Capitolo quindici
Appoggio il bicchiere sul bancone, producendo un suono secco.
"Josh!" Alzo un dito verso il barman, rivolgendogli un sorrisetto. "Dammene un altro."
Mi passo una mano sul viso, mentre lui scuote la testa.
"Io sono Kevin, Audrey. E non avrai un goccio di alcol in più. Nè da me, nè da nessuno. Non hai l'età per bere." Si avvicina a me, mentre continua ad asciugare un paio di bicchieri.
Gli rivolgo uno sguardo truce.
"Sono lucidissima" mi indico per rendere la situazione più credibile. "E poi mi hai appena dato un shot di whisky, perciò."
"Sei lucida e mi chiami Josh?" Inarca un sopracciglio, in segno di incredulità.
Io sbuffo. "Era per fare un po' di scena. Non voglio sembrare la diciassettenne sfigata che non regge l'alcol. O che non può berlo."
"Ma non puoi berlo, tesoro." La sua voce è leggermente più dolce, ma il tono sempre fermo.
"Quindi non mi lascerai annegare i miei dispiaceri nell'alcol?" Faccio un piccolo sorriso, e lui scuote la testa.
Si sporge verso di me, tanto che percepisco il suo respiro caldo sulla fronte.
Kevin è molto alto.
"Uno. Erano questi i patti."
"Non abbiamo fatto un patto."
"Dovremmo, allora." Ribatte rimanendo sulla sua posizione.
Sbuffo, facendo una smorfia. Ciò provoca una risata leggera da parte di Kevin.
"Sophie come sta?" Cambio argomento, cercando di distrarmi.
Sono scappata di casa. Letteralmente.
Venendo qui, in qualche modo a me ignoto, sono riuscita a convincere Kevin, il cugino di Sophie, a darmi qualcosa per rendere la testa più leggera.
Non mi spingerò oltre a un semplicissimo bicchierino di whisky, è contro la legge. Che bella merda.
Kevin alza un sopracciglio. "Perché mi chiedi di lei?"
Scrollo le spalle, appoggiando la testa su una mano. "Non lo so. Per fare conversazione?"
"Era una domanda?" Ridacchia, passando a sistemare le bottiglie di alcol e vari liquori aldilà del bancone.
"Può darsi" Mi rendo conto dell'assurditá della situazione, e scoppio in una fragorosa risata. "Sono una causa persa, eh?"
Kevin mi fa un sorriso sincero. "Si può rimediare, in realtà. Incomincia col farti riaccompagnare a casa."
Arriccio il naso, prima di fare un sorriso timido. "Non ce n'è bisogno, Kevin."
"Chiamami Kev. E poi sì, ce n'è bisogno, dato che è l'una passata e tu sei venuta qui da sola, a piedi nel freddo della notte."
Kevin è un ragazzo davvero brillante. È in gamba, attento alle piccole cose...ho l'impressione che diventeremo ottimi amici.
"D'accordo, ma accetto solo perché non ho voglia di camminare!" Facciamo entrambi una breve risata. "Grazie, Kevin. Sul serio."
Lui scrolla le spalle, accennando un sorriso. "Kev" Mi corregge, guardandomi con gli occhi scuri. "E poi non è un problema! Mi fa piacere riaccompagnarti. Insomma, non potrei mai lasciarti in mezzo ad una strada."
Fa un cenno verso l'altro ragazzo che sistema la salettina del locale, e gli lancia un mazzo di chiavi.
"Ehi Nick! Chiudi tu per me?" Grida rivolgendomi una breve occhiata.
Nick-molto bello nei suoi jeans e nella maglietta a maniche corte- annuisce facendogli un cenno col capo.
Il misterioso linguaggio maschile.
Cenni, gesti, e pacche sulle spalle.
Niente parole. Sembra quasi che abbiano paura di parlare, fra loro.
"Forza, andiamo." Kevin gira intorno al bancone, e viene verso di me porgendomi una mano.
"So camminare, sai." Gli faccio notare, senza risultare troppo stizzita.
Non voglio fargli una brutta impressione. Kevin sembra molto simpatico!
"Non lo metto in dubbio" Accetto il suo aiuto e scendo dallo sgabello fin troppo alto. "Ciò di cui dubito è la tua capacità di rimanere in equilibrio."
Gli scocco una brutta occhiata, facendolo ridere.
"So stare in equilibrio! Che cavolo, nemmeno fossi ubriaca!" Urlacchio mentre varchiamo la porta per uscire dal locale.
Il vento freddo ci colpisce, avvolgendoci in un attimo.
Kevin impreca. "Che freddo!" Si stringe di più nel suo cappotto, mentre io tremo avvolta nella mia misera felpa si paile.
Ero troppo su di giri per preoccuparmi di prendere un giacchetto che mi riparasse dal freddo.
Sinceramente, quando sono uscita di casa-sbattendo la porta d'ingresso il più forte possibile- l'ultimo dei miei pensieri era restare al caldo.
Volevo solamente allontanarmi da casa. E l'ho fatto. E ora di tornare proprio non mi va.
Kevin apre la portiera della sua auto dalla parte del passeggero, e io gli faccio un sorriso, ringraziandolo.
Dopo aver girato intorno alla macchina, anche lui si infila dentro.
"È un piacere, te l'ho detto" scrolla le spalle, accedendo all'istante il riscaldamento. "Abiti sempre lì?"
Mi acciglio, spostando lo sguardo dalle vie di Miami a lui, che stringe saldamente il volante.
"Come sai dove abito?" Domando, e lui diventa paonazzo.
Kevin tentenna un attimo, ma si riprende dopo un paio di secondi di silenzio di troppo. "Ohm...lo so...cioè, me l'ha detto Sophie. Mia cugina sa i cazzi di tutti." Ride nervosamente.
Lo fisso per un attimo, arricciando il naso, poi lascio cadere l'argomento.
Non me la racconta giusta.
"Allora, Kev, come mai lavori in quel locale fino a tardi?" Mi spingo la montatura degli occhiali più in su, e alcune ciocche di capelli mi cadono davanti agli occhi.
Spostandole, gli occhiali vanno giù di nuovo.
Kevin ridacchia. "Il bar è di mio zio. Ora se ne occupa mio padre, dato che il padre di Soph è morto. Ogni tanto lo aiuto! Mi fa piacere rendermi utile, e poi Nick è simpatico! Inoltre, non mi dispiace rimanere sveglio fino a tardi" Fa spallucce, imbucandosi in una viuzza molto illuminata. "A casa non riuscirei comunque a dormire."
"Ti manca Denver?" Gli chiedo curiosa, facendo vagare lo sguardo all'interno della vettura.
I rivestimenti dei sedili sono in pelle nera, e il contachilometri mi sembra molto moderno.
È proprio una bella macchina!
"Come fai a sapere che è quella la mia città natale?"
"Me l'ha detto Travor. Quel ragazzo sa gli affari di tutti." Ripeto le sue parole, del tutto vere anche nel caso del mio migliore amico.
A proposito di Travor! Devo chiamarlo al più presto. Voglio chiedergli un paio di cosette che mi tormentano da giorni.
"Sono perfetti l'uno per l'altra, quei due!" Scoppiamo entrambi a ridere. "Comunque sì; un po' sento nostalgia di casa, ma le persone che frequentavo prima non mi mancano per nulla."
"Gente che portava solo guai?" Domando, e Kevin annuisce.
"Come mai vi siete trasferiti qui?" La mia curiosità non ha fine.
Questo ragazzo ha tanti lati oscuri, e io non riesco a tenere a freno la lingua per fargli qualsiasi domanda mi passi nella testa.
"Uh...be', ci eravamo stancati di stare lì. I miei volevano cambiare aria. Da quando mia sorella è morta, non sono più gli stessi. E restare lì era diventato insopportabile."
Spalanco la bocca, portandomi una mano verso le labbra.
"Merda. Cazzo, Kev, mi dispiace. Io non lo sapevo, altrimenti non tr l'avrei mai chiesto." Mi scuso mortificata, e lui liquida la questione con un gesto della mano.
"Non devi preoccuparti, Audrey. Non potevi saperlo. Comunque...come mai sei capitata dalle parti del locale?" Chiede, cambiando velocemente argomento.
Mi sento parecchio a disagio. Maledetta me e la mia boccaccia.
Faccio una smorfia, provando a non agitarmi di continuo sul sedile. "Ho litigato con mia madre."
Kevin punta lo sguardo su di me, proprio mentre ci fermiamo davanti al vialetto di casa mia.
"Cos'è successo?" L'interesse nella sua voce mi fa sorridere.
"Vuole monopolizzare la mia vita. Crede di potermi imporre le sue scelte, o i suoi progetti per il mio futuro. Maledizione, non la sopporto quando fa così." Scuoto la testa, appoggiandomi contro il vetro immacolato della macchina.
"Insomma, capisco che abbia fatto tantissimi sacrifici per me, per permettermi di studiare...ma si comporta come se da ciò ne prevalesse qualcosa di più grande. È strana, nell'ultimo periodo. Si comporta in modo strano e dice cose assurde. È come se non fosse più lei, capisci?"
Non so perché gli sto dicendo queste cose, ma parlare con Kevin mi rilassa.
Sento di potergli dire qualunque cosa.
"Mi dispiace dirlo, ma a volte vorrei che non fosse mia madre." Mi passo una mano fra i capelli, poi sistemo la montatura degli occhiali neri.
Dovrei farli stringere, ma Cameron dice che gli fs piacere essere il mio sistematore personale di occhiali.
Kevin si irrigidisce, ma l'ombra nei suoi occhi scompare così velocemente che penso di essermela immaginata.
"Perché non le dici che non può decidere per te?"
Sbuffo. "L'ho fatto! In più di un'occasione poi, ma lei non si da per vinto. Crede...non lo so cosa crede, ho smesso di cercare di capirla tanto tempo fa."
"Si comporta male con te?"
"È una brava mamma. La maggior parte delle volte. Insomma, si schiera spesso con Leslie, e mi fa andare fuori di testa. A volte si incazza con me per un nonnulla, mentre altre volte è dolce come uno zuccherino" Gestiscolo mentre parlo, e Kevin si sistema meglio sul sedile, ascoltandomi attentamente. "Ma stasera ha superato il limite. Ha tirato troppo la corda, e a un certo punto si è spezzata. L'ho persino mandata a quel paese."
Kevin ride sommessamente. "Hai fatto bene. Al tuo posto, l'avrei già fatto giorni fa!"
Ridacchio leggermente. "Quella donna mi fa paura." Scuoto la testa.
"Non dovresti avere paura di tua madre."
"La mamma è...particolare. Il nostro non è un buon rapporto. Proprio per niente."
"Mi dispiace. Il rapporto tra madre e figlia è importante." Dice Kevin, e io annuisco per dargli ragione.
Passa qualche minuto di silenzio, poi mi rendo conti che è arrivato il momento di rientrare.
"Grazie per tutto, Kev, e scusa se ti ho trattenuto fino a quest'ora!" Mi mordicchio il labbro inferiore, mentre lui mi fa un sorriso luminoso.
"Per qualsiasi cosa chiedi, non esitare. Oh, e tienimi aggiornato sulle ultime novità, d'accordo?"
Ridacchio leggermente, scendendo dalla macchina. "Non preoccuparti, sarai il primo a sapere tutto, domani. Ci vediamo a scuola."
"Buonanotte, Audrey." Chiudo lo sportello, e mentre vado verso la porta di casa tiro fuori il cellulare.
Dietro di me, sento la macchina di Kevin fare retromarcia e sgommare via.
Infilo la chiave di casa nella toppa, e mentre la giro per aprire il portone, mi accorgo di avere un messaggio da leggere.
L'orario risale a quando stavo salutando Cameron.
Aggrotto le sopracciglia quando noto che il messaggio è di uno sconosciuto.
Lo apro.
E due frasi, undici semplici parole, bastano per mettere in dubbio ogni cosa, e far crollare le mie sicurezze.
Vivi in una bugia.
Spazio Autrice
A breve pubblicherò la nuova storia, perciò tenetevi pronti!
Come vi sembra il capitolo?
Lasciate un voto e un commento, ci tengo.
Alla prossima
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro