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Capitolo ventisei

Sono passati undici giorni da quando io e Cameron abbiamo definitivamente chiuso.

Undici giorni che la sua voce perseguita ogni mio sogno più proibito.
Undici giorni in cui anche il suo semplice nome mi procura una fitta al petto.
Undici giorni durante i quali non ha smesso, nemmeno per banale distrazione, di mancarmi.
Undici giorni in cui l'unica cosa a cui riesco a pensare è lui.

Le sue labbra.
I suoi abbracci.
Le sue carezze.
La sua risata e i suoi sorrisi.
E quei suoi occhi. Quei suoi stramaledetti occhi.
Quei momenti seri fra di noi, e quelli stupidi.
La nostra amicizia.
La nostra storia d'amore.

E ora mi sono rimasti solo ricordi, che tagliano come lame affilate conficcate in mezzo al petto.

Dopo solo undici giorni, io e Cameron siamo sulla bocca di tutti.
Ogni studente del nostro istituto non fa altro che chiacchierare su di noi con il proprio amico, che a sua volta lo dice ad un amico, che lo dice ad un altro, e poi un altro ancora.

Una serie di spettegolezzi assurdi secondo cui Cameron mi avrebbe lasciata perché sono incinta. Oppure, secondo le voci di quelli di terza, lui mi avrebbe tradita con una delle tante ragazze della scuola, e poi mi avrebbe lasciata perché non lo soddisfacevo più.

Tutte stronzate.
Pettegolezzi a cui non posso nemmeno rispondere, perché tanto non avrebbe nessun senso, nè cambierebbe la situazione.
Continuerebbero tutti a parlare, cercare di trovare un senso alla nostra improvvisa rottura. E nessuno metterebbe mai un limite alla propria fantasia.

Mi siedo a un tavolo qualunque, aspettando che Valerie e Malody mi raggiungano per pranzare insieme.
Non ho per niente fame, ma loro ci tengono tanto a farmi compagnia, e non riesco mai a dire di no.

In questi ultimi undici giorni Valerie e Malody mi sono state molto vicine, nonostante le abbia implorate di lasciare perdere.
Paradossalmente mi sento bene, nonostante abbia dovuto lasciare l'unica persona che sia mai riuscita a entrarmi così tanto nel cuore.

Cameron mi manca terribilmente tanto. A volte mi sembra persino di non farcela, senza di lui.
Poi però mi ricordo il motivo per cui l'ho lasciato, e mi ripeto di dover resistere.
Meglio soffrire adesso, che far soffrire lui dopo.

Travor non è esattamente d'accordo con me.
Naturalmente ne ho parlato con lui, e anche con Sophie, ma sono entrambi contrari alla mia scelta.
Non ho menzionato quei famosi messaggi, nè ho intenzione di farlo.
È meglio che nessuno sappia niente, e a dirla tutta mi preoccupa il fatto che Cameron e Kevin ne siano a conoscenza.

Non che non mi fidi di loro, ma preferisco che la cosa rimanga segreta.
Non voglio mettere in pericolo nessuno, nè dare preoccupazioni inutili ai miei amici.

Mentre sono seduta sola al tavolo, cercando di mangiare qualcosa, il mio telefono vibra.
Lo prendo in mano, inserisco il codice di sblocco, e leggo il messaggio che Nash mi ha mandato.

È ridicolo.

In effetti quella maglietta non ti sta bene.

Non sto parlando della mia maglietta, tesoro, e lo sai.

Lancio uno sguardo dietro di me, e osservo il tavolo dove Cameron e tutti gli altri stanno mangiando.
Nash mi punta addosso uno sguardo di rimprovero, e io gli faccio la linguaccia.

Subito dopo il mio sguardo ricade accidentalmente su Cameron.
È così bello che guardarlo quasi mi fa male.
Faccio un grosso respiro, poi mi volto e continuo a scambiarmi messaggi con Nash.

Non devi stare lì da sola, lo sai, vero?

Sì che devo, invece.

Continuo a pensare che sia ridicolo.

E io continuo a pensare che quel colore addosso ti sbatte un po'.

Mi giro verso di lui facendo un sorriso, e lo vedo scuotere la testa divertito.
Improvvisamente si alza, attirando l'attenzione di tutti gli altri, che lo guardano confusi.
Dice qualcosa a Carter, che annuisce e poi fa un sorrisetto che non mi piace per niente.

