5 - Friday
Friday fell back in love...
Venerdì.
Mi è sempre piaciuto, la parola venerdì suona così bene. Scandisco le sillabe che la formano, le ripeto nella mia testa.
Venerdì.
Nonostante passassimo tutti i venerdì sera insieme non mi aspettavo saresti venuto ed invece eccoti lì, fuori dalla porta, con i capelli spettinati e la camicia fuori posto, probabilmente sei uscito di fretta. Non sembri nemmeno tu, il tuo sguardo è inquieto, continua a vagare velocemente a destra e a sinistra.
«Che vuoi?»
«Stare con te?»
«Ah.»
Feci per chiudere la porta, ma tu la bloccasti, guardandomi.
Non riuscivo a capire se fossi più arrabbiato con me per il rifiuto o con te stesso per starti mostrando debole davanti a quella che dovrebbe essere la tua ragazza.
«Jade.»
«Io non voglio stare con te.» - risposi a denti stretti, spingendo con più forza la porta. Non sapevo se fosse vero, ma dovevo pur proteggermi in qualche modo. Ero stanca di lasciarmi fare male solo perché l'unica persona al mondo capace di starmi vicino più di dieci minuti era anche quella più orgogliosa dell'intera California.
«Cazzo, vuoi smetterla?»
«No.»
«Jade, per favore...»
Allentai la presa sulla porta, guardandoti interdetta. Decisamente quello non eri tu. Non perché mi avessi chiesto per favore, ma per il tono che avevi dato a quella frase.
Stanco, esausto anzi.
Che ti prende, Beck?
Ti lasciai entrare e restando in silenzio tornai ad appollaiarmi sul divano. Mi faceva male il petto.
Mi immaginavo come un pettirosso, con le piume sporche di sangue che cola dalla mia ferita, proprio sopra il cuore.
Se solo fosse stata vera, se fossi stata capace di palpare quel dolore.
E pensare che in realtà l'amore non viene nemmeno dal cuore, ma dal cervello. È un paradosso incredibile.
«Mi dispiace per ieri.» - hai esordito, sedendoti accanto a me.
Per tutta risposta alzai il volume del televisore, stringendo il telecomando tra le dita. Non volevo ascoltarti, sapevo che sarei caduta per l'ennesima volta.
Solo che tu hai poggiato la testa sulla mia spalla, hai chiuso gli occhi, mi hai stretta tra le braccia e io mi sono innamorata di nuovo.
Con il tuo sorrisino e i capelli spettinati fai cadere tutte le ragazze ai tuoi piedi, ma quando mi guardi in quel modo... quando mi abbracci e posi la testa su di me so che è un momento che appartiene solo a noi due.
Eppure sono gelosa, eppure non riesco a capire perché queste attenzioni le dedichi proprio a me.
Io con i piercing, i tatuaggi, una stupida ossessione per le forbici e tutto ciò che non piace agli altri.
Sembro cherofobica, scappo da tutto ciò che potrebbe darmi felicità, ne sono spaventata, lo rigetto.
Ti prego, non mi lasciare...
La gioia che provo quando sono con te è troppo preziosa, fragile come un foglio di carta. Forse è proprio per questo che ho paura di sentirla, non voglio sciuparla troppo.
Feci scivolare le dita fra i tuoi capelli, senza proferire parola. Mi era mancato il calore del tuo corpo sul mio, il tuo profumo, la dolcezza dell'essere innamorati che nell'ultimo periodo era stata stravolta dalla frenesia, dalla urgenza di sentirsi più che capirsi.
«È per colpa mia che non sei venuta a scuola oggi...?»
Mi riusciva difficile rispondere.
Non sapevo se fossi tu, c'erano così tante cose nella mia testa in quel momento. Mi limitai a scuotere il capo, ma realizzando che non mi stavi guardando fui costretta a parlare.
«No.» - risposi.
«Allora perché?»
«E tu perché fai così?»
Non ero riuscita a trattenermi, adesso il tanfo di quella domanda scomoda ci riempiva le narici, ci metteva a disagio entrambi.
«Così come?»
«Così, Beck. Mi fai saltare la scuola, andiamo a letto insieme, mi dici che ci sarai per sempre e dopo nemmeno un giorno ti dimentichi tutto.» - non sapevo bene come continuare, fissai il mio sguardo sulla scenografia scura del film che stavo guardando in tv. - «Non capisco.»
Dopo interminabili attimi di silenzio mi decisi a guardarti, armandomi di tutto il coraggio che possedevo.
Avrei voluto essere una bambina, loro nonostante tutte le delusioni trovano sempre qualcosa di buono in cui credere.
«Ti sei stancato di me?»
«Cosa?»
«Se ti sei stancato dimmelo, perché sembra solo che io ti costringa a stare con me.»
«Non mi sono stancato, Jade, è solo un periodo difficile.»
Non ne parlammo più. Non ebbi il coraggio di continuare la discussione e adesso mi rendo conto che fu un errore, probabilmente mi sarei risparmiata l'agonia che sarebbe arrivata dopo.
Ma ero, sono, innamorata.
Avevo troppa paura di lasciarti andare, non perché non fossi capace di cavarmela da sola, ma perché ero consapevole del fatto che sicuramente senza di te avrei dimenticato di nuovo come si fa ad amare.
Ti ho baciato e so che hai sentito il tremore delle mie mani sussurrarti impercettibili preghiere.
Chiedevano pazienza, chiedevano che tu non te ne andassi.
«Ti amo...»
Ho sorriso.
Quando sarei riuscita a trovare il coraggio di rispondere "ti amo anch'io"?
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