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«I-io ti devo ringraziare!» Si chinò più volte il ragazzino, buttando i vari ciuffi davanti gli occhi. Sembrava esultasse, totalmente differente dalla persona nervosa e spaventata di pochi minuti prima.
«Sei stata grande, atterrato, woah! Quelle facce da culo se lo meritano!»
Saltellò sul posto, guardando Himari con un senso di ammirazione.

I vestiti larghi e il taglio corto, in un caschetto castano scuro e scompigliato, alludevano a un gracile ragazzino quando in realtà, la piccoletta si presentò come Tanaka Kyo e strinse la mano a tutte e tre le ragazze, tentando un'insolita conversazione nei bagni pubblici.

«...Sono miei compagni di classe. Mi bullizzano, mi rubano i soldi, il pranzo, mi minacciano, nascondono le cose...» Elencò aiutandosi con le dita per poi scuotere la testa e ignorare il resto della lista.
Gli occhi color miele a tratti si nascondevano dietro la folta e irregolare frangetta; sebbene fosse frenetica non riusciva a mantenere un contatto visivo troppo a lungo.

D'altra parte Himari non aveva accennato nulla; consumava la pelle sotto il getto d'acqua fredda, vedendo il sangue incrostato svanire a poco a poco.

Yuzuha semplicemente ascoltava, con la spalla appoggiata alla parete in piastrella.

«Quanti anni hai, Kyo?» Chiese incuriosita Hidemi, accarezzandole le spalle con un accenno affettuoso.

«Quattordici fatti a marzo! Voi?»

«Quindici... Sei alle medie dunque», constatò la ragazza bionda con un mezzo sorriso, aggiungendo: «i bulli sono veramente uno strazio ma ora non ti daranno più fastidio. Se hai bisogno puoi sempre chiamare mhm... Jackie Chan?» Ammicò richiamando l'attenzione dell'amica e questa si girò non capendo.
«Influenza di papà, comincio ad amare i film sulle arti marziali!»

«Oh- che ore sono? Non ho avvisato mio padre, dannazione...» Scattò Kyo, cercando il cellulare tra le infinite tasche dei pantaloni.

«Le 20:00 e sinceramente mi è venuta proprio fame» rispose Yuzuha, massaggiandosi il collo, «se abiti nei dintorni possiamo cenare insieme e riportarti noi a casa, mi sentirei più sicura per te».

«D...Davvero?»

Il cellulare della più piccola squillò e dopo pochi minuti lei riagganciò e sorrise a trentadue denti, esclamando: «a mio padre va bene! Abito a due quartieri da qui, sarà una ventina di minuti a piedi» ma Hidemi scorse lucidi i suoi occhioni.

«Va bene... Cosa vi va di mang-»

«Oh, allora, ci sono tantissimi ristoranti e café in zona, hanno inaugurato una bellissima pizzeria all'angolo e...»

«C'è anche un ristorante che fa il ramen migliore di Tokyo, te lo garantisco io!»

Kyo batté un pugno sul petto, coinvolgendo totalmente la ragazza bionda. Yuzuha parve inorridita, correva il rischio di avere due Hidemi nella comitiva che non avrebbe saputo gestire, specialmente con l'altra totalmente distaccata e persa al solito nei suoi pensieri.
Contro ogni aspettativa, la serata proseguì bene, dei fumanti ramen attirarono i nasi delle due esuberanti, lasciando spazio alle altre ragazze per un ennesimo confronto. Il ristorante pieno, il solito brusio, il tepore del piatto... I sensi di Himari si aquietarono, i suoi nervi si rilassarono. Sentì gli occhi pesanti di Yuzuha percorrerle ogni connotato del viso, invogliandola a ricambiare e mantenere quel gioco di sguardi infinito.

«Hai un brutto vizio» spezzò il silenzio la ragazza dai capelli color rame.

«Mhm..?»

«Ti penti subito delle tue azioni: quando finalmente agisci, ti ritiri subito e fingi che niente sia accaduto. Invece tanto è accaduto. Dovresti prender coscienza di questo e andarne anche piuttosto fiera. Non farmi continuare, non sono in vena di filosofia in questo momento...» Addentò un naruto dal proprio piatto.

«No, non posso andarne fiera. Ho picchiato delle persone, perché mai dovrei...» Il tono dell'altra si alterò appena.

«Lo meritavano, lo sai anche tu in qualche parte nascosta del tuo cervello» Yuzuha indicò una sua tempia, «certa gente merita una lezione, non possiamo lasciar correre le ingiustizie altrimenti i più deboli ci rimetteranno sempre. So che sei d'accordo, altrimenti non ti saresti mai fatta avanti».

«Non... Non volevo arrivare a tanto. È difficile da spiegare, avevo ansia, rabbia, adrenalina... Sì, odio i bulli, odio le persone che se la prendono con le più piccole, ma ho paura di fare il loro gioco e di non esserne neanche capace. Non voglio più scappare da queste situazioni ma non voglio neanche diventare così.» Disse Himari tutto d'un fiato, rompendo il contatto visivo.

«Diventare come? Una ragazza forte che non ha paura di proteggere chi vuole bene? Lo hai visto più volte, il mondo qui pretende questi requisiti. Se sei sempre stanca di scappare, fermati e agisci come hai fatto prima. Cazzo, se hai fatto bene invece».

Scacco matto. Himari non ribatté e le altre due finirono i propri piatti, entusiaste e ignare della conversazione.

Incredibile come le parole di Yuzuha arrivassero taglienti ma dirette. Quante volte Himari temette per Hidemi e quante volte scapparono via, sperando nei miracoli. Fuggire da tutto, dai mostri, dai problemi, da loro stesse. In quel periodo non si erano parlate più tanto a cuore aperto; mentre Hidemi indossava un sorriso spento, Himari moriva dentro e trascinava inerme il suo corpo, vittima degli eventi. Una parte di sé urlava di reagire, le tirava pugnalate al fegato rimbombandole la mente dei ricordi orrendi, della gang, del freddo della notte, delle minacce dei delinquenti. La parte predominante le imponeva di pentirsi, di piangersi addosso, di darsi dell'incosciente e ignorare ogni passo in avanti per scavare una fossa alle spalle.

Chi voleva essere Hidemi era ben più lontano da chi si sentiva attualmente di essere, ancor prima avrebbe dovuto accettare veramente i suoi istinti e desideri e... La realtà dei fatti.

«Hai ragione».

I suoi occhi gelidi come il ghiaccio fissarono Yuzuha in modo diverso.

«Sono debole. Sono una vigliacca. Non posso proteggere le persone. Mi sto facendo veramente schifo e non voglio sentire più queste emozioni. Non lo voglio più. Voglio essere una cazzo di persona temibile, sicura, che affronta a testa alta stronzi di quel calibro. Che affronta a testa alta chiunque.»

Hidemi e Kyo fissarono la scena colpite mentre Yuzuha sospirò soddisfatta.

«È un inizio, mi piace».








«Vi ringrazio per la serata, buonanotte! Grazie grazie ancora!» Kyo si inchinò più volte, aprendo la porta di casa in fretta e trovando suo padre all'uscio guardandola severamente.

«Sei in ritardo, dobbiamo rivedere la disciplina, signorina! E cosa hai sulla faccia? Hai giocato con la terra?»

L'uomo così composto e apprensivo, suscitò timore nelle ragazze. Non pareva affatto il padre, togliendo la somiglianza nel viso. In lontananza si sentivano altri bambini gridare in casa e Kyo salutò un'ultima volta, sfuriata, prima di correre in camera e ignorare le mille domande del padre.

«Che tipo strano... Beh, buonanotte ragazze. Ci vediamo a lezione» Yuzuha si allontanò dalle due, prendendo strade separate all'incrocio.




L'esatto giorno seguente fu probabilmente il più strano dell'anno: Hidemi non aveva fame, era in biblioteca a studiare per le verifiche. Al suo solito, Himari la spronava ogni venti minuti ma un'altra piccola presenza rendeva il tutto più difficile, lamentandosi e sospirando a gran voce, attirando l'attenzione di tutti.

«Siamo in biblioteca, non puoi urlare come un animale».

«Non ci capisco nienteee! Himari, ti prego, aiutami. Sono disperata, non voglio rifare l'anno, puaahh...» Kyo piagnucolò, aggrappandosi al maglione della ragazza più grande, ignorando ancora le lamentele esterne.
«Dammi ripetizioni tu, per favoreee...»

Avrebbe preferito un altro scontro diretto con i bulli anziché quello scenario pietoso.
All'uscita di scuola, Kyo era apparsa davanti le due ragazze proponendo un'uscita assieme, con fare raggiante. Saltellava per tutta la via, attaccandosi molto a Himari e ponendole una serie di domande casuali come hobby e preferenze, senza considerare il più delle risposte.
E ora sedeva in biblioteca da mezz'ora e da letteralmente venti minuti piagnucolava, lamentandosi dello studio impossibile.

«Ti aiuto io ma non devi urlare, ho detto!» Alzò di poco il tono, era sull'orlo di perdere la pazienza e immaginare un montante sulla sua faccia.

«Sei la migliore, tu! Ti adoro!» Gli abbracci di Kyo erano davvero soffocanti.

In tutto ciò Hidemi parve davvero concentrata ma il suo stomaco brontolava incessantemente. Di nascosto, prendeva biscotti dalla confezione sulle sue gambe e ben nascosta dal maglione in lana. Himari non voleva credere a nulla di quanto stesse accadendo lì, troppo surreale.

Le arrivò un messaggio da Yuzuha, si sarebbero viste anche quel giorno ma un dettaglio la lasciò un po' incerta:
"vi presento un mio fratello".



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