Quando fa un passo, Cameron gli afferra il polso e lo trascina indietro.
Guardandolo male gli dice qualcosa.
Si vede anche da qui che è incazzato.
Nash si libera dalla presa di Cameron, poi ribatte qualcosa e viene verso di me.

Mi giro di scatto quando gli occhi di Cameron incrociano i miei.
Non posso permettermi di fare stupidaggini.
Non devo perdere la testa.
L'unica cosa che devo fare è aspettare, finché Jeremy non mi chiamerà per darmi notizie.
Gli ho chiesto un favore un paio di settimane fa, ma ancora non si è fatto sentire.

Sento due mani calde appoggiarsi sulle mie spalle, e quando mi volto incontro il sorriso smagliante di Nash.
"Ehilá, fuggitiva!"
Faccio una smorfia, prima di togliere lo zaino dalla sedia accanto a me.

Nash sorride, ma scuote la testa. "Tu adesso vieni via con me."
Lo guardo male, pensando ad una valida motivazione per cui non dovrei andare.
"Non salterò la sesta ora, Nash."
"Io la salto con te, infatti." Ribatte divertito.

Faccio un lamento, e continuo a scuotere la testa.
I miei tentativi di evitare di saltare l'ultima ora a scuola sono però tutti inutili, perché Nash mi prende la mano e mi costringe ad alzarmi.
"Prendi le tue cose, io farò lo stesso. Ci vediamo all'entrata tra cinque minuti." Dice, prima di voltarsi e uscire velocemente dalla mensa.

Scuoto la testa, sconcertata.
Perché Nash ci tiene tanto ad andare via? Potremmo benissimo aspettare che la scuola finisca. Non ci tengo a dare nell'occhio, soprattutto con il migliore amico del mio ex ragazzo.

Faccio un grosso respiro, prima di prendere il mio zaino e ripercorrere gli stessi passi di Nash, con la differenza che io me la prendo comoda.
Correre non mi piace, e non ho intenzione di iniziare a farlo proprio ora.

Dopo aver preso i libri dall'armadietto, aver salutato Sophie, e aver parlato per un paio di minuti con Clarisse, la responsabile del giornalino, mi dirigo verso l'entrata della scuola.

Non so perché lo sto facendo, effettivamente. So solo che ho bisogno di distrarmi, e nonostante questa sia una pessima idea, è di certo migliore della prospettiva di rimanere a scuola, o passare un pomeriggio al centro commerciale con Valerie, Malody e Sophie.

"Sei in ritardo." La voce di Nash mi porta a girarmi, e quando lo vedo lo guardo con sufficienza, in modo scherzoso.
"La puntualità non è mai stata il mio forte." Mi stringo nelle spalle, e quando Nash accenna una risata gli faccio l'occhiolino.

Usciamo velocemente da scuola, attenti a non farci vedere.
Dopo pranzo i professori non ci controllano molto, e fortunatamente non incontriamo nessuno se non qualche ragazzo che è nella stessa squadra di Nash e Carter.

"Vi state allenando per la finale?" Chiedo una volta salita in macchina.
Nash annuisce, prima di sorridere.
"Gli allenamenti sono terribili, ma quando qualcosa ti piace è facile da gestire." Spiega, mentre sfrecciamo fra le strade di Miami.

La macchina di Nash mi è sempre piaciuta, e c'è un piacevole odore di limone.
Mi volto verso il finestrino, e osservo le ville enormi essere sostituite a poco a poco dagli alberi, finché non spariscono anche quelli.

"Andiamo in spiaggia?" Chiedo, per niente entusiasta all'idea.
Certe cose non cambiano mai.
"Ti tocca." Ride, e io non posso fare a meno di sorridere.
Nash ha una bellissima risata.

"Non c'è un altro posto in cui mi puoi portare? Ti prego, sai che odio il mare. E poi ho anche saltato l'ultima ora, per stare stare con te!" Mi lamento, sperando che faccia inversione.

Ma le cose non vanno mai come vorrei io, e Nash non cambia strada, nè decisione.

Ride alle mie suppliche, poi si fa d'un tratto serio.
"Non ti dispiace essere qui con me. Anzi, so per certo che ti fa più che piacere." Osserva, ma senza quell'aria da presuntuoso, che di solito hanno tutti i ragazzi.

Vorrei fare una battuta, ma non credo sia il momento.
E per quanto mi ostini a sostenere il contrario, stare qui con lui mi piace veramente.

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