XV.
Okay, questo capitolo mi fa schifo, quindi abbiate pazienza se troverete degli errori durante la lettura, ma non ho avuto il coraggio di rileggerlo.
Scusate il ritardo!
Un bacio,
Charly
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Vorrei gridare, è ciò che pensa Louis, disteso su di un letto fin troppo grande e caldo per restarci da solo, quel letto che fino a pochi minuti fa ospitava anche il corpo magro del suo splendido Harry, ma che ha dovuto abbandonare a causa del lavoro; vorrei gridare al mondo di lasciarmi stare, di lasciarmi in pace, di poter dormire la notte senza bagnare il cucino di infinite lacrime, senza gli occhi arrossati e senza che la testa mi scoppi.
Il suo ragazzo esce dal bagno che poco prima aveva occupato, e, già vestito con la maglietta rossa e i calzoncini da bagnino, si avvicina, lo bacia su un guancia per salutarlo e poi si gira, lasciando la stanza e, poco dopo, anche la casa, in compagnia di Edward che lo aspettava in macchina. Non ha per niente sospettato che fosse sveglio, non sospetta che ogni notte resta alzato, ad osservarlo, a pensare. Non sospetta del suo cuore a pezzi, della maschera d'indifferenza che pian piano si sta costruendo, non sospetta del suo amico che sta spezzando il loro rapporto, quella fusione di cuori che solo un amore magico avrebbe potuto saldare, fondere insieme. Non sospetta niente.
Da seduto, si butta sul letto di schiena, sbuffando.
Vorrei gridare. Ma non posso, non posso far vedere loro la mia disperazione. Non posso lasciarli affacciare alle ferite che mi hanno causato, che mi stanno causando e che mi causeranno in futuro. Non voglio che loro vedano, che sappiano la verità. Non voglio che Harry sappia, perché lo ferirei, lo deluderei, mi volterebbe le spalle. Non riuscirei a sopportare la loro compassione, la sua espressione, la pena e le bonarie prese in giro, griderei ancora.
Si mise seduto sul grande letto che ancora non aveva perso il suo calore, causato dai loro corpi che solo due minuti prima erano stretti e uniti in un abbraccio, come due pezzi di corda che per trattenere il peso si tiravano e si tendevano senza mai spezzarsi, senza mai mollare. O almeno, non lo avrebbero mai fatto se quell'ancora non avrebbe trovato uno scoglio, in fondo al mare, e stesse tirando, scucendoli dai loro stessi fili, dividendoli.
Vorrei gridare, ma ciò che uscirebbe dalla mia bocca sarebbe solo un sussurro che nessuno sarebbe disposto a sentire. Vorrei gridare, ma il mio sarebbe solo un urlo muto.
Si passò una mano tra i capelli e li tirò, non facendosi abbastanza male da dimenticare il dolore che provava dentro.
Vorrei gridare, piangere, tremare, sbattere le mani a terra come un bambino, scalciare e correre. Via, da ogni cosa. Ma loro non devono sapere; le mie labbra resteranno chiuse, in modo tale che queste possano tendersi solo in un sorriso: falso, triste, brutto, screpolato, invisibile, sospettabile, colorato di nero, scuro, ma pur sempre un sorriso.
Si alzò, nonostante si sentisse debole e l'occhio gli bruciasse come non mai, e andò ad aprire le persiane della finestra lì accanto. L'aria mattutina gli colpì il viso, e un brivido gli percorse la schiena. Richiuse velocemente la finestra, lasciando però che i raggi del sole splendessero e illuminassero la stanza. Guardò poi le lenzuola sfatte del letto, e un sorriso stanco gli si dipinse sul volto; lì, erano solo Harry e Louis, potevano amarsi senza che qualcuno gli ostacolasse, o distruggesse quell'amore magico che con fatica e con tante ferite erano riusciti a instaurare.
Almeno tu, giurami che ci sarai durante la tempesta, giurami che non mi abbandonerai quando saprai la verità, giurami che mi terrai per mano se cadrò, giurami che non mi dimenticherai se me ne andrò, e sappi, che se un giorno questo accadrà, non sarà per colpa mia, perché mai il mio cuore si stancherebbe di amarti.
Si rimise steso sul letto, con solo il suono delle lenzuola che si spostavano e del suo respiro come sottofondo ai suoi pensieri. Le gambe al petto in posizione di difesa, il cuscino di Harry steso sotto il suo capo e gli occhi chiusi, serrati.
Non è colpa mia, non lo è stata. È colpa sua, di quello che ci sta facendo. È colpa di quegli occhi scuri e rigidi con cui mi hanno guardato, è colpa delle sue mani forti e della presa che aveva su di me, è colpa sua se ci sta dividendo, se ci sta distruggendo, se mi sta allontanando.
Non si accorge delle lacrime fredde che, lente, scivolano giù lungo il cuscino. Non se ne accorge fino a quando la guancia non diventa bagnata e fredda. Porta una mano ad asciugarle: non gli importa. Ha pianto così tante volte in quei giorni che ormai nemmeno se ne rende conto.
Vorrei restare, vorrei gridare, ma non posso. Vorrei correre da te e baciarti, prenderti a schiaffi per farti aprire gli occhi, vorrei stringerti e non lasciarti andare mai più. Vorrei vivere con te, lontano, in posti indefiniti e sconosciuti. Non importa dove, basta che tu sia al mio fianco. Vorrei gridartelo, ma non mi ascolteresti.
Sente la porta del salone aprirsi lentamente e subito dopo i tacchi che solitamente Anne indossa risuonare per tutta la casa. Non se ne cura, sa che non salirebbe mai a vedere se è sveglio, non lo fa mai. Crede che Louis dorma fino a tardi, e che verso l'ora di pranzo si svegli, affamato e ancora assonnato. Neanche lei non se ne accorge.
Subito dopo sente anche il telefono di casa suonare, e altri passi che ticchettano sul pavimento in fretta.
Sente un «Edward?» che gli fa rizzare i peli sulle braccia, perché la voce di Anne era preoccupata e smarrita, e l'unica cosa che pensa, Louis, è con lui c'è anche Harry. Attende, rigido come un palo, a stringere il cuscino che sa di Harry e il cuore che gli scoppia nel petto.
«Calmati! Passami Harry!» la voce arrabbiata di Anne, questa volta, non ha più effetto su Louis, perché se lei vuole parlare col riccio, significa che non è successo niente a lui. «Rapina? Cosa?», urla «Alla piscina? Le telecamere hanno ripreso tutto?»
Louis alzò un attimo un sopracciglio, e si alza a sedere. La piscina aveva delle telecamere? Quando sono state installate? Cosa hanno ripreso? Hanno ripreso, quel giorno?
Chiude gli occhi, appoggiando alla spalliera del letto lasciandosi andare e sospirando, esausto.
Vorrei gridare, Harry.
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