VIII.
Hey. So che non era per oggi l'aggiornamento, ma ho voluto farlo per il semplice fatto che, a causa della mia scelta di interrompere la storia, alcuni lettori se ne sono andati, e con questi anche le stelline che si premuravano di mettere. Quindi, per ora, cercherò di aggiornare rapidamente per acquistare lettori. E, se volete darmi una mano, spargete la voce!
Ringrazio ancora chi è rimasto.
Stellinate e commentate se vi aspettavate un capitolo così!
Charly
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Louis aprì gli occhi e si stiracchiò, decidendo di rimanere a letto ancora un po', per potersi svegliare completamente. Le ossa scricchiolarono leggermente, ma non gli importò: una cosa che ricordava del mondo dei vivi, era che le ossa facevano fatica a rompersi se la pelle e i muscoli la ricoprivano. E, davvero, era emozionante. Avere una vita senza il pericolo costante di far cadere un braccio o, peggio ancora, di perdere l'altro occhio, era spettacolare. Tante volte Louis si era perso ad osservarsi davanti allo specchio, si massaggiava le guance che diventavano rosee; aveva osservato il suo sorriso, che, al contrario di Harry, non aveva quelle splendide fossette ma delle rughette che si formavano ai lati degli occhi - Harry gli aveva detto che le aveva adorate fin da subito; aveva anche osservato il suo corpo, il quale prima era aperto e le ossa sporgenti si intravedevano dalla pelle tumefatta e nera. Ora, il corpo limpido, piatto e così caldo lo facevano sentire bene. E restava ore, durante la notte, a sentire il battito del suo cuore. Dei suoni ritmati, lenti, piccoli e quasi inudibili che l'avevano fatto sorridere tante volte. Chiudeva gli occhi e, portando una mano sul petto, lo sentiva sotto i polpastrelli. Tum, tum, tum.
Si era subito accorto della mancanza di una figura al suo fianco, ma per ora non voleva sapere il perché, né domandarsi domande a cui non avrebbe saputo come rispondere. Il sole splendeva più luminoso che mai quel giorno e si prosperava una giornata tranquilla.
L'avvenuto del giorno precedente, in cui Harry era impazzito e, una volta licenziato, si era accanito contro Zayn che, però, se l'era decisamente cercata, l'aveva fatto preoccupare. Harry non aveva voluto parlare con lui dopo essere tornati a casa; aveva sviato dritto in camera senza salutare sua madre. Anne l'aveva guardato con uno sguardo che Louis non seppe decifrare ne intendere; come se avesse capito cosa fosse successo. Louis sapeva fosse impossibile, per questo aveva sospirato e le aveva dato la buonanotte per poi anche lui andare in camera. La porta era chiusa davanti a lui, ma, abbassando il pomello aveva tirato un sospiro di sollievo a non averla trovata chiusa a chiave. Il copro longilineo di Harry era coperto dalla coperta quasi fin sopra la testa. La posizione che aveva assunto era fatale, quasi avesse paura di qualcosa. Si era steso accanto a lui con la certezza che quella notte nessuno l'avrebbe stretto a sé.
Si mise una maglietta di Harry rubata sulla sedia accanto alla finestra e un paio di pantaloni della tuta. Affamato e ancora in dormiveglia si diresse in cucina. «Buongiorno.» esclamò quando vide Anne cucinare delle uova e della pancetta.
La donna ricambiò il saluto con un sorriso e prese un piatto dalla credenza per poi posizionarlo nel posto dove solitamente Louis si sedeva per mangiare. «Harry non era a casa quando mi sono svegliata, tu ne sai qualcosa?»
Louis posò tristemente lo sguardo sul piatto pieno della colazione ma gli si chiuse subito lo stomaco. Sospirò e si passò una mano tra i capelli, in un gesto di nervosismo. Non sapeva cosa fosse preso ad Harry, ma molto probabilmente era arrabbiato per la questione successa ieri con Zayn. La soluzione più logica, ovvero quella che secondo Louis era quella più sensata, era quella che il riccio voleva un po' di stacco per pensare e rilassarsi. Quello deluse Louis più del normale. Non voleva il suo aiuto?
«Stai bene, tesoro?»
No. «Si.» Annuì con riluttanza, e mangiò distrattamente la colazione mentre pensava dove fosse Harry.
«Ah! Me ne ero quasi dimenticata; tra poco dovrebbe arrivare mio marito Edward, vorrebbe conoscerti. Harry gli ha parlato molto di te, probabilmente molto di più di quello che so già io.» la donna ridacchiò e si rimise ai fornelli.
Harry aveva parlato al suo patrigno di lui?
Corrugò le sopracciglia con la sorpresa stampata in volto. E cosa mai avrebbe dovuto dirgli? Che era un mezzo morto che vagava in un cimitero e che adesso, innamorato di suo figlio, era diventato umano grazie alla magia di una strega?
Harry non avrebbe mai detto a nessuno di lui, nemmeno a sua madre l'aveva fatto!
Ma, scherzi a parte, cosa aveva detto Harry al patrigno? Perché non gli aveva detto niente a proposito?
Aveva appena finito di mangiare l'ultimo pezzo di pancetta quando sentì la porta aprirsi e chiudersi successivamente. Camminò fino alla porta col sorriso dipinto sul suo volto sperando fosse Harry pronto a scusarsi per non averlo avvertito della sua assenza, ma quando vide un uomo sulla cinquantina, magro e muscoloso, deluse le sue aspettative. Indossava una camicia a quadretti bianca e azzurra infilata nei pantaloni scuri e degli occhiali che penzolavano dal colletto della camicia. Il volto era piccolo e magro, i capelli e gli occhi scuri, un leggero accenno di barba copriva la mascella.
«Louis.» lo sguardo dell'uomo sembrò apparentemente freddo e deluso quando lo guardò. Non sembrò affatto curioso di conoscerlo come Anne gli aveva detto poco prima.
«Salve signore. Piacere di conoscerla.» Come Harry gli aveva insegnato tese la mano verso l'altro aspettando che la stringesse, ma l'uomo la guardò con disgusto, quasi fosse ammalato di una qualche strana malattia e non avesse voluto toccarlo.
«Edward!» Anne gli saltò al collo con entusiasmo e se lo strinse a sé.
Louis ritrasse la mano e se la portò dietro la schiena, in imbarazzo.
«Io andrei nuovamente a dormire. Non mi sento molto bene.» Louis parlò con voce sottile, non volendo interrompere il momento intimo tra la madre di Harry e l'uomo che, decisamente, non gli era simpatico.
Anne annuì dispiaciuta e gli disse che non sarebbe stata a casa una volta che si sarebbe svegliato. Edward lo guardò soltanto.
Mentre era intendo a mettersi dei calzini per non restare a piedi scalzi, suonò il campanello. Louis sospirò e aspettò qualche minuto seduto sul letto. Si era appena svegliato, e aveva visto che l'ora sull'orologio segnava le tre e quarantacinque. Era abbastanza tardi per pranzare, ma fortunatamente non aveva fame. La testa gli doleva, ma non era sicuro su quale fosse il medicinale da prendere in quella situazione.
Si alzò con riluttanza dal letto ancora caldo ancora in dormiveglia, dondolando qua e là fino ad arrivare in soggiorno. Quando aprì la porta volle solamente sbatterla nuovamente in faccia e andarsene a letto. «Harry non è in casa.» la sua voce non ammetteva repliche: o se ne andavano o li avrebbe presi a calci nel culo.
Zayn fece un sorrisetto malizioso. «Lo so, dolcezza. Liam voleva solamente salutarti e presentarsi, così ne ho approfittato.»
«Piacere Louis.» dietro Zayn si trovava un ragazzo alto e muscoloso. La maglietta e i jeans erano scuri e portava una camicia a quadretti stretta in vita. Lo salutò con una mano e gli sorrise. Almeno lui sembrava educato e simpatico.
«Bene, ora potete andarvene.» sapeva di sembrare freddo e insensibile, ma se Harry fosse tornato e li avesse visti davanti alla porta, non sapeva come avrebbe potuto reagire. Di certo non voleva che quella giornata finisse come quella della sera prima.
Zayn però continuò a sorridere, notando l'arroganza di quel ragazzo, cosa che lo faceva soltanto stare al suo gioco. «Non si trattano così gli ospiti, Loulou, non te lo hanno insegnato?»
Louis avrebbe tranquillamente potuto rispondere che, no, non ricordava cosa sua madre gli avesse insegnato nell'altra vita, e certamente Werther non era suo padre da potergli tirare le orecchie se non si comportava bene. Ma non disse assolutamente niente, continuò solo a guardarlo in modo freddo. La sua espressione rimase tranquilla e rintanò la paura e la rabbia in un angolino. Non voleva di certo farsi vedere debole da quell'essere presuntuoso.
Liam sorrise prima di parlare. «Scusa il disturbo, Louis. Ma volevamo anche parlare con Har-»
«Harry non è a casa.» Louis non lo lasciò finire, e gli parve che una strana luce di rabbia passasse nelle iridi di Liam.
Oh oh.
«Non farci arrabbiare, dolcezza. Potremmo farti male.» Zayn continuò a guardarlo con uno strano sguardo; sembrava volesse che il comportamento e l'orgoglio di Louis lo portasse proprio a quel punto, cosicché successivamente avrebbero dovuto fargli del male.
La paura di Louis non trasparì nemmeno quella volta, anche se, più temeraria, gli stringeva lo stomaco in una morsa soffocante. Sapeva che non doveva comportarsi in quel modo, ma onestamente non sapeva cosa fare. Sembrava che quella giornata stesse cadendo drasticamente in un buco nero, e ovviamente il mal di testa che gli faceva ancora male non migliorava la situazione e il suo comportamento.
«Non so quando potrebbe tornare, so soltanto che ora non c'è e non so dove sia. Potete cercarlo da Wornie.» con questo cercò di chiudere la porta, lasciando al loro esterno la faccia sorpresa di Liam e quella arrabbiata di Zayn.
Ma, purtroppo, non fu abbastanza veloce e il braccio di Zayn fece leva sulla porta per poterla aprire completamente, entrando in casa e continuando a sorridere.
Liam, dietro di lui, fece per prenderlo dalle braccia e tenerlo fermo e si ritrovò bloccato e spaventato contro l'addome piatto del ragazzo castano. Zayn si avvicinò lentamente e gli prese il volto tra le mani, costringendo il suo sguardo a rimanere incatenato al suo. La scintilla di malizia non passò inosservata agli occhi aguzzini di Louis.
«Non dimenarti, ragazzo scheletro. Non c'è bisogno di agitarsi.» una grossa risata uscì soffocata dalla gola di Zayn, prendendolo in giro e lasciandogli il mento che teneva con due dita.
A Louis gli si bloccò il respiro, sentì le gambe diventare molli e il cuore cominciare a battere prepotentemente nel petto. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma da questa non uscì nulla. Sentiva di avere un'incredibile senso di nausea. Il capogiro che gli venne lo avrebbe fatto sicuramente finire a terra, ma fortunatamente - o sfortunatamente - Liam lo stava ancora tenendo per le braccia.
Il sorriso di Zayn era ancora presente sul suo viso, sapeva di avere la situazione in pugno, sapeva di non poter fallire adesso che sapeva la verità. Avrebbe avuto tutto ciò che aveva desiderato avere da sempre. Ciò che gli era stato rubato prima ancora che lui potesse far qualcosa per prenderselo.
«Dolcezza, non fare quella faccia. Non lo diremo a nessuno... O almeno, non ancora.» ghignò. «Avrei voluto aspettare ancora un po', ma mi è sembrata la situazione adatta visto che Harry non è in casa. Non è vero, Loulou? Mi dispiace tu non sappia dove si possa trovare.» Dal volto sorridente, non sembrava affatto dispiacergli e Louis volle picchiarlo, ma, incatenato e debole com'era, non ce l'avrebbe di sicuro fatta a tener testa.
«C-che...?» Louis cercò di balbettare qualcosa che, però, gli rimase in gola.
«Risparmia il fiato, ragazzo scheletro. Non diremo perché siamo qui e, tantomeno, non ora che il divertimento è iniziato.»
Sentì il petto di Liam tremare appena, segno che stesse ridendo in accordo con l'altro.
Le braccia di Louis avevano incominciato a fare male per lo sforzo di essere tirate all'indietro, ma non mugugnò di dolore, né provò nuovamente a liberarsi.
«Ma, per il momento,» il moro riprese parole e guardò Liam che annuì, come se si fossero dati un segnale segreto. «Resterai qui, e non dirai a nessuno della nostra presenza. O ci saranno delle conseguenze. Com'è che si chiama, Liam?» il ragazzo chiamato incominciò a ridacchiare nuovamente, e il pensiero che si era fatto Louis non appena l'aveva visto, cambiò radicalmente. «Niall, giusto?» continuò a parlare, Zayn.
Venne liberato subito dopo e le gambe cedettero. Sgranò gli occhi, e il respiro gli si bloccò in gola.
«C-cosa...»
«Un uccellino arrivato in città, in debito con me.» gli fece l'occhiolino e fece per andarsene chiudendo dietro di lui la porta, ma si fermò poco prima per guardarlo. «Un ultima cosa; da ora in poi, tu ed Harry siete in mano nostra, una mossa sbagliata e saranno guai.»
Poi chiuse la porta dietro di sé e il rumore che fece quando questa si chiuse fu meno forte del suono che fece il suo cuore mentre si rompeva.
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