Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 15

Le strade di Cherry Street si affollarono di cittadini indaffarati. Il freddo pungente sembrava non scoraggiare nessuno: cappotti pesanti e sciarpe colorate si muovevano in ogni direzione, mentre il sole pallido illuminava un paesaggio quasi immobile, ricoperto da uno strato uniforme di neve fresca.

La luce del mattino era dolce ma fredda, e i marciapiedi, imbiancati e decorati dalle orme della folla, aggiungevano un tocco quasi fiabesco alla scena.

In una piccola stradina laterale, vicino a un negozio di biciclette colmo di campanelli tintinnanti e catene appese alla vetrina, Charlie Bucket aveva trovato un modo semplice ma efficace per guadagnare qualche spicciolo. Con un vecchio kit da lucidascarpe ereditato dal nonno, si era sistemato sul ciglio del marciapiede e puliva le scarpe dei passanti. Le sue mani, rosse per il freddo, lavoravano con cura mentre osservava con occhi attenti e curiosi ogni paio di scarpe che gli veniva sottoposto.

Davanti a lui si fermò un uomo. Alto e avvolto in un cappotto scuro, sembrava piuttosto misterioso: reggeva un giornale davanti al volto, nascondendo la propria identità. Charlie non riuscì a vedere chi fosse, ma non si perse d'animo e si mise a lavoro con dedizione.

La stoffa del panno scivolava sulle scarpe dell'uomo, rimuovendo ogni traccia di sporco, mentre il cliente, senza abbassare il giornale, si rivolse a lui con tono sbrigativo.

«Peccato per quel tizio del cioccolato, Wentel Wontel», borbottò l'uomo.

Charlie, perplesso, aggrottò la fronte.

«Willy Wonka?», lo corresse prontamente, continuando a spazzolare con vigore.

«Sì, lui», confermò l'uomo senza scomporsi. «Il giornale dice che i suoi nuovi dolci non stanno andando bene, ma immagino sia la fine che si merita una carogna come quella.»

«Sì!»

«Ah sì, eh? L'hai mai incontrato?»

«Sì, certo!», replicò il ragazzo, leggermente indignato. «All'inizio era fantastico, ma poi non si è rivelato tanto gentile come con Theresa.» Fece una pausa. «Ha un buffo taglio di capelli!»

In quell'istante, l'uomo abbassò improvvisamente il giornale, come se fosse stato punto sul vivo. Sotto il cappotto scuro e gli occhiali da sole spessi, il cioccolatiere Willy Wonka fissava Charlie con sguardo offeso, e con il suo consueto cilindro in testa e il bastone da passeggio lucido tra le dita.

«Non lo è! Non è vero!», sbottò, difendendosi.

«Perché lei è qui?», gli domandò Charlie.

Wonka alzò le spalle con un'espressione pensierosa e, quasi senza volerlo, rispose con un tono mesto: «È che non sono in forma... Cosa ti fa sentire meglio quando ti senti a pezzi?»

«La mia famiglia», rispose il ragazzo senza esitazione.

Wonka fece una smorfia di disgusto, inarcando leggermente il naso. «Eww!»

«Che cos'ha lei contro la mia famiglia?».

«Non ho niente, figurati. È l'idea della... f... f...», Wonka sembrava quasi impossibilitato a pronunciare la parola. Alla fine, sbuffò in segno di resa. «Ti dicono sempre cosa fare e cosa non fare e questo non favorisce esattamente un'atmosfera creativa.»

«Loro cercano di proteggerci perché ci vogliono bene.»

Willy Wonka non era per nulla convinto. La sua espressione di disappunto si accentuò, il viso si contrasse in una smorfia ancora più riluttante e si sforzò persino di distogliere lo sguardo, come se il semplice pensiero di una famiglia calorosa fosse per lui inconcepibile.

«Se non mi crede glielo chieda», gli suggerì Charlie con tono fermo.

