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Capitolo 13

Come poteva succedere tutto così in fretta nella vita? Come poteva andare tutto tranquillamente e poi i tuoi piani venivano scombussolati da una tempesta che non avevi visto arrivare all’orizzonte.

Si asciugò il sudore dalla fronte con il braccio tornando a tirare pugni appena finito di respirare per calmare il fiato.  

Lui la tempesta l’aveva vista arrivare, ma non aveva voluto cambiare percorso. Strinse gli occhi muovendo il sinistro contro il sacco tenuto da Skipper che con un sorriso divertito tornava in piedi, quando la forza del colpo lo buttò a terra.

“Vacci piano, lupetto”

Igor si sedette bevendo dell’acqua dalla borraccia, non era di buon umore. Non capiva perché fosse così stupido e non riuscisse a fare le cose come si doveva.

Non avrebbe dovuto mai lasciare che le cose andassero a rotoli. Avrebbe dovuto lasciare Oskar come Oskar gli aveva urlato un anno prima, e non farsi più rivedere.

Avevano due vite differenti, in due posti differenti e non sarebbe stato così difficile lasciare che tutto si calmasse.

Voleva proprio quello?

“Lo voglio solo felice”

“Cosa, ragazzo?”

Il biondo fissò Skipper con la mente divisa in due. Non sarebbe arrivato da nessuna parte se avesse continuato a rifletterci sopra da solo, aveva bisogno di un consiglio da una persona esterna alla faccenda. Chi meglio di Skipper, pronto ad ascoltarlo?

“Uhm, posso fare una domanda? Una domanda ipotetica, ovvio”

“... ovvio”

“Come fai a farti perdonare da una persona dopo avergli fatto veramente male?”

Skipper lo studiò con fare serio mentre rifletteva, almeno sperava Igor, sulla domanda appena chiesta. Non passò molto tempo prima di una risposta.

“Cambia da persona a persona e da cosa gli hai fatto. Se una persona non riesce a perdonare subito allora ci vorrà molto di più… devi contare che se non è la prima volta che le capita allora non sarà, neanche in quel caso, facile.”

Il biondo si mise comodo asciugando il sudore con asciugamano appoggiato intorno alle spalle. Non era stanco, tuttavia sentiva di poter svenire in quel preciso istante.

Fece vagare il suo sguardo sugli altri ragazzi che si stavano allenando e su Mr. Chuck che insegnava una tecnica di difesa ad un nuovo arrivato.

Oskar, per colpa sua, ne aveva passate di belle nel corso degli anni. Prima lo aveva fatto bullizzare senza neanche farlo apposta, ed infine questo. Se la metteva su questo piano, allora era meglio che non si fossero più visti… però… Oskar era Oskar.

Gli era mancato come l’anima in quell’anno lontani. Si era mantenuto occupato con le sue tappe in giro per l’America per incontrarsi con diversi boxer. Si era allenato e allenato, aveva perso peso e formato ancora più muscoli senza mai fermarsi, fino a quando non era tornato in Russia da sua nonna.

Era da un bel po’ che non andava nella sua patria, che non vedeva sua nonna e si era sfogato raccontando tutto dal principio. Forse era stato rivedere Dirty Dancing con sua nonna mentre gli accarezzava la testa, ma aveva trovato la voglia di farsi perdonare. Tutto distrutto per colpa di suo fratello, e suo padre. Distruggevano sempre tutto.

“Ti serve altro?” lo fece tornare alla realtà Skipper passandogli una bottiglietta d’acqua, perché aveva finito l’acqua nella sua borraccia . La prese e ne bevve la metà.

Scosse la testa ancora che beveva dalla bottiglia di plastica, guardando il sacco che stava prendendo a pugni qualche minuto prima.

“Se hai finito allora alza il culo e torna ad allenarti. Credi che quell’incontro si vinca da solo?”

Il russo si alzò camminando verso il sacco pronto a riprendere ciò che aveva interrotto, tuttavia Skipper gli lanciò una corda per saltare ordinandogli di non fermarsi fino a quando non si sarebbe sentito i polmoni e scoppiare e i piedi in fiamme, e a quel punto avrebbe dovuto continuare ancora.

Guardò la corda che teneva in mano. Era vecchia, con filacci che uscivano dall’intrecciatura e ingrigiata dal tempo e dallo sporco. Tirò su col naso, cominciò a saltare contando nella sua mente in un mantra per non perdere né il respiro né il tempo di salto.

Intrecciò le braccia, cambiò piede e saltò con uno solo, poi con l’altro. Era arrivato facilmente a centodieci salti senza mai fermarsi con una velocità costante. Fissava una crepa sul muro quando la voce in lontananza di suo fratello lo fece bloccare.

Si bloccò così bruscamente da riuscire a frustarsi da solo in un occhio, lasciò un gemito più di sorpresa che di dolore.

“Già finito?” lo riprese subito Skipper che in quei minuti si era allontanato per andare a pulire i bagni dal vomito di un ragazzino.

“Io… No?” tenne la corda nella mano sinistra, andò incontro a suo fratello Ivan, il quale zoppicava e sembrava sbiancare ad ogni passo che faceva, si sedette a metà strada fra la porta ed Igor per riprendere fiato, proprio sotto ad uno dei lati del ring.

Igor lo raggiunse in pochi passi.

“Che ci fai qui? Perché ti sei alzato dal letto?”

Ivan lo guardò solo con i lividi sul viso che andavano verso il giallo-verdastro dopo alcuni giorni che erano rimasti violacei.

“Volevo… -Ivan fece girare lo sguardo a 180 gradi - vedere come fosse la tua palestra. Stai tutto il giorno qui, e io mi annoio a rimanere al letto.”

Igor lo studiò per cercare segnali di menzogne sul volto, non ne trovò e non sapeva se fosse perché non stava mentendo o perché i lividi li mascheravano.

“Stai al letto perché ti devi riposare. Ti riaccompagno di sopra”

Fece per prendergli un braccio per trascinarlo a casa, ma Ivan si scansò camminando veloce, quanto poteva, scuotendo la testa e ripetendo che non sarebbe tornato a morire di noia in quella catapecchia che puzzava di muffa e pipì.

Il pugile non resistette più. Erano giorni che sentiva suo fratello lamentarsi su quanto il suo letto fosse scomodo, su quanto il condizionatore non funzionasse bene, su quanto quello che gli veniva servito come pasto era insapore e molliccio. La sua pazienza era arrivata al limite, come ogni giorno del resto, però questa volta non sarebbe uscito dalla stanza lasciando che la discussione cadesse lì.

Recuperò in pochi attimi la distanza che suo fratello aveva messo fra loro e ci mise lo stesso tempo per tirarlo con sé verso la porta sul retro sbattendola con rabbia. Lo lanciò verso il muro.

“Allora, principessa sul pisello, mi hai rotto. Se non ti sta bene quella catapecchia puoi andartene, nessuno ti fermerà. Anzi, sarei felicissimo di non vedere la tua faccia, e quella di mamma e soprattutto quella di quello stronzo di nostro padre per il resto della mia vita! Eravate sempre in combutta contro di me da quando ne ho memoria” lo prese per il colletto della maglietta. Per la rabbia spuntò un paio di volte sul viso di Ivan mentre parlava. Non se ne fregò.

“Ero finalmente riuscito a liberarmi di voi dopo anni, ero libero dai vostri problemi, ero riuscito ad avvicinarmi ad Oskar dopo un anno in cui non ci eravamo sentiti. Ero con lui la notte in cui ti sono venuto a salvare le chiappe! L’HO DOVUTO LASCIARE IN MEZZO AL NULLA PERCHÉ TU NON SAI COME TENERTELO NEI PANTALONI E SEI STATO COSÌ COGLIONE DA METTERE INCINTA UNA DELLE TUE PROFESSORESSE!”

Lasciò la presa, il rosso scivolò contro il muro di schiena non staccando gli occhi da quelli inferociti del fratello.

Igor sospirò rumorosamente dal naso per almeno tre volte “Per colpa tua adesso Oskar, l’unica persona che ha veramente scommesso su di me come Igor Volkov, che ha visto oltre Seth, mi odia e mi vorrebbe vedere morto e ha ragione”

Igor lo fissò per un ultimo momento prima di aprire la porta e scomparire dalla vista del fratello Ivan, aggiungendo un ultimo “colpa tua”.

Igor sarebbe voluto tornare indietro e finire il lavoro che suo padre aveva cominciato. Si pettinò i capelli inumiditi dal sudore per toglierli dalla fronte e prendendo la corda per saltare si iniziò ad allenare nel suo angolo non facendo veramente caso agli sguardi degli altri.

