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Capitolo 14


"Cari spettatori del canale Spmax, abbiamo fatto chilometri interi dal nostro studio televisivo per arrivare in una piccola cittadina del Massachusetts per parlare con una nuova stella del pugilato, categoria pesi leggeri. Solo per voi in diretta Igor Volkov, il Lupo Siberiano!" la camera fece entrare nel campo anche Igor, il quale si ritrovava seduto sulla panchina con alle spalle il ring e sudato come lo era sempre dopo una lunga giornata di allenamenti.

Sorrise alla telecamera quanto riuscisse e ringraziò l'intervistatore di essere venuto, come Mr. Chuck gli aveva imposto di fare quando lo aveva rinchiuso nel suo ufficio una mezz'oretta prima.

"Allora Igor, posso chiamarti Igor vero?"

"Certamente, Mr. Volkov mi fa sentire troppo avanti con gli anni, se mi capisce"

"Uh, proprio dove volevo arrivare. Hai iniziato da su per giù un anno la tua carriera come pugile e hai solamente vent'anni, ma sei già diventato famoso nel mondo del pugilato, stai cominciando ad avere i tuoi fan club. Come ti fa sentire questa fama?"

Igor si grattò la nuca guardando con imbarazzo la telecamera. Non gli piaceva essere ripreso, lo faceva sentire impacciato e osservato. Ironico per uno che era stato circondato dalla folla, la quale lo aiutava anche a concentrarsi sullo sfidante.

"Non mi sento famoso. Non riesco proprio a realizzare di avere delle persone che mi ammirino e credano in me come pugile, che urlino il mio nome mentre combatto. Prima di entrare nella categoria dei pesi leggeri e iniziare questa avventura avevo solo Mr. Chuck, Skipper e gli amici della palestra a tifare per me... quindi è strano ed elettrizzante." omise che era un po' abituato a quella sensazione grazie agli anni del pugilato illegale.

L'intervistatore si avvicinò di più annuendo un paio di volte per mostrare interesse in quello che Igor stava dicendo. Non era sicuro che stesse trovando veramente interessanti le sue risposte, tuttavia sapere che doveva solo assicurarsi di non perdere nessuna domanda lo tranquillizzava. Botta e risposta.

"Beh, che tu ci creda o no molti appassionati di pugilato si sono incuriositi quando ti hanno visto la prima volta sul ring, qui cari spettatori un filmato del debutto ufficiale di Igor Volkov. Poi questa curiosità si è trasformata in delirio puro grazie alla tua capacità di vincere nei combattimenti in giro per l'America."

Il biondo si asciugò il sudore con l'asciugamano che gli circondava le spalle. Faceva caldo in quella palestra. "Per quei combattimenti ringrazio i miei allenatori per essere delle vere teste dure. Sono stati dei combattimenti fantastici, i miei sfidanti avevano proprio una buona tecnica e spirito. Molte volte credevo di star per arrendermi."

Sorrise alla telecamera e all'intervistatore, il quale nome gli sfuggiva in quel momento e non voleva fare una figuraccia in televisione.

"Già, proprio entusiasmanti, infatti molti telespettatori hanno mandato e-mail con una sola richiesta specifica, devo chiederti qual è il tuo segreto per vincere."

Il russo ci pensò realmente sulla risposta da dare a quella domanda. Non voleva dire qualcosa di già detto e ridetto, però non voleva sembrare neanche falso. Non aveva un segreto, e fu proprio quello che disse. Spiegò che si allenava tutti i giorni tranne la domenica, i suoi compagni di avventura credevano in lui e così cercava di non deluderli, quindi significava non arrendersi.

Sì, sembrava proprio una risposta fatta.

L'intervista andò così per un altro paio di minuti. Lui rispondeva nel modo migliore possibile, Mr. Chuck e Skipper lo fissavano dietro al cameraman con occhi concentrati su qualunque cosa lui facesse, dicesse. Stava andando tutto bene, quando una voce che ben conosceva non urlò il suo nome e il proprietario di quella voce non entrò di corsa, furioso, lasciando che la porta sbattesse dietro di sé, mentre urlava il nome del biondo una seconda volta. Dietro di lui suo fratello Ivan che da sotto il cappuccio della felpa si stava scusando con lo sguardo.

Ad Igor gli si congelò il sangue, soprattutto quando il cameraman girò la telecamera verso un ragazzo basso, occhi grigi, brillanti sotto le luci a neon della palestra, e i capelli acconciati in una piccola onda sul davanti. Portava una t-shirt grigia con su scritto in rosso Accio Pizza, jeans azzurro chiaro. Era incantevole.

Igor lo vide voltarsi una o due volte prima di intercettare la telecamera puntata su di sé e la sicurezza con cui aveva appena varcato la soglia della palestra scomparve in un istante sotto gli occhi allarmati di tutti.

Oskar rimase immobile, lo sguardo impaurito sulla luce rossa che gli confermava che stessero registrano ogni suo movimento. Percepire il respiro di Ivan sui suoi capelli, le guance bruciare dall'imbarazzo, gli occhi uscire dalle orbite non lo stava aiutando a calmarsi.

Il suo sguardo si spostò di poco a destra del cameraman e finì in quello di Skipper che diede una gomitata a Mr. Chuck, il quale finalmente si diede una mossa avvicinandosi e "Andiamo nel mio ufficio, non è il momento giusto" mettendogli un braccio sulle spalle li portò su per le scale.

"Non sapevo, io... non volevo irrompere in quel modo..." si ammutolii alla vista della tazza di tè che gli stava porgendo Mr. Chuck dopo averli fatti mettere a sedere sulle poltroncine davanti alla vecchia scrivania di legno.

L'allenatore guardò sia Ivan che Oskar senza una vera emozione sul viso pieno di rughe, ma ancora con qualcosa di affascinante in esso. "Non mi importa perché siete qui, tuttavia vi devo assolutamente pregare di non disturbare Igor con stupidi problemi adolescenziali. - i suoi occhi azzurri si fermarono in quelli di Oskar- Questo è un momento molto importante per la sua carriera. Potrebbe continuare così o finire tutto. Okay?"

Entrambi i ragazzi rimasero in silenzio, chi con lo sguardo sulle proprie mani e chi troppo interessato alle foglioline di tè che galleggiavano sul fondo della tazza.

"In realtà è stata colpa mia, signore... sono Ivan, il fratello di Igor e mio fratello minore è stato molto gentile con me in questi giorni anche se per tutta la sua vita ha preso solo merda... ehm, mi scusi, stavo solo cercando, cioè io volevo solo aiutarlo?"

Mr. Chuck si appoggiò alla poltrona di pelle girevole, anche quella aveva visto anni migliori, bevendo il suo tè per darsi qualche tempo per riflettere sulla faccenda. "Non dovresti parlarne con me, ma con lui. Credo che gli farebbe molto piacere sentirtelo dire." Allungò lo sguardo verso la finestra dove si poteva vedere tranquillamente come stava andando l'intervista.

"Hanno quasi finito."

Ci volle un'altra ora per finire di rispondere alle domande e salutare il pubblico a casa, e altri cinquanta minuti per mettere ogni attrezzatura di ripresa al suo posto per non farle rompere durante il viaggio di ritorno a New York City. In quel lasso di tempo, Oskar aveva bevuto almeno cinque tazze di tè che lo avevano portato al bagno minimo quattro volte e per non sentire il suo telefono squillare e vibrare ad ogni notifica di Twitter, Instagram o Whatsapp lo aveva spento dopo aver mandato un messaggio a suo padre scrivendogli che non sarebbe tornato per cena e che aveva preso l'auto. Mr. Chuck gli aveva confessato che la ripresa era in diretta nazionale e che chiunque la stesse vedendo in quel momento lo aveva visto entrare urlando il nome del pugile come se non ci fosse un domani, poi l'allenatore era sceso ad aiutare a mettere in ordine. I suoi amici erano stati i primi a scrivergli in lettere maiuscole che lo aveva appena visto in TV, poi era stata la volta di Twitter con Instagram in cui persone lo taggavano nel video della diretta. I suoi follower erano passati da 260 a 2573 in meno di dieci minuti e il suo telefono continuava a bloccarsi.

Non aveva detto nulla della sua relazione con Igor e adesso l'intera nazione sapeva che lui, Oskar Antares aveva qualcosa a che fare con l'astro nascente dei pesi leggeri, il Lupo Siberiano. Non ci avrebbero messo poco a fare due più due e capire che lui fosse il suo fidanzato durante il loro ultimo anno di liceo.

Ivan non aveva più detto una parola dopo aver confessato la sua colpa, adesso se ne stava all'angolo col suo cellulare a guardare video in russo mentre rideva come un matto. Oskar era ironicamente felice di scoprire che il fratello maggiore di Igor non era affetto più di tanto da quello che gli sarebbe successo da quel giorno in poi, anche se lui lo aveva causato.

Quando l'orologio sulla scrivania scoccò le dieci di sera la porta dell'ufficio in cui Oskar era stato seduto per due ore si aprì nel momento in cui Ivan gli stava mostrando l'intervista di Igor che aveva trovato su Facebook.

"Ivan, smamma"

Ad Oskar vibrarono le ossa a quel suono, tuttavia decise di mantenere duro e non voltarsi come del resto fece Ivan. "Oh hey, stavo proprio per-"

"Vai a casa"

Il rosso non ci mise molto a perdere la gara di sguardi che stava avendo con il fratello minore, alzarsi e salutarlo con un ultimo "Ti condivido il video", non immaginando che i suoi amici lo avessero già fatto e non glielo avrebbero fatto più dimenticare.

"Uhm, grazie" poi silenzio.

L'aria era diventata tutt'a un tratto molto pesante, non riusciva ad avere controllo sui suoi polmoni e la respirazione. Sentiva caldo e gli fischiarono le orecchie quando la poltrona accanto alla sua venne occupata dalla persona che due ore prima aveva il fegato di affrontare arrabbiato nero.

"Vuoi dirmi perché sei qui?"

Il moro non fiatò, forse avrebbe fatto bene a ritrovare il coraggio di prima.

"Hai aspettato due ore per stare in silenzio?"

Oskar gli diede la schiena sedendosi verso la sua sinistra, guardò fuori dalla finestra il ring dove alcune ragazze si apprestavano a salire per iniziare un allenamento.

Igor sbuffò "Se non vuoi parlare allora lo faccio io-"

"Tranquillo, ci ha pensato già tuo fratello a quello." Il moro ritrovò la forza di voltarsi puntando i suoi occhi grigi in quelli azzurri e confusi dell'altro.

"Non fare quella faccia innocente con me, Igor. Tuo fratello Ivan viene ogni sera a casa mia e continua a cercare di farti perdonare dicendo che è solo colpa sua. Mi sono stancato, okay?"

"Io non so proprio di cosa tu stia parlando, mi devi credere"

"Come sulla storia del video?" si alzò dalla poltroncina verde, rimase in piedi con tutta la dignità che gli era rimasta dopo quella notte in quella macchina -ancora non si era perdonato per quello che aveva lasciato che accadesse- si fece ammirare per poi avviarsi verso la porta per uscire, se il corpo muscoloso coperto solo da una maglietta bianca a maniche corte e il sotto di una tuta grigia non lo avesse fermato. Il biondo si mise in mezzo tra lui e la sua unica via per essere libero. Non riusciva ancora a capire perché avesse aspettato per ore quando se ne sarebbe potuto andare via dall'inizio. "Spostati."

"No, perché devi capire che non ho chiesto io ad Ivan di venire da te e disturbarti. Non lo trovavo in casa e non mi sono fatto molte domande su dove andasse."

Il moro rise non convinto della scusa del più grande. Non sapeva chi dei due fosse più patetico in tutta quella storia che non finiva mai. Era stanco. Quante volte lo avrebbe detto ancora in futuro?

"Igor, se non mi lasci andare ti do un pugno e te ne pentirai" lo minacciò provando soltanto a fare paura all'altro ragazzo, sapendo già che faceva solo ridere, soprattutto perché era contro un pugile professionista e lui era soltanto un universitario fanboy senza un briciolo di forza.

Il russo ebbe almeno la decenza di non ridergli in faccia a quella minaccia mentre lo studiava dall'alto del suo metro e novanta di altezza circa. Continuò ad osservarlo con sguardo concentrato quando vide Oskar scattare e un leggero dolore attraversargli il petto e scomparire come se non fosse mai esistito. Igor non fece un fiato, quando i suoi occhi, abbassati all'altezza dello stomaco dove il più piccolo aveva colpito, vennero attratti da un Oskar che si teneva la mano con cui aveva provato a mettere in atto la sua intimidazione avendo solo il risultato opposto. Era lui che si era fatto male.

"Porca puttana che dolore! Ma che cazzo hai al posto della pancia?- respirò dal naso, tenendo la mano contro il suo petto come per proteggerla- porca troia, fa male! Okay che ti alleni e hai il corpo di un dio, ma al posto dei muscoli hai un fottutissimo carro armato?"

Il pugile non sapeva se essere più scioccato che Oskar gli avesse veramente dato un pugno, o che stesse saltando su e giù per il dolore come se saltare fosse una soluzione, o, ancora più preoccupante, che stesse dicendo delle parolacce senza prima non cambiare in qualche strano modo fandom. Si risvegliò dai suoi pensieri, avvicinandosi al ragazzo più basso pronto a vedere cosa si fosse fatto se non fosse che quest'ultimo non voleva essere toccato da lui e glielo fece comprendere bene, poiché gli urlò con tutta la rabbia di non toccarlo. Igor fece qualche passo all'indietro lasciando che un piccolo silenzio, non contando le parolacce bisbigliate dall'altro, li avvolgesse prima di iniziare.

"So che sei arrabbiato-"

"Ma davvero? adesso bello e pure intelligente. Mi hai abbandonato in mezzo al nulla!"

"Non era proprio in mezzo al-"

"Al nulla mentre ti stavo facendo un pompino!"

"OKAY! Sarà stato in mezzo al nulla, ma dovevo correre-"

"Potevi almeno portarmi a casa mia! o portarmi con te!"

Il biondo chiuse le sue mani a pugno, sentiva i sensi di colpa e la rabbia annebbiargli la mente, "Senti, non so come tu avresti reagito alla telefonata di tua madre che non ti chiama mai e quando lo fa dice che suo marito sta ammazzando di botte il tuo fottuto fratello! Scusami se sono umano e mi imPORTA DI MIO FRATELLO... anche se è un pezzo di merda!- respirò un paio di volte- Ero in panico."

"Ah ah, tu? In panico?"

Il biondo sbatté il pugno contro il muro "Sono anch'io umano. Non credo che tu ti ricordi la nostra gita in Vermont. Ricordi quanto fossi in panico perché le gemelle si erano perse? Solo perché il mio rapporto con Ivan è quasi nulla in confronto a quello tuo, di Merida ed Athena, non significa che lascerò quel coglione di mio padre uccidere mio fratello. Cosa sarebbe successo se Delilah ti avesse chiamato perché tuo padre stava picchiando le gemelle?... non credo che saresti stato lucido di mente."

Il russo aspettò un qualche commento sarcastico, quasi cattivo sul suo discordo da parte di Oskar, ma quando Oskar bisbigliò qualcosa non fu quello che si stava aspettando.

"Cosa hai detto?"

Oskar si voltò con le lacrime agli occhi, qualcuna era già scesa sulle guance mentre dava le spalle all'altro. "Dammi del ghiaccio, fa un male cane", si avvicinò di qualche passo, tremante ma ugualmente li fece, teneva il pugno arrossato ancora nell'altra mano.

Igor prese la mano dolorante tra le sue con gentilezza, quasi avendo paura di un rifiuto del moro, il quale non proferì nulla contro quel contatto.

