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CAPITOLO XII

BLACKOUT CEREBRALE

~Skarlet~

«Ehi?»

Una voce.

«Puoi sentirmi?»

“Anthony? Sei tu?”

Ogni suono riecheggia nello spazio circostante, ogni parola diventa impercettibile ed indefinibile, sovrastata dal fastidioso sibilare di un serpente.

Improvvisamente è tutto gelido.
Come la tempesta di neve di un inverno rigido.

Riesco a sentire lo scricchiolio cristallino del suo ghiaccio, un suono familiare, lo ricordo fin troppo bene.

Tremo, fa tanto freddo, ma è quasi confortevole.

Quello stesso gelo che mi ibernava e mi acquietava

Ghiaccio che domina il fuoco, fuoco che scioglie il ghiaccio.

Il basilisco e la pantera.

Il cuore accelera, mi rompe la gabbia toracica, crea una voragine nel mio petto, esplode

Un battito, due battiti...

Fremo, il mio corpo vibra e i denti picchiano rumorosamente gli uni contro gli altri.

Tre battiti, quattro battiti…

Un bagliore verde illumina i suoi occhi nel buio.

«Pestifera?»

Sento scuotermi aggressivamente.

«Ehi!»

Tutto scompare e torna alla normalità.
Il mio viso è tra le mani di Anthony, visibilmente preoccupato dal mio comportamento assente, che cerca di farmi rinvenire da una sorta di stato di trans.

Non capisco niente, non sono sufficientemente reattiva per poter dare qualsiasi segnale di vita, sono concentrata sul fischio nelle orecchie il cui tono parte basso e poi accresce diventando assordante.

La testa gira e mi sento mancare le ginocchia.

Scivolo, ma il rosso mi prende al volo sostenendomi per la vita.

Cerca di catturare il mio sguardo che però è più vuoto del solito e continuamente evasivo, non rispondo a ciò che mi accade attorno.

Mi ricompongo sbrigativa, non lo guardo negli occhi, mi osservo intorno più confusa e stordita che mai.

Mi scosto da lui e mi volto verso il punto in cui quella sagoma si trovava.

Non c’è più.

Provo a farmi strada nella marmaglia di gente allo stesso modo in cui un uomo folle tenterebbe di nuotare per sopravvivere ad un orda di meduse in mare aperto.

Tutto appare in maniera derealizzata.
Sembra tutto finto, piatto, inesistente, inconsistente.

Una simulazione.

Mi percepisco fuori dal mio corpo, uno spirito vagante, psiche e corpo, mente e materia divisi, inconsistenza e massa, due entità indipendenti, autonome e diverse che non hanno a che fare l'una con l'altra.

Una presa ferrea mi stringe il braccio e mi tira via facendomi schiantare contro qualcosa di duro.

Il suo torace.

Il suo corpo è molto caldo... come il fuoco acceso nel camino di una casetta di campagna durante una fitta pioggia.

Il suo respiro è come una ninna nanna cantata dalla voce graziosa di una mamma.

Le sue mani come una coperta e la sua voce sonora e gentile come quella di un padre affettuoso.

Quello che non ho mai avuto.

In questo momento provo un sentimento che mi attanaglia e mi strazia.

Dolore, solo è soltanto questo.

Il petto brucia e la mente non si dà pace.

Quella piccola macchina malfunzionante che pompa il mio sangue, picchia veemente,  pazza e scatenata procurandomi malessere.

La gola si secca, stringe e arde, pare che mi sia ingoiata mille aghi e pezzetti di vetro, chissà, forse per gioco.

Il respiro si mozza e il mio supplizio interiore non dà tregua.

Perfortuna, c'è la sua stretta fin troppo confortevole…

Abbastanza da lasciarmi andare completamente a lui, in maniera sufficiente da sentirmi al sicuro e non dovermi preoccupare di nascondere quello che di lì a poco mi sarebbe accaduto.

Lascio che tutto esca fuori.

Perché molte cose entrano dentro ed escono difficilmente, ma quando succede che queste fuoriescano, l'esplosione può essere di tanto più disastrosa.

Il respiro è sempre più difficile da cacciare, i polmoni sono bloccati, pieni di pietre e macigni pesanti.

Lui, che nota il mio petto alzarsi e abbassarsi irregolare, mi prende in braccio e mi porta lontano da lì.

Corre alla sua velocità da lupo e nasconde il mio viso inclinandolo verso la sua camicia.

Quando mi posa sul terreno morbido e bagnato, mi rendo conto che mi trovo nel giardino dell'accademia.

Siamo molto distanti da qualsiasi occhio indiscreto, così lascio semplicemente che le mie lacrime scorrano in rivoli di sangue sul mio viso.

Lacrime di sangue, copiose sulle mie guance.

Non respiro, mi sento morire, credo di poter svenire qui e ora.

“Calmati! Calmati! Calmati!”

Ma non riesco a darmi un contegno.
Nella mia testa compare l’immagine di mio padre che si accanisce sui loro corpi.

Sangue, sangue ovunque, pareti, pavimento, sui vestiti, negli occhi.

Rosso, rosso, rosso, rosso...

Sto per perdere la testa.

“Sarei dovuta morire con loro, perché loro si ed io no?”

Anso convulsamente, mentre dei lamenti trapelano dalle mie labbra.

Sono suppliche di aiuto.

«Ehi…no no no no!»

Mi solleva il viso carezzandomi i capelli e sfregando i pollici sulle guance un po’ per farmi avvertire la sua presenza, un po’ per eliminare le gocce rosse che mi oscurano la vista.

Sangue negli occhi... tutto scarlatto.

«Guardami, ecco…così…» mi dà indicazioni lui.

Lo guardo, tuttavia non riesco a placarmi.

«Respira con me… vedi come faccio?»

Mi mostra il suo grande e profondo respiro e appare una cosa banale e per niente complicata fatta da lui, uno stupido gesto che tutti sono in grado di eseguire, non per volontà propria, per azione involontaria e in maniera del tutto naturale.

“Allora perché mi è così impossibile adesso?”

«Dentro…» mima il gesto con le mani ed inspira.

Provo ad imitarlo ma mi si blocca il fiato mentre lo faccio.

«Fuori… riprovaci stellina mia, sono qui e non ti lascio», mi carezza e mi stringe a sé facendo attenzione a non ostruirmi il torace.

«Non ti lascio…» ripete ancora per imprimere quella piccola promessa sotto quello spettacolare cielo stellato.

Come un giuramento inviolabile.

Se solo non mi fossi ridotta in questo modo e non avessi rovinato tutto probabilmente sarebbe anche un momento romantico questo.

Sarebbe stato stupendo poter ammirare le infinite meraviglie che l'universo cela. Le stelle, le costellazioni, i piccoli satelliti di Elon Musk che fluttuano nello spazio e, che se si presta attenzione si può notare.

La luna perlacea dalla superfice irregolare e frastagliata, quella che un tempo era definita il simbolo della perfezione dell'universo in quanto si credeva che fosse rotonda e perfettamente levigata.

Galileo Galilei dimostrò che non fosse così, attraverso il famoso cannocchiale, l'osservazione empirica dalla quale appurò che la luna e tutto ciò che c'è nello spazio non appartiene ad una dimensione superiore rispetto alla realtà terrena, tutto ciò che risiede al di fuori del nostro pianeta in qualche modo è simile alla terra ed ha le sue stesse imperfezioni.

Non vi è più distinzione tra realtà trascendente e quella sensibile, macrocosmo e microcosmo.

Tutto ciò è affascinante e misterioso, un spazio immenso e infinito e noi, probabilmente non siamo neanche il più piccolo microbo che ne fa parte.

Avremmo potuto trascorrere una serata tranquilla e invece...

“Sono un disastro, una delusione, un errore, rovino sempre ogni cosa”.

«L’ho… v-visto», proferisco debolmente.

Le lettere troncate da spasmi.

«Chi?»

«Era l-lui… era lui», pronuncio affannosamente.

«Non pensare a nulla adesso, svuota la mente, ci siamo solo io, te e la notte», sussurra assicurandosi di tenermi ben saldamente, per essere certo che io non svanisca da un momento all’altro.

Il respiro torna piano piano regolare, intanto, mi beo del suo calore e del suo profumo avvolgente.

«Sai…stasera il cielo è particolarmente luminoso, ma la luce più splendida, la stella più luminosa e infuocata è proprio qui accanto a me», comincia a raccontare con tono pacato, dolce e premuroso.

«Per chissà quale segno da parte dell’universo questa è caduta ed è atterrata esattamente al mio fianco, questa è la mia più grande fortuna e non ho neanche avuto bisogno di esprimere un desiderio. Ricordalo, stellina mia», conclude pieno d’amore e sentimento.

Brividi, non più di freddo.

Le budella si contorcono e si dimenano nel contempo che il mio basso ventre si riscalda.

E senza alcun tipo di esitazione, lo bacio.

Lo bacio con trasporto, con fame, vogliosa più che mai.

“Sono la sua luce, sono davvero la sua piccola luce”, penso estasiata dalla sua incantevole dichiarazione.

Lui si irrigidisce immediatamente, però ricambia subito dopo stringendomi i fianchi.

Gemo, Stavolta di piacere.

Le sue mani roventi scorrono verso il basso, verso il mio sedere.
Lo stringe, lo palpa e facendo leva su di esso mi porta sopra di lui, posizionandomi a cavalcioni sul suo pacco di marmo.

Sussulto sorpresa dallo scontro dei nostri bacini, la sua erezione che spinge contro la mia apertura.

Con la bocca spalancata, ciglia corrucciate per il piacere immenso e occhi chiusi per poter assaporare al meglio quella sensazione, in modo da amplificarla attraverso l’uso degli altri sensi.

Muovo il bacino in avanti e avverto un verso d’approvazione risuonare nel suo petto.

Le sue mani si fanno spazio sotto il vestito, stringe le mie natiche e mi guida nei miei movimenti.

Mi muovo indietro, poi di nuovo avanti… lentamente… e credo di essere sull’orlo della follia.
Stessa cosa lui.

«D-dio…piccola mia».

I suoi occhi pieni di lussuria e voluttà, mi penetrano allo stesso modo in cui farebbe volentieri con la sua asta se solo non ci trovassimo nel luogo meno adatto.

Se solo potesse lasciarsi trasportare dai suoi istinti carnali.

Mi struscio sulla sua intimità ancora una volta, drogata da quella sensazione afrodisiaca.

«Ti voglio…», ansimo pericolosamente vicino al suo orecchio.
«Ti desidero…», dico baciandolo.
«Ti bramo più che mai…lupo», gli lecco tutta la lunghezza del suo collo.

Dalle sue labbra esce un mugolio disperato.

«Mi stai facendo…impazzire! Ti voglio anche io, pantera, ora… adesso, non ce la faccio più a continuare così, sei capace di rendermi una belva cazzo!» Impreca

«Facciamolo…voglio sentirti dentro di me, per intero».

Questa frase gli manda il cervello a puttane e gli annebbia qualsiasi buon senso.

Abbassa lo sguardo verso le mie cosce divaricate e nota che il vestito è quasi del tutto arricciato sui fianchi.

Riesce ad intravedere le mie mutandine nere inumidite dagli umori che hanno macchiato persino il tessuto del suo pantalone.

«Mmh…sei già bagnata», sospira soddisfatto e con sorpresa puntando i suoi occhi nei miei.

Mi sento mancare anche se sono seduta, ironicamente.

Il mio corpo impazzisce e reagisce a lui in maniera vergognosa e priva di dignità.

Non mi importa neanche un po’ di che fine farà la mia dignità stanotte, voglio solo che mi prenda e mi faccia sua.

Voglio che la mia prima volta sia con lui, è diventato un ossessione per me.

Non ho mai incontrato una persona così...

«Andiamo nella tua stanza…?» Domando impaziente.

«Sei così eccitata… bimba?»

«Si…ti prego…ti supplico»

La mia eccitazione aumenta a dismisura fino ad essere fastidiosa, ho un bisogno insistente di soddisfarla.

Mi muovo leggermente, stringendo le gambe tra di loro per cercare di diminuire quella seccatura.

«Ah si? Mi supplichi? Vuoi sottometterti in questo modo a me?

Vuole davvero farmelo dire.

Non ho intenzione di esitare proprio in questo momento, del mio orgoglio non resta neanche l’ombra.

«Ti supplico, fai di me ciò che più preferisci, Anthony Volkov», affermo ardua e con voce suadente sfidandolo con lo sguardo.

Mugugna appagato dalla mia risposta, così, con un ghigno che lo rende, se possibile, ancora più sexy, mi prende in braccio aiutandomi a sistemare il vestito e ci dirigiamo verso l’ottavo piano, nella sua stanza.

L’ascesa, inutile dire che è stata uno strazio.

A momenti eravamo sul punto di saltarci addosso come due cannibali affamati in un apocalisse di zombie dove c’è scarsità di cibo.

Ma una volta in camera…
Iniziano i giochi.

Mi scaraventa sul letto, ed io, mi nascondo repentinamente sotto le coperte.

Lui sorride intenerito dal mio gesto, probabilmente associandomi ad un cucciolo di cane che si nasconde dal suo padrone cattivo.

Solo che non intendo affatto nascondermi da lui, non è affatto il padrone cattivo, al massimo lo si potrebbe definire il malvagio lupo in cerca di una preda e, a quanto pare durante la sua caccia nella foresta ha trovato cappuccetto rosso.

Le sue mani percorrono la fila di bottoni lungo la camicia che, aprendosi, lascia intravedere i suoi pettorali scolpiti.

Ogni suo movimento appare sicuro e dominante.

Nonostante lui non sia mai andato a letto con nessuna prima d’ora, questo suo fare, il suo charme, mi pietrificano, mi seducono e, infine, mi fanno bagnare pericolosamente.

Le mie grandi e piccole labbra sono completamente inzuppate.

“Sono proprio senza ritegno”, formulo questo commento nella mia testa sogghignando.

Non posso farci nulla, mi fa uno strano effetto questo ragazzo.

Mi sento così bene in questo momento che persino le mie insicurezze svaniscono e mi sento più rilassata, forse è anche grazie all’alcool se riesco ad avere questa spinta in più.

Mi stendo meglio sul materasso e mi scopro scostando le coperte dal mio corpo.

Le sue iridi sono attirare da quel gesto e, vedendomi completamente nuda e alla sua mercé, prendono a luccicare e  passano ad ammirare prima il mio seno dai capezzoli turgidi, poi la pancia che da stesa lascia intravedere la curva delle costole.

Poi scende verso il mio ventre per poi concludere con la mia intimità e le cosce leggermente aperte.

È totalmente incantato, sorride malizioso e si avvicina a me chinandosi leggermente.

«Dio se sei stupenda…»

Mi porta il suo pollice alle labbra che, di rimando spalanco lasciando che entri nella mia bocca.

Giocherello con la lingua attorno al suo dito, lo succhio e avvolgo le labbra intorno ad esso, lui in risposta, va più in fondo.

Caccia il pollice fuori e aggiunge l’indice ed il medio facendo la stessa cosa.

Lo guardo negli occhi, non voglio perdermi la sua espressione eccitata.

«Brava bambina…» mormora prima di massaggiarmi le labbra e poi proseguire con le sue dita inumidite verso il basso.

Va sul seno, lo manipola come impasto, stringe leggermente i capezzoli e mi procura un piacere immenso.

Gli umori escono rovinosamente scorrendo sul materasso.

Ma la ciliegina della torta arriva nel momento in cui decide di proseguire la sua discesa giungendo sul basso ventre e, con un ultima carezza avvolge la mia intimità con la sua mano.

Le sue dita fredde a contatto con le mie pieghe mi mandano in ecstasy.

Gemo rumorosamente percependo le sue dita muoversi e stuzzicarmi in maniera atroce

«Sei completamente fradicia…è questo l'effetto che ti faccio? È colpa mia? Voglio sentirtelo dire, gattina mia», mi provoca accentuando il massaggio.

Allargo le gambe e mi sporgo verso di lui sopraffatta, ma lui si allontana.

«Rispondimi», si impone stringendomi la coscia e provocandomi un lamento.

«Io…È t-tutta colpa tua…mi stai f-facendo svenire…»balbetto disconnessa per l’immenso piacere.

Mi divarico ancora di più se possibile, afferrando i miei seni e stuzzicandoli.

«Brava, così…» approva stringendomi la mandibola e lasciandomi un bacio sulle labbra.

Dopodiché, mi afferra per le cosce e mi sposta più vicino a lui, ora il mio pube è proprio sotto il suo naso.

Affonda il viso nelle mie cosce ed inizia a leccarmela viziosamente.

Quasi urlo per quell'azione gradevole ma repentina e mi dimeno dalla frenesia.

Anthony, notandolo, mi blocca le gambe e lecca fino a quando la libido è così insostenibile da dover per forza esplodere in una marea di sensazioni stupende.

Il mio corpo è scosso dai tremiti del potente orgasmo.

Tuttavia, non è finita qui, perché mi infila un dito nella vagina facendomi contrarre appagata

«Voglio lubrificarti per bene…prima di entrarti dentro», biascica eccitato.

Inizia a stuzzicarmi con il dito prima piano e delicato, poi forte e selvaggio.

Grido, non riesco a trattenermi, mi sento fin troppo sopraffatta dalla goduria.

E nel momento in cui sono in prossimità del secondo orgasmo lui caccia fuori il dito appositamente.

Mi esamina con un sorrisetto beffardo sul viso a dir poco fastidioso.

«Ti odio…» mi lamento insoddisfatta.

«Il meglio lo lasciamo per ultimo, come dessert», ridacchia lui schiaffeggiandomi la coscia per poi portarsi le dita alla bocca e leccare via il mio fluido.

«Delizioso… adesso ho un nuovo cibo preferito», dichiara con sguardo acceso e vispo.

«Te!»

Mi sento terribilmente infuocata, non ho la minima idea di cosa stia accadendo, ma il suo modo di fare cambia immediatamente dopo essersi tolto tutti gli indumenti, tranne i boxer.

La sua espressione ora è dolce e premurosa.
È  posizionato sopra di me e mi coccola una guancia per poi poggiare la sua fronte sulla mia e stampare un bacio casto proprio sulla punta del mio naso.

Un gesto tenero, in grado di sciogliere il mio cuore di pietra e di abbassare ogni mia difesa.

Quando sono con lui è sempre così, ogni muro crolla, persino quello più forte e resistente quanto il cemento armato.

“Credo di amarti, Anthony Volkov, spero solo che anche tu possa ricambiare questi sentimenti e che tu non ti stia soltanto prendendo gioco di me allo stesso modo in cui molti hanno fatto, mancandomi di rispetto.

Tutti però, dovrebbero sapere che chi mi manca di rispetto la pagherà  cara molto presto e pure amaramente.

La mia vendetta sarà un pasto servito freddo su tanto di piatto d’argento.

E se anche tu volessi provare a farmi del male, non avrò pietà neppure per te.

Nessuno ha il diritto di giocare con me, perché quando poi a condurre il gioco sono io, divento spietata, crudele e priva di empatia.

Se qualcuno ride, mi assicurerò di ridere anche io dopo.

Se qualcuno mi pugnala al cuore, io strapperò il suo dal petto così da far comprendere come ci si sente a vivere con un buco…nel petto”.

Ora, voglio solo spegnere la mente, tutto quanto, un blackout cerebrale.

«Sei sicura di volerlo? Lo vuoi con tutta te stessa?»

La sua domanda mi riporta alla realtà.

«Lo voglio con tutta me stessa, ti desidero Anthony, non farmelo ripetere più», lo afferro per il viso e unisco le nostre bocche, le nostre lingue, i nostri respiri, i nostri cuori, i nostri corpi.

Ci stacchiamo dopo qualche secondo perché lui si sporge verso il comodino alla mia sinistra per poter prendere un preservativo dal cassetto.

Apre la piccola bustina blu con la scritta Durex, si sfila i boxer mettendo in mostra il suo membro abbastanza dotato.

“Oh...”

È... grande...troppo.

E sinceramente dubito che ci entrerà facilmente.

Sullo scatolo che c’è sul comodino riesco persino a leggere i caratteri: “XXL”.

“PERFETTO! NON POTEVA ANDARE PEGGIO DI COSÌ! Ok…se mi rilasso forse non sentirò tanto dolore”.

Piccolo spoiler, queste furono le cosiddette ultime parole famose.

Dopo poco infatti, con le gambe aperte in una posizione comoda che possa favorire meglio il passaggio, si pone davanti alla mia fessura cercando di essere il più delicato possibile.

Spinge piano dentro di me e subito sento un dolore lancinante.

Si ferma subito per farmi abituare. Chiudo gli occhi, regolo il respiro e stringo le sue spalle facendo il possibile per rilassarmi.

Dopo un po’ spinge ancora, ma non riesce a farlo entrare per bene.

È riuscito a penetrarmi più o meno solo per metà e già mi sento morire.

Sento come un trapano che mi trapassa la carne.

E no, non sto scherzando.

Mi lamento girando il capo di scatto e strizzando gli occhi.

«Ehi…mi dispiace, shhh…guardami, ci sono io» mi prende il viso e mi bacia dappertutto rassicurandomi un minimo.

Solitamente riesco a sostenere bene il dolore, però questo è davvero forte e insostenibile.

«Anthony…» ansimo.

«Vai ancora…» ordino cominciando a percepire un pizzico di soddisfazione punzecchiare le pareti della mia vagina.

Lui esegue e riesce ad entrare del tutto.

Una lacrima scorre lungo il mio viso a causa del dolore intenso che il rosso asciuga con il suo pollice.

Ora siamo uniti in maniera assoluta.

Mi stringe forte a sé per rendere le sofferenze patibili, il mio seno contro il suo petto marmoreo, la sua schiena colossale esplorata dalle mie mani ed, in conclusione, i miei polmoni inebriati dal profumo della sua pelle mascolina che mi attrae così tanto, è un profumo che non si può spiegare, sa praticamente di lui.

Di Tony.

Dopo qualche attimo, inarco la schiena percependo una sensazione diversa.

Così, muovo il bacino verso il suo per accorciare ulteriormente le distanze e, oltre ad un piccolo fastidio, avverto il pene sfregare contro le mie pareti donandomi un immenso e gradevole benessere fisico.

Lo sento gemere affaticato, con le ciocche che gli ricadono sulla fronte, sfuggite dalla crocchia.

Sul suo viso vi è una smorfia e le sue labbra sono socchiuse.

Prende a fare avanti e indietro lentamente ed io avvinghio le gambe attorno al suo bacino per approfondire il contatto.

«Sei strettissima, piccola…» borbotta in maniera strozzata penetrandomi con più foga e voracità.

«Si…più forte papi…» lo invito gemendo come mai prima d’ora.

Lui si solleva da me e mi contempla dall’ alto, porta le mie gambe sulle sue spalle e mi stringe la carne aiutandosi maggiormente nell’approfondire la spinta verso l’interno.

I suoi versi riecheggiano nella stanza insieme ai miei, il suono dei nostri bacini che si scontrano tra di loro, il suono degli schiaffi che mi assesta in prossimità del sedere, dei nostri sospiri, tutto ciò mi eccita terribilmente.

Non ne ho abbastanza, vorrei che andasse ancora più forte, ma le sensazioni che provo sono così vigorose che non riesco a proferire parola, i suoni mi muoiono in bocca e mi si strozzano in gola.

Sento di star per raggiungere il mio secondo orgasmo, mi rilasso e il liquido fuoriesce schizzando al ritmo dei suoi movimenti e riversandosi sulla pelle del rosso di fronte a me che sogghigna compiaciuto da quello che mi ha provocato.

È così provocante in questo momento con le vene del collo ingrossate per lo sforzo, il sudore che gli imperla la fronte, le braccia massicce che mi dominano e maneggiano il corpo a suo piacimento, come se fossi fatta di pasta d’argilla.

Le sue pupille dilatate al massimo, la zona a v del suo busto che si collega alla sua intimità, il viso arrossato…

È tutto spaventosamente perfetto.

Sta per raggiungere anche lui l’orgasmo ormai, lo capisco da come il suo membro pieno e rigonfio pulsa.

Mi sbatte ancora più aggressivamente toccando il fondo del mio canale, fin quando, viene definitivamente rallentando i suoi movimenti e uscendo poco dopo da dentro di me.

Si accascia sul letto mentre il suo corpo è scosso da spasmi potenti.

Rimuove il preservativo facendo un nodo all’estremità opposta in modo tale da non far uscire il suo liquido seminale, poi lo poggia sul comodino.

Si infila i boxer e torna a letto avvolgendomi tra le sue braccia.

Lascio che mi accolga, rivolgo il mio viso contro il suo fusto e inspiro la sua essenza.

Avvolgo il mio braccio attorno al suo fianco a mia volta e parlo interrompendo il silenzio.

«È stato bello…»

«Ti è piaciuto davvero?» Domanda con gli occhi che gli brillano.

“È così stupendo…” penso contemplando ogni parte del suo essere.

«Infinitamente, non sai quanto. Se ti stai chiedendo se me ne sono pentita, sappi che non è così, lo rifarei altre mille volte ancora», sussurro ad occhi chiusi e con un espressione rappacificata sul viso.

Finalmente mi sento normale, come se ogni mio tormento mi abbia finalmente dato tregua, che ogni mio cruccio sia svanito.

Anche se so che non sarà così per molto, ora voglio godermi questo momento.

“È questo il paradiso di cui tutti parlano? Esiste anche per i demoni come me un po’ di pace?”

Vorrei che questi attimi non finissero mai.

Non ho mai desiderato niente di tutto questo, soprattutto vedendo il modo in cui mio padre trattava mia madre.

Le mie speranze nell’amore non sono mai state così elevate, ho sempre creduto che l’amore vero non esistesse.

Che cosa triste! Penserete, eppure è in questo modo che ho vissuto fino ad ora.

“L’amore è violenza”, ero arrivata a questa conclusione da piccina.

Crescendo ho deciso allora di non voler far parte di questo sistema, di non volermi innamorare se questo avrebbe comportato soffrire per il resto della mia vita nelle mani di un carnefice.

“E adesso? Mi sono innamorata…che cosa mi accadrà? Mi picchierai anche tu, Anthony? Mi ucciderai?”

Lo guardo qui accanto a me, talmente innocente e puro e rifletto.

“Davvero una creatura così buona e dolce sarebbe capace di arrivare a tal punto un giorno? Fino a che punto può coprire una maschera che nasconde la vera natura di una persona? Si deve essere dei grandi manipolatori per avere una tale capacità, simulare la stessa bontà d’animo, lo stesso modo di pensare, il modo di essere e dunque, la personalità di una persona per bene, dal cuore grande e poi…per poi cosa? Trasformarsi nell’esatto opposto. Mostrare il proprio vero viso, quello di un mostro.

Se un giorno dovessi davvero dirmi che mi ami, l’istante dopo alzeresti le mani su di me?
Intendo... non per scherzo e neanche durante il sesso, uno schiaffo vero, magari due o un pugno, una sedia, un pezzo di vetro e successivamente…un coltello.

È tutto un circolo vizioso che si ripete no?

Sono disposta a vivere da capo tutto questo?

Non voglio, non posso, ho paura.

Non posso concepire il fatto che una persona con la quale mi sento così al sicuro, possa diventare il mio peggiore incubo.

Da angelo custode al diavolo travestito.

Lucifero in persona.

Devo proprio meritarmela tutta questa cattiveria.

Avrò fatto qualcosa di sbagliato nella mia vita.

Se ci penso, non riesco proprio a trovarlo un motivo, forse l’errore di essere venuta al mondo.

Mi viene in mente solo questo.

Successivamente a questi pensieri, mi do della stupida, perché rammento che le cose nella vita accadono che le meriti o meno.

«È piaciuto tanto anche a me, piccola stellina. Sono felice», afferma gioioso ed il mio sorriso si allarga.

“No…non puoi essere come lui. Tu NON SEI come lui. Però affermare questo significherebbe ammettere che l’amore vero esiste davvero…ma rimango piuttosto scettica a riguardo…

Bizzarro... il modo in cui io preferisca credere che la persona accanto a me sia uno dei tanti pazzi omicida e approfittatori piuttosto che credere nell’esistenza di un amore spontaneo e incondizionato, che non è violenza, ma prendersi cura l’uno dell’altro, farsi coccole, fare l'amore, prendersi per il culo, scherzare e chiacchierare come due vecchi amici, volersi bene, bene davvero.

Stringersi ogni notte, baciarsi come se fosse l’ultima volta. Darsi consigli, supportarsi in ogni occasione, rispettarsi, crescere insieme.

È questo il tipo di amore a cui aspiro, ma esiste?”

«Ricordi quando mi chiedesti durante obbligo o verità quando è stata la prima volta che mi sono masturbato?» Sbotta tutto d’un tratto.

«Mh, si, non mi hai più risposto», ribatto io incuriosita.

«Non l’ho mai fatto in vita mia, non prima di incontrarti almeno. Non ne ho mai sentito l’esigenza davvero, le altre ragazze non mi hanno mai eccitato, persino i porno non mi attirano un granché. Ma tu…tu riesci a farmi uscire fuori di testa in maniera del tutto inappropriata, mi fai diventare uno di quei maniaci che si sega ogni due minuti su un bambino. Non ho il controllo di quello che sento o di quello che faccio se ci sei tu, mi sento un adolescente in preda agli ormoni che ha appena scoperto il mondo del sesso», mi spiega ridacchiando.

La sua risata è talmente divertente che mi contagia.

“No…non può essere una persona tanto crudele, queste parole, i suoi modi di fare…è tutto vero e genuino!

Una persona manipolatrice potrebbe mai aprirsi in questa maniera con qualcuno, dire queste cose e ridere in maniera così spontanea?

Ho soltanto tanta paura…è normale no? Non avere più fiducia nel mondo e nell’umanità dopo quello che mi è accaduto”.

«Davvero?» Chiedo incredula.

«Si, penso tu sia la prima in tutto e per tutto».

«Anche io non ho mai fatto niente, ho cominciato a masturbarmi a tredici anni però», gli spiego e lui annuisce.

«Sono felice di aver avuto queste mie prime volte con te, piccola Skar. Sei speciale», dice toccandomi i capelli.

“Oh Skarlet, devi poter dare anche fiducia a chi ti sta intorno, non puoi fare di tutta l’erba un fascio, devi buttarti a capofitto, correre il rischio.

Non tutti sono malvagi, ci sono anche le persone buone, giusto? Quelle che hai avuto il piacere di conoscere esclusivamente nei libri”.

«Hai dei capelli morbidi…sai? Neri e stupendi, così come i tuoi occhi. Non hai idea di quanto adoro quando mi guardi con quelle iridi taglienti… mi fai rabbrividire e, alla fine, nei nostri giochi di sguardi, sei tu quella che vince ogni volta. Mi lasci senza fiato, mi disarmi, hai sempre tu il coltello dalla parte del manico», borbotta soffiando l'aria sulla mia pelle.

«Che cosa mi fai, pantera?»

“Oh Anthony, vorrei saperlo anche io, credimi. Potrei farti la stessa domanda. Non ho la più pallida idea di cosa significhi tutto questo.

Ci trattiamo da innamorati, da coppia, ma senza mai dirci ti amo… hai paura? Abbiamo paura? Stiamo correndo troppo?”

È tutto un grattacapo.

“Di una cosa sono sicura, il tuo cuore parla, anche se non lo hai ancora ammesso. Forse te ne sarai accorto anche tu di come batte il mio quando ti sono vicino. Mi ami anche tu. Deve essere così…”

«Non lo so, lupo…» rispondo dubbiosa.

“Sei uno di quei principi azzurri che si trovano nelle favole?
Non dovrai salvarmi da una matrigna cattiva, né farmi scappare da una torre, né salvarmi dalla morte dopo aver mangiato una mela, ma sarai in grado di salvarmi da me stessa?”

Chiudo gli occhi, al sicuro sotto la sua protezione e con queste numerose domande che aleggiano nella mia mente, cado tra le braccia di Morfeo, non prima, tuttavia, di aver sentito una frase da parte sua...

«Ti amo, stellina».

“Sarà sicuramente stata la mia impressione”.




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