Capitolo 8
Avete presente quella brutta sensazione che vi stringe lo stomaco? Quella cruenta morsa che vi taglia il respiro e incastra la gola, affinché riesca a trattenere con tutte le sue forze le lacrime che vogliono scivolare dagli occhi? Quell'angoscia che serra il cuore e si espande come un'ombra, fino a invadere ogni pensiero? Quel momento in cui la mente, traditrice, comincia a percorrere i vecchi ricordi, come lame affilate che tormentano la vittima? Perché Theresa stava provando tutto questo, ogni istante di quella tortura emotiva.
Il cioccolatiere era a due passi avanti, il suo lungo cappotto ondeggiava leggero con ogni passo, e l'odore dolciastro del cacao riempiva l'aria come un richiamo irresistibile. Stavano percorrendo il corridoio in silenzio, uno di quelli pesanti, carichi di domande non fatte e risposte mai ricevute. Le pareti intorno quasi vibravano in quell'attesa soffocante.
Erano vicini alla stanza del cioccolato, dove gli altri li stavano attendendo con impazienza, quando Theresa si lasciò andare. Fu un istante, un impeto irrefrenabile che non riuscì a trattenere: afferrò il suo uomo per un braccio, le dita sottili e tremanti si aggrapparono alla stoffa ruvida come se fosse l'unica ancora rimasta.
Il tempo sembrò fermarsi. Il cioccolatiere si girò verso di lei, gli occhi blu la scrutavano con una calma rassicurante, ma dietro quella maschera c'era qualcosa di insondabile, un dubbio, una domanda. Rimase in attesa che ella si aprisse, che trovasse il coraggio di parlare, di rivelare quel tormento che la stava lacerando dall'interno. Ma Theresa non disse nulla. Era come se tutte le parole si fossero dissolte in un abisso di paura e incertezza.
L'attimo si consumò rapidamente, evaporando come la rugiada al primo sole, e ora il loro momento era finito. Gli lasciò andare il braccio, le dita scivolarono via, e lui riprese a camminare, lasciandosi dietro un silenzio ancora più opprimente.
Tornati nella stanza del cioccolato, furono accolti da una scena caotica: Augustus Gloop, quel ragazzone pasciuto, era chino sulla sponda del fiume, con le mani immerse fino ai polsi nel liquido marrone, ingordo di quel dolce nettare. La superficie del cioccolato, densa e lucida, si increspava sotto i suoi gesti scomposti.
«Ehi ehi, bambino! Il mio cioccolato non deve essere toccato da mani umane!» lo riprese il cioccolatiere, la sua voce risuonò come un tuono nella stanza.
Le parole non fecero in tempo a penetrare la mente del giovane, che già il suo corpo, troppo pesante per restare in equilibrio, cedette. Augustus perse l'equilibrio, scivolando in avanti con un grido soffocato. La madre strepitò disperata, il suo grido squarciava l'aria mentre tentava inutilmente di persuadere il signor Wonka ad aiutarlo
«Non sa nuotare, la prego, lo salvi!» supplicò la signora Gloop. «AUGUSTUS! NO!»
Il cioccolatiere, con un sorriso enigmatico che celava un misto di divertimento e irritazione, ignorò completamente le grida disperate della signora. I suoi occhi brillavano di un'ironia fredda mentre, senza perdere la compostezza, volse un rapido sguardo al soffitto, come se fosse in attesa di qualcosa: uno dei grandi tubi d'acciaio, che pendevano minacciosamente dal soffitto, cominciò a scendere lentamente verso il fiume di cioccolato, emettendo un sibilo acuto. Era uno spettacolo ipnotico, come un serpente meccanico che si preparava a colpire.