Willy Wonka scosse il capo in fretta, come se fosse stato toccato da un pensiero quasi ridicolo.

«Chiederlo a chi? A mio padre? Ah-ah!», esclamò, lasciando sfuggire una risata forzata, come se quel gesto stesso fosse un assurdo fuori dalla sua portata. «Lo escludo!». aggiunse con un tono quasi spavaldo. Ma poi si corresse, con una punta di esitazione: «O quanto meno... non da solo...»

«Vuole che venga con lei?», chiese Charlie, e gli occhi di Wonka si accesero di una gratitudine mista a sorpresa, mentre il suo viso si apriva in un sorriso quasi infantile.

Con la presenza di Charlie al suo fianco, Wonka sembrava improvvisamente più sicuro, come se quella piccola compagnia gli avesse donato una nuova forza. Theresa non era mai riuscita a convincerlo a fare il grande passo verso una riconciliazione con il padre. Willy le aveva chiesto, con una gentilezza disarmante e un certo riserbo, di non parlarne più. Ma ora, qualcosa in quel suggerimento di Charlie aveva acceso in lui una scintilla.

«Ehi! Ehi, che bell'idea! Sì!», esclamò con entusiasmo, alzandosi dalla sedia con una gestualità quasi teatrale, mentre si lanciava in una camminata avanti e indietro, lanciando sguardi di gratitudine a Charlie. «E pensa, ho anche il mezzo di traspor...», ma nell'impeto, finì per sbattere dritto contro il suo ascensore di vetro. Cadde a terra, rialzandosi con una disinvoltura tipica del suo stile eccentrico. «Devo stare attento a dove lo parcheggio, 'sto coso», disse con un sorriso impacciato.

Con un rapido tocco, Wonka pigiò un tasto in cima all'ascensore. La struttura di vetro cominciò a sollevarsi dolcemente, ma non prima di aver sollevato una piccola bufera di neve attorno a loro. Un turbinio di aria gelida si riversò sulla strada, spazzando via un sottile strato di neve dai marciapiedi di Cherry Street e lasciando dietro di sé un leggero fruscio.

Charlie osservava affascinato mentre, da quell'altezza, la città sembrava rimpicciolirsi in un disegno in miniatura, con i tetti innevati che si estendevano verso l'orizzonte. L'ascensore di vetro li portava sempre più in alto, mentre il cioccolatiere lo guidava con una concentrazione inusuale, cercando il quartiere che conosceva fin troppo bene.

Davanti a loro, nella foschia della mattina, cominciava a prendere forma una vecchia cittadina dall'aria solitaria e malinconica, e in mezzo a quella quiete si delineò un palazzetto di mattoni scuri che sembrava aspettare il loro arrivo da molto, troppo tempo.

Non appena l'ascensore si fermò a pochi passi dall'edificio, Wonka e Charlie scesero, camminando in silenzio fianco a fianco. I loro piedi affondavano nella neve e, a ogni passo, il cioccolatiere sentiva il battito del proprio cuore aumentare, colmando l'aria di un ritmo ansioso e irregolare. L'idea di trovarsi lì, proprio di fronte a quella casa, gli rendeva il respiro pesante, come se tutto il coraggio che aveva accumulato fino a quel momento si stesse lentamente dissipando.

Si arrestò ai piedi dei gradini che conducevano all'ingresso.

«Forse abbiamo sbagliato casa...», sussurrò con voce trepidante, sperando quasi che Charlie gli proponesse di tornare indietro. Ma il cartellino dorato affisso alla porta dissipò ogni dubbio: Wilbur Wonka, Dental Practitioner.

Wonka deglutì, sentendo lo stomaco contrarsi mentre la realtà lo colpiva come un pugno.

Charlie, senza indugiare, suonò il campanello. Emise un suono lieve, che sembrò risuonare per un'eternità nell'aria immobile. Dopo quello che parve un tempo interminabile, la porta si aprì lentamente, cigolando come se fosse stata chiusa per decenni. Sull'uscio apparve una figura dall'aria solenne e composta, che tuttavia portava con sé i segni della stanchezza.

