33. Oltre il velo
Buon Hallowen, miei piccoli bradipi malvagi.
Dove eravamo arrivati?
Dopo essersi avventura nell'Altro Mondo e aver trovato più domande che risposte, Alex non solo ha dovuto affrontare il gruppo di pirla sempre più scettico nei confronti sue scelte, ma anche Mrs. Pennington. O meglio, il demone che impersona Mrs. Pennington.
Purtroppo lo scontro si è rivelato più arduo del previsto e Alex, già indebolita dal confronto con Dahlia e i suoi ricordi sigillati, ha quasi perso il controllo di se stessa, scatenando così un mix di reazioni contrastanti alla luce dei suoi poteri. Il gruppo, ormai diviso in due fazioni, è giunto a uno stallo che potrebbe compromettere l'esito della loro fuga verso la salvezza. Ma se da un lato Ren e Mark si fanno la guerra nel cercare di portare più persone delle rispettive parti, dall'altro Alex sembra avere altri piani...
Status personaggi:
Alex: al momento difficile a dirsi. Ren: vivo. Emily: viva. Gregory: mezzo vivo. Keiran: vivo. Sarah: dispersa. Leyla: resuscitata. John: vivo. Mark: vivo? Dakota: deceduta. Fantasmi: ... secondo voi?
Alex aprì gli occhi.
La cacofonia di voci e suoni all'interno della sua testa s'interruppe, lasciandole come ricordo un fischio sordo che le comprimeva i timpani. Impiegò qualche istante a prendere coscienza di ciò che la circondava: un profumo estraneo le riempì le narici, le dita graffiarono il terreno su cui era adagiata, ma quando provò ad alzare il capo una vertigine la colse. Ricadde supina, un sospiro stanco scompigliò in aria ciò che si trovava davanti a lei.
... petali?
Sbatté le palpebre finché non riuscì a mettere a fuoco gli steli d'erba che facevano capolino dalle crepe del pavimento; boccioli candidi la circondavano, ondeggiando al ritmo dei suoi respiri.
Racimolando la poca forza che le era rimasta, fece perno con le braccia e si mise a sedere, contemplando con espressione neutra i mutamenti che la magione aveva subito.
I suoi tralci si erano espansi e fioriti. Avevano ricoperto le pareti, smottato la pavimentazione e modificato l'aspetto della dimora così in profondità che per poco non ne riconobbe l'ambiente. Un albero si era insidiato nella conca causata dall'esplosione incontrollata della sua energia, il tronco ritorto e le fronde rigogliose in fiore, in uno sboccio di vita che mal si addiceva all'attuale situazione. I petali candidi fluttuavano nell'aria, ricoprendo il pavimento divallato e rimanendole intrappolate nei capelli come fiocchi di neve.
Una visione idilliaca... e inquietante.
«Sei ancora qui?» chiese al vuoto, la voce roca che mal si coniugava in quel quadro.
Dopo qualche momento incerto, una vibrazione simile a un battito si propagò nel suolo, solleticandole il palmo ancorato a terra. Era più debole di quanto si fosse aspettata, ma lo spirito della casa era ancora lì e uno strano senso di sicurezza le scaldò il petto a quella conferma. Le sue manie distruttive non l'avevano ancora sopraffatto.
E purtroppo non era il solo.
In lontananza, un ruggito carico di rabbia e frustrazione riverberò attraverso il legno e la muratura che le separava, accompagnato dal pressante grattare di artigli. Alex non le diede nemmeno la soddisfazione di alzare il capo in direzione del soffitto. Mrs. Pennington, o meglio il demone che aveva le sembianze di Mrs. Pennington, non rappresentava alcuna minaccia. Per il momento. Era solo un fastidioso tarlo che le stava costantemente strappando pezzi di anima, ma poteva anche tenerseli per quello che le interessava. Gli esseri indisciplinati dovevano stare nel posto che gli aspettava: in punizione.
Imprigionare quell'essere all'ultimo piano della magione era solo una contromisura temporanea e ciò non giocava in suo favore.
Inspirò a fondo, accogliendo con piacere l'assenza di dolore mentre si rimetteva in piedi e rassettava la camicia nel tentativo di scrollarsi di dosso quanti più petali possibili. Cercò di non crogiolarsi troppo in quell'utopistico stato di trascendenza che la privava dei fastidiosi stimoli esterni che contavano a bombardare la sua forma fisica, ma...
Si voltò, rendendosi conto solo in quel momento che il suo corpo non era dove l'aveva lasciato.
Il suo primo istinto fu quello di maledire gli idioti, ma dopo una rapida valutazione e un respiro profondo scrollò le spalle, come se fosse un problema trascurabile. Dopotutto non aveva intenzione di ritornare: cercava risposte. E doveva ringraziare Leyla per il suo aiuto inatteso. Quando l'aveva sentita avvicinarsi alle sue spalle aveva capito che poteva ancora sfruttarla per completare il suo piano, ma non poteva certo prevedere che la colpisse così forte. Persino in quello stato spirituale si sentiva rintronata.
Ciò non cancellava il rischio che la sua forma fisica venisse consumata dal veleno di Mrs. Pennington che le scorreva nelle vene prima di aver ottenuto ciò che cercava, ma in quel caso pazienza. Non poteva farci granché. In fondo quella seccatura la riguardava in prima persona.
Si guardò intorno, facendo mente locale su dove l'avesse visto l'ultima volta, quando con la coda dell'occhio un movimento colse la sua attenzione.
Dapprima non aveva fatto caso alla sua figura: ormai ricoperta dai petali che erano caduti nell'area, la sagoma riversa a terra del mastino era appena visibile, finché un fremito la percorse. La creatura doveva essersi risvegliata non appena aveva percepito la sua presenza e il guaito che spezzò il silenzio fu la conferma che c'era ancora una scintilla di vita in lui.
Ma non per molto.
Alex strinse le labbra in una linea dura, rammentando l'accaduto. Ren l'aveva distratta, ma aveva visto il colpo che Mrs. Pennington aveva inferto al segugio. Essendole venuto in soccorso, anche se era più probabile che il branco fosse a caccia di spiriti da divorare, l'unica cosa che poteva fare era garantirgli un trapasso indolore e liberarlo così di quell'inutile sofferenza come ringraziamento.
Con passo deciso si lasciò cadere accanto alla bestia. Quella provò ad alzare il muso insanguinato verso di lei, ma la pesante testa ricadde al suolo, il petto che si alzava e abbassava velocemente in cerca d'aria. D'istinto e un po' per curiosità, Alex le passò una mano tra la pelliccia fumosa, affondandovi le dita. In fondo, quando le recapitava un'occasione simile? Il manto era ancora più bizzarro di quanto avesse immaginato al tatto. Dall'aspetto appariva impalpabile o ruvido a seconda di come la luce lo colpiva, ma sulla pelle le fece il solletico di una morbida piuma. Avvertì i muscoli dell'animale tendersi mentre tastava i ciuffi insanguinati attorno la ferita, percependone il dolore e la paura.
«Va tutto bene» mormorò gentile, posando l'altra mano tra le sue orecchie, per poi scendere verso il collo peloso. «Non sentirai nulla, te lo prometto.»
Il segugio spalancò gli occhi, come se avesse intuito le sue intenzioni. Con le ultime forze rimaste ruotò il muso, serrandole le fauci attorno al polso. Alex udì solo un lieve pizzicore, dato che era troppo provato per provocarle dei seri danni, ma smise di accarezzarlo, osservandolo mentre annaspava e combatteva con tutto se stesso per rimandare l'inevitabile. Le sue lunghe zampe iniziarono a graffiare il pavimento, dalla gola si profusero lamenti che da viva le avrebbero ghiacciato il sangue nelle vene. Era a un passo dalla morte, eppure continuava a combattere.
Alex socchiuse le palpebre.
