Flamestorm: A Marvel story
Titolo: Flamestorm: A Marvel story
Autrice: JaneMargotValdez
Genere: Fanfiction
Inizio subito mettendo le mani avanti: Essendo questa storia una fanfiction del mondo Marvel, ammetto che il fandom a cui fa riferimento non lo conosco affatto. È già tanto se so chi sia Spiderman. Chiedo umilmente scusa ai vari fan a cui è ovviamente destinata... In questo caso, da brava ignorante in materia, giudicherò l'opera proprio in base a un punto di vista completamente profano.
Partendo a giudicare la copertina devo dire che è molto suggestiva. Tra le fiamme si intravede un corpo femminile, che sicuramente rappresenta la protagonista, conoscendo anche solo vagamente il mondo Marvel si intuisce che la protagonista abbia qualche potere che ha a che fare con il fuoco. La frase in inglese che vi viene riportata, però, a parer mio è troppo lunga e di difficile comprensione. Non tanto perché è in inglese ma la risoluzione stessa dell'immagine la rende sfuocata alla vista. Magari se fosse un libro vero e proprio qualcuno si soffermerebbe volentieri a leggerla ma qui su wattpad la vedo una cosa difficile.
Passiamo alla sinossi. Intanto esordisce con la parola trama, e già questo è un errore. In questa parte non ci si deve mettere la trama, ma, appunto, la sinossi. Che poi è quello che l'autrice ha fatto, ma forse non sa quale sia la differenza tra sinossi e trama.
La sinossi è in pratica la presentazione dell'opera, che descrive in maniera stringata ma stimolante, le parti salienti e/o il carattere del/la protagonista, in modo da incuriosire il lettore e spingerlo a leggere. La trama, invece, sarebbe in pratica la versione stringata e veloce di tutta la storia, prendendo in esame ogni particolare rilevante della stessa dall'inizio alla fine. Ma vien da sé che se dovessimo scrivere l'intera trama nello spazio dedicato alla sinossi la curiosità di un probabile lettore andrebbe a farsi friggere...
La trama, al massimo, va scritta esclusivamente per una casa editrice, non per un lettore.
La storia è degna delle più classiche delle storie Marvel. La protagonista è Jane Winters, detta Flamestorm per la sua caratteristica di sprigionare fuoco dal suo corpo. La ragazza non è propriamente uno stinco di santo, anche se è soprattutto una vittima delle circostanze, ma dimostra di essere molto intelligente, perspicace e sveglia, nonché profondamente istruita. Dopo essere stata per anni rinchiusa in un centro dove la usavano come cavia per degli esperimenti e da dove è riuscita a scappare, finisce in prigione per scontare una pena in quanto, anche se non viene specificato molto bene, essa stessa si accusa di aver ucciso molte persone innocenti. Da lì, però, viene adocchiata e reclutata per far parte del gruppo di supereroi del famoso S.H.I.E.L.D.S....
Che posso dire da questa trama? (sì, è questa una trama) La storia ha all'attivo ancora pochi capitoli, ma pur non essendo una fan del mondo Marvel e non avendone lette nessun'altra posso aggiungere che non ha niente da invidiare ad altre storie di questo stile.
Ma andiamo avanti e passiamo al prologo, definito "Prologue".
Dopo che viene riportata la data in cui succede, è la stessa protagonista che racconta il momento della sua fuga da un carcere o un ospedale dove veniva forzatamente reclusa per renderla come una pedina in mano a persone senza scrupoli che volevano sfruttare, o che hanno sfruttato, il suo potere, in quanto ha la capacità di scaturire il fuoco dalle mani o dalle vene (?).
Posso azzardare a dire che è scritto un po' troppo frettolosamente?
Ma non solo frettolosamente, secondo me. Ad una prima analisi sembra proprio che l'autrice non conosca molto bene il significato di alcuni termini, usandoli in modo improprio, ci sono diversi errori grammaticali, di punteggiatura e di sintassi che lo rendono confusionario a un lettore, specie se profano come me. Ho iniziato la lettura e devo ammettere che alla fine ero più confusa che persuasa, quindi l'ho abbandonata e ci sono ritornata dopo un giorno o due... Ma non è che la situazione sia migliorata molto.
