quelle lucciole... nessuno probabilmente era a conoscenza del fatto che svolazzassero ancora!

"Ho un punto di partenza che mi permetterà di cominciare con il piede, giusto, devo solo sperare che non ci siano insegnanti troppo... pretenziosi, ecco".

"Non penso ne troverai uno morbio nei modi. Hai sbagliato facoltà se speri in un angioletto custode".

"Immagino, ma mi auguro che siano obiettivi sulla scelta del tema. Penso di aver trovato un argomento diverso da tutti gli altri, potrebbe portarmi bene" disse sorridendo sicura. Non aveva grandi aspettative nonostante i propositi iniziali, ma voleva aggrapparsi ad una concreta speranza. Chi poteva dire di aver visto delle lucciole in pieno inverno? A quanto ne sapeva, solo Simon ne era effettivamente a conoscenza, ma lui era abituato a studiare tutte le particolarità della natura. Probabilmente nemmeno gli ambientalisti e i ricercatori erano stati così fortunati come lo era stata lei, e avrebbero dovuto riconoscerle un merito che in altri casi gli sarebbe toccato personalmente.

"Se hai in mano delle notizione che non si aspettano nemmeno tra un milione di anni, Hai una piccola possibilità" dichiarò il compagno di facoltà passandosi una mano sul mento, dove era appena accennato un pizzetto. Dal canto suo, non aveva assolutamente idea di cosa avesse in serbo la ragazza, ogni studente che si fosse anche solo vagamente lanciato nell'impresa di sbalordire in positivo il personale scolastico, era sempre finito per scappare in lacrime per la loro eccessiva rigidità. Anche se era uno dei migliori studenti, non aveva mai approvato un simile atteggiamento: quella era pur sempre una scuola che doveva mirare ad interessare gli allievi, non spaventarli.

Osservò Viola allontanarsi con un sorriso, dirigendosi nell'aula dove sarebbe scattata la sua ora, e subito dopo averle restituito un saluto rassicurante, quando la porta si chiude il suo sguardo si rabbuiò di odio. Non era affatto difficile capire il reale motivo della sua allegria anche troppo eccessiva conoscendo l'elemento, c'era di mezzo quel Simon e non smetteva di guadagnare terreno neppure quando sembrava impossibile una qualsiasi interazione con la ragazza. Ma dove lo trovava il modo - e il tempo - di diventare tanto intimo? Per dove aveva detto di abitare, sarebbe stato impossibile vedersi con tutta quella frequenza, a meno che non stesse ancora dormendo a casa sua. Quel pensiero gli fece ribollire il sangue nelle vene, non sopportava proprio tutta quella vicinanza, non dopo che aveva giocato all'uomo ombra per poi apparire come se niente fosse. Decise dunque che era arrivato io momento di risolvere il problema partendo dalle fondamenta più precarie, improvvisamente gli venne voglia di un caffè al bar vicino alla biblioteca di Londra.

Giorgio si fermò davanti al grande portone in vetro dell'intera struttura, l'impresa Rainolds era al solito piano con tutta la merce in bella vista, composta per la maggior parte da battute di caccia illegali con cui era solita ottenere pezzi unici. Fece un respiro profondo, era consapevole che il suo intento in realtà era solo un altro tentativo che gli avrebbe tirato solo la zappa sui piedi, ma voleva e doveva assolutamente uscire da quel pasticcio prima che potessero saltare fuori conseguenze peggiori. Non era pronto per la galera, non voleva nemmeno considerarla come ipotesi, ma se non avesse preso una posizione favorevole quella sarebbe diventata l'unica strada.

All'insaputa di Viola, aveva provato durante la notte a contattare qualcuno degli uomini che lo avevano seguito. Inutile dire che il tentativo era stato un emerito buco nell'acqua, per non dire di peggio. Per questo, dopo una serie di tentativi andati a vuoto, aveva deciso di sradicare il problema alla radice.

Percorse la rampa di scale guardando fisso davanti a sé, come se dovesse individuare l'ingresso dell'impresa al primo colpo, come se potesse scomparire se avesse speso un secondo di troppo a osservare lo spazio circostante. Continuava a chiedersi come avesse fatto ad arrivare a quel punto, per quale motivo si fosse davvero lasciato convincere invece di impegnarsi in altri campi. Alla fine l'esperienza non gli mancava, non avrebbe dovuto scegliere la via più semplice.

