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Incontro
I profumi sprigionati da ogni angolo e da ogni scaffale rendevano la cioccolateria di Londra il posto più gettonato dove trascorrere i freddi pomeriggi e le serate innevate con amici e parenti, o qualcuno di più. Le carte colorate delle caramelle esposte alle vetrine sui loro vassoi coreografici ordinati, i coniglietti di gelatina addobbati con un nastrino frizzante variopinto o le piccole sculture di cioccolato circondate dalle rispettive tavolette del medesimo gusto davano a quel negozio un tocco quasi magico, come se entrarci avrebbe potuto riportare indietro il tempo e far tornare i clienti ormai adulti bambini.
Viola aveva sempre preferito appostarsi davanti ai pinguini fondenti con scaglie di cocco, dove gli aromi di ogni prodotto si incontravano quasi formando nuove sfumature e nuovi profumi per invogliare i clienti a prendere sempre più di quello che potevano permettersi. Più che comprare, lei adorava ammirare la meticolosità con cui erano state assemblate le piccole sculture: da qualcosa di semplice come un coniglietto stampato a qualcosa di più grande e complesso come un faro sugli scogli.
Ammirava quelle opere d'arte temendo che anche solo uno sguardo in più potesse rovinarle e mandare a rotoli tutto il grande lavoro che c'era dietro.
Quel tardo pomeriggio la cioccolateria era più affollata del solito. Aveva perso di vista anche il suo gruppo di amiche nonostante, in mezzo alla clientela prevalentemente composta da piccoli golosi, risultassero più che visibili. Viola ipotizzò si fossero dirette al piano di sopra, dove vi era un variegato assortimento di torroni, macarons e altre forme di confetti, che solo con i colori accesi riuscivano ad attirare occhi meravigliati; il problema era che le scale erano talmente affollate che provare a metterci anche solo un piede avrebbe potuto richiedere più minuti del normale.
Tutto quello che poté fare quindi fu restare al suo posto e godersi ancora un po' il profumo inebriante di quegli aromi che avrebbero potuto stregare ogni mente. Le ricordavano i pomeriggi prima di Natale quando riusciva a convincere i suoi genitori a portarla dentro al negozio, un compromesso che le aveva permesso di riempirsi le tasche come regalo, sapendo che non poteva permettersi grandi giocattoli costosi. Per fortuna non era mai stata una persona materialista, e col senno di poi aveva solo potuto ringraziare quel periodo così felice che le avrebbe lasciato un ricordo felice per tutta la vita.
Dovette spostarsi di poco notando qualche bambina avvicinarsi pericolosamente a lei per raggiungere, in realtà, il bancone del pinguino; non fece molta attenzione a dove si stesse dirigendo, troppo impegnata ad osservare il resto del negozio che si colorava e illuminava di mille colori grazie alla luce dei lampioni che penetrando nelle vetrine colpivano la superficie delle carte colorate, scoprendo poco dopo di aver urtato qualcuno sentendo il suo corpo emettere uno scossone al contatto. L'impatto, seppur non molto forte, fece cadere qualcosa.
"Oh cielo, scusami!" mormorò in fretta Viola, con un'evidente nota di imbarazzo nella voce, "Non ti ho visto, perdonami".
"Ma no, scusami tu... " replicò la persona urtata raddrizzandosi: un ragazzo alto e magro con un viso timido e comprensivo. Sfoggiò davanti a Viola un sorriso imbarazzato.
Lei ricambiò il sorriso in segno di scuse, in fondo lo aveva quasi fatto cadere. Notò però che sul pavimento c'erano tre tavolette che non sembravano essere state nelle sue mani dato che la posizione lasciava intendere una caduta dal bancone. Inoltre il ragazzo alzandosi non le aveva raccolte.
"Stavi cercando qualcosa in particolare? Qui il cioccolato è migliore che in altri posti" disse Viola con un tono allegro e ben informato. Dove poteva cercava sempre di sponsorizzare quella cioccolateria con ogni mezzo. Il suo interlocutore tuttavia parve ascoltare con uno sguardo più perplesso che interessato, anzi sembrò non aver proprio capito una sola parola di quella frase.
"Va tutto bene?" chiese la ragazza assumendo lo stesso tipo di sguardo.
Il giovane alto scosse leggermente la testa come risvegliato da un trance, facendo ondeggiare la sua chioma mossa color caramello: "Sì certo! È solo che... " rifletté cercando di togliersi di dosso l'imbarazzo, "Non ero venuto per quello. Non posso mangiarlo... ".
Era consapevole di aver appena dichiarato la cosa più ridicola del mondo, soprattutto considerando che quella cioccolateria era piena zeppa solo ed esclusivamente di cioccolato e dolciumi carichi di zucchero, rendendo ancora più fuori luogo la sua presenza di quanto avrebbe potuto apparire. Ma gli era bastato scrutare le sfumature degli occhi chiari della giovane, da cui si poteva quasi osservare colorazioni marine e cristalline, per intuire che lei aveva già capito che qualcosa non tornava. In effetti non ea stato molto furbo a lasciare quelle tre tavolette lì dove erano cadute.
"Se non puoi mangiare dolci, che cosa ci fai qui?" chiese la ragazza ridendo, ma nel tono non vi era traccia di scherno.
Lui mosse velocemente gli occhi emettendo un verso perplesso, escogitando un escamotage per tirarsi fuori da una situazione già troppo imbarazzante per essere un approccio da conoscenti. Adocchiò un piccolissimo stand pieno di cartoni di latte intero, in un angolo sistemato apposta per arrotondare i guadagni e per dare l'illusione di avere più scelta di acquisto. Un po' come entrare in una panetteria e scorgere uno scaffale pieno di snack e bibite che, osservando tutto il locale, si riconoscono fuori luogo nel modo più palese.
Agguantò uno dei cartoni più vicini al suo braccio e tornò a guardare la ragazza con le gote arrossate dall'imbarazzo: "Questo lo posso mangiare! O bere!" dichiarò cercando di mostrarsi convinto.
La verità era che lui di comprare non era affatto intenzionato. Come molti altri era entrato solo per godersi quella miscela di aromi e di profumi che si univano e si separavano drogando la mente e rilassare i pensieri in un sospiro estasiato. Entrava sempre in quel periodo, dove l'aria fredda di Ottobre sembrava accentuare le note dolci e quelle decise di ogni dolcetto, dando al locale un'atmosfera diversa da tutti gli altri negozi.
A quella dichiarazione Viola prima lo guardò con uno sguardo ovvio, come per comunicargli con gli occhi che non l'aveva bevuta, e poi si mise a ridere forse per il suo stesso pensiero, in una risata cristallina e solare. Arrivò dritta alle orecchie del giovane come un'ondata di estasi e di allegria, facendogli spalancare leggermente gli occhi in un'espressione felice e più rilassata. Non si sentì più a disagio come prima anzi: quasi venne contagiato perché emise una risata più leggera che pian piano sfociò in toni poco più alti.
"Pessimo approccio vero?" chiese poi con la risata ancora nella voce che gli diede dei toni irregolari.
Viola fece dei respiri per recuperare dopo lo sforzo: "No, originale direi!" constatò asciugandosi un occhio, "Quindi è un piacere conoscerti, mi chiamo Viola".
"Simon" replicò il giovane assumendo un tono più cordiale. Abbassò leggermente la testa come per fare un inchino educato godendosi il sorriso puro e dolce di Viola.
Dovette ammettere che una ragazza così bella e coinvolgente non gli era mai capitato di conoscerla. Quel pomeriggio, contrariamente a quello che aveva pensato, parve prendere sfumature e colori nuovi e avvolgenti. Era bastata una battuta anche ridicola per rompere il ghiaccio, a renderlo meno imbarazzante e a farlo sembrare più normale, lasciando che le cose venissero spontaneamente e che li avvolgesse entrambi.
"Dimmi Simon" disse poi Viola muovendo velocemente gli occhi intorno a sé, "Sei in buona compagnia?"
"No" ammise lui abbassando un po' lo sguardo, "Solo come un cane. Spero tu abbia più fortuna di me".
"sarei qui con le mie amiche, ma mi hanno abbandonata. Evidentemente i macarons con abbinamenti strani sono più interessanti di me" ridacchiò la ragazza lanciando uno sguardo al piano di sopra. Simon lo seguì notando un gruppetto di tre o quattro ragazze impegnate a giocare con dei dolcetti variopinti ridendo con voci squillanti, mentre un corposo fiume di bambini passeggiava avanti e indietro cercando di avvicinarsi impotenti al bancone occupato.
"Non preoccuparti" continuò lei, "Non ci sono mai venute e vederle con lo stesso sguardo che ho avuto io la prima volta mi rende molto felice".
Le ragazze finalmente decidono di cedere il dominio sul bancone e si spostano sugli scaffali pieni di lecca-lecca di tutte le dimensione ammirandone i movimenti vorticosi sia della pasta che li compone e sia dei colori che li rendono invitanti. Alcuni avevano forme particolari come se qualcuno avesse cercato di riprodurre il logo di Disneyland; oppure forme allungate per sovrastare tutti gli altri. Poco distante vi era un piccolo reparto pieno di boccette contenenti succhi e altri liquidi dolci dai mille colori: dal rosso scuro al lime acceso e le clienti ipotizzarono avesse anche un forte sapore di Mojito.
Simon poi le seguì con gli occhi vedendole farsi strada tra i gradini cercando di non travolgere i piccoli clienti con le loro grandi dimensioni e avvicinarsi a Viola.
"Vivi, avevi ragione! Di sopra poi... sembra il paese dei balocchi!" squittì la più alta molleggiando sulle caviglie, non riuscendo a contenere la meraviglia che quel negozio le aveva impresso. Solo dopo fece caso al ragazzo che le guardò un po' perplesso.
"Wow! Vedo che anche tu non hai avuto una ricerca infruttuosa!" esclamò la seconda, un po' più bassa e formosa, scatenando una serie di rossori e imbarazzo nei due ragazzi. Erano bastati solo... quanti? Tre minuti o poco più per montare su più equivoci che in una discoteca. Simon dal canto suo si passò una mano tra i capelli color caramello distogliendo lo sguardo rendendosi conto di aver assunto un sorriso un po' imbarazzante. Non era preparato ad una situazione del genere.
Viola parve accorgersene e accorse in suo aiuto: "È stato solo un incidente, gli sono andata addosso. Non guardavo dove mettevo i piedi" spiegò cercando di controllare la voce per non balbettare. Sperò in cuor suo, più per il ragazzo che per sé stessa, che le sue amiche non facessero ulteriori osservazioni allentando l'atmosfera.
Le ragazze si lanciarono uno sguardo quasi complice intuendo il tentativo nemmeno troppo impegnativo, percependo l'imbarazzo generale. Una di loro emise una risatina divertita premendo una mano sulla bocca mentre un'altra le diede una gomitata. Viola intuì la loro malizia e il suo primo istinto fu quello di tirare fuori la lingua con una smorfia, ma con Simon davanti preferì non lasciarsi andare a quei gesti infantili.
Prese piuttosto una manciata di educazione e cordialità girandosi verso di lui: "Simon, loro sono Tiffany, Lola, Grace ed Emma" indicò una per una le sue amiche che sventolarono la mano verso il giovane.
"Simon, quindi..." cinguettò Lola, la ragazza alta e magra, "Ti avviso subito che la nostra Vivi non ha impegni per il fine settimana, se ti può interessare".
Viola la fulminò con lo sguardo: "Lola!"
"Che c'è? È vero! Quando è stata l'ultima volta che sei uscita con un ragazzo? Uno vero intendo" la incalzò l'amica facendo spallucce. In effetti, per quanto non volesse darle quella soddisfazione, la ragazza dovette ammettere che l'ultima volta in cui un ragazzo l'aveva invitata ad uscire doveva risalire più o meno al terzo anno di superiori, aveva tredici anni e non era stato neanche un serio appuntamento. Ma l'essere incalzata in quel modo di fronte alla presenza di uno sconosciuto, seppur dall'aria decisamente più seria di quella del fidanzatino dell'epoca, fu abbastanza umiliante. Lanciò una veloce occhiata a Simon sperando non avesse notato il disagio che si dipinse sul suo volto, abbozzando un sorriso riparatore per rassicurarlo.
Lui ricambiò con altrettanto disagio, chiaramente consapevole che quel discorso lo avevano tirato fuori per un motivo, e sentì improvvisamente il bisogno di dover alleggerire lo spazio circostante della sua presenza: "Be'..." mormorò battendo le mani per attirare l'attenzione su di sé, "... Mi ha fatto molto piacere conoscerti, Viola. Sperando che per te sia stato lo stesso" pregò dentro di sé che nessuno notasse il tono speranzoso. Lei gli restituì un sorriso amichevole: "Assolutamente sì, grazie Simon. Senti... non è da me chiedere una cosa del genere ma... possiamo scambiarci i numeri?"
"Ahm... mi piacerebbe ma io... non ho un telefono cellulare. Non posso... ancora permettermelo..." balbettò il ragazzo grattandosi la testa color caramello.
"Oh, capisco. Allora ti scrivo il mio in un fazzoletto, perdonami ma non ho fogli; così mi puoi mandare un messaggio, o chiamarmi quando vuoi. Appena puoi, insomma..." replicò la ragazza scacciando l'ultimo accenno di imbarazzo. Cercò di tirare fuori un fazzoletto bianco di carta nel modo più sicuro possibile, per quanto la situazione fosse ormai degenerata in un quadretto tipico di adolescenti maldestri.
Una volta dato in mano il piccolo pezzo di carta, salutò il giovane con la mano e lui, pagando il piccolo cartone di latte che aveva comorato, uscì con le stelle avvolte in un delicato velo di nuvole che contornava il cielo ormai scuro.
Non avrebbe mai creduto di poter incontrare una ragazza tanto dolce e bella, Viola gli aveva stregato prima gli occhi e poi la mente. Percorse le strade del centro di Londra sgusciando tra le folle che marciavano per comprare più regali possibili per amici e familiari, con ancora il sorriso stampato in volto e l'incapacità di pensare ad altro al di fuori di quell'incontro.
Non appena fu abbastanza lontano dal punto più popolato di Londra, deviò per un piccolo sentiero che dava nel bosco più fitto assicurandosi che nessuno lo vedesse e lo seguisse. Inspirò l'aria fresca che annunciava l'imminente arrivo della notte fredda, espirò lentamente osservando la nuvola di condensa che si formò dalla sua bocca. Piano piano dalle sue mani le unghie si tramutarono in artigli, i capelli mossi color caramello avvolsero il corpo che cambiò postura. La schiena nuda coperta dal cappotto venne ricoperta da una coperta di pelo liscio e lucido, le gambe e le braccia si adattarono alla nuova postura.
Con il naso umido annusò l'aria e tese le orecchie per ascoltare meglio i movimenti del bosco. Mosse la coda abituandosi alla nuova parte del corpo e puntò gli occhi in diversi cespugli scrutando ogni ombra che la luna creava. Ora che non si trovava più in mezzo a tutti quegli umani poteva sentirsi libero dal peso di poter mutare inaspettatamente. Si arrampicò su una roccia ed emise un ululato come se si dovesse annunciare agli animali del bosco.
Le sue narici catturarono un odore familiare e prese a seguirlo correndo e facendosi strada tra gli arbusti, il venticello che iniziò a soffiare gli accarezzò delicatamente il pelo facendogli percorrere un brivido lungo la schiena; le sue zampe tastarono il terreno morbido e fresco lasciando impronte belle evidenti.
