Lux in Tenebris
Titolo: Lux in Tenebris
Genere: Romanzo storico
Autrice: Arte84
Bienvenido a todos
Sono contenta di essere arrivata a questa ultima recensione per questa nona lista. Devo ammettere questa è stata particolarmente facile da fare, ma scoprirete da soli perché, infatti credo che a differenza delle altre sarà più corta...
Ma iniziamo con la copertina... e, no, non mi piace molto. Il fatto che sia così scura la fa passare inosservata, non c'è un elemento che spicchi su gli altri a indicarci su cosa è incentrata la storia, e questo è un peccato. Solo questo centurione di spalle ci fa intendere a quale periodo storico si rifà, ma a parte questo non ci sono altri elementi che vengono in nostro aiuto. Credo che potrebbe valorizzarla meglio, innanzi tutto rendendola più luminosa, e inserendo elementi diretti della storia... Starà all'autrice decidere dove e quando, e cosa.
Le scritte in alto e in basso sono poco visibili, e anche qui è un peccato perché, una volta riuscita a leggere quella in alto, si ha un po' più un'idea e ci aiuta a entrare nell'atmosfera della storia, ma si fa fatica a farlo. Il nome autrice lo metterei più grande, eliminando "UN ROMANZO STORICO DI", che occupa spazio inutilmente, basta la scritta sopra per fa capire che si tratta di un romanzo storico.
La trama descritta sotto ripete la scritta riportata nella copertina e sinceramente non capisco perché. O la toglie dalla copertina e la mette qui o viceversa, lasciarla in entrambi i posti potrebbe irritare un po'. Non ne vedo il senso, ecco.
Per il resto, la trama raccoglie in poche e dirette parole il fulcro della storia e i personaggi principali che andremo a conoscere, e personalmente ritengo che aiuti a capire che si tratta di una storia molto studiata e ponderata. Mi piace!
Sin dalle primissime righe la narrazione ti catapulta all'interno della storia. La descrizione iniziale del luogo in cui è ambientata la prima scena ci fa viaggiare indietro nel tempo di parecchi anni, perché sono immagini che ci richiamano alla memoria ciò che conosciamo su quel periodo storico. Persino il nome degli Imperatori che regnano nel periodo descritto ci aiutano, con i loro nomi propriamente storici, a portarci con la mente in quel periodo. Quasi ci dimentichiamo di leggere un libro di finzione.
L'unica cosa brutta di questo incipit è la battuta di dialogo con cui esordisce.
"Allora, siamo d'accordo?".
È susseguita da una dettagliata e affascinante descrizione del giardino rigoglioso, con delle enormi statue e di una donna con un'elaborata acconciatura e di una bellezza intramontabile, per poi scoprire che non è stata lei a porre quella domanda.
È una cosa che fanno in molti all'inizio, ma sembra più una moda che un metodo pensato per descrivere al meglio una battuta di dialogo. Quella di inserire un personaggio iniziando da una voce fuori campo è una tecnica sbagliata perché il lettore non può dare un'immagine a quella voce, non sa chi sta parlando o, come in questo caso, attribuisce la paternità di quella voce a un personaggio errato, perché viene dapprima descritto un personaggio che non è stato lui a parlare.
Sarebbe bastato un semplice dialogue tag per indicare chi parla:
"Allora, siamo d'accordo?". Gli occhi dell'uomo sfavillarono di curiosità nella calma del giardino.
Per fare un esempio...
Anche il lieve scambio di battute che i due hanno alla fine di questa scena è poco chiaro:
"Vostro figlio si trova a Roma, attualmente?" domandò a smorzare l'aria pesante che aveva seguito la sua risposta affermativa.
"Rientrerà a breve a seguito di Gallieno. Ha combattuto valorosamente sul fronte reneno!"
Cornelia abbandonò per un'istante il suo cipiglio severo, lasciando spazio a un lieve sorriso. Gaio sembrava essere molto orgoglioso di suo figlio; avrebbe voluto esserlo anche lei del suo.
"Bene. Sarò lieta di farlo incontrare con Camilla, appena sarà qui a Roma".
A parte "un'istante" con quell'apostrofo molesto, non è molto chiaro chi dice cosa, perché la frase antecedente a questo dialogo vedeva come soggetto l'uomo con cui Cornelia sta parlando... l'alternanza di battute crea confusione.
Da qui mi è diventato chiaro che i dialoghi sono un po' la croce di questa autrice...
Cornelia Verania, la donna descritta all'inizio del capitolo, ha preso la decisione di dare sua figlia in sposa in un matrimonio di convenienza, cosa che ai tempi non è difficile da credere come normalità, ma il figlio maschio di Cornelia è inorridito da questa situazione, anche se la sorella sembra averla accettata passivamente. Al ché quest'ultimo, chiamato Publio, si avvicina alla sorella e la prende per mano:
"Non è necessario che ti sacrifichi..."