La punteggiatura lascia un po' a desiderare. Le virgole non sono messe troppo male ma durante alcuni vocativi non ci sono e spesso sembra che usi la punteggiatura sbagliata nei posti sbagliati. Noto, infatti, che usa i due punti senza però impiegarli nel loro giusto modo. I due punti si usano con una funzione esplicativa: ovvero, aiutano a chiarire il significato di una determinata frase o di un concetto. Oppure per dare il via a una lista numerata o a un elenco di cose. In altri casi ancora i due punti possono trasformare una subordinata in una coordinata. Ma in questa frase che compito hanno?
"...senza far suonare gli allarmi ero entrata nell'area del laboratorio: dovevo solo trovare l'altra area di alloggi e a quel punto sarei potuta uscire."
Non fanno nessuna delle cose precedentemente elencate... in pratica, credo che al posto di quei due puntini ci vorrebbe una semplice virgola. Anche perché la pausa che reca la lettura è breve propria della virgola. Un errore simile lo fa appena il periodo dopo:
"Avevo fretta e tanta voglia di andar via. Di sfogarmi: avrei fatto di tutto per uscire e separarmi dal controllo che quegli scienziati vantavano su di me."
Ne approfitto per spiegare anche la funzione del primo punto usato nella frase, che sembra voler dare una pausa lunga quando in realtà il testo non ne ha bisogno. Quel punto dopo "andar via" non ha senso, anche perché la frase si collega direttamente a quella dopo, in quanto è sempre la voglia che unisce i due predicati verbali. Il personaggio ha sia voglia di andar via che di sfogarsi. Il punto, casomai, sarebbe andato bene al posto dei due punti.
Inoltre, sempre riguardo alla punteggiatura, vorrei ricordare all'autrice che i puntini di sospensione sono sempre e solo tre. Non due, non quattro, ma tre, e che dopo questi tre puntini ci va sempre uno spazio prima della parola successiva... mentre sembra evidente che l'autrice non lo sappia.
La protagonista racconta che sta scappando ma non sono riuscita a capire da dove stia scappando. Dice che conosce a memoria quelle "strade", anche se sono corridoi, perché i poliziotti che la scortavano non la bendavano, come invece era pratica comune fare "in ogni carcere o laboratorio che si rispettasse." A parte che andrebbe il termine "che si rispetti", non "che si rispettasse", ma, anche se parla di poliziotti, non è molto chiaro il luogo in cui si trova perché fa capire che su di lei facevano degli esperimenti e che lungo questi corridoi ci sono delle condutture che trasportano del gas. Non mi risulta che nelle carceri ci siano condutture simili lungo i corridoi.
Quando arriva al punto in cui dice "Finalmente raggiunsi il quartier generale..." sono rimasta un attimo perplessa. Ma prima non aveva detto che stava cercando l'altra area degli alloggi così avrebbe potuto uscire? Da questa frase, invece, sembra che stesse cercando il quartier generale. Forse avrebbe dovuto spiegare che prima di uscire da lì avrebbe voluto raggiungere il quartier generale per fare prima altre cose... la situazione è poco chiara.
Qui ho assistito a una frase che mi ha fatto del male fisico. "Superai la soglia della porta..." aiuto!!!
Ho già spiegato innumerevoli volte che soglia e porta sono sinonimi e che se inseriti nella stessa frase con l'intento di dare loro due significati diversi sono invece una ripetizione. È come se io dicessi "sulla porta della porta".
Il periodo seguente spiega, anche se in modo un po' confuso, perché la protagonista cova così tanta rabbia verso il luogo in cui è stata rinchiusa e verso questi esseri che la tenevano lì. Su di lei hanno somministrato un siero che inibisce il libero arbitrio, facendola diventare una marionetta nelle loro mani. In questo modo sono riusciti a farle fare cose delle quali lei si vergogna terribilmente, come uccidere delle persone innocenti, e per questo esige vendetta.
Dopo questo pezzo c'è un intero periodo che avrebbe davvero bisogno di un'aggiustatina perché è scritto davvero male.
"Guardai le mie mani che formicolavano incontrollate sconcertata, mi specchiai nella parete di vetro alla mia sinistra e vidi una persona diversa da quella che mi ricordavo: le orbite erano diventate rosse come il fuoco, e i capelli emanavano fumo e alcune sfumature nere come il carbone si erano fatte strada tra le ciocche rosse."