Quando il tubo raggiunse il fiume, iniziò a risucchiare il cioccolato con un potente vortice che gorgogliava rumorosamente. Nel caos del liquido agitato, Augustus Gloop, ormai completamente in balia della corrente, si dimenava furiosamente. Il suo viso era un quadro di terrore, la bocca spalancata in un urlo che si perdeva nel tumulto, mentre il vortice sembrava determinato a trascinarlo via.
L'enorme corpo del ragazzo venne trascinato dal risucchio, roteando come una bambola di pezza nelle spire della macchina. Lottava disperatamente, ma alla fine, con un tonfo sordo, finì incastrato nel tubo.
«Se ne va!» esclamò Violetta, senza scomporsi dal masticare la sua gomma.
«PRESTO! CHIAMATE I POMPIERI!» urlò la signora Gloop, ma nessuno sembrava intenzionato a muoversi.
«Quel tubo non mi sembra abbastanza largo» constatò la signora Beauregarde, osservando con distacco la scena.
«Infatti non lo è, sta rallentando» le fece notare Charlie, che seguiva con attenzione il percorso del cioccolato all'interno del tubo, ora sempre più congestionato.
«S'incastrerà!» esclamò Mike con tono eccitato, quasi godendo della tensione del momento.
«È già incastrato» confermò suo padre guardando il tubo, che ora sembrava quasi sul punto di esplodere.
Augustus, con il fiato corto e il viso arrossato per lo sforzo, guardava disperatamente in basso con gli occhi gonfi di paura. Era bloccato a una certa altezza, sospeso in aria come un pallone intrappolato in un tubo troppo stretto.
«Ha bloccato il tubo!» esclamarono all'unisono Theresa e il signor Salt, la loro voce carica di incredulità.
Ma il signor Wonka, invece di preoccuparsi, sembrava affascinato da quella scena bizzarra. I suoi occhi scintillavano di una strana luce, come se stesse assistendo a uno spettacolo affascinante e non a un incidente potenzialmente mortale.
«Guardate! Gli Umpa-Lumpa!» esclamò Charlie, puntando un dito verso i piccoli operai della fabbrica, che avevano interrotto il loro lavoro e si stavano avvicinando in fila ordinata.
«Che stanno facendo?» si interessò Veruca, sporgendosi in avanti per vedere meglio.
«Credo che stiano per deliziarci con una canzoncina» rispose allegramente il cioccolatiere. «È un'occasione speciale, ovviamente, non abbiamo avuto spettatori per molte ore.»
«Seppur ustionate, c'erano le marionette» disse Theresa sottovoce, ma abbastanza forte da attirare l'attenzione del cioccolatiere, che la fulminò con uno sguardo di disapprovazione.
Gli Umpa-Lumpa interruppero temporaneamente il lavoro, ma non si trattava di una pausa comune. Si posizionarono in ogni angolo della stanza, con una precisione militare, pronti per la loro esibizione. Ognuno indossava una tutina scarlatta, lucida e aderente, che brillava sotto le luci del soffitto. Con movimenti coordinati, iniziarono a inscenare un piccolo spettacolo: un ballo che accompagnava il canto, con salti agili e coreografie perfettamente sincronizzate. Si tuffarono nel fiume di cioccolato con una grazia sorprendente, poi riemergevano, mescolandosi tra gli ospiti, mantenendo sempre il ritmo incalzante della canzone.
La scena era surreale, un misto di caos e bellezza, mentre la musica riempiva l'aria, contrastando nettamente con la tensione crescente attorno al tubo bloccato.
Il signor Wonka, in piedi in mezzo a quel pandemonio controllato, sembrava più vivo che mai, come se tutto stesse andando secondo i piani.
Augustus Gloop, Augustus Gloop il più moccioso e stupido. Augustus Gloop,
bamboccio e vile,
così ciccione ed infantile.
Sarà un bel lancio da manuale,
un gran risucchio verticale.
Nemmeno un graffio né un dolore.
Augustus Gloop non soffrirà, Augustus Gloop non soffrirà.
Non sarà certo un bel vedere
se mai voi riuscirete a farlo.
Le grandi ruote girando lente
lo schiacceranno come un tarlo.
Un moscerino fastidioso,
da tutti amato e riverito,
perché non suscita rancore,
un gran budino saporitooo!
Sulle ultime note della canzoncina degli Umpa-Lumpa, il tubo, che fino a quel momento aveva lottato contro il blocco di Augustus, insistette con un ultimo e possente sforzo. Un gorgoglio cupo risuonò nella stanza, seguito da un improvviso e violento risucchio che sbloccò il passaggio. Il bambino venne catapultato attraverso il condotto, finendo prigioniero del cioccolato con un grido soffocato.
Nel frattempo, il signor Wonka, come se niente fosse, continuò a ballare con una leggera e stravagante coreografia. Le sue mani applaudivano ritmicamente, il viso illuminato da un'espressione di pura gioia mentre si complimentava con i suoi operai.
«Bravi! Molto bravi! Non sono deliziosi? Non sono affascinanti?» chiese agli ospiti, la voce che trasudava entusiasmo.
«Direi che non sembrava improvvisato» lo schernì il signor Salt, sollevando un sopracciglio.
«Come se già sapessero...» concordò Mike, con una punta di sospetto.
«Oh, bazzecole!» sbuffò il cioccolatiere, facendo un gesto con la mano come per scacciare via quei pensieri.
Prese Theresa per mano e si spostò più in là, seguito dal gruppo che, riluttante, lo seguiva senza protestare. La signora Gloop, visibilmente agitata, si avvicinò con il viso paonazzo e gli occhi spalancati dall'ansia. Con la bocca ancora piena di uova di cioccolato, chiese con voce tremante: «Dov'è mio figlio? Dove porta quel tubo?»
Il signor Wonka si voltò verso di lei con un'espressione sorniona, quasi divertita.
«Quel tubo si dà il caso che porti direttamente alla stanza dove produco le più deliziose praline alla fragola ricoperte di cioccolato.»
«Allora verrà trasformato in pralina alla fragola e ricoperto di cioccolato? Sarà venduto a-a peso in tutto il mondo?»
«No, non lo permetterei: il sapore sarebbe disgustoso. Si immagina delle praline al gusto di Augustus Gloop? Eww! Non le vorrebbe nessuno!»
La signora Gloop lo guardò storto, offesa e incredula di fronte a quell'indifferenza mascherata da umorismo. Ma prima che potesse replicare, Theresa, con un gesto improvviso, diede una spinta al cioccolatiere.
«Fa' qualcosa!» ordinò con un tono che non lasciava spazio a repliche.
Il signor Wonka, però, non perse la calma. Sorrise come se l'intera scena fosse solo un divertente gioco e, facendo strani rumori con la lingua, richiamò l'attenzione di un Umpa-Lumpa. Il piccolo operaio si presentò al suo cospetto con un profondo inchino, il viso impassibile e obbediente.
«Portate la signora Gloop nella stanza delle praline, okay? Aiutatela a ritrovare suo figlio. E con una pertica cominciate a scavare nella tinozza dove si mescola il cioccolato, okay?» disse il cioccolatiere.
L'Umpa-Lumpa si inchinò nuovamente, poi si avvicinò alla signora Gloop e, con un gesto gentile ma deciso, afferrò l'orlo del terribile vestito rosso e arancione che indossava, incitandola a seguirlo. La donna, ancora tremante, si lasciò condurre, l'angoscia dipinta sul viso mentre l'ombra del piccolo lavoratore la guidava verso la stanza delle praline.
Il signor Wonka annuì soddisfatto alla signora Gloop, mentre tutto tornava apparentemente tranquillo. L'atmosfera sembrava essersi stemperata, ma un'ombra di tensione rimase sospesa nell'aria.
«Signor Wonka» lo chiamò Charlie, rompendo il silenzio. Il cioccolatiere lo guardò con curiosità. «Il nome di Augustus era già nella canzone degli Umpa-Lumpa, come hanno fatto a...?»
«L'improvvisazione è un trucco da salotto. Chiunque può farlo» lo interruppe l'uomo. Poi, rivolgendosi a Violetta con un movimento teatrale della mano, aggiunse: «Tu, ragazzina, di' una cosa qualsiasi.»
«Chewingum.»
«Il chewingum che dici tu è la cosa che odio di più. Visto? È esattamente uguale.»
«No, non lo è!» lo schernì Mike.
«Ahm, tu faresti meglio a non borbottare perché non capisco una parola di quello che dici» esclamò il cioccolatiere, alzando un dito come per zittirlo.
«Ma ha ragione e tu lo sai» lo riprese Theresa, la voce ferma e gli occhi fissi su di lui.
Il cioccolatiere la schernì con uno sguardo che non ammetteva repliche.
«Allora, continuiamo il giro» disse con entusiasmo.
Il gruppo si spostò sul margine del fiume di cioccolato, le acque marroni che scorrevano placide, come se nulla di strano fosse appena accaduto. In lontananza, il silenzio fu improvvisamente rotto da un assordante rimbombo di un tamburo che sembrava provenire dalle profondità della fabbrica. Da un tunnel molto lontano, sotto la cascata, emerse una bellissima barca di zucchero rosa, scolpita con incredibile maestria a forma di cavalluccio marino.
Remata da una ventina di Umpa-Lumpa, ognuno avvolto in una luccicante tutina aderente di colore azzurro cielo, la barca si avvicinò con eleganza al margine del fiume. Gli ometti, con i loro movimenti perfettamente sincronizzati, fermarono il mezzo di trasporto in un'esibizione di precisione, poi si girarono verso gli ospiti e cominciarono a ridere.
«Perché ridono?» chiese Violetta, lanciando un'occhiata infastidita agli Umpa-Lumpa.
Theresa, con un sorrisetto sprezzante, rispose senza mezzi termini: «Perché sono stupidi come il loro Capo.»
Il tono era aspro, ma celava una nota di complicità, come se volesse sfidare apertamente il cioccolatiere. Quest'ultimo, sentendosi chiamato in causa, si voltò verso di loro, senza perdere la sua aria imperturbabile.
«Credo che dipenda da tutti quei chicchi di cacao. A proposito, voi sapevate che la cioccolata ha la proprietà di scatenare il rilascio di endorfine e dà la sensazione di essere innamorati?»
Il suo sorriso si allargò, come se avesse appena rivelato un segreto prezioso.
«Non mi dica» intervenne con entusiasmo la mamma di Violetta, gli occhi improvvisamente brillanti e pieni di sogni, come se le sue fantasie romantiche si fossero appena avverate.
Il signor Wonka la guardò per un istante, il viso contorto in un'espressione di puro disgusto, come se la sola idea gli facesse venire la nausea. Accanto a lui, Theresa dovette coprirsi la bocca con la mano per trattenere a stento un risolino, divertita dall'assurdità della situazione.
«Tutti a bordo!» esclamò il cioccolatiere, interrompendo l'imbarazzante momento.
Gli ospiti, ancora disorientati, si affrettarono ad arrancare verso la barca. Theresa, con il suo vestito tanto elegante quanto ingombrante, faticò a salire. Il signor Wonka, con un gesto cavalleresco le porse la mano per aiutarla.
Theresa, il signor Wonka, Charlie e nonno Joe presero posto nel fondo dell'imbarcazione, mentre gli altri si sistemarono più avanti. Quando il cioccolatiere diede l'ordine di partire, accompagnato da un forte colpo di tamburo, la barca cominciò a muoversi lungo il fiume, scivolando tra le acque di cioccolato con una fluidità quasi magica.
Gli ospiti si guardarono intorno, quando improvvisamente il cioccolatiere tirò fuori dal nulla un mestolo rosa, scintillante e perfettamente laccato. Con un gesto rapido, lo immerse nel fiume, raccogliendo un'abbondante porzione di cioccolato liquido, denso e lucido, che porse a Charlie.
«Tieni!» disse. «Assaggia questo, ti sentirai meglio. Sembri morto di fame.»
«Lo è, mostra un po' di empatia» sussurrò Theresa, lanciando uno sguardo comprensivo al ragazzino.
Charlie, visibilmente affamato, afferrò il mestolo con mani tremanti e portò il cioccolato alla bocca.
«È buonissimo!» esclamò, gli occhi che brillavano di pura felicità mentre passava il mestolo a suo nonno, il quale assaggiò a sua volta con un sorriso soddisfatto.
«Perché è una cascata che lo mescola» spiegò il cioccolatiere, la voce che divenne improvvisamente seria, come se stesse rivelando un segreto fondamentale. «La cascata è molto importante! Mescola il cioccolato, lo frulla, lo rende leggero e spumoso. Ah, a proposito, nessun'altra fabbrica al mondo m...»
«Questo l'ha già detto!» lo interruppe bruscamente Veruca.
Gli ospiti rimasero a guardare il cioccolatiere incuriositi, osservando attentamente ogni sua reazione. Egli rimase muto per un istante, visibilmente spiazzato dalla brusca interruzione. Era raro che qualcuno riuscisse a coglierlo di sorpresa, e quella momentanea incertezza lo lasciò senza parole.
«Hai perso la lingua?» lo provocò Theresa. Era chiaro che si stava divertendo a stuzzicarlo.
Il signor Wonka si scosse, come se fosse uscito da un sogno, e rispose con un sorrisetto enigmatico: «Siete molto bassi, vero?»
«Be', certo, siamo bambini!» esclamò Violetta, perplessa.
«E questo che c'entra? Io non sono mai stato così basso.»
«Da bambino sì» si intromise Mike.
«Invece no! E sai perché? Perché ricordo benissimo che mi mettevo il cappello in testa. Guarda che braccine corte avete voi. Non ci arrivereste mai, mpf!» concluse il cioccolatiere, ridacchiando tra sé e sé, come se avesse vinto una battaglia immaginaria.
«Stai solo temporeggiando, loro hanno ragione» lo schernì Theresa, divertita.
Il signor Wonka decise di lasciar scorrere, lanciando uno sguardo distratto alle acque di cioccolato che scorrevano sotto di loro, mentre Theresa e nonno Joe si scambiarono un sorriso complice.
Charlie, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, osservando attentamente ogni dettaglio, si fece coraggio e domandò: «Si ricorda com'era essere un bambino?»
«Oh, caspita, altroché!» esclamò il cioccolatiere con una voce piena di nostalgia. Ma, all'improvviso, il suo sguardo si rabbuiò e il sorriso svanì, sostituito da un'ombra di tristezza. «Altroché...»
In realtà, Willy Wonka non ricordava la sua infanzia da anni. I ricordi erano stati sepolti sotto strati di cioccolato e zucchero, nascosti nelle profondità della sua mente. Non aveva mai avuto un buon rapporto col padre, un uomo rigido e severo che gli proibiva di mangiare dolci, vedendoli come una minaccia alla salute.
Quelle memorie, un tempo vive, erano ora solo ombre lontane, frammenti di un passato che il cioccolatiere aveva cercato di dimenticare.
***
Era una fredda notte di Halloween. Le foglie secche scricchiolavano sotto i piedi del piccolo Willy Wonka mentre girava per il quartiere con i suoi amici, bussando alle porte per fare "Dolcetto o Scherzetto". Indossava un semplice lenzuolo bianco, che lo trasformava in un piccolo fantasma. Nonostante il costume fosse modesto, ciò che colpiva di più era l'orribile apparecchio dentale che gli teneva forzatamente la bocca aperta.
La notte era densa di risate e di ombre danzanti create dalle lanterne di zucca, e Willy si divertiva come non mai, raccogliendo una quantità impressionante di dolcetti nel suo secchiello arancione. Tornato a casa, una normale abitazione tranquilla e austera, venne accolto dal silenzio inquietante che regnava nel grande soggiorno. La stanza era fiocamente illuminata dal bagliore tremolante di un imponente camino, le cui fiamme scoppiettavano allegramente, contrastando con l'atmosfera cupa del resto della casa. I mobili erano pochi: una poltrona rigida, rivestita di cuoio scuro e un tavolo rotondo, sul quale risaltava l'argenteo riflesso di un piatto scintillante.
Suo padre, il severo Wilbur Wonka, noto come il dentista più rinomato della città, lo attendeva con le braccia incrociate e un'espressione truce sul volto. Senza dire una parola, afferrò il secchiello dalle mani del ragazzo e lo svuotò sul piatto d'argento, lasciando che i dolci cadessero rumorosamente.
«Caramelle!» esclamò il dentista, la voce intrisa di disapprovazione mentre esaminava attentamente i dolciumi. «Si attaccherebbero al tuo apparecchio, no? E guarda un po', lecca-lecca... Dovrebbero essere chiamati congegni da carie. E poi tutto questo... tutto questo... cioccolato!» Il signor Wilbur Wonka s'irrigidì, la sua espressione diventando ancor più severa. «Sai, la settimana scorsa stavo leggendo in un'importante rivista medica che certi bambini sono allergici al cioccolato: gli fa prudere il naso.»
Il piccolo Willy, con gli occhi spalancati e pieni di speranza, tentò timidamente: «Forse io non sono allergico. Potrei provare con un pezzetto.»
«Ma perché correre il rischio» rispose il dentista con un sorriso che non conteneva alcuna traccia di gentilezza.
Senza esitare, afferrò il piatto e, con un gesto deciso, svuotò i dolciumi nelle fiamme scoppiettanti del camino le quali si alzarono brevemente, illuminando i volti di padre e figlio: l'uno impassibile, l'altro disperato.
Il crepitio del fuoco era l'unico suono che riempiva la stanza buia, mentre il giovane Willy si ritrovava a fissare il vuoto, sentendosi sopraffatto dalla delusione. Quel momento, segnato dall'odore acre del cioccolato bruciato, rimase impresso nella sua mente, destinato a diventare un ricordo doloroso che lo avrebbe accompagnato per anni.
***
«SIGNOR WONKA? SIGNOR WONKA! ANDIAMO VERSO UN TUNNEL!» urlò improvvisamente Charlie, la voce piena di panico, risvegliando il cioccolatiere dai suoi cupi pensieri.
«Oh, sì... AVANTI VELOCE!» ordinò, con gli occhi che scintillavano di una strana luce.
Il battito del tamburo si fece sempre più acuto, un ritmo incessante e quasi assordante che rimbombava nelle orecchie di tutti. Theresa si strinse al bordo della barca, il cuore che le batteva forte nel petto, preparandosi a sopportare il terribile supplizio che sembrava avvicinarsi rapidamente.
«Come fanno a vedere dove vanno?» chiese Violetta.
«Non lo vedono. Non si sa dove stiamo andando» rispose il cioccolatiere. «ACCENDERE LE LUCI!» gridò all'improvviso.
In un attimo, la barca si immerse nella ripida discesa del tunnel. Le luci si accesero all'improvviso, illuminando il tutto in una danza di colori psichedelici, mentre il cavalluccio marino di zucchero accelerava, sfrecciando come un proiettile lanciato nell'ignoto. L'atmosfera si caricò di una tensione palpabile, e il viaggio si trasformò in una folle corsa verso l'ignoto, in cui ogni secondo sembrava trascinare tutti sempre più lontani dalla realtà.
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