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Surya Bonaly

Sono così agitata che devo impormi di non strappare via le pellicine dalle dita. Ho le mani sudate, anche se qui a Vancouver si gela. Insomma, dopotutto siamo in un Palaghiaccio, alle Olimpiadi!

Anche se è il mio secondo anno, ancora fatico a crederci. Dopo aver sbagliato un Triplo Salchow l'edizione precedente, è facile immaginare i miei – penosi – risultati.

Ricordo tutte le lacrime versate, a volte mi sembra ancora di sentire le loro tracce sulle guance pallide. La settimana seguente alle competizioni ero praticamente a pezzi. Se non fosse stato per il sostegno delle persone a cui volevo bene, credo che ancora sarei scoraggiata.

Se non fosse stato per la mia più cara amica Fanny, la mia allenatrice Dana e Fabian, il mio fidanzato; la delusione sarebbe ancora qui a schiacciarmi il petto. Mi sentivo come Atlante, sola a sorreggere il peso del mondo – il mio, che stava collassando su sé stesso.

Era stata dura riprendermi, davvero molto, ma grazie a loro ci ero riuscita. E non solo. Avevo letto la storia di qualcuno davvero speciale, secondo me. Qualcuno che aveva rinnovato il pattinaggio sul ghiaccio, rivoluzionato ogni schema e portato innovazioni. Sto parlando di Surya Bonaly.

Dana mi strappa dai miei pensieri come un pezzetto di carta. «Forza, Charlotte. Tra poco tocca a te» mi poggia una mano sulla spalla, in un gesto di coraggio. I suoi occhi parlano per lei, non c'è bisogno che le sue labbra si muovano perché io capisca cosa sta dicendo: io ti sostengo.

Le faccio un sorriso, troppo agitata persino per parlare, e aspetto a bordo pista il mio turno imminente. Anche se il cuore sembra aver liberato le ali, anche se l'agitazione mi comprime il diaframma come un masso invisibile, anche se ho una paura boia di non farcela, so che devo. Per me, per tutti quelli che ci credono... Devo pattinare come un elegante cigno nuota nel suo lago, lasciare che tutta la mia energia muti in nebulosa e brilli sul ghiaccio come una supernova.

È tutto un corrodere nel mio petto, le viscere che si attorcigliano dolorosamente, la paura di non farcela, i battiti del cuore che riverberano in tutto il corpo come onde sonore, è agitazione allo stato puro.

Ma sto entrando in pista, e non posso dichiarare forfait, non più. Non mi resta che snudare le zanne, tirare fuori gli artigli, e combattere con tutte le mie forze. E non posso fare altro che pensare a qualcuno che mi ha ispirato pur non conoscendomi, in tutto questo tempo. Sì, proprio la pattinatrice di cui parlavo prima: Surya Bonaly.

Lei nacque a Nizza, nel 1973, originaria di Riunione, ma fu adottata da una coppia di Nizza. Praticò fin da giovanissima ginnastica artistica, ma venne avviata dalla madre verso lo sport per cui è nata: il pattinaggio artistico su ghiaccio.

Protesta. Questa è la parola che descrive il suo pattinaggio. La pelle scura come cacao, fu seconda alle olimpiadi per tre anni consecutivi. Ma continuò a lottare, a protestare, senza arrendersi.

È infatti la prima donna a provare un quadruplo toe-loop, senza contare l'introduzione di una complessa trottola. Ma la sua denuncia, la sua protesta, non finisce qui. Sapete cos'è un back flip?

Prima di tutto, come potete immaginare, nel pattinaggio sul ghiaccio ci sono alcune regole da rispettare. Una delle tante è che dopo un salto, bisogna atterrare con un solo piede perché questo venga considerato valido.

Era il 1998, ai Giochi Olimpici. Surya Bonaly sbagliò un Triplo Salchow, perdendo la speranza di salire sul podio. Ma in qualche modo non si lasciò scoraggiare.

Non so come, so solo che bisogna avere una forza d'animo potente come poche. Solo che bisogna sperare forte, agire senza pensare troppo, fare un milione di cose per spiegare tutto ciò in qualche parola.

Senza più niente da perdere, immagino, legalizzò il celebre Back Flip, ossia un salto mortale all'indietro; proibito in gara per la sua pericolosità. Surya Bonaly superò invece ogni limite immaginabile, atterrando con un solo piede. Nessuno, uomini compresi, era mai riuscito a fare una cosa del genere.

Lei è, ancora oggi, una delle poche a saperlo eseguire, e l'unica ad atterrare su una gamba sola.

La sua azione non le regalò comunque la vittoria, ma Surya Bonaly superò anche questa. Il suo pattinaggio assume, da allora, le caratteristiche di una denuncia. Lei apporta cambiamenti e innovazioni, diventando così un emblema di eleganza e coraggio. Per i salti che osa, per il sorriso che non perde mai, per lottare anche quando le speranze sembrano perse, in un mondo dove le principesse del ghiaccio hanno la pelle d'alabastro.

È la sua storia che, adesso, mi dà la forza di tenere la testa alta. Al diavolo tutte le paure, le ansie e il cuore che tumulta. Qualsiasi cosa succederà, sarò nebulosa brillante sul ghiaccio, sarò energia, fuoco che arde senza sciogliere nulla.

Al diavolo tutto, penso, prima che la musica parta ed io cominci a brillare.

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