Nella penombra della notte ormai inoltrata, il lupo vide finalmente una scalinata che portava al suo rifugio, la sua casa. Oltre a lui, un'intera comunità popolava quel vecchio tempio, e tutti con le sue stesse qualità. La natura ibrida purtroppo gli umani non erano in grado di capirla, vedendola di conseguenza come una minaccia. Per questo, tutti coloro che condividevano una doppia natura erano costretti a nascondersi; i più fortunati erano quelli che potevano mutare in cani domestici, una via per essere amati l'avrebbero sempre avuta. Invece quelli come lui... non erano molto privilegiati, era raro non imbattersi in qualche cacciatore e non diventare la sua preda.
Raggiunto il primo gradino ed essendosi assicurato che nessuno lo stesse seguendo, Simon mutò di nuovo recuperando la postura e l'aspetto umano. Il processo fu un po' più complicato, era facile solo da in verso. Mosse i suoi passi sulle rocce rettangolari salendo velocemente, con ancora la foga e la felicità acquisite dall'incontro con Viola. Prima di entrare, però, bevve tutto d'un fiato il cartone di latte, ai Leader non piaceva vedere beni provenienti dall'esterno a meno che non fossero stati necessari.
"Ciao a tutti!" salutò guardando nel grande salone dove i piccoli lupetti.
"Simon!" gridarono in coro un gruppetto di piccoli bambini.
Rivolse loro un largo sorriso e si diresse in fretta verso una stanza al piano superiore, dove alloggiava colei che aveva tirato su tutto il rifugio dopo la dipartita dell'ultima Leader: Lira. Nessuno al rifugio l'aveva mai vista nella sua forma umana, sembrava quasi non esserlo mai stato. Il suo pelo candido e luminoso risplendeva alla luce del sole e i suoi occhi color oro scrutavano ogni giovane recluta con dolcezza. Stava sempre in quella stanza, seduta a guardare il mondo dalla finestra sempre aperta, forse gli anni stavano passando velocemente anche per lei. Al suo fianco, il suo vice sempre in allerta: Zita. Con il suo sguardo severo e il manto color ebano con riflessi giallastri quasi dorati, era la migliore per il reclutamento.
"Simon" mormorò la lupa bianca vedendolo più sorridente del solito, "Mi sembra che la passeggiata serale abbia avuto il suo effetto benefico".
"Lira, ho deciso" replicò il ragazzo, "Ho deciso: voglio restare un essere umano".
Zita scattò in piedi: "Un essere umano?! Stai scherzando spero! Lo sai che quelli sono totalmente privi di bontà nei nostri confronti, non puoi pensare di mischiarti con loro!"
"Ma come? Ci hai sempre detto che sarebbe stata una scelta nostra..."
"Solo perché sono sempre stata sicura che avreste preferito la vostra natura animale! Simon hai molte più possibilità di sopravvivere felice senza la tua parte umana!"
"Zita per favore" Lira scese dal cumulo di cuscini, guardò lo sguardo illuminato di Simon che nonostante il rimprovero non riuscì a smettere di sorridere, "Hai deciso per un motivo vero?"
Lui agitò energicamente la testa in segno di assenso: "Ho conosciuto una ragazza" dichiarò. I suoi occhi brillarono al pronunciare ogni sillaba, scatenando nelle due Leader reazioni diverse.
"Un'umana...? Tu vuoi restare nella tua forma attuale, per un'umana appena conosciuta?"
"Sì Zita, ed è veramente fantastica" replicò Simon, puntandosi di più sulla sua scelta.
Lira, nella sua forma lupo, sorrise comprensiva. Per lei il ragazzo era stato come un figlio per tanti anni ed ora vederlo così deciso dopo un periodo colmo di dubbi fu la cosa più bella del mondo. Era stato l'ultimo della successione a decidere del suo destino, e per questo qualsiasi cosa avesse scelto, l'avrebbe appoggiata.
"Lira non puoi davvero accettarlo! Non è questo che insegniamo al rifugio!"
"Noi al rifugio insegniamo ad essere sé stessi e a provvedere da soli al proprio destino, umano o animale che sia" la bloccò la lupa leader, "Aiutiamo il loro corpo a controllare entrambe le forme, e alla fine sono loro a decidere qual è la più importante".
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