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Capitolo 10

«Senza la barca dovremmo muoverci a passo di carica per il programma: c'è troppo da vedere!» esclamò il signor Wonka, mentre il tono oscillava tra l'entusiasmo e un'impazienza malcelata.

Al centro del corridoio a chiocciola, situato in una delle torri della fabbrica, si estendeva un lungo tappeto rosso che sembrava fondersi con il grande divisorio che separava la destra dalla sinistra, come se ogni elemento fosse stato progettato per disorientare chi vi entrava.

Quel corridoio aveva un'aura particolare, quasi sinistra, che riportava Theresa indietro a quel giorno specifico, quando lei e il cioccolatiere si erano scontrati per l'ennesima volta. Una tensione invisibile percorreva il tappeto, un ricordo impresso nelle pareti che sembravano pulsare al ritmo dei loro cuori in conflitto.

«Signor Wonka!» lo chiamò Charlie, spezzando il silenzio carico di vecchie ruggini.

«Sì?» rispose il cioccolatiere con un sorriso.

«Perché ha deciso di far venire qui delle persone?»

«Perché visitassero la fabbrica, è chiaro.»

«Ma perché adesso? E perché solo cinque?»

«Qual è il premio speciale a chi lo vince?» si intromise Mike, il suo tono era quello di chi è sempre alla ricerca di un guadagno, di un vantaggio.

«Premio speciale, sorpresa speciale!» rise il cioccolatiere.

«Violetta resterà per sempre un mirtillo?» chiese Veruca, spingendo bruscamente Mike.

«No. Forse... Non lo so. Ma succede a chi mastica gomme tutto il giorno, è disgustoso!» rispose il cioccolatiere, riluttante, come se quella questione lo turbasse più del previsto.

«Se odia le gomme, perché le fabbrica?» lo incalzò Mike, senza traccia di rispetto.

«Te lo ripeto: non dovresti borbottare, perché la cosa mi deprime!» rispose il cioccolatiere.

«Troppe cose ti deprimono oggi» lo schernì Theresa.

Il cioccolatiere non si voltò né rispose alla provocazione. Era del tutto normale, del resto, anche quando lavoravano al negozio lei lo contraddiceva spesso.

«Il primo dolce che ha mangiato se lo ricorda ancora?» gli domandò Charlie, interrompendo il flusso di pensieri.

«No...» rispose il cioccolatiere, fermandosi improvvisamente.

Il suono della sua voce era spezzato, come un carillon rotto. Theresa gli andò a sbattere contro, perdendosi nel suo calore familiare che la faceva vacillare. L'istinto voleva indurla a cedere, ad abbracciare quel corpo che era stato suo troppe volte, ma il cioccolatiere era assente: lo sguardo era fisso su un punto lontano, inaccessibile, perso in un ricordo del passato.

***

Il mattino seguente, dopo la spiacevole serata di Halloween, il piccolo Willy Wonka era chino sul camino per spolverarlo, come gli aveva ordinato suo padre. Indossava un calzoncino corto, ma i suoi vestiti non riuscivano a scaldare quel freddo che sembrava venire dall'interno della casa, tanto quanto dal suo cuore. Gli occhi, di solito vivaci e pieni di curiosità, erano persi nel vuoto, riflettendo il grigiore delle ceneri che si accumulavano tra i mattoni del focolare.

Mentre muoveva lo spolverino avanti e indietro, un bagliore catturò improvvisamente la sua attenzione. Le mani si fermarono, e lo sguardo si focalizzò su qualcosa che brillava tra le ceneri: una carta stagnola dorata, increspata ma ancora luminosa. Con il cuore che batteva più forte, si accorse che quella carta avvolgeva una piccola pallina di cioccolato, miracolosamente scampata dalle fauci ardenti del fuoco della sera prima.

Il piccolo Willy Wonka mise da parte lo spolverino, il respiro trattenuto, e si guardò furtivamente intorno per assicurarsi che suo padre non fosse nei paraggi. Con un gesto rapido e deciso, raccolse la pallina dal camino, sentendo l'odore dolce che emanava, un profumo che sembrava trasportarlo in un mondo lontano e magico, ben diverso dalla casa austera in cui viveva.

Per un attimo, la osservò attentamente: la superficie liscia e lucente, perfettamente rotonda, sembrava quasi viva, come se contenesse un segreto. Senza esitare oltre, la tuffò in bocca. Il sapore ricco e vellutato del cioccolato si espanse sulla lingua, sciogliendosi lentamente e avvolgendo i suoi sensi in una dolcezza inebriante. In quell'istante, qualcosa si accese dentro di lui: una scintilla, un sogno, una passione che non lo avrebbe mai più abbandonato.

Da quel momento, non passava giorno senza che, con la paghetta settimanale ricevuta dal padre per piccole commissioni, comprasse di nascosto vari dolciumi. Ogni volta che riusciva a mettere le mani su un nuovo tipo di caramella, cioccolato o dolce, con una meticolosità sorprendente per la sua età, annotava i loro sapori su un piccolo quaderno. Pagine e pagine di descrizioni, sensazioni, abbinamenti che solo lui poteva comprendere.

Talvolta, quando il dottor Wonka era impegnato con i pazienti, Willy si fermava davanti alle vetrine dei negozi di caramelle, gli occhi spalancati di fronte alla meraviglia della produzione di quelle delizie. I suoi pensieri volavano, immaginando come sarebbe stato creare i suoi dolci, mescolare ingredienti segreti per sorprendere e deliziare chiunque li assaggiasse. Era lì, in quelle ore rubate alla sorveglianza paterna, che le sue fantasie prendevano forma: sognava di diventare un famoso cioccolatiere, di possedere una fabbrica in cui ogni dolce sarebbe stato una creazione unica, capace di portare gioia a chiunque lo gustasse.

***

«Scusatemi, stavo avendo un flashback» si destò improvvisamente il cioccolatiere. La sua voce suonava distante, quasi incerta, come se parte di lui fosse ancora intrappolato in quel ricordo lontano.

«Ah, ecco...» fu il commento sarcastico del signor Salt, il quale poggiò le mani sulle spalle della figlia per avvicinarla a sé.

«Questi flashback le capitano spesso?» domandò con noncuranza il signor Tivù.

«Direi di sì... oggi» rispose il cioccolatiere, allontanandosi dai presenti e ridendo in modo strano, una risata che sembrava voler mascherare qualcosa di più profondo, di più doloroso.

Theresa rimase immobile, osservandolo con occhi gonfi e arrossati. Ogni passo che lui faceva sembrava allontanarlo non solo fisicamente, ma anche emotivamente, come se con ogni movimento tagliasse i fili invisibili che la tenevano in vita. La sua presenza, un tempo così confortante, ora sembrava sfuggirle. Sentiva il respiro farsi affannoso, mentre cercava di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere. Si trovò indietro rispetto agli altri, incapace di seguirli immediatamente.

Raggiunsero una grande porta rotonda e bianca: la Stanza delle Noci. Era imponente, quasi minacciosa nella sua perfezione geometrica, con le strisce bianche e azzurre che si intrecciavano in un gioco ipnotico. Al centro, un grosso foro si apriva come una bocca spalancata, pronta a inghiottire chiunque osasse avvicinarsi troppo. L'aria era satura di un intenso aroma di noci, un profumo che sembrava penetrare nelle narici e rimanere lì, persistente e avvolgente.

Sicuro di sé, il signor Salt si avvicinò al cioccolatiere e, con un gesto teatrale, porse il suo biglietto da visita. Wonka lo afferrò con un sorriso enigmatico, per poi gettarlo dietro di sé con un movimento fluido e disinvolto, quasi accecando il signor Tivù che stava alle sue spalle.

