Capitolo 4
La notte era tranquilla, il cielo sereno. I lampioni illuminavano le strade innevate della città, compresa la fabbrica, di cui i cancelli si aprirono e piccoli ometti su motorini rossi firmati Wonka uscirono in strada per incollare ai pali dei volantini, i quali furono letti soltanto al mattino successivo. L'aria era pungente e frizzante, il respiro delle persone formava piccole nuvole di vapore mentre si muovevano per i quartieri.
Cherry Street era gelida, innevata. Le case allineate lungo la strada sembravano uscite da una cartolina natalizia, con i tetti coperti di neve e le finestre illuminate da calde luci interne. Una folla di curiosi si riunì intorno al palo più vicino, leggendo il volantino firmato da Willy Wonka. Alcuni avevano ancora il pigiama sotto i cappotti, tanto era forte la loro curiosità di scoprire cosa avesse causato tutta quell'agitazione.
Theresa, approdata in zona per un servizio di book fotografico invernale, si incuriosì e lesse volantino.
"Cari abitanti del mondo, io, Willy Wonka,
ho deciso di permettere a cinque bambini di
visitare la mia fabbrica. Inoltre, uno dei cinque
bambini riceverà un premio speciale che
va oltre ogni aspettativa."
Il vento le sollevava leggermente i capelli, facendoli danzare come fili di seta nell'aria gelida.
Sorrise, pensando tra sé che Willy Wonka non si smentiva mai, perché dopotutto i geni hanno sempre mille uscite sorprendenti. Pertanto quel suo sorriso non passò inosservato e, prima che potesse andare, Charlie la riconobbe.
«Theresa?» disse con un misto di incredulità e gioia nella voce, avvicinandosi con passi decisi ma esitanti sulla neve. «Sei proprio tu?»
Theresa gli sorrise, in seguito ebbe l'onore di scoprire che egli fosse Charlie Bucket, il nipote di nonno Joe.
«È stato un piacere conoscerti. Spero di rivederti presto» gli disse.
«Ma quella non era la Collins di Willy Wonka?» si fece avanti una donna massiccia.
«Lo era, ma solo una volta» rise un'altra.
«Che sciocca, si è fatta scappare il meglio!»
«E per vivere s'è messa a recitare... Mah!»
«Solo? Quella lì posa anche per varie riviste di moda!»
«Forse è quello che voleva...» provò a difenderla Charlie.
«Io mi sarei tenuto Wonka!» lo apostrofò la donna massiccia.
Theresa udì bene quei mormorii sul suo conto, tant'è che, una volta in sella alla sua bici, s'avvicinò a quelle oche e le schernì una ad una.
«Mie care signore, prima di sparlare sul mio conto, informatevi bene sulla mia vita privata e forse, dopo, ne riparleremo con calma.»
«E su cosa dovremmo informarci?» le fu chiesto con spavalderia.
«Io e il cioccolatiere abbiamo litigato solo per un malinteso, e se non siamo tornati insieme è stato per mia scelta. Di certo non ne discuto con voi. Per cui smettetela di infangarmi. Buona giornata!»
Le tre signore tacquero e Theresa andò via, soddisfatta di se stessa. La neve scricchiolava sotto le ruote della sua bici mentre si allontanava, sentendosi più leggera dopo aver liberato il cuore da quel peso.
Charlie corse a casa e raccontò tutto alla sua famiglia. Al pronunciare il nome di Theresa, nonno Joe sorrise nostalgico: non la vedeva da tempo. Poi l'argomento si spostò sui biglietti d'oro, di cui se ne stava già parlando in televisione.
Nonno Joe fu il più emozionato di tutti.
«Non sarebbe magnifico, Charlie? Aprire una tavoletta di cioccolato e trovarci dentro un biglietto d'oro!» esclamò, i suoi occhi brillanti di entusiasmo.
«Certo! Ma io ne ricevo solamente una per il mio compleanno» gli rammentò il bambino.
«Il tuo compleanno è fra una settimana» disse sua madre, mentre lavava il pavimento, guardandolo con un sorriso incoraggiante.
«Tu hai le stesse probabilità di chiunque altro» gli disse nonna Josephine, cercando di infondere ottimismo.
«Baggianate!» intervenne severamente nonno George. «Troveranno il biglietto d'oro quelli che possono permettersi tavolette di cioccolato ogni giorno, il nostro Charlie ne riceve una sola all'anno. Non ha possibilità!»
Nonna Georgina, mentre cuciva con gli uncinetti della lana, annuì silenziosamente.
«Tutti hanno una possibilità, Charlie» tentò di convincerlo nonna Josephine.
«Ricorda le mie parole: il primo che troverà un biglietto d'oro sarà grasso come un porcello» disse nonno George.
E non si sbagliò mica!
Augustus Gloop, dalla Germania, era un grasso, grosso bambino dal corpo pasciuto, i capelli biondi, gli occhi azzurri e parlava con un accento moscio. Trascorreva il suo tempo a sgranocchiare cioccolato Wonka e, mentre suo padre preparava salsicce nella sua macelleria, la madre si mise in mostra dinanzi ai giornalisti.
Era una donna tarchiata, dai capelli rossi e un trucco pesante. Aveva anch'essa l'accento moscio e il marito, alle sue spalle, un grosso omone dai baffoni biondi, sorrise orgoglioso.
«Sapevamo che il biglietto d'oro l'avrebbe trovato lui» disse la donna. «Augustus mangia tanto di quel cioccolato al giorno che era praticamente impossibile che non ne trovasse almeno uno.»
«Augustus, come hai festeggiato?» gli chiese uno dei giornalisti e il bambino rispose: «Mangiando altro cioccolato!»
Augustus tirò fuori dalla tasca una tavoletta di cioccolato, strappò la carta colorata con frenesia e ne addentò subito un gran boccone. Sua madre, sorridente, gli sollevò la mano che stringeva il biglietto d'oro, mangiucchiato da un lato, mentre i giornalisti scattavano una quantità di foto.
«L'avevo detto che era un porcello!» esclamò nonno George, disgustato.
«Ma che bambino orripilante!» esclamò nonna Josephine, riluttante.
«Restano solo quattro biglietti d'oro» disse Charlie, apprensivo.
«Ora che ne hanno trovato uno, vedrete che impazziranno tutti» disse nonno Joe, con un sorriso sornione.
Effettivamente, nei giorni a venire, in Inghilterra, una bambina aveva trovato il secondo biglietto d'oro. Era Veruca Salt, mingherlina e viziata, dai capelli castano scuro raccolti in morbidi boccoli che risaltavano gli occhi azzurri.
In realtà, era stato suo padre a procurarle il biglietto. Il signor Salt lavorava nel campo delle noci, quindi disse alle sue operaie: «Signore, da questo momento smettete di sgusciare noci e iniziate a sgusciare la carta di queste tavolette di cioccolato.»
Dopo tre giorni ancora niente, finché un'operaia trovò il biglietto d'oro e il signor Salt glielo strappò di mano.
«Papà, io voglio un altro pony!» fu la risposta di Veruca appena ricevuto il suo biglietto d'oro.
«È anche peggio del bambino porcello» commentò nonno George con sarcasmo, il volto contorto in una smorfia di disprezzo.
«Non credo sia giusto: non è stata lei a trovarlo» disse Charlie, indignato.
«Non preoccuparti, Charlie. Quell'uomo ha viziato sua figlia e non è mai un bene viziare una ragazzina in quel modo» disse nonno Joe, cercando di tranquillizzarlo.
La porta di casa si aprì. Fuori era buio e i coniugi Bucket rincasarono, trepidanti di dare una bella notizia a Charlie. La vecchia televisione poggiata sul tavolo venne spenta, interrompendo il notiziario sui biglietti d'oro.
«Charlie, la mamma e io pensavamo: vuoi aprire il tuo regalo di compleanno stasera?» gli chiese suo padre. Charlie sorrise, gli occhi brillanti di anticipazione.
«Ecco qua!» sua madre gli diede un bel pacchetto da scartare, avvolto in una carta colorata che scintillava alla luce fioca della lampada.
Charlie indugiò un tantino, ma dentro di sé era impaziente di scartare quella che sicuramente era una tavoletta di cioccolato.
«Forse dovrei aspettare domani...» disse, quasi timoroso.
«Col cavolo!» bestemmiò nonno George.
«Papà!» lo riprese il signor Bucket, con un'occhiata severa.
«Tutti insieme abbiamo trecentottantuno anni, che cosa aspettiamo a fare?» lo convinse nonno Joe.
Tremante per l'emozione, Charlie scartò lentamente la sua tavoletta Cioccocremolato Wonka al Triplosupergusto, il cuore che batteva forte.
«La preferita di Theresa» gli sussurrò nonno Joe, aggiungendo un tocco di magia al momento.
Charlie sorrise, dopodiché iniziò a strappare i vari involucri dal cioccolato, sentendo sua madre dire: «Charlie, non devi essere troppo deluso, sai, se non... se non trovi...»
«Comunque vada ti resta sempre la cioccolata» aggiunse suo padre.
Tutti si concertarono su Charlie e la sua tavoletta. Improvvisamente, quel letto matrimoniale su cui tutti erano poggiati, divenne trepidante di emozioni contrastanti. Nonno Joe era sul punto di scoppiare, ma quando il bambino tolse l'ultimo involucro, la gioia si spense: non c'era nessun biglietto d'oro.
«Ah be', è andata così» disse nonno Joe, cercando di mascherare la delusione.
«La dividiamo» rispose Charlie, con un sorriso forzato.
«Oh, no, Charlie! È il tuo regalo di compleanno...»
«È la mia cioccolata e ci faccio quello che voglio.»
Trattenendo il pianto, Charlie divise equamente la sua tavoletta di cioccolato, assaporandone un pezzetto. Fatta eccezione per nonna Josephine, che preferì annusarlo con un sorriso nostalgico.
Il giorno seguente, Charlie uscì per una passeggiata. Le strade non erano molto affollate, ma le poche persone che passeggiavano tranquille si fermavano ad ammirare le bici nella vetrina di un negozio vicino oppure leggevano il giornale. I fiocchi di neve scendevano lenti, coprendo ancora la città già tinta di bianco.
Charlie raccolse dalla pattumiera un giornale appena buttato e lo portò a casa, consegnandolo a suo padre.
«Bravo, vediamo che hai trovato!» esclamò nonno Joe, curioso.
«Il terzo biglietto d'oro è stato trovato da Violetta Beauregarde» lesse il signor Bucket, scorrendo l'articolo.
Violetta Beauregarde, dell'Atlanta, era una bestia di ragazzina dai capelli biondi a caschetto e gli occhi smeraldini. Come sport praticava il karate ed era campionessa mondiale di gomme da masticare: ne stava masticando una da tre mesi pieni. Sua madre, una bellissima donna alta, anch'essa dai capelli a caschetto biondo e gli occhi azzurri, disse ai giornalisti di aver vinto lei stessa dei premi come majorette.
Nel filmato, si potevano vedere le immagini di Violetta mentre stendeva aggressivamente tre combattenti di karate.
«Che bestia di ragazzina!» esclamò con riluttanza nonna Josephine.
«Davvero spregevole» convenne nonna Georgina.
«Non sai di cosa stiamo parlando» le bisbigliò nonno George.
«Di libellule?!» fu la risposta confusionaria di nonna Georgina, che si stava perdendo nel discorso.
Al notiziario fu subito annunciato che il quarto biglietto d'oro era stato trovato da Mike Tivù, un bambino mingherlino del Colorado con occhi marroni e capelli castani. Non sembrava, tuttavia, felice di andare alla fabbrica. Passava il suo tempo a giocare con i videogiochi e a urlare "Muori! Muori! Muori!" contro lo schermo.
Nell'intervista, rivelò di aver trovato il biglietto d'oro con una sola tavoletta svelando un codice che gli aveva permesso di trovarlo facilmente.
«E che sapore aveva?» gli domandò un giornalista, alludendo al cioccolato.
«Non lo so. Io odio il cioccolato!» esclamò Mike con disprezzo.
Quell'affermazione mandò in bestia nonno George, che inveì, imbestialito, contro Mike. Charlie, per via di suo padre che gli tappò le orecchie, non sentì nulla, quindi la televisione fu spenta e gli animi tornarono calmi.
«Papà!» disse Charlie, rompendo il silenzio.
«Sì, Charlie?» rispose il signor Bucket, cercando di sembrare tranquillo.
«Perché non sei a lavoro?»
I coniugi Bucket si guardarono, esitando per un momento.
«La... f-fabbrica di dentifricio mi ha dato del tempo libero.»
«Come una vacanza?»
«Sì, qualcosa del genere.»
In realtà, non si trattava affatto di una vacanza: con l'incremento della vendita di cioccolato era aumentata anche la carie e, di conseguenza, la vendita di dentifricio. Con il denaro ricavato, la fabbrica in cui lavorava il signor Bucket aveva deciso di modernizzarsi, eliminando il suo lavoro e sostituendolo con una macchina automatica.
«Come faremo a sbarcare il lunario ora?» chiese il signor Bucket, meditabondo.
«Troverai un altro lavoro» rispose sua moglie, mentre stendeva il bucato con mani abili e stanche. «Nel frattempo, io posso annacquare un altro po' la zuppa» sdrammatizzò, abbracciandolo da dietro. «Non preoccuparti, signor Bucket, la fortuna girerà. Ne sono sicura.»
Charlie ascoltò tutto dalla sua cameretta. Per un attimo, i suoi occhi si riempirono di lacrime perlate, ma subito dopo udì nonno Joe fare il suo nome. Il ragazzo si precipitò dal vecchietto in silenzio, evitando di svegliare gli altri nonni che dormivano.
«Il mio gruzzolo segreto» bisbigliò nonno Joe, mostrando a Charlie una moneta d'argento luccicante. «Io e te faremo un altro tentativo per trovare l'ultimo biglietto.»
«Sei sicuro di voler spendere così i tuoi soldi?»
«Sì che sono sicuro. Tieni. Vai. Corri al negozio più vicino e compra la prima tavoletta Wonka che vedi. Portala qui e l'apriremo insieme.»
Charlie afferrò la moneta con mano tremante e corse fuori. Quando tornò a casa, trovò nonno Joe appisolato.
«Nonno» lo scosse Charlie, cercando di svegliarlo delicatamente. Nonno Joe si svegliò di soprassalto, gli occhi che brillavano di speranza. «Ti eri addormentato.»
«L'hai portata?» chiese nonno Joe. Charlie gli mostrò la tavoletta Wonka. «Allora, come vuoi che l'apriamo?»
«Un colpo solo, come un cerotto!»
Entrambi chiusero gli occhi e, con mani tremanti, scartarono la tavoletta dalle varie carte. Quando il cioccolato fu spoglio, Charlie e suo nonno guardarono con il cuore in gola: ancora nessun biglietto d'oro.
Il pomeriggio seguente, Charlie era dinanzi alle mura di cinta della fabbrica. Annusò profondamente l'aria, sentendo l'odore del cioccolato fondente. Deglutì un groppo mentre un gruppo di persone passava dicendo che l'ultimo biglietto era stato trovato da un bambino russo. Si incamminò a capo chino per le strade innevate di Cherry Street, con il cuore appesantito dalla delusione.
A un tratto, nella neve, vide qualcosa che brillava e oscillava grazie al vento: una bella banconota verde. La raccolse con mani intirizzite e, con un lampo di speranza, entrò nel negozio vicino chiedendo un Cioccocremolato Wonka al Triplosupergusto.
Nel frattempo, una donna intenta a leggere il giornale si lamentò della gente che aveva falsificato il quinto biglietto d'oro, quando, improvvisamente, gli occhi di tutti si puntarono su Charlie.
«È un biglietto d'oro...» disse il commerciante del negozio, mentre il ragazzo osservava il suo biglietto con stupore. «TU HAI TROVATO L'ULTIMO BIGLIETTO D'ORO... NEL MIO NEGOZIO!»
«Vendilo a me! Ti do cinquanta dollari e... e una bici nuova!» gli si avvicinò un uomo.
«Ma cosa dice? Io gli offro cinquecento dollari per quel biglietto!» si fece avanti la donna che leggeva il giornale. «Vuoi vendermi il biglietto per cinquecento dollari?»
«Adesso basta, lasciate stare il ragazzo!» li riprese il commerciante. «Senti, non devi darlo a nessuno. Portalo dritto a casa, hai capito?»
«Grazie!» si congedò Charlie, il cuore che batteva forte nel petto.
Corse il più velocemente possibile, i piedi affondavano nella neve, e quando arrivò a casa non riuscì a trattenere l'immensa gioia che stava provando. Entrò urlando, seguito dai coniugi Bucket, e lasciò il biglietto tra le mani di nonno Joe.
La vista del vecchietto, nonostante i grossi occhiali tondi che aveva sul naso, sembrò sfocata, ma poco a poco divenne nitida.
«YUPPYYY!!!» balzò dal letto, mettendosi a ballare il Tip Tap sotto gli occhi increduli della famiglia, consegnando il biglietto d'oro al signor Bucket. «Tieni! Leggi ad alta voce! Sentiamo che cosa dice esattamente!»
Alla signora Bucket cascarono di mano legna e cavoli mentre si avvicinava al marito per guardare il biglietto. Il signor Bucket lesse tutto d'un fiato, con gli occhi sgranati.
«Il primo febbraio... ma è domani!» esclamò la signora Bucket quando il marito lesse le ultime istruzioni sul biglietto d'oro.
«Non c'è un momento da perdere, Charlie!» esclamò di fretta nonno Joe. «*Lavati la faccia, pettinati i capelli, pulisciti bene le mani, lavati i denti, soffiati il naso, tagliati le unghie...»
«...e togliti il fango dai pantaloni!» concluse nonno George.
«Dobbiamo tutti mantenere la calma!» si intromise la signora Bucket. «La prima cosa da decidere è questa: chi andrà con Charlie alla fabbrica?»
«Ci vado io! Lo porto io! Lascia fare a me!» si propose, eccitato, nonno Joe.
«Non credi, caro, che dovresti andare tu?» domandò la signora Bucket a suo marito.
«Be', nonno Joe sembra saperne molto più di tutti noi e... sempre che, naturalmente, si senta bene.»
«YUPPYYY!!!» Nonno Joe si rivolse a Charlie, felice.
«No, non ci andremo!» decise il ragazzo. «Una donna mi ha offerto cinquecento dollari per quel biglietto. Scommetto c'è chi pagherebbe di più. I soldi ci servono più del cioccolato.»
Nonno Joe si abbandonò sul letto a capo chino, infelice e di malumore. I coniugi Bucket, al contempo, rimasero dispiaciuti per quella decisione presa dal figlio.
«Giovanotto, vieni qui!» gli ordinò nonno George con voce grave.
Charlie fece il giro della stanza per raggiungerlo all'altro lato del letto.
«È pieno di soldi là fuori, sai? E ne stampano altri ogni giorno. Ma questo biglietto... Ne esistono solo cinque come questo in tutto il mondo! E non ce ne saranno altri mai più. Solo uno scemo scambierebbe questo biglietto con una cosa comune come i soldi. Tu sei... uno scemo?»
«No, signore!» rispose Charlie, con determinazione.
«Allora togliti il fango dai pantaloni: la fabbrica ti aspetta!»
*L'elenco di Nonno Joe l'ho preso dal libro originale di Roald Dahl.
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