"Vieni, ci penso io a te"

Si ritrovarono dietro al bancone dell'entrata, vicino alla stanza in cui dormiva Skipper, il quale stava pulendo il pavimento dall'altra parte, quando gli passarono accanto non diede cenno di averli sentiti discutere. Si asciugò la fronte e tornò a spazzare intorno ai sacchi da boxe.

La palestra era quasi del tutto vuota, poiché di sera non venivano tante persone ad allenarsi, la maggior parte erano sempre lui e Skipper a fare la nottata qualche sera invernale dove si poteva stare caldi solo vicino alla caldaia con un bel incontro di pugilato degli anni novanta registrato e qualche aletta di pollo fritta. Dopo aver fatto amicizia con Skipper aveva passato così le notti quando era stanco della sua famiglia.

Senza fare rumore e senza parlarsi Igor prese da sotto le ascelle Oskar e lo mise sul bancone così avrebbe potuto lavorare meglio. Ancora non riusciva a credere che il moro si fosse fatto male dando solo un pugno.

Si voltò per prendere del ghiaccio dal piccolo frigo, e lo arrotolò in un asciugamano pulito per appoggiarlo sulle nocche arrossate della mano ferita. Oskar scattò quando il freddo gli avvolse la lesione ed era così in imbarazzo per essersi fatto male dando un pugno che voleva sprofondare. Alzò lo sguardo e si incantò a trovare il viso del maggiore così concentrato, e trovò il coraggio di dire qualcosa.

"Ho visto il viso di Ivan... è messo male" bisbigliò.

"Uhm già, dovevi vederlo quella sera, un quadro di Picasso. E mia madre è voluta rimanere col bastardo anche se le ho chiesto di venire con me."

"Io... come hai fatto a portar via Ivan?"

"Ho dato un pugno in faccia a mio padre senza risparmiare la forza, è andato al tappeto in un secondo, ho preso Ivan e sono uscito."

Il più piccolo non volle, però non riuscì a non ridere all'immagine di Mr. Volkov cadere a terra come uno di quei boss dei videogiochi, o Igor come uno di quei protagonisti di film d'azione che scappano dalle esplosioni con occhiali da sole, camminata rilassata e musica rock in sottofondo.

"Cosa c'è da ridere?"

"Eh? Io... io stavo solo... immaginando tuo padre... non volevo ridere, scusami"

L'espressione di Igor si ammorbidì "Adesso che ci penso la sua faccia era spettacolare. Urlava così forte che non mi ha sentito arrivare e bam! A terra", risero entrambi.

"Mi dispiace di averti lasciato lì, ma ero veramente in panico..." tornò serio il biondo, stringendo con la mano sinistra quella destra di Oskar, trovò un contatto visivo "Forse hai ragione... forse avrei dovuto lasciarti andare quando sei scappato a Boston; avrei dovuto tagliare i contatti con le gemelle; avrei dovuto dire la verità, mi sarei dovuto scusare e aiutarti con i bulli molto prima, avrei dovuto fare tante cose tuttavia eccoci qua. Tu che soffri ogni volta che cerco di fare qualcosa giusto per questa... cosa che c'è fra noi, ma che faccio solo peggio.- prese una piccola pausa, abbassò il capo, adesso i suoi occhi guardavano il pavimento- é solo che non riesco a lasciarti andare."

Oskar non si preoccupò quando l'asciugamano col ghiaccio atterrò facendo rumore, con la mano ferita alzò il viso del russo, lo guardò negli occhi ed intrecciò le loro dita. Era quasi divertente vedere la sua mano scomparire in quella del più grande. Gli era mancato quel calore. Avvicinò il suo viso a quello dell'altro. Le sue labbra erano a qualche millimetro di distanza dalla fronte di Igor e con delicatezza, quasi ad aver paura di scoprire che fosse solo un sogno, ce le appoggiò in un dolce bacio. Infine continuandolo a guardare negli occhi, sussurrò "Allora non farlo."

THE END

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