Le mani incontrollate sconcertata non ha senso. Qui le virgole avrebbero la funzione di dividere la subordinata dalla reggente, ma se cambiamo l'ordine dei termini la cosa può essere risolta in modo molto più semplice. "Guardai sconcertata le mie mani che formicolavano incontrollate." Era così difficile?
Poi dice che, specchiandosi, vede le proprie orbite rosse come il fuoco. Non è che forse non sono le orbite ciò che vede di quel colore ma i suoi occhi? Le orbite sono in pratica i buchi del cranio che ospitano i bulbi oculari... asserire di vedere le orbite rosse è difficile da figurarsi.
Infine, quella e di congiunzione dopo la virgola nel pezzo "...rosse come il fuoco, e i capelli emanavano fumo..." dà proprio fastidio. Dato che c'è già la virgola la e non ci va.
Nel periodo dopo finalmente la protagonista ottiene la sua vendetta verso quello che sembra essere il suo più acerrimo nemico. Lo prende per la collottola e lo alza, evidentemente, pur essendo donna, ha una forza molto grande, e con il suo potere gli dà fuoco. Solo che è un po' confusa la descrizione di lui quando dice "...rimase impassibile nonostante stesse cercando di contenersi e tentasse di controllare gli spasmi che contorcevano il suo corpo." Allora, lui sta provando un doloro lancinante, ovviamente, perché lei gli sta dando fuoco, ma cerca di contenersi e controllare gli spasmi del corpo... cosa significa che rimase impassibile nonostante ciò? Non ha senso questa frase per come è costruita.
Siamo finalmente arrivati alla fine di questo prologo... e ce n'è voluto!
Sommariamente non è poi così male, se non si guarda la sintassi un po' così e il consecutio temporum che a tratti lascia a desiderare. Come all'ultimo, quando dice "Arretrai di qualche passo e corsi via, dirigendomi verso l'uscita più vicina. Lontano da qui, lontano da tutti." Dato che sta parlando al passato remoto non dovrebbe dire "lontano da qui" ma lontano da lì. Qui è adesso. E non mi sembra che la protagonista stesse raccontando un passato trovandosi al presente in quello stesso luogo.
All'ultimo rimane ferma a guardare quella struttura distruggersi sotto ai suoi occhi, grazie al fuoco che lei ha piccato. Ma poi dice: "Persa tra i miei pensieri non mi accorsi neanche dell'arrivo della polizia, così decisi di scappare." Se non si è accorta della polizia perché decide di scappare?
Anche se, preso nel suo insieme, potrebbe essere un prologo che riesce a incuriosire nonostante i vari errori, credo che ci riesca soprattutto con qualche fan del mondo Marvel, che sa già a priori come potrebbe evolversi la storia, mentre per qualcuno che non lo conosce o lo conosce assai poco come me, alla fine storce un po' la bocca ma non ne rimane particolarmente colpito.
Alla fine di questo prologo ho voluto vedere su internet chi fosse questa Jane, la protagonista di questa storia... Ma su internet non ho trovato niente che riguardi lei nel mondo Marvel, e non capisco se sia perché è un personaggio secondario o perché è frutto della fantasia dell'autrice.
Fortunatamente, nel primo capitolo, la protagonista fa una sorta di autopresentazione, descrivendo se stessa e quello che faceva in passato. Viene detto che veniva chiamata Flamestorm e che prima era una spia, si descrive come mutante e che conosceva altri mutanti con i quali condivideva qualcosa... ma poco altro. Alla fine, a parte descriversi come fuoco e rabbia, non fa molto e altro e per il momento la percezione che il lettore ha di lei rimane lì, limitata al suo carattere e al suo potere di sprigionare fuoco. La cosa mi ha lasciato un po' irritata perché, se è davvero un personaggio nato dalla fantasia dell'autrice, avrebbe anche potuto dare un minimo di presentazione in più, proprio per i neofiti come me. Non dico che avrebbe dovuto descrivere tutto di lei per filo e per segno, ma almeno i punti salienti per aiutare un lettore a figurarla.
In realtà con questo primo capitolo la situazione non migliora più di tanto a livello grammaticale e sintattico come invece avevo sperato.
Qui Jane si risveglia in un letto di ospedale, o meglio, nell'infermeria del carcere, completamente dolorante, "Sentivo dolore ovunque e qualcosa, forse un peso, opprimermi il petto." Ma dai! Davvero è un peso che ti opprime il petto?
Cos'altro potrebbe essere?
Ad ogni modo, andando avanti niente può farci intendere che siano passati alcuni anni dagli avvenimenti descritti nel prologo. Infatti, anche se nel prologo veniva riportata una data, nel primo capitolo non viene riportata nessuna data né descrive quanto tempo sia passato. Si deduce che sia passato del tempo perché fa capire che Jane si risveglia da un bruttissimo sogno in cui rammentava la sua fuga da quella specie di laboratorio/carcere descritto nel prologo, ma quanto non ci è dato saperlo. In un primo momento io avevo capito che si stesse risvegliando appena il giorno dopo.
Inoltre, anche se durante la lettura si capisce che si trova nell'ospedale di un carcere, non è ben chiaro da quanto tempo si trovi lì. L'avevamo lasciata che stava scappando dalla polizia, a questo punto potremmo pensare che non ci sia riuscita e che la abbiano acciuffata... ma sarebbe legittimo pensare anche che l'abbiamo arrestata un po' di tempo dopo forse per un altro motivo... Non si sa.
Anche qui l'autrice fa un po' di confusione con la sintassi, ovvero con il modo in cui struttura le frasi che poi vanno a creare i periodi.
"Tentai di mettermi in piedi, o perlomeno di sedermi, ma nel farlo dovetti strizzare i denti per il dolore che avvertivo al petto. Il mio risveglio non è stato dei migliori..." A regola avrebbe dovuto essere "Il mio risveglio non era stato dei migliori..." E poi il verbo strizzare non credo sia molto attribuibile ai denti. I denti al massimo si stringono, a strizzare possono essere gli occhi... è difficile immaginarsi qualcuno strizzare i denti.
Poi ad un certo punto, parlando in pratica del fatto che si è sempre fatta giustizia da sola, dice: "Una persona fa per tre." Forse voleva dire che "Chi fa da sé fa per tre"? perché la frase detta da lei non mi sembra che abbia lo stesso significato.
Per contro, dato che in questo primo capitolo Jane è rinchiusa in un carcere... (stavolta viene specificato meglio) l'autrice riesce in modo abbastanza chiaro a rendere la pena e la condizione mentale che Jane prova dopo aver vissuto per tre anni in un carcere a contatto con altre persone nella la sua stessa situazione. È molto profondo il modo in cui riesce a intendere quanto, a lungo andare, vivere sempre a contatto con le stesse persone e a fare sempre le stesse cose e sempre nello stesso luogo annienti la volontà di una persona, tanto da confondersi con le altre, da non avere più uno scopo apparente.
Ma neanche il capitolo tre, Unexpected meetings, brilla di correttezza grammaticale.
Esordisce con la frase: "Evans, l'unica guardia della prigione che mi era amica, aveva appena appoggiato il cappello sul tavolo..." Ne segue una breve descrizione dello stesso e, dopo che quest'ultimo la saluta e le chiede come sta, si legge: "chiese il poliziotto, posando il cappello sul tavolo accanto alla porta." Ma non lo aveva fatto prima?
Andando avanti anche in questo capitolo ci sono molti errori di sintassi e di punteggiatura, spesso anche molto più evidenti rispetto a quello che si era riscontrato nel prologo, e purtroppo questi errori non mi hanno permesso di comprendere appieno il testo. Ed è un vero peccato perché se leggiamo il capitolo ignorando tutti questi errori si può benissimo sentire la passione dell'autrice verso la sua storia e anche la bellezza stessa della storia in sé. Solo che questi errori sono davvero molti per essere ignorati con facilità.
Nel capitolo Comparisons and acceptance, la scena lascia per un attimo il lettore frastornato, perché all'improvviso leggiamo un dialogo tra un certo Jarvis, che molto probabilmente un fan del mondo Marvel riconosce istantaneamente ma io no, che si rivolge ad un certo Capitano (anche se devo capire perché solo i suoi dialoghi vengono scritti in corsivo... stiamo parlando di Edwin Jarvis o di J.A.R.V.I.S.?), e poi è lo stesso capitano che prende la parola e inizia a narrare dal suo punto di vista.
A regola, quando il famoso P.O.V. cambia, è bene avvertire il lettore, in modo da non farlo arrancare nel buio e confonderlo con un brusco cambiamento di personaggio narrante. Inoltre, dato che qui non cambia solo il punto di vista, ma anche lo scenario completo, sarebbe gentile da parte dell'autrice avvisare il lettore che la scena si è spostata dal luogo X al luogo Y, tanto per fargli capire come stanno le cose.
Fortunatamente, una lieve infarinatura del mondo Marvel ce l'ho anch'io e appena ho letto Stark ho capito di chi si stava parlando, non mi ci è voluto molto per capire che lo Jarvis in questione è il maggiordomo di Tony Stark...
(o almeno, questo è quello che ho pensato in un primo momento dato il modo in cui viene scritto il nome e del fatto che non esiste uno straccio di descrizione dello stesso) resto comunque del parere che il salto di location e il cambio di P.O.V. debbano essere sempre descritti prima, anche per una questione di correttezza da parte dell'autrice.
Ad ogni modo devo ammettere che la struttura del testo di questo capitolo mi ha solamente confusa, soprattutto all'inizio... I dialoghi in sé non sono malaccio, ma la parte descrittiva lascia molto a desiderare. Non si capisce bene chi parla e a chi si riferisce. Siamo d'accordo che essendo fanfiction è destinata a un pubblico che già conosce i personaggi, ma ritengo sia comunque utile dare un accenno dei loro aspetti, o anche la descrizione del luogo in cui si trovano; primo perché ai fan fa sempre piacere ritrovare certi dettagli, e secondo perché in questo modo l'opera può accattivare anche un pubblico ignorante in materia.
Come ho già fatto vedere ci sono dei tentativi di inserire dei modi di dire ma... sbagliati. Che significa "...spero che tu possa trovare qualcuno che ti regga la testa come ho fatto io in questi anni!"? Non è che forse voleva dire "che ti tenga testa"? per la frase usata da lei mi è venuta in mente l'immagine mentre quella vomita e lei le regge la testa...
Non esiste la versione femminile di adito, quindi la frase "Non ero mai stata una persona adita ai sentimentalismi." Non ha senso. Al massimo avrebbe potuto essere "Non ero mai stata una persona che dava adito..."
E i capitoli successivi continuando così, con un gran numero di termini usati in modo inappropriato, virgole e punteggiatura in todo messa malissimo e composizioni delle frasi confuse, che appesantiscono il testo rendendolo a tratti poco comprensibile.
Ma, come ho accennato al primo capitolo, ci sono anche cose che in questo libro mi sono piaciute molto.
Intanto l'autrice, nonostante i suoi errori sintattici, riesce comunque a trasmettere certi stati d'animo propri del personaggio che coinvolgono il lettore, e questo fa sì che la lettura risulti piacevole nonostante tutto. I dialoghi sono frizzanti e mai banali, così come la caratterizzazione dei personaggi, sia quelli principali che quelli secondari, e questo è davvero un fattore preponderante per far apprezzare questo testo.
La storia alterna momenti di azione a momenti di calma e introspezione, e anche il tempo che scandisce questi periodi è usato molto bene. Non succede tutto di colpo, da un momento all'altro, le situazioni sono legate da un buon ritmo narrativo, rendendolo credibile e soddisfacente per il lettore. Le sensazioni che la protagonista esprime vengono sentite anche dal lettore in modo naturale, e non tutti riescono a farlo in modo così fluido. Su questo fronte questa autrice ha davvero un grande potenziale.
Peccato per la grammatica e tutti gli errori che ho elencato all'inizio.
Consiglio vivamente un aiuto esterno, che le faccia vedere passo dopo passo dove sbaglia, perché è un testo davvero ricco di errori che non permettono di farlo risplendere come meriterebbe.
So che la storia è ancora all'inizio, e che molto probabilmente avrà intenzione di correggerla una volta terminata, ma alcuni di questi errori vengono ripetuti molto spesso, ho ragione di credere che non siano semplici refusi ma che l'autrice abbia alcune lacune su questi argomenti specifici.
Spero davvero che riesca a rendere questo libro molto più armonico e corretto, perché come storia, almeno finora, lo merita.
Bye bye...
Laura.
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