Capitolo 4
Sara
"Josh!" Alzo di colpo gli occhi ed incrocio lo sguardo di Corey. "È la voce di Josh!" Gli spiego, come se lui sapesse chi è Josh, come se io sapessi chi è Josh. Mi sembra di impazzire, non ricordo ancora niente però sono riuscita ad associare un nome ad una voce.
"Non so chi sia o cosa è successo, ma so che si tratta di Josh." Spiego a Corey che mi guarda comprensivo.
"Ho bisogno d'aria, scusami ma sono molto confusa." E mi allontano da lui, scendo dal soppalco e vado in veranda.
La bufera è nel pieno del suo svolgimento, il vento soffia fortissimo e guardare, fuori dalle vetrate, lo spettacolo offerto dalla natura, combinato con la temperatura rigida, mi aiuta a calmarmi un po'. Sono grata che Corey non mi abbia seguito, ho bisogno di riordinare le idee.
Cosa vuole questo Josh da me?
È stato lui a picchiarmi, dal suo tono aggressivo direi di sì. Chi è per me questa persona?
Troppe domande senza risposta. Se solo ricordassi qualcos'altro.
Appoggio la fronte al vetro freddo e chiudo gli occhi per un attimo. Ascolto il silenzio della neve e l'ululato del vento, c'è armonia e bellezza intorno a me e rimango incantata a fissare la bufera oltre il mio naso.
Corey
Ormai Sara è fuori da un po' ma non voglio assillarla, così mi avvio in cucina e preparo il pranzo.
Preparo una pasta e Layca si avvicina come sempre per annusare ed elemosinare un po' di cibo.
Accendo un po' di musica in sottofondo, e mentre dallo stereo si diffondono le note di the cave dei Munford & Sons, Sara rientra. Sembra più tranquilla di prima, così le chiedo se vuole mangiare qualcosa.
" Sì, grazie! Ho proprio fame, non so da quanto non mangio ormai!" Mi risponde. Servo la pasta nei piatti e ci sediamo a tavola.
Ci guardiamo e mangiamo in silenzio ed improvvisamente mi sorride e puntando i suoi occhi scuri nei miei inizia a parlare: "Non ricordo niente a parte il nome. Per quanto mi sforzi la mia testa è vuota, non voglio telefonargli per chiarirmi le idee. Ho paura che sia stato lui a picchiarmi, quindi per oggi ho deciso di non pensarci, spero che mi venga in mente come mi sono ricordata il suo nome."
"Credo anch'io che non dovresti sforzarti di ricordare, quando sarai pronta, ricorderai. Il fatto che tu abbia iniziato anche se da un solo nome credo che significhi che ti stai riprendendo" le dico mentre tolgo i piatti ormai vuoti.
"Quindi se io non posso raccontarti nulla di me, perché non parliamo un po' di te?" Afferma con quel suo sorriso furbetto. "Chi sei Corey?" Ed io per la prima volta sono in difficoltà.
Cosa posso raccontarle? "Ehm...per questo forse è meglio se ci sistemiamo sul divano." Le dico con una voce un po' insicura, non sembra nemmeno la mia voce, da quando balbetto?
Questa ragazza mi sta mandando al tappeto, quando i suoi occhi indagano così nei miei, vado in tilt e non connetto.
Ci spostiamo sul divano e Layka si accoccola ai miei piedi mentre io e Sara ci sediamo sui due lati opposti di uno dei divani.
"Allora che vuoi sapere?" Chiedo sperando che mi chieda cose come il mio colore preferito, ma purtroppo non è così.
"Voglio sapere la tua storia, parti dall'inizio!" Mi dice con tono scherzoso "Per premiarti forse ti farò un dolce, visto che in teoria sono una pasticcera." E facendomi una linguaccia mi mette a mio agio e comincio a raccontarle di me.
Sara
"Beh sono nato il 7 settembre del 1982 a Boston ed ho vissuto lì per i primi 9 anni della mia vita con mia madre. Mio padre è morto quando avevo 8 anni e poco dopo mia madre ha deciso che era meglio godersi la vita, piuttosto che badare a me, così mi ha portato da mia nonna, sua suocera, e da allora non l'ho più rivista." Mentre ascolto il racconto di Corey mi pento già di averlo forzato a raccontarmi di se. "Mi spiace Corey, non volevo farti ripensare a cose dolorose." Mi scuso ma lui mi rassicura: "Tranquilla non è niente, ero felice di avere finalmente qualcuno che si occupasse di me. Mia nonna è stata la persona più importante della mia vita. Con lei sono stato bene anche se vivevamo in una roulotte non mi ha fatto mai mancare nulla, ho imparato cosa significa far parte di una famiglia ed a non sentirmi un peso." E così Corey ha continuato a raccontarmi di sua nonna e della sua vita da normale ragazzino, del liceo e di come non gli piacesse studiare, della rabbia che provava nei confronti di sua madre, e come dargli torto dico io, e di come la sua vita non avesse una direzione fino ai suoi diciannove anni.
"Finito il liceo non sapevo cosa fare, l'università non era un'opzione sia per via dei soldi sia per via del fatto che non era proprio per me studiare. Così facevo qualche lavoretto."
"Che tipo di lavori hai fatto?" Mi ritrovo a chiedere incuriosita.
"Durante l'estate ho lavorato in un bar la sera e di giorno facevo il giardiniere, finita l'estate mi hanno preso in un magazzino e poi facevo delle serate con il mio gruppo."
La mia curiosità prende il sopravvento e non esito a chiedere maggiori dettagli su questa storia del gruppo.
"Mia nonna mi ha insegnato a suonare la chitarra, e nella chiesa che frequentava ho imparato a suonare il piano. La musica mi è sempre piaciuta, così durante l'adolescenza ho messo su un gruppo con degli amici, ci chiamavamo freak show.
Abbiamo suonato un po' di anni, facevamo musica grunge ed io ero il cantante."
Con gli occhi sgranati gli chiedo: "Wow, non è difficile per me immaginarti durante le tue esibizioni, con tutte le ragazzine ad ammirarti con gli occhi sognanti, colpite dall'irresistibile fascino del cantante alternativo. Avrai fatto strage di cuori al liceo!" e mentre lo prendo in giro e me la rido, sul suo viso appare e scompare un ombra. Non so se è per il mio commento o perché non gli piace raccontarsi.
Non faccio in tempo a chiedere spiegazioni sul disagio passeggero che si è creato che Corey mi dice: "Ok, per ora basta racconti, voglio il dolce che mi hai promesso. Devo capire se vale la pena raccontare, quindi devo avere un assaggio delle tue doti culinarie."
E così dicendo si alza e ridendo lo seguo in dispensa.
"Non so se hai fatto un affare, mi appello alla tua comprensione, sono una povera smemorata e non garantisco il risultato!" cerco di difendermi già un po' in ansia da prestazione.
Corey scuote la testa sorridendo. "Non te la cavi così a buon mercato, non ricordo quando è stata l'ultima volta che ho mangiato una torta fatta in casa. Quindi ora devi mantenere la promessa e poi forse proseguirò col mio racconto!"
Nella dispensa trovo uova, farina, cioccolato e latte. Una lampadina si accende immediatamente nella mia testa vuota e dico: "E se al posto della torta preparassi dei muffin, potrebbe andare bene comunque?"
Corey finge di pensarci su e con un sorriso da knock-out mi dice: "Vanno benissimo!"
Torno a frugare nella credenza e trovo quello che mi serve, limone, bicarbonato, stagnola e carta da forno. "Perfetto, ho tutto quello che mi serve!"
"Mentre tu ti metti all'opera, vado a prendere un po' di legna e provo a vedere se Layka vuole uscire, anche se sarà difficile visto il tempo." Mi indica dove trovare ciotole e cucchiai, mi mostra il forno e mi lascia in cucina per poi uscire.
Improvvisamente sola le mie mani sembrano procedere in automatico, peso gli ingredienti, organizzo il tavolo da lavoro, costruisco i pirottini, accendo il forno e preparo l'impasto. Sono stupita di come mi sembri facile, forse sono davvero una pasticcera. Sono così rilassata, mentre preparo i muffin, che non mi accorgo del tempo che passa. Corey ha lasciato il suo ipod acceso e mentre mescolo l'impasto mi metto a canticchiare persa nel mondo dei dolci.
Corey
Come previsto Layka non ha messo il naso fuori dalla veranda. La bufera si sta placando, così ho spalato un po' di neve, aprendomi un varco fino al magazzino dove tengo la legna. Un po' di lavoro fisico mi ha rimesso in sesto dopo il tuffo nel mare dei ricordi di poco fa. Non mi piace parlare di me, non mi piace ripensare al passato e per fortuna mi sono fermato ai miei primi 20 anni, lei ancora non sa chi sono in realtà, ma non mi il mi illudo che presto mi chiederà di continuare a raccontare.
Non sono tenuto a farlo, in fondo siamo due estranei e potremmo continuare ad esserlo, ma Sara ha qualcosa che mi fa sentire bene. Ora preferisco pensare che sia una conseguenza della mia solitudine, non mi sento in grado di approfondire i motivi per cui si è creato questo strano legame tra noi. È passato solo un giorno da quando ci siamo incontrati e mi rendo conto di essere diverso da com'ero ieri e non so se voglio tornare a com'ero prima di Sara.
Forse ho solo bisogno di più compagnia.
Con le braccia cariche di legna torno in soggiorno e ravvivo il fuoco nel camino. Sara è in cucina e non si è accorta del mio arrivo, sembra assorta, con la testa in un altro mondo. Mi fermo a guardarla mentre inforna i muffin ed inizia a riordinare la cucina, sta cantando e muove i fianchi a tempo di musica.
Riconosco la canzone che sta ascoltando, è Mack the knife di Bobby Darin, non ricordavo nemmeno di avere canzoni del genere nell'ipod. Vederla così rilassata e spensierata mi incanta e sorridendo come un ragazzino mi avvicino alle sue spalle, abbandonandomi alla musica le prendo le mani, la faccio girare e cantando con lei iniziamo a girare per la cucina, improvvisando dei passi di danza.
Non ho mai fatto niente del genere e se mi vedesse la mia band verrei preso in giro da qui alla fine dei miei giorni, ma in questo momento non mi importa. Ridendo spensierati facciamo giravolte intorno all'isola della cucina, attiro Sara tra le mie braccia e lei mi spinge lontano per scherzo, cantiamo con Bobby e saltiamo. Alla fine del pezzo concludiamo con un casquè, ci guardiamo negli occhi ridendo e con il fiatone. È un momento perfetto ed è impossibile resistere, la devo baciare.
Rialzo Sara e sempre tenendola tra le braccia poso le mie labbra sulle sue. Lei risponde al bacio immediatamente ed in un secondo, alzandosi in punta di piedi, fa in modo che i nostri corpi aderiscano perfettamente. Le mie mani dai suoi fianchi morbidi passano a stringere il suo sedere e dalla sua bocca sfugge un gemito di piacere. Il mio cervello è fuori uso e le divoro la bocca, le nostre lingue scivolano una sull'altra a tutta velocità, ho fame di lei, del suo sapore, del suo respiro eccitato. Senza staccarmi da lei la prendo in braccio e l'appoggio sull'isola della cucina, lei mi stringe tra le sue cosce e si struscia sulla mia erezione infilandomi le mani sotto la maglia. Le sue unghie si conficcano nella mia carne, sui fianchi, sulle scapole, sul petto, provocandomi delle piccole scariche di estasi.
La voglio così tanto che non ragiono sui motivi per cui sarebbe meglio aspettare.
Le sfilo la felpa ed ammiro il suo seno florido, le premo una mano sul seno perfettamente tondo e la faccio stendere sul piano di marmo. Sento i suoi capezzoli indurirsi nel momento esatto in cui la sua schiena entra in contatto con la superficie fredda ed un altro gemito le sfugge. Scendo su di lei e le bacio la base del collo, succhiando leggermente e leccandole la pelle, lascio una scia di baci che dal collo va al suo seno. Sto adorando il suo seno con bocca e mani, lecco, bacio e stringo mentre lei sotto di me non smette di accarezzarmi e graffiarmi, comunicando al mio corpo i diversi gradi di piacere che le faccio provare.
Con la bocca le bacio la base del seno, passando la lingua nella piega che si forma tra il seno ed il torace e poi soffio piano. Questo gesto la fa gemere più forte e le sento pronunciare il mio nome. Proseguo il mio viaggio di piacere ed inizio a baciarle i fianchi, le strattono leggermente i pantaloni verso il basso e con la lingua rovente le disegno dei cerchi sull'inguine appena scoperto, poi le faccio un piccolo succhiotto e lei si contorce sotto di me.
Sara
Da zero a cento in 3 secondi, ecco come mi fa sentire il tocco di Corey. Adoro quello che sta facendo la sua lingua sul mio inguine. Sono bombardata da un milione di sensazioni di piacere, il contrasto tra la superficie fredda del marmo ed il calore della bocca di Corey, mi manda in estasi, sono presa da una frenesia folle e non riesco a smettere di graffiare la sua pelle e di tirare i suoi capelli.
Prendo le mani di Corey e le rimetto sul mio seno. Tengo le mie mani sopra le sue, ed intervallo le mie dita alle sue, così facendo lo incito a stringere e ad accarezzare, con la pressione che più mi dà piacere.
Siamo entrambi persi nel piacere quando sentiamo un trillo che non smette di ripetersi.
Ci guardiamo con sguardo interrogativo ed io esclamo ad alta voce. "I muffin sono pronti!"
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