L'uomo che li accolse aveva i capelli bianchi, con ciocche sparse che cadevano in modo ordinato ai lati del viso. Il suo volto era austero, ma i suoi occhi, arrossati dal passare degli anni e di chissà quali notti insonni, lasciavano trasparire una lieve curiosità. Portava un camice da medico, che si stagliava con una severa eleganza contro il suo fisico, e un paio di occhiali eleganti pendevano sul suo naso affilato.

Era Wilbur Wonka, e osservava suo figlio come se stesse guardando un estraneo.

«Avete un appuntamento?» domandò l'uomo, guardandoli sopra gli occhiali con aria severa ma incuriosita. La sua voce era formale, eppure tradiva una certa sorpresa di fronte a quei due visitatori inattesi.

«No, ma non può più aspettare», rispose prontamente Charlie, mentre Willy Wonka rimase immobile, quasi paralizzato dall'emozione, incapace di trovare le parole.

Il dentista li fece accomodare con un gesto della mano e li condusse attraverso un lungo corridoio freddo e silenzioso. Willy si guardava intorno con stupore e una punta di malinconia; la casa di suo padre sembrava rimasta immutata, come congelata nel tempo. Persino il quadro appeso alla fine del corridoio, un austero paesaggio invernale, era lo stesso di sempre, e un'ondata di ricordi d'infanzia riaffiorò, rendendolo ancora più teso.

Nello studio, tutto era come lo ricordava: gli strumenti dentistici disposti con cura sul tavolo metallico, la classica sedia reclinabile al centro della stanza, e l'odore sterile di disinfettante che lo riportava agli anni in cui suo padre lo costringeva a regolari e meticolosi controlli ai denti.

Willy rabbrividì, osservando con una certa reverenza i ferri dentistici scintillanti sotto la luce della lampada, così simili eppure così estranei alla sua vita attuale, colma di colori e dolcezza.

Durante l'esame, il cioccolatiere rimase in silenzio, fissando ogni movimento del padre con attenzione. Vedeva ora quei gesti precisi e abitudinari, che un tempo aveva trovato opprimenti, con un misto di curiosità e nostalgia.

Nel frattempo, Charlie esplorava le pareti dello studio: scoprì una vasta collezione di articoli di giornale e foto, tutte riguardanti Willy Wonka e la sua fabbrica di cioccolato. Un'intera parete era dedicata ai successi del figlio e su una mensola spiccava una vecchia foto sbiadita che mostrava un giovane Willy dallo sguardo malinconico e privo di quel caratteristico apparecchio ai denti.

Charlie notò anche un vecchio album pieno di ritagli e articoli accuratamente conservati. Con sorpresa, trovò alcune foto in cui il cioccolatiere era accanto a una ragazza sorridente, una parte della sua vita che raramente aveva menzionato. Questo dettaglio, per quanto semplice, mostrava un lato tenero e nascosto del signor Wilbur, che aveva conservato ogni piccolo successo e momento significativo di suo figlio, anche se da lontano.

A un tratto, Wilbur Wonka interruppe l'esame, sbarrando gli occhi con una scintilla di sorpresa.

«Oh, cielo!», esclamò, guardando con maggiore attenzione. «Non vedo tre molari del genere da quando... da quando...», lasciò la frase in sospeso mentre osservava più da vicino il volto di quell'uomo che aveva di fronte. Lo sguardo serio si addolcì e, in un sussurro commosso, domandò: «Willy?»

«Ciao, papà», rispose il cioccolatiere con un sorriso timido e sincero.

