Capitolo ventuno
Le giornate passano velocemente, e prima che possa accorgermene arrivano le vacanze di Natale.
Oggi è giovedì, e sto uscendo dall'ultima lezione di quest'anno.
Non parlo con Cameron dal ballo d'inverno, esattamente da cinque giorni, anche se non so bene di preciso il perché.
Ci sono rimasta male perché è stato eletto con Jenny coppietta d'inverno, ma quello che mi ha ferito di più è stato il suo comportamento.
Sembrava entusiasta di ballare con lei, e non voglio mettermi in mezzo. Vuole stare con lei? Che ci stia. Se invece vuole stare con me deve impegnarsi seriamente.
Ciò che mi ha lasciata più di stucco è stato però il comportamento di Katleen.
Le cose che mi ha detto mi hanno lasciato un sapore amaro in bocca, e sono determinata a scoprire se sia tutto vero.
Certo, sarebbe un brutto colpo, ma preferisco che Cameron sia sincero con me subito, piuttosto che ritrovarmi con il cuore spezzato tra qualche mese.
Chiudo l'armadietto, e mettendomi la borsa su una spalla esco dall'istituto.
Da lontano vedo Jack, e subito mi precipito da lui per salutarlo.
Ho già fatto gli auguri a tutti gli altri, in caso non riuscissi a rivederli, tranne a Cameron. Con lui per il momento non voglio parlare.
Non so se avrò modo di rivedere Jack durante queste vacanze, dipende tutto da cosa decideranno di fare i miei genitori.
A volte andiamo in vacanza, mentre altre volte la mamma organizza una cena diversa ogni sera.
Io e lei non ci siamo chiarite, e ho l'impressione che si aspetti che sia io ad andare a chiedere scusa a lei.
Se così fosse, si sbaglia di grosso.
"Hei Jack!" Gli faccio un largo sorriso, che lui ricambia prontamente, e poi ci abbracciamo velocemente.
"Ciao Audrey, tutto bene?" Domanda schiacciando la cicca della sua sigaretta per terra, con un piede.
Da quando fuma?
Do vita ai miei pensieri, e gli chiedo quando ha preso il vizio.
Lui scrolla le spalle. "Non lo so, è successo e basta. All'inizio credevo di poter smettere, ma poi è diventata una dipendenza. Credo sia così per tutti, no?"
Annuisco pensando ad altro. "Già, deduco di sì. Allora, tu e Valerie uscirete nel week end?" Domando con un sorrisetto furbo.
Le sue guance si tingono di rosso. "Non...non lo so. Insomma...io..." Balbetta nervoso, facendomi ridacchiare.
È veramente dolce.
"Chiedile di uscire."
"E se mi dicesse di no?" Domanda insicuro.
"Le probabilità sono una su un milione. Chiedile di uscire, Jack." Ripeto, mentre entrambi ci dirigiamo fuori dalla scuola.
"Come fai a sapere che vuole uscire insieme a me?" Chiede, mentre ci fermiamo davanti alla sua auto, parcheggiata nel parcheggio della scuola.
"Senti, tu le piaci. Lei ti piace. Uscite, baciatevi e mettetevi insieme. Non è difficile, sai." Gli spiego, arricciando il naso quando lui mi guarda storto.
"Non è difficile, eh? Certo che no, ma poi ci pensi a quello che viene dopo? Andiamo, ti prendo come esempio perché ti ho qui davanti: tu e Cameron litigate un giorno sì e due no. Vi incazzate per niente, siete sempre in contraddizione fra voi...non voglio che io e Valerie diventiamo così. Non voglio che la nostra amicizia si trasformi in qualcosa di più se poi si ritorna al punto di partenza. E con 'punto di partenza' intendo quest'estate, quando lei mi odiava e non perdeva un solo minuto per farmelo notare."
Rimango stupita dalle sue parole, e anche leggermente ferita. "Tu non sei Cameron, e Valerie non è me. Non è che solo perché noi due litighiamo voi dobbiate fare la stessa fine" Faccio un sorriso amaro, prima di allungarmi verso di lui e baciargli una guancia. "Ci vediamo, Jack."
Mi allontano in fretta da lui, che mi fissa qualche secondo prima di entrare in macchina, scuotendo leggermente la testa.
Cammino velocemente per arrivare a casa il prima possibile.
Voglio allontanarmi da qui e rifugiarmi sotto le coperte. Voglio solo che Cameron smetta di farmi male. Anche se solo per una giornata.
*
"Audrey! Ti cercano alla porta!" La voce della mamma è talmente alta che riesco a percepirla ugualmente, nonostante io sia al piano di sopra e lei di sotto che chiacchiera con sua suocera.
La nonna, la mia dolcissima nonnina, è arrivata qui stamattina, mentre ero a scuola, e torvarmela davanti è stata una sorpresa fantastica.
Io amo quella donna!
Chiudo il libro di astronomia, e sbuffando scendo le scale, prendendomi tutto il tempo del mondo.
Chiunque mi stia cercando può aspettare.
Arrivo in salotto, e la mamma sta avendo un'accesa conversazione con qualcuno.
Mi acciglio, e immediatamente mi sbrigo ad andare verso la porta.
Se qualcuno è venuto qui per me, per quale dannato motivo la mamma ci sta litigando?
Arrivo alle sue spalle, e subito mi stupisco di trovare Kevin che parla con la mamma.
"Devi smetterla!" Esclama lei, prima di accorgersi che sono dietro di lei.
Subito spalanca gli occhi e diventa paonazza, mentre io inarco un sopracciglio. "C'è qualche problema?"
"No! No. Devo tornare di là." Sbatte ripetutamente le ciglia, prima di scomparire dietro la porta della cucina.
"Mi dispiace." Mi scuso immediatamente con Kevin, che per rassicurarmi mi fa un sorriso da guancia a guancia.
"Non preoccuparti! Tua madre è innocua."
"Solo quando dorme" Ribatto, facendolo scoppiare a ridere. "Vuoi entrare?" Gli chiedo aprendo di più la porta.
Kevin scuote la testa. "Volevo parlarti, ma non è importante ora che ci penso."
Aggrotto le sopracciglia, e la montatura degli occhiali mi sale sul naso. "Se è per mia madre..."
"No! Tua madre non c'entra, davvero. Ma la mia mi ha appena telefonato per dirmi che devo tornare a casa perciò..." Cerca all'istante una scusa per tirarsi indietro.
"Kevin, ti prego. Dimmi quello che dovevi dirmi, altrimenti la curiosità mi mangerà viva!" Scherzo tirandogli un leggero pugno sul braccio.
Lui si passa una mano fra i capelli. "Volevo soltanto chiederti gli appunti di letteratura inglese avanzata. Mia cugina non segue quel corso e io ho saltato la scuola oggi per una visita, ma se dovete cenare posso chiedere a qualcun altro e..."
Scuoto all'istante la testa, con un vago sorriso sul volto. "Ma figurati! Vieni, entra ce li ho di sopra in camera."
Kevin entra nel salotto, sussurrando un "permesso" per educazione.
Saliamo in camera, e gli do i miei appunti di letteratura. Io li ho già studiati e ristudiati.
"Hai bisogno di altro?" Gli chiedo, fermandomi in mezzo alla stanza.
Kevin mi fa un sorriso e scuote la testa. "No grazie, è tutto!"
Ricambio il sorriso, e poi, quando stiamo per aprire la porta e scendere di sotto, il telefono squilla.
Prima che possa prenderne atto, Kevin lo afferra al posto mio.
Il display è illuminato, e vedo la sua mascella contrarsi. "Chi ti scrive cose simili?"
Boccheggio per un attimo, prima di avvicinarmi e strappargli il telefono di mano.
Sblocco il display, e leggo il messaggio dello sconosciuto.
Non meriti nemmeno di respirare, stupida troietta.
Sussulto, e il mio cuore inizia a battere più forte. Le lacrime si accumulano nei miei occhi prima che possa rendermene contro.
"Credo sia meglio che tu te ne vada." Mormoro, senza guardare Kevin negli occhi.
"Audrey, dimmelo."
"Vattene, Kevin." Scatto sulla difensiva.
"Chi cazzo ti scrive cose simili? Dimmelo, maledizione!"
"Esci di qui!" Grido, ma la mia voce si spezza. "Esci di qui."
Mi fissa per qualche secondo, poi esce dalla mia camera senza più aggiungere una sola parola.
Compongo velocemente il numero di telefono dell'unica persona che può aiutarmi.
"Pronto? Audrey?"
"Devi aiutarmi."
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