Proprio non riusciva a capirlo, questo disperato attaccamento alla vita che sembrava una caratteristica innata. Tutte le creature morivano, prima o poi. Alcune erano fortunate e non se ne accorgevano nemmeno, altre invece erano destinate a una lunga agonia o a una morte improvvisa e brutale. Ma il risultato era il medesimo. Nulla cambiava.
Eccetto con lei.
A quel pensiero, la stanchezza le invase l'anima senza che potesse contrastarla.
Perché? Perché combattere per qualcosa di così effimero?
Perché abbracciare un dono che non si era richiesto?
Rimise a fuoco l'espressione disperata del segugio, scrutando il suo stato di agitazione che a poco a poco svaniva, sostituito dalla debolezza e la rassegnazione. Dalla perdita. Dal dolore. E dalla solitudine.
Le dita di Alex ebbero un fremito.
La morte per lei era un mistero affascinante, ma la solitudine... quella era la pena peggiore. E nessuno la meritava.
Riprese ad accarezzare il fianco dell'animale, saggiando i bordi frastagliati della ferita, ma questa volta il suo palmo emanò un lieve bagliore tra il pelo tetro come la notte. Una sensazione di calore le avviluppò il petto, espandendosi verso il resto del corpo e scivolandole lungo le dita. Non pensò, lasciò che l'istinto la guidasse finché non percepì la pelle sottostante rimarginarsi e richiudersi sotto lo sguardo stralunato del mastino che sembrava sopraffatto dalla situazione quanto lei lo era del suo inutile buon cuore.
«Ecco, come nuovo» decretò quando la luce si affievolì.
Il segugio si scostò da lei in un lampo, incerto sul da farsi. Le mostrò le fauci nel tentativo di ristabilire la propria superiorità, ma quando si rese conto di potersi reggere sulle zampe senza problemi, incominciò a scodinzolare perdendo così l'aura predatoria e con essa tutto il suo fascino. Alex non fece in tempo ad alzare le braccia per proteggersi il viso che una lunga lingua calda le lasciò una scia di bava puzzolente su tutta la guancia.
«Beh, grazie... non era necessario» tossicchiò, asciugandosi la faccia con la manica della camicia.
Il segugio le ballonzolò attorno con fare giocoso, tentando un altro attacco che Alex scansò con prontezza, finché le sue orecchie non ebbero uno spasmo. Entrambi si voltarono verso la direzione di quel lieve fruscio, scrutando il resto branco comparso a poca distanza da loro.
Alex s'immobilizzò.
Il mastino dalle fattezze dominanti fece un passo avanti, lo sguardo ferino talmente intenso che incominciò a sentirsi sotto processo. Il suo nuovo amico ebbe un tentennamento: abbassò il capo e raggiunse i compagni senza degnarla di un'occhiata, dimostrando la sua sottomissione. Traditore. Ne seguì un momento di stallo, tanto che Alex fu certa di essersi trasformata in uno snack per canidi, ma dopo qualche annusatina il branco diede il bentornato al loro compagno perduto in un coro di uggiolii e feste. Solo l'alfa rimase impassibile a tenere d'occhio ogni sua minima mossa. Quando fu certo che non rappresentava alcuna una minaccia, chinò il capo in segno di ringraziamento.
«Non c'è bisogno» esclamò Alex, evitando di specificare che per poco non l'aveva soppresso. «Solo un favore: se vedete un topo girare per i corridoi non mangiatelo. È mio amico. Se invece è un ragazzo moro con la faccia da schiaffi sentitevi pure liberi di rincorrerlo.»
L'unica reazione che ottenne fu un'occhiata all'apparenza scettica. Si vede che non aveva senso dell'umorismo.
L'alfa richiamò i suoi compagni con un soffio secco, rimettendoli in riga. Il branco tornò nei ranghi, rivolgendole un'ultima occhiata prima di seguirlo verso il profondo della magione per continuare la loro ricerca di una via d'uscita. E chissà, magari trovare qualche anima perduta da portare al loro cavaliere. Alex non si mosse finché non furono spariti oltre il corridoio, giusto per non tentare la sua fortuna; in cuor suo sperò che avessero successo, ma aveva altro di cui preoccuparsi.
Si scrollò di dosso lo sporco e i peli che aveva guadagnato nel mentre come trofeo del suo atto di carità e s'incamminò alla ricerca della sua personale via di fuga. E la fessura era esattamente dove ricordava.
Eterea, luminosa, invitante. Uno squarcio che prometteva liberazione e allo stesso tempo prigionia. Rimase a contemplarla per un momento, conscia del fatto che se l'avesse attraversata probabilmente non sarebbe più stata in grado di ritrovare la via del ritorno, ma non era spaventata.
Sapeva quello che doveva fare.
Ed era stanca di non ricordare.
I sigilli sulla sua anima erano pressanti, quasi impossibili da rompere, ma forse c'era un modo per arginare il problema. Se la sua forza aumentava quando era in quella realtà e non era più soggetta alle leggi della fisica, che cosa sarebbe successo se ne avesse attraversata un'altra a cui non apparteneva? Il legame che la segregava si sarebbe indebolito? E se sì, quali ne sarebbero state le conseguenze. C'era solo un modo per scoprirlo, ma senza un'ancora e il suo corpo...
Una fitta fastidiosa e dal sapore amaro le premette contro lo sterno. Era... rimorso?
Sospirò, dandosi dell'idiota.
Era conscia delle sue promesse. Aveva accettato le pretese di Ren e agito in modo da arginare le perdite, senza contare i bambini. E poi c'era Dahlia. Ma come poteva aiutarli se prima non aiutata se stessa?
Ormai aveva preso la sua decisione.
Alex prese un profondo respiro e, mettendo un piede davanti all'altro, attraverso l'ignoto, accogliendolo con tutta se stessa.
Seduto sulle piastrelle sudicie che ricoprivano il pavimento della cucina, Mark si morse il labbro inferiore e con un colpo secco strinse le bende di fortuna che si era avvolto attorno al petto. Il dolore gli annebbiò la vista, riempiendogli gli occhi di lacrime di frustrazione, ma era la rabbia a dargli l'energia necessaria per continuare a lottare.
L'aveva sempre saputo: Ren era solo un coglione che si lasciava trasportare dal suo cazzo. Era inconcepibile che, dopo tutto quello che era accaduto, trovasse ancora il coraggio di difendere quel mostro. Poteva ancora capire questo cameratismo per gli altri mocciosi, ma lui... pensava fosse suo amico.
Ne avevano passate molte negli ultimi anni e, anche se Ren era sempre stato scostante da sopra il suo piedistallo inarrivabile, non avrebbe mai immaginato che potesse abbandonarli così, come spazzatura al lato della strada. Lui e Dakota avevano persino avuto dei trascorsi, per quanto non graditi. Come poteva non battere ciglio alla sua morte? Come poteva sfruttare John così, per sapendo della sua situazione famigliare? Come poteva ignorare il suo dolore?
No, una volta usciti da lì, avrebbe lo smascherato per quel che era in realtà.
Gli altri avevano il diritto di saperlo.
E per quanto riguardava quel mostro su cui sbavava dietro...
Appoggiandosi al ripiano del tavolo, si issò in piedi, imprecando per l'ennesima fitta. Il suo sguardo scorse sul lenzuolo che celava il corpo di sua sorella, eppure non provava più tristezza. Perché sapeva che lei era rimasta al suo fianco, in attesa di essere vendicata.
«Abbi pazienza. Ti giuro che la ucciderò» sibilò a denti stretti, per poi voltarsi verso lo spettro di Dakota che lo fissava con delusione. I suoi occhi neri sembravano pozzi colmi di rammarico.
«Te lo prometto. Ma ho bisogno di aiuto per convincere gli altri a unirsi alla nostra causa. Da solo non posso farcela.»
Lo spirito ebbe uno spasmo. E poi sorrise, mostrandogli i denti affilati sporchi di sangue come se avesse la soluzione a tutti i suoi problemi.
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