Sentì il rumore delle scarpe di suo fratello che strisciavano sul pavimento sporco della palestra, il suo sguardo bucherellargli la schiena prima di passare oltre ed uscire dalla palestra.

Si pentiva di aver scaricato i suoi sentimenti negativi contro Ivan? Non tanto. Voleva scusarsi? Decisamente no. Aveva esagerato? Molto.

Sbuffò non fermando i suoi allenamenti. Avrebbe pensato a tutto dopo, come faceva sempre del resto.

Quando Igor chiuse finalmente alle sue spalle la porta di casa ne fu felice. Il suo desiderio più grande era farsi una doccia gelida e lanciarsi nel suo letto, se suo fratello maggiore non avesse preso la sua camera in ostaggio.

Si guardò in giro. Era più pulito di prima, c’erano meno cose in giro e decisamente la polvere era sparita dai mobili, proprio sul tavolino trovò un post-it giallo di quelli che si trovavano accanto al suo telefono fisso per ogni evenienza, da scrivere velocemente un indirizzo o un numero a scarabocchiare durante una telefonata.

“Ritorno tra poco. Ivan” lesse, lo lasciò svolazzare in aria finché non si appoggiò di nuovo sul tavolino senza minimo rumore.

“Ritorno tra poco? Troppo tardi, il letto è mio” se ne fregava se Ivan si sarebbe spezzato la schiena sul suo divano, Igor avrebbe dormito nel suo letto quella sera.

Raggiunse il bagno, si spogliò del tutto lanciando con un tiro da maestro i vestiti da allenamento nel cesto dei panni sporchi, il coperchio ricadde chiudendo il cesto all’angolo della stanza.

Si infilò nella doccia e aprì subito l’acqua, non aspettò che fosse della temperatura perfetta, ci si infilò subito sotto. Rimase lì per qualche secondo, lasciando che l’acqua portasse via il sudore e le sue preoccupazioni.

Era da giorni che non aveva un momento da solo con se stesso perché la presenza e la voce petulante di Ivan gli stavano confermando uno dei punti chiave del perché aveva trovato un posto in cui vivere per conto suo.

C’era solo un’unica persona con cui sarebbe voluto andare a vivere insieme e quella persona non era qui in quel momento, e non ci sarebbe stata più.

Solo il pensiero di Oskar lo fece agitare. Posò la fronte sulle piastrelle gelide e bagnate, per non sprecare acqua la chiuse con la mano sinistra, la quale girò la manovella mentre la destra accarezzava il suo corpo fino a superare la cintura.

La sua mente era piena di immagine di Oskar. Vedeva come si mordeva le labbra rosee mentre si concentrava su un passaggio molto avvincente di un libro, come alzava gli occhi e gli sorrideva. Quando quel sorriso si trasformava in qualcosa meno innocente e si metteva inginocchio davanti a lui sbottonandogli i pantaloni.

Igor non nascose in gemiti di piacere che la sua mano, o quella di Oskar nella sua testa, gli stava facendo provare. Più andava veloce con le stoccate e più la sua mente si faceva audace con le memorie di Oskar.

Oskar che gemeva nel suo orecchio perché le dita del biondo lo stavano aprendo con calma, torturandolo di piacere e come si aggrappava a lui mormorando “Igor” a ripetizione. Oskar che lo invitava al letto von una visuale di lui con le gambe aperte e il petto ricoperto di succhiotti violacei.

Quanto voleva perdersi di nuovo in lui sentendolo urlare e sentendo le sue unghie graffiargli la sua schiena mentre veniva. E furono proprio quelle urla del passato che gli fecero compagnia quando venne e il suo sperma sporcò il muro.

Si mise seduto respirando con calma. Era tempo che non si lasciava andare così, ne aveva proprio bisogno.

Riaprì l’acqua e si pulì con calma, non avendo fretta di uscire da quella bolla di vapore e di occhi grigi.

Gli mancava da morire.

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Hey ciao,
Come vi vanno le vacanze? Io le ho cominciate da pochissimo e nom mi sento troppp bene di salute.
Spero che il capitolo 13 vi piaccia perché l'inizio non è dei migliori, ma leggendo una storia mi è tornata la voglia e la fine mi è uscita bene... spero.

Buon continuo e al prossimo capitolo,
BB

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