«Ah, questa è una stanza di cui so tutto. Vede, signor Wonka, anch'io sono nel campo delle noci. Usa anche lei la Havermax 4000 per fare la cernita?»

«Non sa nemmeno cos'è» scoppiò a ridere Theresa, ora divertita dall'arroganza del signor Salt e dal contrasto evidente tra la sua sicurezza e la realtà che stava per scoprire.

«No» rise il signor Wonka. «Lei è proprio strano.»

Si avvicinò alla porta, fece scattare la serratura e vi entrò senza voltarsi indietro. Gli altri lo seguirono con passo incerto, entrando nella maestosa stanza. Le pareti a strisce bianche e azzurre sembravano pulsare, mentre il rumore delle noci sgusciate dagli scoiattoli riempiva l'aria, creando una sinfonia stridente che rimbalzava da un lato all'altro.

Gli scoiattoli ammaestrati erano al lavoro, le loro piccole zampe si muovevano con una precisione incredibile, raccogliendo le noci e sgusciandole con cura, senza mai rompere il prezioso gheriglio. Veruca sgranò gli occhi eccitata, il volto si illuminò come quello di un bambino davanti a un albero di Natale.

«Scoiattoli!» esclamò, la voce piena di stupore infantile.

«Sì, scoiattoli» confermò il signor Wonka. «Scoiattoli appositamente addestrati per sgusciare noci.»

«Alla faccia dell'Havermax, eh!» esclamò Theresa con un sorriso trionfante, guardando di sfuggita il signor Salt. Amava vedere quel pallone gonfiato sgonfiarsi di fronte all'evidenza della superiorità del cioccolatiere.

Salt, però, non si arrese.

«Perché gli scoiattoli? Perché non usa gli Umpa-Lumpa?» chiese, con l'intento di ridicolizzare il cioccolatiere.

«Perché solo gli scoiattoli sgusciano le noci senza rompere il gheriglio» rispose prontamente Wonka.

«Papà, voglio uno scoiattolo! Prendimi uno di quegli scoiattoli, ne voglio uno!» pretese Veruca, il tono imperioso e capriccioso. I suoi occhi scintillavano di desiderio, mentre osservava quegli animali con una brama insaziabile.

«Veruca, cara, hai già molti magnifici animaletti» tentò di pessuaderla suo padre.

«Tutto quello che ho è solo un pony, due cani, quattro gatti, sei conigli, due cocorite, tre canarini, un pappagallo, una tartaruga e uno stupido, vecchio criceto. IO VOGLIO UNO SCOIATTOLO!»

«D'accordo, piccola, papà ti comprerà uno scoiattolo.»

«Ma io non voglio uno scoiattolo qualsiasi. Voglio uno scoiattolo addestrato.»

«E va bene. Signor Wonka, quanto vuole per uno scoiattolo? Mi dica un prezzo.»

«Oh, non sono in vendita. Non può averne uno.» rispose il cioccolatiere.

«Papà!» esclamò Veruca, con un tono isterico, ma suo padre non aggiunse altro. Per la prima volta, sembrava essersi arreso di fronte a un capriccio della figlia.

«Mi spiace, tesoro, il signor Wonka non è ragionevole!» esclamò il cioccolatiere, imitando il tono del signor Salt, per poi concludere con un broncio esagerato che fece scoppiare Theresa in una risata cristallina.

«Se non vuoi prendermelo tu, allora me lo prenderò io da sola!» gridò Veruca, arrabbiata, mentre si chinava con determinazione e oltrepassava il piccolo cancelletto azzurro che separava le scale bianche dal resto della stanza.

«Veruca, torna subito qui!» le ordinò suo padre, ma Veruca non sembrava minimamente intenzionata a obbedire. Anzi, si fermò a pochi passi dagli scoiattoli, esaminando con cura la fila di animali intenti a lavorare.

Dopo un momento di esitazione, scelse uno scoiattolo nella fila di destra, un esemplare robusto con il pelo fulvo e la coda che si muoveva a scatti nervosi. L'animale interruppe il suo lavoro e la fissò coi suoi occhi neri e penetranti.

«NON TOCCARE LE NOCI DI QUELLO SCOIATTOLO, LO FARAI IMBESTIALIRE!» la avvertì il cioccolatiere.

«E FACCI RIDERE, MI RACCOMANDO!» le disse Theresa con un sorriso tagliente, l'ironia nella sua voce era evidente, e i suoi occhi brillavano di malizia. Aveva visto fin troppe scene di capricci di quella ragazzina e non poteva fare a meno di provare un certo piacere nel vederla finalmente messa alle strette.

«Ma che dici?» la schernì Mike, il suo tono era pieno di disprezzo, come se volesse sminuire il commento di Theresa.

Tuttavia, l'espressione sul volto della ragazza si fece ancora più beffarda. «I cavoli tuoi no, eh?»

Nel frattempo, Veruca, con un sorriso compiaciuto sulle labbra, si chinò lentamente verso lo scoiattolo scelto.

«È te che voglio!» disse, ma lo scoiattolo scappò dallo sgabello in un attimo, seguito dagli altri che abbandonarono i loro posti in un frenetico trambusto.

Veruca fece un salto all'indietro, atterrita, mentre gli scoiattoli la circondavano in un batter d'occhio. Il suo volto, prima trionfante, si trasformò in un'espressione di puro terrore quando i piccoli animali iniziarono ad assalirla, saltandole addosso con sorprendente coordinazione. In pochi istanti, fu a terra, immobilizzata.

Il signor Salt perse completamente il controllo.

«Veruca!» gridò, tentando di forzare il cancelletto che separava la zona di lavoro degli scoiattoli dalla rampa d'accesso. Con il volto rosso di rabbia, gettò uno sguardo carico di odio verso il cioccolatiere, che nel frattempo stava tirando fuori un grosso mazzo di chiavi.

«La chiave quale sarà?» mormorò tra sé Wonka, provando una chiave qualunque nella serratura. «Non è questa» disse con un sorriso. «Non è neanche questa!» esclamò, con un sorriso quasi complice. Salt, ormai paonazzo per la rabbia, serrò i pugni con forza, ma il cioccolatiere, ignorando il suo stato, tornò a cercare tra le chiavi, sussurrando tra sé e sé. «Ecco, è lei... No, non è lei.»

Nel frattempo, Veruca giaceva al suolo, completamente sommersa dagli scoiattoli. Alcuni di loro le bloccavano le braccia e le gambe con una sorprendente forza, mentre lo scoiattolo che aveva scelto inizialmente si avvicinò alla sua fronte, battendo con le nocche come se stesse cercando di capire cosa ci fosse dentro. La sua attenzione era meticolosa, si poteva quasi percepire la concentrazione con cui eseguiva l'incombenza.

«Che sta facendo?» chiese Charlie, incuriosito.

«Cerca di capire se è una noce guasta» rispose il cioccolatiere. Poco dopo, lo scoiattolo emise un verso riluttante. «Oh, mio Dio! Sembra che sia guasta davvero.»

Senza esitazione, gli scoiattoli afferrarono Veruca e la trascinarono, urlante e dimenante, verso il grande foro nero al centro della stanza. Le urla della ragazzina sovrastarono il rumore dello zampettare degli animali, creando un'atmosfera surreale e inquietante.

«Dove la trascinano?» domandò, allarmato, il signor Salt.

«Con le noci guaste nello scarico dei rifiuti» rispose con tono piatto il signor Wonka, guardando la scena come se fosse la cosa più normale del mondo.

«E dove porta lo scarico?»

«All'inceneritore» rispose il cioccolatiere con un sorriso enigmatico, che si spense immediatamente sotto lo sguardo fulminante del signor Salt. «Niente paura, lo accendiamo solo il martedì»

«Oggi è martedì!» esclamarono all'unisono Theresa e Mike; il cioccolatiere si voltò verso di loro, lanciando uno sguardo che avrebbe potuto trafiggerli.

«C'è sempre la possibilità che non l'abbiano acceso oggi» disse, tentando di mantenere un tono rassicurante, anche se la sua voce tradiva una certa preoccupazione.

Il signor Salt divenne rosso di rabbia, i suoi occhi brillavano di furore mentre guardava impotente Veruca scomparire nel buco nero, spinta dagli scoiattoli che, senza esitare, tornarono immediatamente al loro lavoro, come se nulla fosse accaduto.

«Ecco, potrebbe essere incastrata nello scarico, appena oltre il bordo. Se è così, le basterà allungare il braccio e riportarla fuori, va bene?» disse il signor Wonka, tentando di rassicurare il signor Salt, che lo guardava con la bocca aperta, incapace di formulare una risposta.

Il cioccolatiere era visibilmente a disagio, e i risolini soffocati di Theresa non stavano certo aiutando la situazione. Finalmente trovò la chiave giusta e riuscì ad aprire il cancelletto. Il signor Salt scese le scale in fretta, aggrappandosi forte alle sbarre e fermandosi a metà rampa perché gli Umpa-Lumpa fecero il loro ingresso nella stanza, completamente vestiti di giallo, con espressioni serie sui loro volti, mentre intonavano una canzone per Veruca.

Il cioccolatiere, con un sorriso finalmente rilassato, richiuse il cancelletto e, come se nulla fosse, iniziò a ballare sulle note della canzone.

Veruca Salt scivola via non

è una storia, un'anomalia.E scende giù, ma lei non sa chestrani amici incontrerà.Che amici immondi incontrerà,che amici strani incontrerà.Un pesce putrido di fiume lo rispedisco alle sue schiume. Egusci di ostrica succhiate,bistecche al sangue ben sformate.Ciò che nessuno rifiutò, èqualcosa che già puzza un po',puzza un po'. Veruca Saltscivola e chissà che strani amiciincontrerà, che amici strani incontrerà?

Il Signor Salt, guardandosi intorno, si ritrovò circondato da alcuni Umpa-Lumpa.

Chi l'ha viziata, chi fu mai? Chi è responsabile dei guai?Chi in un'arpia la trasformò?Chi quel misfatto provocò?Solo un colpevole, lui si sa.Mammina cara, è il suo pa-pà!


Uno degli scoiattoli, con un rapido balzo, si avvicinò silenziosamente dietro l'uomo e, con un movimento fulmineo, lo spinse con forza sul didietro. Il signor Salt, colto di sorpresa, perse l'equilibrio e scivolò nello scarico dei rifiuti, emettendo un urlo disperato mentre scompariva nel buco nero.

Il signor Wonka trattenne una risatina, portandosi la mano davanti alla bocca per non sembrare troppo compiaciuto. I suoi occhi scintillarono di divertimento, anche se cercava di mantenere un'espressione seria. Poco dopo, un Umpa-Lumpa gli si avvicinò, tirando leggermente l'orlo del cappottino bordeaux per attirare la sua attenzione.

Il cioccolatiere si chinò con un sorriso, ascoltando attentamente ciò che l'operaio aveva da comunicargli.

«Oh, davvero? Ah, bene!» esclamò, alzandosi con un sorrisetto compiaciuto e rivolgendosi agli ospiti rimasti. «Mi hanno appena informato che l'inceneritore è rotto, quindi, ci sono circa tre settimane di rifiuti ad attutire la caduta.»

«Ah, che bella notizia...» ironizzò il signor Tivù.

«Già...» replicò il signor Wonka, ignorando del tutto l'ironia. «Bene! Continuiamo la visita.»

Senza perdere altro tempo, prese Theresa per mano, guidandola fuori dalla stanza.

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