Capitolo 8
Non poteva dare la colpa a Delilah per aver pensato che Kraven fosse un suo vecchio amico del liceo e non il suo bullo. No, non poteva odiarla per quello, però per quel giorno la sua matrigna avrebbe ricevuto solo occhiatacce da lui.
Mise i piatti ai loro posto, “È pronto!”, tutti si misero seduti. Avevano dovuto spostarsi nel salone perché il tavolo della cucina non riusciva a far entrare altre due persone e adesso tutti stavano mangiando in silenzio.
Suo padre era a capo tavola proprio davanti a lui che aveva alla sua sinistra Delilah e le bambine e alla sua destra Kraven e la sua fidanzata, Alex.
Non aveva niente contro di lei, ma ugualmente non li voleva lì, non insieme alla sua famiglia e non come se tutti quegli anni non fossero mai successi.
Era stata colpa sua. Avrebbe dovuto cacciarli con più insistenza e velocità, invece si ritrovava con il suo incubo passato a tavola a mangiare maccheroni al formaggio. E a lui neanche piacevano così tanto i maccheroni al formaggio.
Prima del pranzo fosse pronto, Oskar era dovuto rimanere con Kraven ed Alex per fargli compagnia come un bravo padrone di casa, tuttavia nessuno dei tre aveva parlato tra di loro-anche se Kraven aveva provato un paio di volte a iniziare una discussione con lui. Le gemelle avevano fatto amicizia con Alex. L’avevano riempita di domande su qualunque argomento e avevano snobbato Kraven dandogli la schiena. Ancora non lo avevano perdonato per aver fatto piangere Oskar in cucina, e Oskar non si era perdonato per aver lasciato che le lacrime fossero uscite. La bacchetta magica era tornata a Merida ed Oskar era rimasto in silenzio a fissare il vuoto con gli occhi dritti sul prato verde.
Quella giornata era da dimenticare, da prendere e lanciarla nel più profondo degli abissi, da incatenarla in una scatola dentro una botola in una cantina in una casa abbandonata e mandare a fuoco tutto, girarsi e non tornare più in quel posto anche lui in fiamme.
Okay, forse stava esagerando con i pensieri alla Leo e- doveva smetterla di pensarci.
“Allora, Kraven ed Alex… studiate o lavorate?”
Il moro lasciò la forchetta che cadde a terra “Scusate,-”, suo padre lo stava fissando in quel momento e Oskar aveva una voglia matta di girarsi verso Kraven e lanciargli il suo piatto insieme a tutto il tavolo per poi scappare via urlando una qualche frase d’effetto, per esempio “Because I’m Batman”. Non lo fece, anzi si alzò compostamente, scusandosi di nuovo, e andò in cucina a prenderne una nuova. Non sentì mai la risposta di Alex o di Kraven e quando tornò in salone si erano spostati su argomenti sulla loro relazione romantica.
Il pranzo passò veloce per gli altri, tuttavia fu un tormento per il moro, il quale sarebbe voluto essere sul Sole e non lì, soprattutto quando Kraven nominò Igor.
L’attenzione di Oskar, prima concentrata sulla carne e i broccoli, fu catturata in un secondo da quel nome. Quando si accorse di essere lui adesso al centro dell’attenzione per colpa del suo movimento brusco fu troppo tardi, Kraven prese la palla al balzo iniziando una conversazione con lui.
“Come sta andando la vostra storia?”
Oskar si sistemò i capelli e mandò giù il boccone con difficoltà “Se vi siete incontrati Igor avrà sicuramente già risposto alla tua domanda.”
“Uhm, ha detto solo che ci sono stati dei problemi fra di voi.”
Il moro lasciò che una risata secca rispondesse per lui. Gli sembrava così idiota da Kraven parlare proprio sulla sua relazione con Igor quando lui era stato uno di quelli che l’aveva fatta finire. Non poteva venire a casa sua dopo tutto quello che gli aveva fatto passare, non poteva mettere quel sorriso gentile davanti ai suoi genitori e alle sue sorelle quando Oskar sapeva quale fosse la sua vera natura. Non riusciva a far smettere alla sua mente di replicare ogni singolo attimo delle ingiustizie di Kraven. Una dopo l’altra, anno dopo anno, pugno dopo pugno… erano tutte lì e Kraven ne era al centro. Nel suo ultimo anno aveva trovato un po’ di felicità oltre alla sua famiglia e all’ultimo il suo vecchio migliore amico aveva dovuto rovinare anche quella. Come si permetteva di farsi vedere?
“È tutto sistemato fra di voi?”
Oskar non ci vide più. Aveva cercato di rimanere calmo, di aspettare che se ne fossero andati, però Kraven voleva proprio farsi uccidere quel giorno. “Come se non sapessi che ci siamo lasciati, pezzo di merda!”
Non avrebbe voluto urlare davanti ai suoi genitori, e soprattutto davanti alle sue sorelle. Era sia un figlio sia un fratello pessimo e da come lo stavano guardando suo padre e Delilah non era solo una sua supposizione.
“Athena, Merida?”
“S-sì, mamma?”
“Andate nella vostra stanza.”
“Ma mamma!”
“Ho detto nella vostra stanza. Adesso!”
Il silenzio si propagò anche dopo che le gemelle furono andate al piano di sopra e avessero chiuso la porta.
“Cosa sta succedendo, Oskar?”
Il ragazzo non rispose. Stava chiudendo il mondo fuori coprendosi le orecchie con le mani più forte che poteva e contava tutti i numeri primi, almeno cercava di ricordarseli.
“Signor Antares, io e suo figlio avremmo una questione da discutere…” rispose sottintendendo di lasciarli soli.
“Scusami Kraven, ma credi che io lasci mio figlio in questo stato?”
“Sto bene, papà… posso farcela. Andate. Tutti.” i suoi occhi grigi fissarono, con forse troppo astio di quanto volesse, Alexis.
Non voleva trattarla male, lei non aveva fatto niente né a lui e né alla sua storia con Igor. Lei era arrivata dopo e ci sarebbe rimasta in quel dopo, Oskar non voleva altre persone di cui preoccuparsi nel suo passato.
“A-anch’io?”
“Alexis, non ho niente contro di te, tuttavia questa questione è fra me e il tuo ragazzo. Tu non c’entri un bel nulla in tutto questo.”
Kraven le sorrise, le accarezzò una guancia aggiungendo un “Tornerò sano e salvo a casa.”
“Di questo non ne sarei tanto sicuro” sussurrò Oskar mentre Alexis seguì i genitori in giardino, erano scese anche le gemelle per giocare un po’ fuori.
Il momento della verità di Kraven era arrivato. Il giorno del suo andare avanti nella vita, di lasciarsi alle spalle tutto quanto e camminare verso il suo futuro con la mano di Alex nella sua.
“Oskar, io sono qui-”
“-per essere perdonato da me. Lo so. Hai sprecato il tuo tempo, puoi prendere le tua giacca e uscire da quella porta.”
Kraven rimase immobile sulla sedia, gli occhi fissi sul viso del suo vecchio amico. Riusciva a vedere quanta forza ci stava mettendo Oskar per non crollare. Gli occhi grigi era concentrati sul muro davanti a sé, le labbra erano serrate. Quante volte quelle labbra erano state sporcate dal sangue dopo uno dei suoi pugni? Quante volte si era morso una guancia per non gemere dal dolore? O quante volte aveva chiuso gli occhi aspettando il livido successivo?
Kraven era schifato da sé stesso e da cosa l’uomo per gelosia, rabbia ed idiozia poteva fare. Lui era stato uno di quelli che chiamavano la sua Alexis “sbagliata”, di quei coglioni che voleva disintegrare.
“Se mi lasciassi spiegare, forse… lasciami spiegare e poi ce ne andiamo.”