Il dentista ripose con cura gli strumenti mentre Willy si alzò dalla sedia, ritrovandosi finalmente faccia a faccia con suo padre. Si guardarono in silenzio per un istante carico di tensione e emozioni sopite. Il signor Wilbur Wonka sentì gli occhi velarsi di lacrime e il cuore pesante di rimpianti e sentimenti irrisolti. Per anni aveva vissuto nell'orgoglio e nella distanza, e ora sentiva la barriera crollare.

«Tutti questi anni... senza filo interdentale», mormorò Wilbur, commosso, trattenendo a fatica le lacrime.

«Neanche una volta!», replicò con orgoglio suo figlio, con un sorriso che riaccendeva in lui l'animo giocoso di un bambino ribelle.

Wilbur esalò un sospiro profondo, incerto se scoppiare a ridere o a piangere. Alla fine, scelse di lasciarsi andare e abbracciò Willy con forza, stringendolo come se avesse paura di perderlo di nuovo.

Charlie osservava con discrezione, colpito dall'intensità di quell'abbraccio e, per un istante, sentì gli occhi inumidirsi anche lui.

Più tardi, Wonka e Charlie fecero ritorno a casa Bucket. Giunti sull'uscio, il ragazzo esclamò con entusiasmo: «Scusate il ritardo, facevamo dei progetti!», mentre il cioccolatiere lo seguiva, ancora assorto in pensieri piacevolmente sconvolgenti.

«Resti a cena, Willy?», domandò con gentilezza il signor Bucket, accogliendolo con un sorriso caloroso.

«Sì, grazie», rispose Wonka, lasciando da parte il suo cappotto, bastone e tuba.

La casa era pervasa dal profumo di un pasto casalingo e speziato che scaldava l'aria e l'animo. Si sistemò a tavola tra nonna Georgina e nonna Josephine, mentre Charlie si sedeva tra nonno Joe e nonno George. I coniugi Bucket presero posto alle estremità del tavolo, distribuendo con amore e orgoglio i piatti pieni di cibo.

«Tu profumi di noccioline», notò nonna Georgina con un sorriso dolce. Willy, toccato dalla spontaneità della donna, le sorrise di rimando. «Adoro le noccioline!»

«Oh, grazie! E tu profumi di vecchietta per bene e sapone», rispose il cioccolatiere con un'allegria che sembrava riempire la stanza. «Mi piace!»

Nonna Georgina scoppiò di gioia, gettandosi a capofitto in un abbraccio inaspettato, stringendolo come se fosse un nipote ritrovato. Anche la signora Bucket osservava la scena con un sorriso, mentre distribuiva i piatti caldi.

Il cioccolatiere si sentiva circondato da un affetto genuino e mai provato prima, come se ogni sguardo e ogni gesto gli restituisse un pezzo di umanità che non aveva mai conosciuto.

«Charlie, metti giù i gomiti dal tavolo!», disse nonna Josephine con tono imperioso, e il ragazzo obbedì immediatamente.

«E degli aquiloni al lampone cosa ne dici?», propose il cioccolatiere, con una scintilla di entusiasmo negli occhi.

«Con la liquirizia al posto dello spago!», esclamò Charlie; Willy annuì con entusiasmo. «Se Theresa è d'accordo, ovviamente.»

«Ragazzi, a tavola non si parla di lavoro», intervenne dolcemente la signora Bucket, lanciando a entrambi uno sguardo indulgente.

«Scusa, mamma», disse Charlie, abbassando lo sguardo, ma con un sorriso divertito.

Wonka guardò con affetto il giovane di fronte a sé, sentendosi finalmente parte di qualcosa di straordinario e familiare al tempo stesso. «Credo sia una grande idea, Charlie.»

Quella sera, attorno a quel piccolo tavolo, Willy Wonka aveva finalmente trovato ciò che gli era sempre mancato: una famiglia. E Charlie, con la fabbrica di cioccolato che aveva sempre sognato, realizzò che la vera dolcezza era in quell'abbraccio collettivo.

Da quel momento in avanti, per entrambi, la vita non era mai stata più dolce.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro