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Capitolo 1

 Era passato molto tempo dalla chiusura della fabbrica Wonka. A lungo si era discusso dell'improvvisa decisione, ma rimase un mistero irrisolto. La gente si chiese che fine avesse fatto il suo proprietario, e chi poteva immaginare che egli, per giorni, si fosse calato nel ruolo di stalker per scoprire che la sua Theresa non era mai andata via da Cherry Street.

L'abitazione di Theresa era un po' distante dalla fabbrica, ma aveva un'ampia visuale delle ciminiere da lontano. La sera, quando s'affacciava sul balcone per osservare quelle torri di metallo ormai spente e silenziose, si chiedeva cosa stesse facendo lui. Le notti erano diventate un susseguirsi di pensieri inquieti e domande senza risposta, finché non le arrivò una chiamata anonima.

Era stravaccata sul divano del salotto, una stanza modesta con pareti di un tenue color crema e qualche quadro che cercava di dare vita all'ambiente. Tra le braccia stringeva forte un cuscino, mentre con lo sguardo navigava nel basso soffitto, cercando di dimenticare ciò che la tormentava. Lasciò che il cellulare vibrasse per più volte, sperando che chi stava dall'altro lato si arrendesse, ma non fu così. Alla fine, si vide costretta a rispondere con un sospiro rassegnato.

«Pronto?»

«Non riattaccare! Fatti trovare pronta per andare insieme in una giungla!» le disse rapidamente il cioccolatiere, con una voce che era un misto di urgenza ed eccitazione.

«Giungla?» chiese lei, intimorita e incredula.

«Passo a prenderti tra circa dieci minuti.»

Theresa sentì un brivido correre lungo la schiena.

«Tu non sai dove abito, come farai a trovarmi?»

«Ti troverò in via Cherry numero 10, Cherry Street*.»

«Tu... come...?»

«Basta chiacchiere, va' a prepararti!»

«Willy, ti avevo detto...»

«Non ti lascerò andare!» il cioccolatiere la interruppe bruscamente, e prima che lei potesse rispondere, la linea cadde.

Theresa rimase per un attimo immobile, il cellulare ancora premuto contro l'orecchio, poi si alzò di scatto. Il suo cuore martellava mentre correva verso la camera da letto per prepararsi. Aprì l'armadio e afferrò freneticamente alcuni vestiti, lottando con l'agitazione che le offuscava la mente. Cosa significava quella chiamata? Perché adesso? Ma la sua curiosità era più forte della paura: aveva creduto che lui si fosse dimenticato di lei.

Il suo appartamento non era molto grande né particolarmente lussuoso. C'era solo una camera da letto, un piccolo bagno, una cucina compatta e un salotto all'entrata. Le pareti erano dipinte di un tenue color crema, arricchite da qualche quadro. Il mobilio, seppur semplice, era stato scelto con cura, rispecchiando il suo gusto per il vintage. Fuori, un balcone le permetteva di ammirare il tramonto ogni sera, illuminando la fabbrica in lontananza con una luce dorata che faceva brillare i suoi occhi di nostalgia.

Nello zaino, Theresa mise poco e niente: acqua e cibo sufficienti per due persone. Ma all'improvviso, una folata di vento invase l'abitazione, facendo volare via le tende color Tiffany dalla finestra aperta. Un assordante rumore risuonò tagliente nell'aria, come delle eliche che giravano veloci per tenere sospeso nel cielo un elicottero.

Tale fu la sorpresa quando la stessa Theresa uscì sul balcone per vedere cosa fosse quel baccano e vide il cioccolatiere sbucare dal suo Jet, un velivolo futuristico e scintillante che sembrava uscito da un libro di avventure.

«Ma che combini?» gli domandò allibita, cercando di farsi sentire sopra il frastuono.

«Sono venuto a prenderti» le sorrise lui, con un lampo di eccitazione negli occhi.

«Willy, io...»

«Dammi la mano» la zittì, tendendole la sua con un gesto sicuro.

«No!» Theresa indietreggiò, il cuore che le martellava nel petto.

«Theresa, non costringermi a prenderti in braccio!»

«Perché?»

«Perché voglio che tu venga con me!»

«No, mi riferisco al perché non mi lasci andare?!»

Willy si fermò, i suoi occhi che sembravano persi nei suoi. «Non lo so... Non so spiegartelo» rispose infine, con un'onestà disarmante.

Theresa tacque, vittima del labirinto blu di due occhi che la scrutarono a fondo. La sua mente era un vortice di emozioni contrastanti, ma c'era qualcosa in quello sguardo che la faceva sentire al sicuro, nonostante tutto.

«Vieni con me?» le chiese il cioccolatiere, la mano ancora tesa, un gesto che sembrava quasi una supplica.

Theresa sospirò, chiudendo gli occhi per un istante, poi li riaprì, decisa. Senza neanche prendere lo zaino che aveva preparato, afferrò la mano del cioccolatiere e salì a bordo, col cuore che batteva forte contro il petto mentre si allontanavano dall'appartamento, lasciandosi dietro gli inquilini curiosi del palazzo, che spiavano la scena con stupore dalle loro finestre.

Il cielo limpido si mescolava alla perfezione con gli occhi della ragazza: un bel verde mare contornato da una sottile sfumatura azzurra. Mentre il Jet prendeva quota, la città sotto di loro diventava sempre più piccola.

All'interno del Jet l'aria era tesa. I sedili erano di pelle bianca, il cruscotto pieno di luci e pulsanti colorati e tutto sembrava uscito da un sogno.

Il cioccolatiere, seduto al posto di pilotaggio, le lanciò uno sguardo rapido e un sorriso rassicurante.

«Non preoccuparti. Sarà un'avventura che non dimenticherai mai» le disse, cercando di tranquillizzarla.

Theresa annuì, cercando di convincersi che aveva fatto la scelta giusta. Avrebbe scoperto presto cosa l'aspettava in quella giungla misteriosa e perché Willy Wonka era tornato nella sua vita in modo così inaspettato.

«Tieni!» il cioccolatiere le porse una tavoletta di Cioccocremolato Wonka al Triplosupergusto, avvolta in una carta brillante dai colori vivaci.

Theresa la guardò con curiosità e confusione.

«Cosa me ne faccio?» chiese, accettando il cioccolato.

«Puoi colmare la tua tristezza» rispose il cioccolatiere con un sorriso enigmatico.

«Con del cioccolato?» Theresa lo guardò sbigottita, come se avesse appena scoperto una nuova forma di magia.

«Il cioccolato ha la proprietà di scatenare il rilascio di endorfine e...»

«E dà la sensazione di essere innamorati. Non facevi che ripeterlo!» concluse Theresa, il tono rivelando un mix di rassegnazione e affetto.

Il cioccolatiere tacque, lasciando che le sue parole pendessero nell'aria come una nuvola di zucchero filato.

«Dove siamo diretti?» chiese Theresa, cambiando discorso.

«In Lumpalandia» fu la risposta del cioccolatiere, detto con una serietà che non lasciava spazio a dubbi.

«Non prendermi in giro, quel posto non esiste!»

«Perché no?»

«Non c'è in nessuna cartina...»

«Solo perché un posto non c'è in nessuna cartina, non vuol dire che non esista.»

«Non fare il filosofico. Piuttosto, per telefono mi avevi parlato di una giungla.»

«Lumpalandia è una giungla» le sorrise il cioccolatiere, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Theresa non obiettò, perché in tanti anni passati insieme aveva imparato a non contraddirlo mai, anche se lo considerava, a volte, fuori di testa. Sospirò e si lasciò trasportare da uno dei suoi bracci, finendo con la testa appoggiata contro il suo petto caldo e rassicurante, mentre lui manovrava le leve del Jet con un'abilità e una grazia quasi danzante per mantenere l'elicottero sospeso in aria.

Quando finalmente raggiunsero il suolo erboso sani e salvi, la prima cosa che Theresa notò fu l'ampia estensione della giungla che si apriva davanti a loro. Erano nascosti tra alte piante dai fusti massicci e il verde dell'erba fitta rendeva il terreno spugnoso e umido. L'aria era carica di suoni esotici: il cinguettio di uccelli sconosciuti, il ruggito lontano di animali feroci e il fruscio delle foglie mosse dal vento.

Un brivido gelido le percorse la schiena, ma parlare con il cioccolatiere e cercare di fargli cambiare idea sembrava impossibile: il brivido lo entusiasmava. Ecco perché, con un sorriso compiaciuto, estrasse una spada scintillante dal fodero e mise una borraccia d'acqua al fianco, pronto per un'avventura epica.

Theresa si sistemò lo zaino sulle spalle, indossò un cappello verde che aveva trovato nel Jet Wonka per proteggersi dal sole e gli lanciò uno sguardo preoccupato ma solidale.

Il cioccolatiere, con l'aria di chi è sempre pronto per l'ignoto, le sorrise e le fece un cenno di incoraggiamento. Con un ultimo sguardo al cielo sereno, e al mondo che sembrava immenso e inospitale sotto di loro, Theresa prese un respiro profondo e si preparò ad affrontare la giungla insieme a lui, pronta a scoprire cosa nascondesse quel misterioso posto chiamato Lumpalandia.

Avanzarono attraverso un tappeto di spessa erba verde, che si inclinava sotto i loro passi. Circospetti, si tennero vicino l'uno all'altra per non perdersi nella fitta vegetazione. Il cielo sopra di loro era un mosaico di verdi e marroni, filtrato dalla luce del sole che penetrava a fatica attraverso il folto di alberi secolari.

Nel bel mezzo del silenzio che li accompagnava, un cespuglio lì vicino iniziò a tremare e a muoversi in modo inquietante. Theresa strabuzzò gli occhi e si strinse al cioccolatiere, con il cuore che le batteva forte contro il petto.

«CHE COS'È? VUOLE ME?» esclamò, gettandosi capofitto sulle spalle di Willy Wonka.

Ma non c'era alcun pericolo. Dal cespuglio emerse uno scoiattolo con una ghianda tra i denti e un'aria innocente.

«Sta' calma o potrebbe sbranarti» le sussurrò il cioccolatiere con tono quasi teatrale, cercando di mantenere il controllo della situazione.

«Oh, smettila!» lo rimbeccò Theresa, arrossendo per l'imbarazzo. «Cosa ci facciamo qui? Torniamo a casa...»

«Non prima di aver trovato nuovi sapori per i miei dolci» rispose egli, con una determinazione che non lasciava spazio a discussioni, riprendendo a camminare con passo deciso.

Theresa lo seguì, lanciando un ultimo sguardo infastidito al piccolo scoiattolo che ora stava saltellando nel sottobosco.

Entrambi si addentrarono nel fitto della giungla, spostando piante e superando arbusti. L'aria era immobile, come se essa stessa trattenesse il respiro. Non si udiva più alcun cinguettio di uccelli né il rumore di qualcos'altro tra le foglie. Sembrava che il mondo esterno fosse scomparso, lasciando solo il crepitio degli arbusti calpestati e il fruscio dei loro movimenti.

All'improvviso, furono accolti dal terribile ronzio di un grosso animale volante che si avvicinava rapidamente. L'essere aveva due occhi sporgenti e delle fauci minacciose che spuntavano dalla bocca. Le sue ali erano grosse e trasparenti, come quelle di una libellula gigante, e il corpo era di un intenso viola, con una lunga coda che si snodava dietro di lui.

Theresa e il cioccolatiere scapparono a rotta di collo, con l'animale che li inseguiva, battendo le ali con forza e sollevando nuvole di polvere e foglie.

Willy Wonka, con uno scatto deciso, estrasse la spada dal fodero e si mise in mezzo a Theresa e alla creatura minacciosa. Con un movimento rapido e preciso, divise l'essere in due, facendolo cadere a terra con un rumore sordo. Le sue spesse ali trasparenti continuarono a muoversi, creando un rumore stridente.

«Ho avuto tanta paura» disse Theresa, involontariamente abbracciando il cioccolatiere mentre il terrore svaniva con lentezza.

Willy Wonka la tenne stretta tra le braccia, il suo calore e la sua presenza un conforto in quel momento di paura. Ma, sentendo la tensione crescere, Theresa si distaccò bruscamente e lo spinse via, il viso arrossato dalla rabbia e dall'ansia.

«Adesso fermiamoci a pensare! Anzi, fermati a pensare: pensi davvero che qui, in questo schifo di posto sperduto nel mondo, tu possa trovare nuovi sapori per i tuoi dolci?»

Willy Wonka la guardò con un'espressione calma e composta.

«Con me non riesci a fingere rimbeccandomi in questo modo, e lo sai. Però credo di sì, riuscirò a trovare qualcosa di eccezionale! Intanto... proviamo questo» disse, riferendosi al liquido violaceo che ora macchiava la spada.

Theresa lo guardò con riluttanza. «E no, eh!»

Il cioccolatiere fece spallucce e, con un gesto deciso, leccò il liquido appiccicoso dalla lama. La sua faccia si contorse in una smorfia buffa e disgustata, e, non potendo trattenere una risata, Theresa si lasciò scappare un sorriso divertito.

«Disgustoso?»

«Altroché!» rispose egli, bevendo un sorso d'acqua per sciacquarsi la bocca e cercando di rimettere a posto la sua espressione.

Nonostante il disagio, il suo sorriso era ancora lì, pronto ad affrontare nuove sfide con la stessa passione e determinazione che lo contraddistingueva.

Ripresero subito il cammino, ma la progressione divenne quasi impossibile: le frasche selvatiche, intrecciate in un groviglio impenetrabile, bloccavano le loro gambe e ostacolavano ogni passo. Con un gesto deciso, il cioccolatiere estrasse di nuovo la spada, e con movimenti rapidi e abili spazzò via le fronde più invadenti, creando un passaggio sicuro attraverso il folto della vegetazione.

Poco dopo si ritrovarono immersi in una stretta radura, un angolo appartato e verdeggiante della giungla, dove piccoli uomini dalla pelle scura e i capelli neri si erano radunati.

Loro erano gli Umpa-Lumpa.

Questi piccoli abitanti della giungla erano noti per la loro passione per i chicchi di cacao, che in quel posto erano molto rari. Un Umpa-Lumpa poteva considerarsi fortunato se ne trovava tre o quattro all'anno.

Il capo degli Umpa-Lumpa invitò il cioccolatiere e Theresa in una delle tante tane circolari appese agli alti alberi, le cui pareti erano ricoperte di muschio e liane. All'interno, l'atmosfera era calda e umida. Il pasto che venne servito era un piatto di bruchi verdi, visibili attraverso una gelatina viscida e traslucida, emanante un odore pungente e sgradevole.

«L'assaggi tu, vero?» bisbigliò Theresa, lanciando uno sguardo preoccupato verso il cioccolatiere.

«Questa volta insieme» rispose egli sottovoce.

Theresa si rassegnò all'idea di non avere altra scelta. Quando il cioccolatiere afferrò la piccola ciotola dalle mani del capo Umpa-Lumpa, il contenuto sembrava ancor più disgustoso da vicino. Con un po' di riluttanza e sorrisi forzati, entrambi presero coraggio e assaggiarono il pasto. Il sapore era rivoltante, una combinazione di acidità e umidità che sfidava la loro resistenza.

Il cioccolatiere ebbe un conato, che soffocò con un piccolo ruttino, mentre l'Umpa-Lumpa sorrise compiaciuto, evidentemente soddisfatto.

«Mi è venuta un'idea!» esclamò poco dopo il cioccolatiere, i suoi occhi brillarono di entusiasmo.

Theresa lo osservò mentre gesticolava animatamente con le mani, comunicando in un misto di linguaggio gestuale e versi strani.

«Venite a lavorare con me alla mia fabbrica. Potete avere tutti i chicchi di cacao che volete. Vi pagherò lo stipendio con dei chicchi di cacao, se preferite.»

Il capo Umpa-Lumpa, con un'espressione di meraviglia e gratitudine, accettò l'offerta. Afferrò il dito del signor Wonka e lo strinse con forza, sigillando l'accordo.

La tribù di Umpa-Lumpa, ora entusiasta, si preparò a seguire il cioccolatiere.

Con l'intera popolazione Lumpalumpese alle spalle, i due fecero ritorno al Jet Wonka, guidati da uno degli Umpa-Lumpa che conosceva il percorso a ritroso. Salendo a bordo, il rumore del decollo si mescolava con il crepitio dei motori, mentre l'elicottero si sollevava lentamente verso il cielo.

Il viaggio di ritorno verso l'appartamento al civico 10 si svolse in un silenzio teso e riflessivo.

Una volta arrivati, il momento del saluto giunse dolente. Il cioccolatiere, con un'espressione turbata, si girò verso Theresa.

«È stata una bella giornata, che dici?» le chiese, cercando di mascherare il dolore nella voce.

«Lo è stata» rispose Theresa, mantenendo un tono freddo e distaccato.

«Ti vedrò ancora?» egli si avvicinò di un passo.

«No» rispose Theresa con decisione, il volto illuminato dalla luce del sole al tramonto. «Forse è meglio per noi allontanarci.»

«Io ti amo...»

«Per favore, signor Wonka...»

«Vuoi proprio dirmi addio?»

«Per sempre!»

Il fabbricante di dolciumi indietreggiò lentamente verso il Jet. Con un ultimo sguardo, salì a bordo e si allontanò, mentre una lacrima, simbolo di un addio definitivo, cadde nel vuoto, dissolvendosi nell'aria.

*Via Cherry, numero 10, Cherry Street è di mia invenzione.

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