1. White coffee.
"She took a chance and packed her bags
She left town and didn't look back
So tired of wishing on the stars"
Camminando verso l'entrata dell'edificio con i fascicoli in mano e la musica che mi rimbomba nelle orecchie, risistemo sulla spalla la borsa di pelle marrone che si ostina a scivolarmi lungo il braccio. La facciata su cui si trova l'ingresso principale sembra molto antica e, naturalmente, l'ansia che mi ribolle nello stomaco da almeno due giorni peggiora solo alla vista di quell'imponente struttura. Inutile dire che sono dannatamente spaventata: è il mio primo giorno da matricola all'Università Statale di Milano. Non so cosa mi attenderà tra queste mura, non so come condurrò la mia vita lontana da casa e non so se tutti gli ottimi voti che ho accumulato negli anni precedenti mi saranno davvero d'aiuto. Mentre attraverso il grande portone d'ingresso insieme a qualche altro studente, mi chiedo meccanicamente cosa ne sarà di me da questo momento in poi:
"E se non avessi la stoffa per fare la giornalista? E se la mia carriera finirà per essere banalmente ordinaria? E se non avrò una carriera? Oddio, probabilmente finirò per scrivere articoli per la rubrica del giornale di qualche paesino in cui si riportano annunci riguardanti la scomparsa di animali domestici!"
Demoralizzata fino al midollo consegno i documenti alla ragazza che sta alla reception, la quale mi indica gentilmente di salire le scale, svoltare a destra quando giungo al primo piano e cercare l'aula magna. Stringo forte al petto i fascicoli che contengono tutti i documenti da presentare al primo corso. Spaesata seguo la massa e salgo le scale, fino a quando non mi ritrovo in quello che pare un piccolo anfiteatro al coperto. Prendo posto nel primo banco libero e, dopo 45 minuti in cui il responsabile della facoltà di Lettere ha introdotto il regolamento, i vari corsi e la possibilità di pranzare in mensa su iscrizione; siamo tutti liberi di recarci alla nostra vera prima lezione. Finalmente ho il mio primo approccio con Scrittura Creativa.
Guardando la pianta che la ragazza della reception mi ha consegnato, mi accorgo che l'aula di Scrittura Creativa è proprio di fronte all'aula magna, così entro direttamente nella porta davanti a quella da cui sono appena uscita e prendo posto a metà, in modo da non condannarmi ad indossare un'etichetta fin dal primo giorno: non voglio esser considerata né secchiona, né casinista,tanto meno una menefreghista. Sono la Svizzera in questo momento. E lo sarò per il resto dell'anno. Voglio semplicemente passare inosservata, ecco il motivo del mio banalissimo abbigliamento: jeans neri, maglia nera e giubbotto di pelle. Le mie All Star continuano a muoversi sotto il banco, dando segno di tutto il nervosismo che mi scorre nelle vene.
Quando i posti a sedere vengono quasi tutti occupati, estraggo dalla mia borsa un quaderno ad anelli dalla copertina totalmente bianca. La voglia di riempirla di scritte solo lanciandole una prima occhiata si sta già impadronendo di me. Giocherello con la punta della penna ad un millimetro dalla superficie patinata, pensando a quale dei miei pensieri donare a quell'immacolata lavagna, quando.. Il mio gomito viene urtato improvvisamente e la bellissima copertina su cui desideravo tanto ritrarre la complessità della mia mente viene lacerata da una profonda trincea blu. Spalanco gli occhi e mi volto aggressivamente verso destra: il mio sguardo si posa su una riccia chioma disordinata. Il ragazzo sta già pronunciando scuse a più non posso. Alzo una mano in segno di pace e sorrido, evidentemente indifferente. Convinto per qualche ragione che mi sfugge che sia tutto apposto, si siede al mio fianco e tenta di instaurare una conversazione. I suoi miseri tentativi vengono interrotti dall'ingresso in aula del docente.
"Buongiorno a tutti e benvenuti. Sono a conoscenza del lungo monologo che avete dovuto ascoltare precedentemente la mia lezione, quindi non mi inoltrerò in discorsi troppo lunghi e noiosi. Sono Bruno Rossi, insegno in questa università da cinque anni e sono un giornalista. Spero che tutti voi sappiate prendere appunti velocemente perché avremo molto lavoro da fare ma, soprattutto, spero che per voi questa sia un'esperienza unica e stimolante, e che in futuro potrò leggere il nome di ognuno di voi sulla copertina di un libro, in coda ad un articolo o in un libro di testo. Vi ringrazio per l'attenzione e, dopo esser stati in ascolto per quelle che ormai sono quasi due ore, credo sia il caso di lasciare a voi la parola: presentatevi, fatemi capire con chi avrò a che fare in questo anno accademico e entusiasmatemi. Prego." conclude indicando una ragazza seduta in prima fila.
Mentre le presentazioni delle persone davanti a me si susseguono a ruota, la mia attenzione viene catturata dal ragazzo di fianco a me: sta scarabocchiando sul block-notes che sta di traverso sulle sue ginocchia. Una spirale perfetta, continua, nera. Una spirale che mi fa venire voglia di chiudere gli occhi e di rilassarmi. Ma non è per questo che quel ragazzo mi sembra interessante: quando tutti sono vestiti elegantemente, con i capelli ordinati in maniera ridicola e le cravatte attorno al collo della camicia, lui porta semplicemente una felpa grigia abbinata con un paio di jeans scuri. Normale. Una persona che si sente a suo agio nella normalità. Dopo due ragazze viene il suo turno, e io per la prima volta presto attenzione all'unico che ha calamitato il mio interesse, nonostante il primo brusco approccio.
Nonostante la sua presentazione non sia stata eccessivamente interessante, sotto quella totale ordinarietà, credo si nasconda una personalità che si, valga la pena conoscere. Ho sempre catalogato persone, cose, azioni, situazioni, passioni, storie, canzoni e film con una semplice distinzione tra ciò che vale la pena e ciò che no, non è degno di interesse. Mi riscuoto dai miei pensieri e, timida ed impacciata come sono sempre, prendo la parola:
"Buongiorno a tutti, io sono Vanessa White. Mi sono appena trasferita in città e... non sono mai stata brava a descrivermi, quindi non ho idea di che altro aggiungere." affermo, chiaramente imbarazzata.
"Signorina, mi sembra una presentazione piuttosto breve, quindi la voglio aiutare: come mai ha scelto questo corso?" risponde il Professore con un sorriso incoraggiante. Incrocia le braccia sul petto e si appoggia alla cattedra, pronto ad ascoltare.
"Beh ho scelto questo corso perché da tutta la vita ho provato a usare le parole come scudo, come salvagente, come cibo. Ho vissuto di parole e credo che alla fine noi esseri umani siamo così: viviamo di parole, siamo parole. Non c'è altra spiegazione.." replico, forse più imbarazzata di quanto non fossi, ma sicura della mia affermazione perché questa volta, ne valeva la pena.
La classe mi guarda: chi è seduto nelle prime file si volta e sento gli sguardi di chi sta dietro di me bruciarmi le spalle. Capelli ricci mi scruta con i suoi occhi marroni, ordinariamente belli, e i nostri sguardi si incontrano per un brevissimo lasso di tempo, interrotto da un breve applauso da parte del professore. Sposto la mia attenzione su quest'ultimo, che sta sorridendo. Mentre riprende il giro delle presentazioni si lascia sfuggire un commento:
"Molto bene come prima interrogazione signorina White.. Il prossimo!"
Abbasso lo sguardo sorridendo, e torno a scarabocchiare la prima pagina del mio quaderno.
Terminata la lezione mi affretto verso casa: ho affittato un appartamento con due ragazze, ma non ho ancora visto nessuna di loro perché i loro corsi inizieranno con una settimana di ritardo. Non mi rendo conto nemmeno della durata del tragitto fino a quando arrivo di fronte al palazzo che ospita il mio appartamento.
Riscaldo due tranci di pizza avanzati dalla mia cena solitaria della sera precedente e mi volto verso il salotto, ancora inondato dai miei scatoloni. L'unica cosa che mi sono presa la briga di togliere è stato l'amplificatore, in modo da trovare nella musica la mia nuova coinquilina. Infilo l'Ipod nell'apposito spazio mentre raccolgo i capelli in una coda improvvisata e comincio a posizionare sulla libreria della mia stanza i libri che ho scelto di portar via da casa dei miei.
È metà ottobre, l'aria fuori comincia a diventar pungente e le foglie a cambiar colore. Le note di "Wherever you are" dei 5 Seconds Of Summer mi fanno spuntare un sorriso in mezzo a tutto quel trambusto. Passo di fronte alla mensola su cui ho momentaneamente posizionato l'amplificatore e spingo il tasto del volume fino a quando la stanza non viene completamente immersa dalla melodia. Chiudo gli occhi, alzo lentamente la testa e mi lascio inondare dalla musica. Rimango lì: sola, in una casa dove perfino i miei pensieri producono un'eco tra le pareti bianche. Sola, eppure fiera. Sola, eppure piena. Piena di orgoglio, piena che potrei scoppiare, piena nonostante l'abitazione sia vuota.
Gli occhi si inumidiscono leggermente mentre raccolto il mio diario e sfoglio le pagine. Come un percorso a ritroso, rivivo tutto quello che mi ha portata ad andarmene lontana per costruire la mia vita con le mie stesse forze. Una pagina cattura la mia attenzione: ha gli angoli piegati e l'inchiostro è sbavato, conseguenza di qualche lacrima che è sfuggita mentre cercavo di dare un'inquadramento generale a chi ero io, in quel momento della mia vita.
Vanessa è come l'estate: calda, solare, felice. Ma l'estate è caratterizzata da tanti temporali, vere e proprie tempeste. Vanessa è un uragano e nessuno è mai riuscito a domarla. E' incontrollabile, vivace eppure calma e rilassata. Vanessa è una libreria piena di libri con le parole evidenziate e le pagine piegate per ricordare qualcosa. Vanessa è il tempo che corre veloce eppure sembra non passare mai. Vanessa è confusa, e per questo confonde. Vanessa è un mix esplosivo tra bianco e nero, chiaro e scuro, spaventoso e meraviglioso. Vanessa è come il caffè-latte. Indefinibile.
nessaspace
Benvenuto a te, caro lettore!
Per chi non mi conoscesse, mi sono presentata al termine del primo capitolo del mio altro lavoro, "Swing".
Questa storia era già stata pubblicata in precedenza sia su EFP che su Wattpad: aveva un titolo diverso, una copertina diversa ed una struttura diversa. E' un lavoro che risale ad anni fa. Il fatto è che non mi ha mai soddisfatta completamente, quindi ho deciso di eliminare la storia, provando a dimenticarmene. Il punto è che ci ho messo me stessa tra queste righe, nonostante appaia una semplice e comune storia scritta da una ragazza che sogna troppo e spera di usare il suo tempo fingendo di essere una scrittrice. Ecco, voglio raccontarvi cosa si nasconde dietro questa storia apparentemente banale che mi ha spinta a riprenderla in mano e lavorarci su.
Quando ho iniziato a buttar giù qualche idea che poi ha preso forma, frequentavo una scuola superiore che mi opprimeva. Le mie ali erano tappate e volevo solo trovare un modo per volare via. Ho sempre desiderato di frequentare l'Università a Milano, di andare a vivere lontana da casa, in autonomia. Ho sempre sognato di rimboccarmi le maniche e stuccare ciò che si era scheggiato negli anni in cui ho passato nel mio paese natale, tra persone che non hanno mai capito e apprezzato la mia passione per la letteratura e la scrittura.
Ho rinunciato alla scrittura di questa storia più di un'anno fa. Avevo ancora tutti i miei sogni e tutte le mie speranze, semplicemente scriverli in maniera grossolana e frettolosa non era più la cosa giusta da fare.
Ora, a distanza di due anni circa, sto scrivendo questo spazio-autore dalla cucina del mio appartamento di Milano, alle 3:22 di un sabato notte passato in casa a ridere con le mie coinquiline. Due giorni fa ho dato il mio primo esame universitario: Letteratura Italiana.
Ce l'ho fatta. Sono dove ho sempre voluto essere, facendo quello che ho sempre voluto fare. Sono diventata la persona che ho sempre desiderato divenire.
Scegliere di ricominciare questa storia ha un significato più simbolico che altro: tenere duro e sacrificarsi ripaga sempre, e quando raggiungi il tuo obiettivo, devi saper esserne fiero e condividerlo con chi magari un traguardo da raggiungere ancora non ce l'ha. Spero che chiunque tu sia, caro lettore, troverai la tua strada e la seguirai, nonostante ci sia chi ti dica continuamente che non sei in grado di farcela. Perchè tutti possono farcela. Tutti.
E con questo vi auguro di addormentarvi con il sorriso sulle labbra, proprio come farò io stanotte.
Un grosso abbraccio,
V
Lasciate un voto ed un commento, leggere i vostri pareri sarebbe gratificante e stimolante.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro