CAPITOLO IX
OBBLIGO O VERITÀ?
~
Skarlet~
L'atmosfera intorno a noi è calda e pesante, non nel senso di opprimente...no, è qualcosa di...diverso.
Qualcosa freme nell'aria.
I corpi sussultano, i cuori vacillano, la luce vibra...
Tutto è scosso da non si sa cosa, non perché ci sia un terremoto...no, dev'essere probabilmente la situazione che si è creata, suscita una cacofonia di emozioni che non riesco a spiegare.
"Cosa è cambiato in me?", mi ritrovo a riflettere.
È come se improvvisamente un insignificante scatola abbandonata nel nulla, adesso fosse stata riempita di cose speciali e utili, che fanno sorridere.
E in qualche modo, quel vuoto rimane solo un futile ricordo del passato.
Come se qualcuno avesse dato uno scopo ad un misero foglio bianco, realizzando qualcosa di estremamente stupendo tramite l'impiego di una penna per imprimere le parole di un opera sbalorditiva.
Questa strampalata sensazione che nulla è più allo stesso modo in cui è stato fino ad ora.
Come se qualcuno avesse riempito quel buco nel mio piccolo torace di sensazioni stupende e memorie che, forse, un giorno rammenterò con il sorriso.
Questa eccitazione che sento nello stargli accanto, questa adrenalina che percepisco al solo pensiero di rendere le cose interessanti con questo gioco stravagante e a tratti anche infantile.
Tuttavia non ho intenzione di rendergli le cose semplici come crede.
Qualcuno potrebbe pensare che sia solo un gioco banale, eppure, con un pizzico di fantasia posso trasformarlo in qualcosa di tremendamente stimolante.
È incredibile il modo in cui la mente può generare certe immagini o pensieri che vanno oltre i comuni ragionamenti e la concretezza.
Ti consente di avere visioni e confini più ampi, di viaggiare e non soffermarti alle barriere limitanti.
Può essere utile per sorprendere chi invece non riesce ad andare oltre, lasciando di stucco coloro che vedono ma non osservano fino in fondo e che non mettono in dubbio.
L'immaginazione permette l'invenzione.
Una dote che apre gli orizzonti e la mente, garantisce l'originalità, l'imprevedibilità e lo sviluppo di un ampio giudizio critico che non si sofferma ad una semplice possibilità o ipotesi. Ti proietta di fronte un insieme di probabili eventualità, ognuna delle quali è messa in discussione dall'incertezza e la mancanza di una fonte concreta che possa farti affermare pienamente un concetto oppure l'esatto contrario, o ancora, qualsiasi idea che sia parallela a queste ultime.
E se mentre, fantasticare significa aspirare a qualcosa di utopistico ed irrealizzabile, l'immaginazione possiede un fondamento sulla realtà.
È ciò che mi ha permesso di poter partorire un idea così folle, ma pur sempre affascinante, che cela il suo perché.
Ed è con questi pensieri che con ghigno sulle labbra e sguardo profondo lo fisso negli occhi e sfilo il primo bastoncino con tutta la calma e la freddezza di questo mondo racchiusi nel mio essere.
«Et voilà», sorrido pronunciando un francesismo.
«Tocca a te!», esclamo invitandolo a fare altrettanto.
Mi passa accanto inebriando i miei polmoni con il suo profumo maschile.
Una fragranza di uomo, della sua pelle e anche una nota di colonia che spicca facendo da sfondo agli odori che emana naturalmente.
Chiudo gli occhi estasiata.
Si appoggia con i gomiti sul tavolo e poi con le dita riesce a sfilare anche lui uno di quei sottili pezzi di legno colorati.
Insoddisfatta per non averlo visto fallire, mi rimetto in posizione chinandomi un po' troppo verso il tavolo.
Lui fa scendere il suo sguardo verso il punto in cui il mio corpo si piega, divorandomi il bacino e le cosce.
Sogghigno senza alcun timore senza neppure sentire l'esigenza o il pudore di nasconderlo, e lui, notandolo, alza un sopracciglio verso l'alto.
Esamino la posizione di tutti quei bastoncini cercandone qualcuno più facile da estrarre e, noto in particolare uno di questi che si trova appoggiato sugli altri ma è più sporgente verso l'esterno.
Così faccio pressione sulla punta sollevando senza difficoltà anche questo.
Vedo il suo corpo avvicinarsi nello stesso punto in cui il mio si trovava giusto poco prima e, noto con felicità che stavolta non gli è andata bene.
Perché quando tenta di estrarre uno di quegli aggeggini, finisce per spostarne altri tre.
«Mmhh...bene bene bene! Caro Anthony...dimmi un po', cosa preferisci? Obbligo o verità?» Domando con fare ipnotico.
«Mmmh... cara Skarlet, non saprei proprio», si gratta il mento per far intendere il fatto che ci stia riflettendo su, però subito dopo sbocca la sua risposta con noncuranza:
«Verità!»
«Bene, direi di iniziare con qualcosa di facile», giro per la stanza nel mentre cerco di trovare qualcosa da chiedergli
«Colore preferito?»
Un po' scontata come domanda ma ho promesso di essere clemente, per ora...
«Arancione», dice tutto d'un fiato.
Ci guardiamo negli occhi per istanti interminabili.
Avanzo di qualche passo verso di lui senza staccare quel contatto visivo che divora i nostri animi, che scombussola le nostre menti.
Il suo sguardo indugia sulle mie labbra e dei brividi attraversano il mio intero sistema nervoso.
Per un attimo, non so perché, ho l'impressione che io sono il fuoco e lui la paglia che lo alimenta. Basterebbe davvero poco per appiccare uno di quegli incendi dolosi dalle fiamme indomabili.
Siamo allo stesso modo dell'acqua del mare alimentata da un forte vento impetuoso o da un uragano che muta le onde in giganti spaventosi.
Diversi, si.
Luna e sole, notte e giorno, dolce e salato, vita e morte.
Eppure questi due abissi completamente distaccati che appartengono a due mondi diversi, potevo ricercarli e stanarli anche nel mio essere.
Posso essere cocente nel modo in cui solo il magma e lava possono essere e...fredda alla stessa maniera del ghiaccio e del gelo...
Una parte sconosciuta in me, forse anche più temibile della prima.
Quanto tempo è passato dall'ultima volta che ho visto quel ghiaccio assopire il mio stesso fuoco aggregandosi insieme in quello che parrebbe essere un miscuglio mortale.
Una sostanza? Una massa compatta?
Sono cose fin troppo grandi affinché io stessa possa essere capace di descriverle nei dettagli o addirittura conoscerle minuziosamente.
"Io non so cosa sono"
E questa è una delle inquietudini e delle angosce che mi perseguita più di tutte il resto.
Mi ha portata inevitabilmente al terrore verso me stessa, alla paura di ciò che sono.
In quanto essere umano e in quanto essere al di là dell'umano.
"Mi odio, mi odio da morire per tutto ciò che ho fatto".
«Ehi? Tutto bene?» Vengo risvegliata dalla sua voce che mi richiama a sé.
«Si», rispondo secca.
Non posso fare a meno di pensare a come la mia mente possa divagare dal pensare a me ed Anthony al pensare a...quello.
Il mio corpo si sporge verso il tavolo e per la terza volta di seguito riesco a sfilare un'asticciola.
Anche lui questa volta si riprende e riesce nel suo intento.
Tocca di nuovo a me, che non ho la stessa fortuna delle volte precedenti e sbaglio facendo tremolare la struttura di bacchette.
«Obbligo o verità?» Stavolta la sua voce tuona prepotentemente.
Alzo il viso verso il suo e l'aria, improvvisamente diventa più convulsa facendo sfrenare le mie budella.
Il cuore impazzisce, non per la paura, solo per il desiderio e la brama interiore che accresce incessantemente.
«Verità», opto.
«Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?»
Questa richiesta mi sciocca e mi manda in confusione, perché mi rendo conto di non ricordarmi affatto l'ultima volta che ho pianto.
"Quando è accaduto? Avanti...pensa, pensa!"
Però, più cerco di trovare una risposta, più quella non si svela.
Scavo nei miei ricordi, ma nulla esce, solo il buio nella mia testa, lo stesso vuoto che risiede nei miei occhi.
«Io...», mormoro con espressione corrucciata e volto rivolto verso il basso.
«Non lo so», continuo stavolta incrociando le sue pozze color autunno.
Lui sembra credermi, non interpreta la mia risposta come una scusa per non rispondere.
Lo ha capito da solo che sono sincera e che davvero non riesco a ricordarlo.
Mi rivolge un sorriso dolce e spontaneo e il gioco prosegue.
Sbaglia di nuovo.
«Obbligo o verità, Anthony?» Gli domando.
«Un bell'obbligo non guasta mica, direi...»
«Baciami la punta della scarpa», proferisco beffarda.
«Maledetta pestifera...» sussurra.
«Ooh si, sono proprio una maledetta. Ora muoviti e baciami la scarpa», lo zittisco imponendo ulteriormente il mio ordine.
Il rosso, si inginocchia ai miei piedi ed io lo analizzo dall'alto del mio metro e quarantasette.
Le mie mani poggiate sulla scrivania dietro alle mie spalle e un piede portato avanti verso il suo viso.
Inaspettatamente, percepisco il tocco delle sue mani avvolgersi attorno alla mia caviglia e attorno al mio polpaccio e, senza smettere di tenere quel suo sguardo di fuoco nel mio, si porta il piede alle sue labbra e bacia la punta della scarpa.
Il mio sorriso si allarga involontariamente sul mio volto a quel gesto intanto che percepisco un calore nel basso ventre e una sensazione fastidiosa nel punto in cui la pelle sensibile della mia intimità strofina contro le mutandine.
Le budella iniziano a contorcersi ancora di più e questo momento di tensione non finisce mai, è imperituro.
È tutto incessante, le sensazioni che prevalgono e assalgono, l'impazienza, la fame di volergli saltare addosso e...
"Dio...non posso pensare una cosa del genere! Eppure...anche lui, dal modo in cui si comporta, sembra intenzionato a voler fare lo stesso".
Allora un'altra idea malsana esce appena sfornata dal mio cervello.
Una volta che Anthony si rimette in piedi, mi volto verso la scrivania e sbaglio appositamente muovendo più bacchette del solito.
«Obbligo», pronuncio prima che lui abbia modo di farmi la domanda.
«Dritta al punto, eh?» Sussurra vicinissimo a me.
«Non amo perdere tempo», dichiaro istantaneamente.
«Allora...magari potresti...», propone sfiorando le sue dita sulla pelle del mio collo che muovendosi su di essa lasciano una scia di scosse che quasi mi causano un sussulto.
Quel movimento prosegue verso il retro dell'orecchio, sposta i capelli dalla loro posizione per poi finire verso la parte posteriore del collo.
Involontariamente, uno spasmo mi fa sobbalzare accompagnato da una serie di fremiti.
Lui appare soddisfatto dalla reazione che ho avuto e, per quanto io sia orgogliosa, non ho potuto trattenermi.
Questa parte del mio corpo è la mia zona erogena più sensibile, il mio punto debole.
E chissà perché, lui ha beccato proprio la parte che non doveva beccare.
Tuttavia, il fatto di essere obbligata da lui a fare qualcosa, mi piace.
Mi appaga terribilmente il solo pensiero.
"Sarà una cosa buona? Non lo so".
Si accosta delicatamente al mio orecchio e riesco a sentire il suo respiro caldo che mi costringe a socchiudere gli occhi e a schiudere la bocca avvolta dall'assoluta beatitudine.
«Ti obbligo ad andare sotto la doccia del bagno della mia stanza e a bagnarti tutta, con i vestiti, dalla testa ai piedi», sospira nel mio orecchio sensualmente.
«Sarà fatto. Ma voglio che tu guardi mentre lo faccio...», ricambio il suo tono di voce e noto il suo corpo irrigidirsi alle mie parole.
Mi dirigo fuori dalla sala per poi aprire la porta di quella che dovrebbe essere la sua stanza, si trova esattamente accanto.
Entro e noto che non è molto diversa dalla sala di prima per quanto riguarda i toni, che ormai si contraddistinguono come caratteristica della scuola.
Nero e rosso scuro oppure bordeaux.
Il letto a due piazze primeggia al centro della camera con la testiera attaccata al muro.
Accanto a questo vi sono due comodini, su uno è collocata una lampada, sull'altro invece si trovano alcuni effetti personali: un orologio, delle collane e il telecomando della televisione attaccata al muro dal lato apposto.
Sotto la televisione dal grande schermo, c'è un mobile, nel lato sinistro in prossimità del letto invece c'è un grande armadio.
Un enorme finestrone mostra il panorama e i palazzi della città in lontananza.
Accanto al mobile e alla TV noto una porta che dovrebbe condurre direttamente al bagno.
Mi precipito al suo interno, notando subito la doccia.
Entro nel box doccia e apro il getto che, dapprima esce freddo, infatti sospiro e poi gemo.
Poi sospiro di nuovo, non abituata alla temperatura.
Anthony mi osserva appoggiato al muro, ascoltando pienamente i miei affanni ed esaminando l'acqua scorrermi sui vestiti e sulla pelle.
Parte dal viso, i capelli, poi il seno con i capezzoli più turgidi che mai per il freddo dell'acqua, la forma del mio petto traspare leggermente attraverso il tessuto fradicio della mia canotta.
Sento un ringhio di apprezzamento risuonare nell'ambiente chiuso per ciò che sta ammirando.
Scende verso il ventre ed io, passo la mano proprio in quel punto, sollevando debolmente la canotta e lasciando intravede una parte di pelle della mia pancia.
Il tessuto dei pantaloni è così spesso che non lascia intravedere niente e, forse, di questo ne sono grata.
Sono certa che le mie gambe enormi non farebbero un bello spettacolo.
Chiudo il getto dell'acqua e strizzo i capelli, il tessuto della canotta e quello dei pantaloni, successivamente, mi accosto a lui lasciandolo vagheggiare su ogni piccola ed insignificante molecola che mi compone.
Il suo braccio e le sue dita si muovono in una carezza che parte dal braccio, poi risale la spalle e la clavicola e termina in prossimità del seno.
«Continuiamo qua...ti va?», rompo il silenzio, anche se in realtà la mia non è tanto una proposta.
Infatti non attendo una sua risposta e squadrandolo dall'alto in basso riprendo parola:
«Obbligo... o verità?»
«Verità».
«A che età hai iniziato a toccarti?»
Sul mio viso si fa largo un espressione sfacciata mentre mi lascio andare al lavandino alle mie spalle.
«Non ricordo»
"Sta mentendo. Perché mente?
Eppure non mi sembra il tipo da imbarazzarsi per queste cose".
Decido di non insistere a riguardo e lascio che mi ponga la solita domanda del gioco, alla quale rispondo seccamente con "Verità".
«Mai avuto una relazione? Se si, sei vergine?»
«No, mai avuto relazioni. Si, sono vergine», ribatto divertita e incuriosita da dove voglia andare a parare.
«Obbligo o verità?» Stavolta sono io a parlare.
«Verità»
Facendomi forza sulle braccia mi sporgo verso il suo corpo appiccicato al muro e inizio a giocherellare con la collana che porta al petto, una normale catenella d'argento priva di ciondoli.
«Dimmi il pensiero più erotico che tu abbia mai immaginato e su chi».
«Vuoi proprio saperlo, pestifera...?» Bofonchia sollevandomi il mento con il pollice e l'indice
«Mh mh, voglio saperlo», dichiaro a mia volta decisa, capendo già in parte cosa stesse per dirmi. Glielo si legge in faccia.
Anthony capovolge la situazione spingendomi contro il muro freddo e inchiodandomi tra le sue braccia muscolose accanto al mio viso.
Mi sento così piccola in confronto a lui in questo momento, ma non indifesa e spaventata come una pecora con il lupo.
Mi sento al sicuro, protetta, per la prima volta in vita mia.
"Che strana sensazione...
È questo ciò che si prova a non dover costantemente fuggire, proteggersi e nascondersi?"
Il suo fiato mi solletica il lobo dell'orecchio, percepisco il suo respiro fuoriuscire pesante e incontrollato come in preda ad un incontenibile impazienza e agitazione.
«Tu...tu sei stato il pensiero più erotico che io abbia mai immaginato, soltanto tu aperta sotto di me e per me», mi confessa questo suo segreto personale e proibito con labbra tremanti.
Ed è proprio nel momento in cui riprendo questo scambio di battute che la sua smania aumenta in maniera spropositata.
«Perché...dovremmo accontentarci di una banale fantasia appagante ma insoddisfacente, potremmo renderlo...reale!» Pronuncio con una particolare enfasi sull'ultima parola.
«Ne sei sicura?»
La sua voce risulta flebile, ormai allo stremo e al limite di quella discussione, ma quelle parole giunsero dritte al mio cuore accompagnate da una nota di dolcezza e premura nei miei confronti.
In risposta, lo afferro per la maglia e unisco le nostre labbra in un casto bacio.
Nel momento in cui sento le nostre labbra incontrarsi una fiamma si propaga ovunque, si diffonde in tutto il mio corpo e in tutto lo spazio che ci circonda.
Divampa.
Sempre più alta, sempre più grande.
Il mio stomaco sembra vuoto e pieno di farfalle al tempo stesso. Il mio basso ventre esplode, i muscoli si rilassano e la mente è leggera e priva di pensieri.
Tutto gira, il bagno, l'intera accademia si capovolge, il mondo intero.
Nell'universo regna il caos.
Le ginocchia cedono poiché mollicce come gelatina, il mio respiro si spezza e mi sento mancare.
Il mio cuore mi strazia come il peggior esecutore di torture e di sevizi talmente la potenza con cui mi fracassa il petto.
Un petto che da tempo è freddo.
Non ricordo quanto tempo fa l'ho sentito tiepido, non ricordo da quanto non percepisce amore e sollievo.
E ora scotta, brucia ed è rovente.
È inevitabile per me notare che qualcosa sia variato a partire dal momento in cui sono entrata in questa scuola.
È del tutto innegabile.
Sin da quando ho varcato quello stramaledetto cancello.
Quella segretaria, il generale, l'incontro con Anthony e i nostri eterni battibecchi.
Ho sempre avuto il sentore che qualcosa non filasse per il verso giusto. Ogni cosa mi risulta anormale, privo di senso, come se tutti sappiano di più su di me.
È questo! È questo ciò che ho sempre pensato senza rendermene conto.
Qualsiasi cosa sia, di conseguenza, ha mutato anche la mia persona.
Non ho mai avuto un rapporto ed una sintonia del genere con qualcuno, ma con Anthony è...diverso.
È tutto così spaventosamente...diverso.
E ho paura. Qualcosa in me grida di ritirarmi ed essere la Skarlet che sono sempre stata da quando ne ho memoria.
Quella Skarlet che da quando ha aperto gli occhi ed è giunta in questo mondo è stata costretta a crescere troppo in fretta.
Una bambina come le altre, o forse no... costretta a rifugiarsi nelle cose che più ama fare, scrivere, leggere, apprendere, scoprire e conoscere, dipingere...
Le permettono di viaggiare lontana dal luogo in cui si trova fisicamente e finire catapultata in una dimensione parallela a quella in cui è obbligata a sopravvivere, perché la sua vita non si è mai basata sul vivere.
E con il tempo ha creato un suo mondo personale, quello della sua testa appassita e della sua immaginazione corrotta.
E sembrerebbe quasi una cosa negativa vivere nel proprio mondo personale che di bello non ha nulla se non dei pensieri nocivi che generano fantasie letali derivanti da una psiche contaminata.
Eppure, senza queste cose, Skarlet Krov non esisterebbe.
Quello che è sarebbe svanito nel nulla già da tempo e sarebbe solo un automa tra tanti, una persona come tante che fa parte della normalità, ma a lei la parola normalità spaventa a morte poiché non ha mai conosciuto la normalità delle cose quotidiane e dell'amore.
Tutto ciò la aiuta a mantenere vivo il suo essere che non è accettato minimamente, neppure in una piccola parte.
Lo fa per impedire che quella piccola fiamma debole custodita gelosamente, si spenga una volta per tutte e in maniera definitiva.
Eppure, in maniera del tutto paradossale, non ho timore che il rosso che in questo momento mi stringe a sé in una romantica effusione, possa soffiare crudelmente su quella piccola fonte evanescente allo stesso modo in cui si farebbe con una candela.
Così, mi lascio totalmente andare a lui, affidandomi al fato...ma che dico!
Non esiste alcun fato, non credo nella buona o nella cattiva sorte.
"Ognuno è artefice del proprio destino, e se lui sarà l'ennesima persona della mia vita a strapparmi il cuore dal petto e calpestarlo sotto i piedi, sarà soltanto colpa mia che gliel'ho permesso.
E questo significherebbe soltanto che non ho proprio buonsenso verso me stessa, priva di dignità.
Ora non posso più tornare indietro".
Il bacio diventa più voglioso, più aggressivo, le nostre lingue si fondono in una danza imperterrita.
Le nostre mani scorrono sul corpo dell'altro e i nostri gemiti sono soffocati dallo scontrarsi delle nostre bocche fameliche.
Appena percorre il segno della mandibola e poi la linea del collo, prendo a boccheggiare più forte sussurrando il suo nome.
Lui, impazzito, si lascia sfuggire un verso d'approvazione spingendomi ulteriormente i fianchi contro il muro.
Le sue mani finiscono sotto il mio seno quasi toccandolo, dei brividi mi percuotono l'animo desiderosa che quel tocco diventi il più diretto possibile.
Pare che abbia il potere di leggere ciò che penso, perché subito comincia a vagare sui miei seni celati dal tessuto bagnato, li stringe, li massaggia e poi stuzzica i capezzoli fin troppo sporgenti ed evidenti esercitando una lieve pressione che mi fa perdere la testa e tremare le gambe, le quali fanno fatica a tenermi in piedi.
Non si ferma, anzi, è più veloce.
Poi scocciata dalla presenza di quell'indumento, lo rimuovo e lo getto via in un angolo non ben definito di quel bagno.
Si blocca sorpreso da quello che ho fatto e i suoi occhi brillano di avidità viva venerando quello spettacolo che si staglia davanti ai suoi occhi.
Un po' me ne pento di essere stata così avventata, mi vergogno terribilmente del mio corpo.
Non è per il fatto che qualcuno mi sta vedendo nuda, è per via della mia pancia, magari per lui sono troppo grossa.
Mi carezza il ventre e poi il petto nudo provocandomi sensazioni mai provate prima.
«Sei stupenda...» sospira ammaliato.
Racchiude il mio volto tra i suoi palmi e mi dona una serie di baci a stampo sulle labbra.
Mi prende in braccio sorreggendomi per le cosce e usciamo dal bagno.
Mi adagia sul letto e chinato su di me continua a lasciarmi una scia di baci per tutto il mio busto.
Si sofferma a giocare con la lingua ancora un po' sui bottoni che spiccano da quei due cuscini morbidi.
Quando, però giunge sull'orlo dei pantaloni, i quali hanno leggermente macchiato il letto, attende un cenno da parte mia per sfilarmeli.
«Aspetta...non guardarmi. Possiamo...» provo a parlare imbarazzata.
«Possiamo continuare sotto le coperte?»
«Ma certo! Devi sempre essere sincera con me, deve essere piacevole per entrambi, se questo servirà a farti rilassare e sentirti meno a disagio, perché no?», spiega sorridendomi allegro e rassicurante per poi voltarsi e lasciarmi spogliare tranquillamente.
Le sue parole mi colpiscono per la seconda volta, ma senz'altro mi fanno sentire... rispettata.
Sguscio sotto le coperte e sono finalmente calma e con meno ansia rispetto a prima.
«Puoi girarti», la mia voce esce come un sussurro impercettibile.
Si volta e si sfila la maglia rimanendo a petto nudo.
Resto incantata dal suo fisico scultoreo e ben definito con i fasci di muscoli che si ritraggono ad ogni suo movimento.
Mi raggiunge sotto le coperte facendo attenzione a non scoprirmi e sento scontrare la sua erezione contro la mia intimità e, involontariamente gemo sfregando il bacino contro il suo.
Questo gesto lo manda in panne, si irrigidisce e prende a spingere e a sfregarsi ulteriormente contro di me.
Dopo un po' decide di dedicare la sua attenzione a stuzzicare la mia intimità nuda, fa scivolare le dita verso il basso e sposta le pieghe umide e talmente intrise dei miei umori da risultare scivolose.
Tremo a quel contatto piacevole e che dona sollievo.
«Sei così bagnata...» constata iniziando ad eseguire movimenti circolari in quella zona, aumentando leggermente la velocità.
I miei muscoli si contraggono ed inizio a gemere rumorosamente mentre mi massaggia un seno e divora l'altro con la bocca.
Il calore lì sotto aumenta, percepisco la mia eccitazione pulsare sotto le sue dita e pungere piacevolmente man mano che quel piacere incontenibile aumenta.
«Anthony...ti prego», quasi urlo andando ed annaspando con le braccia e le gambe tremolanti.
Il rosso rincara la dose infilando un dito nella mia fessura e stimolando anche l'interno.
«Brava piccola, vieni per me» queste parole mi destabilizzano e mi eccitano in maniera spropositata, tant'è che quando sento di star per arrivare al picco di quel piacere, gli artigli fuoriescono graffiando la sua schiena involontariamente, il mio corpo si ricopre di vene pulsanti e nere e gli occhi si colorano di rosso scarlatto, rosso come quella passione travolgente.
Sento le pareti della mia vagina contrarsi attorno al suo dito e quella fastidiosa foga acquietarsi in un esplosione di appagamento e benessere.
Il mio corpo si contorce e dopo un po' si rilassa tornando normale come prima, senza artigli né zanne.
Aggiunge un secondo dito al mio interno ed io avverto una lieve fitta di dolore che svanisce dopo pochi secondi.
Si muove dentro e fuori facendo pressione sulla parete superiore, i polpastrelli sfregano quella zona erogena mandandomi completamente in estasy.
Allargo le gambe il più possibile e ogni tensione si distende.
Entra maggiormente in profondità e la velocità accresce, la stanza è riempita dai miei lamenti e sussulti e, quella voluttà acuta mi soverchia talmente tanto che faccio difficoltà a respirare e mi scendono alcune lacrime di godimento.
«Si...così», ringhia serrando con presa ferrea il suo palmo destro sul mio interno coscia forzandomi a tenermi ben spalancata.
La mia vulva si riempie di liquido e arrivo al punto di non riuscire a contenerlo fuoriuscendo e guizzando sul materasso e nelle sue bocca che lecca e succhia lussuriosamente il mio pube.
«Sei stata fantastica...pestifera. Mi hai fatto perdere la testa», mugugna spiazzato e stordito.
Con un braccio mi tira per un fianco e lascia che mi avvinghi sul suo petto. Mi coccola, mi bacia e mi fa i grattini.
«Grazie...» bofonchio lasciandomi cullare dal suo corpo e le sue braccia tra le quali mi sento al sicuro, dal suono che emana il suo cuore che martella nel petto.
Un battito, due battiti, tre battiti, quattro battiti...
Mi concentro su ogni pulsazione che mi fa sentire a casa e mi acquieta come una ninna nanna.
Come il suono della voce della mia mamma.
Mi addormento con la consapevolezza che niente può farmi male se sto con lui, che posso stare tranquilla e dormire serenamente, senza quegli occhi iniettati di sangue ad osservarmi nella penombra della mia stanza, senza aver paura di chiudere gli occhi e avere un sonno tormentato colmo di incubi.
Questo sarà un sonno profondo e pacifico nel quale non troverò il volto terrificante di mio padre e il suo viscido essere.
Un sonno senza sogni, che passa in fretta, che lascia solo un effetto rinsavente.
Spero di trovarti ancora al mio fianco una volta sveglia,
Anthony Volkov.
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