"Ho l'età giusta per maritarmi fratello" ribatté lei, fissando i grandi occhi blu in quelli del fratello "E sai che rispetto le decisioni di nostra madre".
"Sono felice che almeno tu abbia un po' di buon senso. Sergio Sestio Scaptio è un tribuno che gode dei favori dell'Imperatore. È giovane e, se possiede un po' del fascino del padre, sono sicura ti riterrai fortunata a maritarti con lui" Intervenne Cornelia...
Quel Intervenne Cornelia è troppo tardi per far comprendere al lettore chi sta parlando. La battuta è troppo lunga e il lettore si perde tra quelle parole. Quando cambia interlocutore, in casi come questo, bisogna specificare chi parla nel più breve tempo possibile, in modo che il lettore colga il nome del personaggio dalla prima occhiata che dà alla battuta. Un buon metodo sarebbe stato inserire questo "Intervenne Cornelia" subito dopo il primo punto:
"Sono felice che almeno tu abbia un po' di buon senso", Intervenne Cornelia...
Ho notato subito che l'autrice ha l'abitudine di inserire i segni di interpunzione al di fuori delle virgolette che delimitano le battute di dialogo. So che questa è una scelta stilistica, e si basa anche sul modo di fare delle varie case editrici, ma è davvero brutto trovare doppia punteggiatura quando la battuta richiede la presenza di un punto esclamativo o interrogativo. Per eleganza sarebbe consigliabile inserire la punteggiatura sempre all'interno della battuta di dialogo, vedere doppia punteggiatura è davvero antiestetico.
Al di là di questi errori, questo primo capitolo è molto lineare e scorrevole, l'autrice ha saputo introdurre in modo egregio la situazione che andrà a raccontare immergendo il lettore in quel periodo storico e in quella situazione descritta, rendendo credibile la scena ai suoi occhi.
E mi è piaciuto anche il glossario alla fine del capitolo, dove dà delucidazioni sui termini usati nel capitolo che erano propri di quel periodo, senza per questo dover interrompere la lettura del lettore. I miei complimenti!
È interessante come abbia saputo inserire questi termini in disuso amalgamandoli con il resto della narrazione in modo tale che, pur non conoscendone il significato, il lettore riesce lo stesso a capire a grandi linee che significato ha o che oggetto fosse. È davvero un ottimo modo per incrementare l'immersione del lettore e impedire che si fermi a pensare: E questo che cos'era?
Purtroppo sono presenti varie pecche anche durante i capitoli successivi... ma per me è un bene perché se non avrei saputo di cosa parlare. Hehehehehe...
L'autrice spesso e volentieri tende a fare ripetizioni sgradevoli lungo il testo, vorrei fare degli esempi per farli intendere perché, a un occhio inesperto, potrebbero passare inosservati.
"Camilla la osservò ancora, ancora più stupita di prima..." (Cap. IV Primum Conventum)
Anche se c'è la virgola quel ancora ripetuto potrebbe benissimo essere sostituito con un sinonimo e rendere la frase più elegante.
"Restare in silenzio era la cosa migliore. Attendere, studiare la situazione. Capire e, forse, accettare quella situazione." (Cap V Sponsalia.)
"Si guardò le mani e l'immagine di Camilla [...] lo disgustò. Provò disgusto verso sé stesso." (Cp. X Pro Delicto)
Il termine disgusto è ripetuto in un lasso di tempo troppo esiguo.
Ma, in generale, questo libro mi è piaciuto davvero molto. L'autrice ha una formidabile dote di catturare la mente del lettore e mantenerla all'interno della storia, e questo è davvero la prima cosa che cerco in un libro. La storia parla di questo matrimonio tra Sergio Sestio Scaptio e Camilla Verania, nato come accordo tra i genitori per scopi finanziari e di convenienza per poi trasformarsi in una bellissima storia d'amore. Ma non è la classica storia sdolcinata che siamo abituati a leggere su wattpad. Le situazioni che il periodo storico porta con sé e altri tipi di conflitti inseriti in maniera estremamente naturale ed elegante, portano ad appassionare il lettore a questa coppia.
Senza considerare le situazioni dei personaggi che ruotano attorno ai due e che rendono questo libro un piccolo capolavoro. La struttura dei personaggi secondari rende ancora più realistica e appassionante la storia dei due protagonisti principali.
Durante la scena madre del Capitolo XIV Noctem amoris. Dies doloris, avevo costantemente paura che qualcuno o qualcosa arrivasse all'improvviso e disturbasse quel momento particolare. Così non è successo, ma questo sta a indicare quanto l'autrice sia stata in grado di farmi appassionare. Inoltre, ha saputo descrivere quella scena in un modo direi perfetto, anche se la perfezione non esiste. Ma la scena è davvero dolce e appassionante ma assolutamente lontana dalla volgarità, le azioni dei due personaggi sono credibili, e coerenti con i loro caratteri. Soprattutto quelle di Camilla.
Personalmente posso dire che è un personaggio che ho adorato sin dall'inizio. Presentandosi come rassegnata alla sorte che la madre le aveva imposto, ha trovato comunque la gioia di quella unione, ma è anche stata in grado di manifestare in altre occasioni la propria bontà d'animo, facendola entrare nel cuore del lettore... e del mio.
L'autrice potrebbe migliorare? Sì, perché purtroppo è evidente che, per quanto sia brava, manca di tecnica espositiva vera e propria.
Ci sono diverse d eufoniche assolutamente fuori posto. Vanno messe solo per evitare lo scontro con la vocale iniziale della parola seguente se è uguale alla congiunzione, mentre l'autrice la inserisce sistematicamente.
I personaggi vengono descritti in modo adeguato, non si intrattiene troppo nel dire che questo o quello ha gli occhi così o il naso cosà, se non è particolarmente interessante nella narrazione, e questo è un bene, ma allo stesso tempo i luoghi descritti vengono appena accennati. Questo purtroppo rende un po' più difficile immaginarsi la scena, soprattutto perché le dimore di quei tempi erano particolari e riuscire a descriverle renderebbe la narrazione completa.
Durante la narrazione inserisce spesso termini di incertezza, come quel "quasi":
"Attraversò la stanza quasi di corsa..." Correva o no?
"Fu una sensazione che forse non aveva quasi mai provato prima..." Insomma, l'aveva provata prima o no?
"Sergio si accorse di aver trattenuto il fiato e, quasi boccheggiante, riprese ossigeno." Ma in pratica, boccheggiava o no?
Il quasi non dà al lettore qualcosa di concreto da immaginare, ma solo il senso di incertezza dell'autrice. In pratica è un termine che non andrebbe mai usato. Al massimo nei dialoghi.
Anche inserire sempre il poi per descrivere il susseguirsi delle azioni è sbagliato. Che senso ha dire che una persona prende la cornetta e poi compone il numero? Comporre il numero è una naturale conseguenza di prendere la cornetta, è la normale azione che compie subito dopo, che senso ha inserire quel poi?
Per quel che riguarda gli usi e i costumi dei tempi, così come la mentalità dei personaggi ivi descritti, sono estremamente credibili perché a grandi linee noi tutti conosciamo quell'epoca. Ma nello specifico non ho le competenze necessarie per asserire che gli studi fatti dall'autrice siano completi. Personalmente ritengo che abbia fatto studi molto accurati, da un mio modesto punto di vista sento la passione per quel periodo storico, ma tale affermazione la lascio a chi ne sa più di me.
A tal proposito vorrei spendere una parola per tutte le volte che nella narrazione appare Hendal. Lo introduce sempre con "lo Germano", o "dello Germano", ma suona un po' brutto alle mie orecchie. Non sarebbe meglio "il Germano" o "del Germano"? Chiedo.
La narrazione è in terza persona e, anche se la terza persona si presta più facilmente a passare da un punto di vista all'altro senza traumatizzare il lettore, meno lo si fa e meglio è. Sarebbe bene che gli scambi di p.o.v. non avvenissero così velocemente.
L'ultimo appunto che vorrei fare all'autrice sta nel vestito da sposa di Camilla. Non lo ha descritto durante la narrazione, anche se poi alla fine del capitolo ha voluto rendere noto il lettore di come si usava vestire le spose in quel periodo. A parer mio avrebbe potuto descrivere Camilla attraverso gli occhi di Sergio, in modo da rendere la scena ancora più romantica e passionale. Altrimenti sembra che Camilla non abbia niente di particolare addosso per il suo matrimonio.
Bene, sono davvero entusiasta di aver letto questa storia, è sicuramente una delle mie preferite tra quelle che ho recensito. Quando sarà terminata tornerò sicuramente a leggerla. Ma in fondo già conoscevo la bravura di questa autrice, ne ho avuto un assaggio poco tempo fa durante un contest in cui dovevo leggere il suo "La gioia ed il tormento", anche se ogni volta che leggevo questo titolo mi sembrava che mi colpissi con la mano di taglio contro la gola. Ed... od... ad... ud...
Sono felice di essere arrivata alla fine di questa recensione. Do un saluto e un abbraccio a tutti e vi do appuntamento alla prossima lista!
Ciao ciao...
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