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Capitolo sei

Sbuffo per la decima volta nel giro di sei minuti, mentre la palla cade per l'ennesima volta a terra.
Tutta la squadra emette un lamento, e io alzo scocciatamente gli occhi al cielo.

Stiamo giocando a pallavolo, e io odio questo sport almeno quanto odio l'ananas.

Sì, esatto, odio l'ananas, quel frutto aspro che tutti considerano paradisaico e degno di trovarsi in un resort nell'oceano Pacifico.

Se qualcuno di voi ha qualcosa da controbattere sul mio odio profondo verso quel frutto, sempre se si può considerare come tale, ne parli con il mio avvocato.

"Voglio un avvocato!" Esclamo senza rendermene conto, puntando un dito verso la squadra avversaria.

Casualmente la squadra contro cui stiamo giocando è composta da Jenny, Cameron, Katleen, Jase e altri ragazzi che vengono nella mia classe ma con cui non ho mai instaurato un vero rapporto.

Sono tutti superficiali.

Almeno fosse facile batterli...

Jase scoppia in una bellissima risata, che mi fa sorridere.

"Audrey, ho la vaga sensazione che quella pallonata ti abbia seriamente danneggiato il cervello!" Mi prende in giro, e io mi porto una mano sulla fronte facendo una smorfia.

Sempre casualmente Katleen ha schiacciato, e la palla mi è finita dritto dritto sulla testa.

Le ho urlato contro per venti minuti.

Nella mia testa, almeno.

Nella schifosa realtà mi sono limitata a dimostrarmi matura e ad accettare con grande entusiasmo l'aiuto che mi ha offerto Jase.

Quel ragazzo...dio mio, non so cosa mi sta facendo.

Soffro per Cameron, mi sembra inutile ripeterlo, ma Jase ha addosso un entusiasmo che per me, durante quest'ultimo anno scolastico, è essenziale.

"Almeno io ce l'ho un cervello, razza di cretino!" Ribatto scherzosamente mentre la mia squadra decide che per me è finalmente arrivato il momento di andare a sedermi in panchina, facendo cambio con Travor, che mi dá un piccolo bacio sulla fronte.

"Sei stata brava! Ora riposati un po'." Mi fa l'occhiolino, sempre con un luminoso sorriso sul volto.

Gli faccio qualcosa che teoricamente dovrebbe assomigliare ad un sorriso, prima di sedermi sulla panca di legno, vicino alla sua ragazza.

È ormai passato un mese da quando Sophie e Travor si sono messi insieme, quel giorno al lago.

Sono una bellissima coppia, e praticamente tutta la scuola li invidia.

Travor riesce a conquistare una ragazza e portarsela a letto nel giro di venti minuti. E durante questo breve arco di tempo ci ho inserito anche il tragitto per arrivare a casa sua.

È bello, simpatico, carismatico ed intelligente. Sa quando parlare e quando invece deve stare in silenzio, e sinceramente non è una dote che si trova in chiunque!

Sophie è fortunata, e sono felice che loro due si completino a vicenda.

Per quanto riguarda la mia situazione, invece, è più complicata di due mesi fa.

Ora più che mai sento la mancanza dei miei amici, ma so di dover essere forte e continuare ad ignorarli.

Peccato che sia più facile a dirsi che a farsi.

Fortunatamente c'è Jase, che riporta un po' di colore nella mia vita.

"Sono gelosa." Ridacchia Sophie attirando la mia attenzione.

La guardo mentre si lega i capelli biondi in una coda alta, poi le sorrido.

"Non ne hai motivo! Io e Travor siamo come fratello e sorella. Certo, in passato fra noi c'è stata una certa complicità, ma non è durata nemmeno più di tanto. E poi, sinceramente, ho altri interessi." Il mio sguardo ricade su Cameron che in questo momento sta parlando con Jase.

L'idea che possa dirgli cose false su di me mi balena in testa in una frazione di secondo, ma la scaccio.

Cameron non lo farebbe mai.

È uno stronzo bugiardo sporco traditore che sa solo giocare con i sentimenti delle persone, ma non farebbe mai una cosa che dimostri così poca maturità.

Non che ne abbia più di tanta, dopotutto. Di maturità, intendo.

Cameron voleva distruggermi? Ci è riuscito alla perfezione.

Ora però deve lasciarmi seriamente in pace.

Ha provato a parlarmi, anzi mi ha quasi obbligato, ma me la sono sempre cavata con un urlo o, in caso si rivelasse troppo assillante, venti secondi per giustificare il suo gesto deplorevole nei miei confronti.

Il bello è che ha anche provato a spiegarmi tutto, ma a venti secondi scaduti chiudevo la porta di casa.

Voglio dimenticare, e non è facile se sento il suo profumo nel raggio di cinque chilometri.

Oceano; Cameron odora di oceano.

Mi ha rovinato anche il mare, quello stronzo.

Non che mi piaccia, ma d'inverno è il luogo che più preferisco frequentare.

"Mi ha parlato tanto di te nell'ultimo mese! Insomma, sei la sua migliore amica, e da quando ci siamo messi insieme non fa altro che ripetermi quanto tu sia importante per lui, e che è entusiasta del fatto che andiamo d'accordo. O, almeno, che non ci sbraniamo come cannibali!" Esclama, ed entrambe scoppiamo a ridere.

"Senti oggi vado al centro commerciale, ti va di venire con me? Ci facciamo un giro e compriamo anche qualcosa di carino!" Mi dá delle piccole gomitate scherzose, e io scoppio a ridere annuendo.

"Va bene. Mi passi a prendere tu?" Le chiedo, e lei annusice con un sorriso.

"Naturalmente! O e..." Viene interrotta da qualcuno alle mie spalle.

"Che c'è?" Chiedo, e quando mi volto lei è lì davanti a me.

Valerie mi guarda, e vedo i suoi grandi occhioni riempirsi di lacrime.

Accanto a lei, Jack le tiene la mano.

Stanno insieme? Da quanto? Perché diavolo non ne sapevo nulla?

Calma, non siete più amiche da settanta giorni e poco più di una settimana, ecco perché non lo sapevi.

Valerie non fa più parte della mia vita. E fa male.

"Ciao, Audrey." La sua voce è flebile ed insicura.

Per quanto sia schifata da lei e dal modo in cui mi ha trattata, non posso far altro che stringere le labbra in modo da evitare alle lacrime accumulate nei miei occhi di cadere.

"Possiamo..." Prova a parlare, ma la zittisco subito.

"Cinque minuti. Ti do solo cinque. Io non parlerò, ascolterò soltanto, e quando avrai finito di sparare due stronzate inventate sul momento me ne andrò e nessuno di voi mi darà più fastidio o cercherà di avere un contatto con me, sono stata chiara?"

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