Kraven interpretò il silenzio dell’altro ragazzo come una conferma, respirò a fondo e iniziò.
“Ero… uno stupido ragazzino che- ehm, ammirava Igor-”
“A te piaceva Igor” lo prese in contropiede Oskar interrompendolo e finalmente guardandolo negli occhi. “Credevi veramente che non me ne sarei reso conto? Ero il tuo migliore amico, Kraven. Abbiamo passato la nostra infanzia a giocare nel vicinato e me ne sono accorto di come lo guardavi, di come cercavi di parlargli, di attirare l’attenzione su di te.”
“N-non è come tu pensi.”
“Invece lo è. Forse adesso non ti piace più… Alex è una brava ragazza,- si soffermò sull’arco della cucina- sono felice per te, almeno uno di noi è felice.”
“Perché sei uscito con Igor se sapevi che mi piaceva? Perché ti sei lasciato picchiare? Perché non mi perdoni se sai i miei motivi?”
Il ragazzo dagli occhi grigi rise, anzi si sbellicò dalle risate. “Quante domande stupide che fai, Kraven.” cercò di bere dal suo bicchiere. Era vuoto e non gli andava di avvicinarsi all’altro ragazzo per prendere la brocca, lasciò la presa sul bicchiere.
“Ci sono uscito perché mi…-chiuse gli occhi- piaceva, già venivo picchiato da te, cosa potevi farmi di più… ah, vero!- incontrò lo sguardo di pece dell’altro- potevi farci lasciare e ci sei riuscito! Bravo!” iniziò a battere le mani in quel modo sfottente. “Bravissimo, sei riuscito nel tuo intento. -passò subito alla prossima domanda- Stupida domanda numero due: perché mi sono lasciato picchiare? Uhm, perché ero stupido? Perché ti perdonavo ogni volta ogni singolo livido? Perché se prendevi di mira me non avresti preso altri studenti?... ragioni molto nobili e sincere, se posso ammettere modestia a parte.”
Poi fermò tutte le sue azioni, rimase immobile, occhi negli occhi con Kraven. “Puoi essere diventata la miglior persona di questo mondo, puoi aver accettato qualunque cosa tu sia, puoi essere veramente pentito e comunque non avrai mai il mio perdono.”
“Ma Oskar! Io-”
“No. Non cambierò idea perché mi dirai una scusa di quanto la tua vita era un inferno fuori dalla scuola. La mia lo era nella scuola, per colpa tua e ho aspettato quattro anni per liberarmi di te. Adesso, vattene… non ce la faccio più a rimanere forte.”
Si mise le mani sul viso pronto a far uscire le lacrime che aveva tenuto. Era tornato a casa per stare tranquillo, rivedere la sua famiglia prima del campeggio e del secondo anno e, invece, aveva più pianto che bevuto.
Sentì Kraven spostare la sedia, rimanere bloccato per qualche momento dietro di lui e quando stava per uscire si lasciò scappare un “Kraven?”
“Sì?”
“Sii per Alexis quello che non sei stato per me”
“Come è andata?”
È meglio mentire, così non si preoccupa.
“Bene, siamo andati avanti tutti e due.”
“Oh, -gli sorrise- sono felice per entrambi. -gli diede un bacio e intrecciò le loro mani- Non sembrava pronto a perdonare.”
“Lo credevo anch’io, ma le persone sono sempre diverse da come te le aspetteresti.”
“Sono una bella famiglia, non pensi anche tu Kraven?”
Kraven studiò la casa da cui erano usciti, non ci sarebbe più tornato, avrebbe lasciato Oskar alla sua vita e lui avrebbe continuato con la sua. “Molto bella… lo sarà anche la nostra” le strinse la mano.
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Hey ciao!
Ecco a voi l'ottavo capitolo, spero che vi piaccia!
Un avviso: non so perché ho iniziato a chiamare Oskar "il corvino", quando è moro, quindi rivedrò tutti i capitoli e lo cambierò in "il moro".
Al prossimo capitolo,
BB
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