Ed eccolo lì, l'inferno camuffato in un ampio salone colmo di oggetti incredibili che chiunque avrebbe voluto sapere insistentemente da dove provenissero, e davanti a tanta arte e bellezza (corrotte) avrebbero sborsato qualsiasi cifra per accaparrarsi almeno uno di quei pezzi. Ma non lui. Adesso a Giorgio importava solo risolvere quel casino e in fretta prima che potesse diventare, a lungo andare, un fardello sempre più pesante.

Varcò quella soglia con passi pesanti, ignorando gli innumerevoli cartelli che dichiaravano delle offerte e dei nuovi arrivi imperdibili, e non volle nemmeno soffermarsi troppo a quella parola sapendo il reale senso che si nascondeva dietro. L'ufficio di quella strega era proprio davanti a lui a pochi metri che diminuivano sempre di più, accorciava la distanza con fare sempre più furioso.

"Amanda, dobbiamo parlare" dichiarò spalancando la porta, quasi come se fosse stato a casa sua.

"In questo periodo di tregua ha dimenticato l'educazione vedo, Giorgio Torre".

"Mi ascolti adesso" Giorgio prese posto nella solita sedia dove ormai poteva aver memorizzato le sue forme, "Ormai è più di un mese che siamo in ballo su questa cosa. Io voglio essere libero da questo peso e lei non può ignorare l'accaduto seduta dietro a quella scrivania".

Amanda roteò gli occhi, pronta alla solita tiritera che le sarebbe entrata nelle orecchie. Quell'uomo era davvero noioso, ridondante e sempre fermo sugli stessi punti; possibile che non riusciva a capire che il danno era fatto, o meglio: che LO AVEVA fatto e che non si poteva tornare indietro?

"Facciamo che mi scolta prima lei, Giorgio: le ho già detto e ridetto come stanno le cose. Non ha da scaricare la colpa su di me in quanto non mi pare io sia ricorsa a minacce di qualsiasi natura".

"Proprio qui si sbaglia" disse l'uomo sporgendosi sul legno della scrivania e appoggiando pesantemente di gomiti, "Lei una minaccia l'ha smossa, non direttamente ma quasi".

"Ma davvero? E quale sarebbe, mi illumini" mormorò la donna rilassando la postura come se si stesse aspettando l'ennesima arrampicata sugli specchi.

"Mia figlia" replicò Giorgio, e la cosa effettivamente ottenne una minima reazione. Questo perché, di fatto, aveva convinto il povero Giorgio a mettersi al suo servizio premendo sul futuro spensierato di Viola, quasi come se avesse potuto mettere becco sui problemi familiari che stavano incombendo. Quando aveva nominato la ragazza, aveva in automatico mirato alla sua incolumità anche se aveva solo avuto in mente lo scopo di convincere il cacciatore.

"Fai bene a concedermi tanta attenzione: quando ci siamo visti, hai chiaramente fatto riferimento a un possibile attacco nei confronti di mia figlia. Sappi che i ricatti sono un reato in piena regola".

"Bene Giorgio..." sibilò Amanda, mostrando uno sguardo indecifrabile, irritato e allo stesso tempo sicuro come se avesse in mano l'arma più letale, "Vedo che siete attento a quello che dico. Peccato solo che, come già detto prima, tu abbia davanti le colpe maggiori".

"Questo implica lo stesso che ho le prove di essere stato costretto. So registrare le chiamate, lo sapevi?" Giorgio improvvisamente si sentì montare sopra una forza e una risolutezza incredibili, aveva davanti, per la prima volta, una donna incapace di controbattere alla sua mossa, adesso che sapeva potessero saltare fuori cose che era meglio tenere private. Ora: nelle numerose chiamate non era mai stata presente la voce della donna, ma i suoi scagnozzi avevano più volte commesso l'errore di riferire più del necessario. Le minacce velate erano chiarissime, quanto il fatto che il tono aveva il chiaro scopo di spaventare. Che dire: una grave mancanza per essere un soggetto tanto furbo e intelligente.

"Non credo che tu possa usarla contro di me, Giorgio. Ti ricordo che finiresti in cella anche tu".

"Lo so. È inevitabile" commentò il cacciatore incrociando le braccia al petto. Era consapevole che non avrebbe potuto auto-scagionarsi per quello che aveva fatto - e comunque Viola ormai sapeva tutto - ma avrebbe comunque tentato di non avere tutta la colpa dove poteva smistarla.

"Eh...? Allora fammi capire bene: tu sei venuto qui per spaventarmi? Per dirmi che se non sputo il rospo davanti a un commissario, mi tirerai un colpo in testa e mi ucciderai in un bosco con il tuo stile rustico?"

"Come siamo drammatiche Amanda, io non ti voglio spaventare. Ti sto solo mettendo il fatto... che potresti aver fatto affari con il cacciatore sbagliato, a cui hai toccato la figlia sbagliata".

L'esame era andato inaspettatamente benissimo. Sapeva di essere pronta, lo aveva anche detto a tutti quelli che aveva incontrato, ma il fatto che gli insegnanti l'avessero davvero ascoltata con la meraviglia negli occhi e con tanto di domande che dovevano porre a lei RIGUARDO ALLA SCOPERTA piuttosto che all'esame in sé era stato totalmente ignorato. Viola uscì dall'aula euforica, pronta a saltare per tutto il corridoio e gridare come una matta, il primo passo era stato fatto e in modo tanto egregio da permetterle quello successivo senza nessuna distrazione. Si sentiva bene come no mai, come se la ruota della fortuna si fosse fermata ad ogni suo comando, la sensazione che niente avrebbe più potuto fermare il suo percorso. Certo: era consapevole di aver passato solo il livello zero, ma chi ben comincia è già a metà dell'opera alla fine, giusto?

Persa nei suoi pensieri, stava per svoltare l'angolo quando si sentì improvvisamente braccata da dietro: "E allora?! Non hai proprio niente da dirci?!" la voce squillante di Lola la fece trasalire. Voltandosi vide le sue amiche guardarla con dei sorrisi da grandi fino a raggiungere entrambe le orecchie.

"Cosa... dovrei dirvi? Dell'esame?" chiese Viola perplessa. L'esame poteva essere l'argomento principale, ma dubitava che potessero avere lo stesso entusiasmo.

"Ma quale esame! Noi vogliamo sapere di voi!" precisò Tiffany mettendo le mani sui fianchi, mostrandosi indignata per la poca perspicacia dell'amica.

"Di noi...? Ah, aspetta..."

"Sì hai capito. Emma ci ha detto tutto un'ora fa, volevamo braccarti subito davanti alla porta dell'aula ma sei scappata subito".

Non poteva crederci, alla faccia delle confidenze segrete e di massima riservatezza. Emma le aveva giocato un colpo molto basso a spifferare alle altre di quella sera, e lei che era sicura come il sole che non avrebbe rischiato di finire in un tifone di domande.

"Dai, dai. non ci dici proprio niente?"

"Che cosa vi devo dire... è stato magico, eravamo soli... le lucciole, il cielo stellato... e lui ha accolto il mio intento" non riusciva a spiegarsi, come sospettava. L'enfasi di quel momento poteva sfumare da un momento all'altro una volta che le parole fossero uscite anche in malo modo. Era troppo grande da esporre, da mostrare, un tesoro inestimabile che stava cercando di proteggere.

"Avrei voluto essere lì. Sei cattiva a non volercelo dire sai?"

"Sì, avevamo detto che ci saremmo dette tutto. E tu invece..."

"Ve lo avrei detto, ma..."

"Ma che cosa?! Ti rendi conto che lo abbiamo saputo da Emma e non da te?!" sbraitò eccitata Lola, facendo voltare i pochi presenti nel corridoio oltre loro. Quella situazione era davvero imbarazzante, e Viola che sperava di passare una mattinata del tutto tranquilla, avrebbe dovuto fare meglio i calcoli e non si sarebbe ritrovata tempestata di domande frementi sulla sua relazione nuova di zecca.

"Be'? Intendi restare in silenzio senza dirci nulla per tutto il giorno? Guarda che stiamo aspettando!"

"Ok ma... non qui, mi vergogno in mezzo a gente che non c'entra nulla... andiamo in biblioteca piuttosto".

"Dove vuoi, basta solo che ci racconti tutto per filo e per segno!"

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