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15. Salvate il soldato Gregory




Ren spalancò la porta del salotto con un calcio.

Non badò alle schegge di legno che caddero a terra, né al lamento metallico prodotto dai cardini usurati a causa di quell'impatto: aveva altro di cui preoccuparsi al momento. Qualcosa di nettamente più fastidioso e pesante, come il ragazzo che si stava dissanguando al suo fianco, per esempio.

«Qui, presto!» esclamò Emily, anticipandoli con urgenza all'interno della stanza.

Con una smorfia causata dallo sforzo di reggere quel peso morto, lui e Keiran la assecondarono. Trascinarono Gregory fino al divano mentre la ragazza disponeva rapidamente i guanciali in modo che potessero sostenerlo al meglio, come se quelle carinerie fossero davvero necessarie al momento. No, avevano bisogno di un miracolo. E di una cura contro l'idiozia.

Mettersi in mezzo a quel modo, sprezzante del pericolo solo per assecondare l'impulso di proteggerla... A quel ricordo Ren s'irrigidì; il suo corpo fu scosso da un tremito rivelatore ed emise un debole sibilo tra i denti senza accorgersene. Un vero idiota...

Mollò la presa all'improvviso, facendo stendere il ragazzo senza alcuna delicatezza contro l'imbottitura sotto le occhiate di fuoco degli altri due. A sua difesa, il moribondo non sembrò far caso a quel trattamento, malgrado il gemito sommesso che gli fuoriuscì dalle labbra pallide. Troppo pallide. Non era un buon segno.

«Fammi spazio» ringhiò Keiran, scansandolo in malo modo e ricambiando così la sua cortesia. L'irlandese si inginocchiò al fianco dell'amico e gli strappò la parte bassa della maglia, scoprendo la ferita che continuava a sanguinare inesorabile.

Emily si coprì il viso con le mani a quella vista. Inspirò a fondo, cercando di rimanere lucida e di scongiurare il rischio di una crisi isterica.

«Sbaglio o avresti dovuto offrirmi da bere prima di spogliarmi?» chiese con voce flebile Gregory nel tentativo di sdrammatizzare quell'atmosfera tesa nonostante l'accesso di tosse che lo colse, costringendolo a tacere.

«Oh, non preoccuparti. Una volta usciti da qui t'insegnerò a bere come un vero irlandese e poi vedremo chi dei due si spoglierà» rispose Keiran. Provò a sorridergli, sebbene il suo sguardo carico di tormento. Una ruga gli comparve in mezzo alla fronte. «Non avete un kit di pronto soccorso da qualche parte?» sbottò, questa volta rivolto verso di lui.

Ren inarcò le sopracciglia nell'udire quella domanda e lo guardò come se fosse idiota. Cosa che effettivamente era. «Veniamo qui per sballarci, non per prepararci all'esame di infermieristica. Al massimo John ha un po' di erba nascosta da qualche parte, ma non posso garantire sulla qualità venduta dal suo fornitore. Tende a essere taccagno.»

Keiran lo fulminò con lo sguardo. Stette per ribattere quando Sarah e John fecero la loro comparsa nella stanza, le braccia traboccanti di lenzuola dalle condizioni più o meno accettabili.

«Ecco qui» esclamò la ragazza con il fiatone. Gettò il grosso delle coltri su una sedia, imitata immediatamente dal ragazzo, e ne passò una a Emily. Senza perdere tempo, la bionda incominciò a sfasciare il telo in modo da ottenere delle bande di fortuna insieme all'amica. Una volta finito, passò la prima partita di fasce a Keiran.

Sotto lo sguardo confuso dei presenti, soprattutto del ferito, il giovane irlandese non si prodigò a fasciare la lesione, ma si portò la stoffa vicino al volto, mormorando una strana litania. Quando terminò e si accorse degli sguardi straniti rivolti alla sua persona, Keiran arrossì e fece spallucce. «È... è un incantesimo gaelico. Una sorta di "ti do un bacio e la bua sparisce".»

«Senza offesa, ma non muoio dalla voglia di baciarti» commentò Gregory con un mezzo sorriso. La perdita di sangue non solo l'aveva privato delle forze, ma anche della ragione.

A quel punto Ren non poté fare a meno di roteare gli occhi. Si appoggiò con la schiena a uno scaffale e sollevò le braccia al cielo con fare stizzito. «Dei, prendetevi una camera voi due. Anzi, baciatevi pure, così il nostro caro secchione avrà la bocca occupata. Le sue battute uccidono.»

«Ren!» lo rimbeccò Emily con voce acuta.

«Che c'è? Non è morto... ancora. Al contrario del sarcasmo.»

La ragazza scosse il capo, per poi assecondare Keiran che l'aveva chiamata. Il ragazzo le posò le mani sopra il bendaggio improvvisato e si alzò in piedi. «Emily, fai pressione sulla ferita. Dobbiamo trovare qualcosa per arrestare l'emorragia. Non mi pare che la lama abbia intaccato gli organi interni o i vasi sanguigni principali, ma se continuerà a sanguinare non...» non c'era alcun bisogno di terminare la frase.

Emily annuì, gli occhi nuovamente lucidi. Tuttavia il suo viso recuperò un po' di colore quando si ritrovò a toccare –o palpare- il ventre nudo di Gregory, anch'esso visibilmente a disagio per quel contatto. Anche se rimaneva pur sempre un nerd fatto e finito, non si poteva certo dire che i suoi addominali fossero inesistenti. Tutt'altro.

Ren sospirò affranto, osservando quella scenetta smielata con un vago senso di nausea che gli seccò la bocca. Sfiorò con le dita il coltello che aveva infilato nei passanti dei jeans, lo stesso che poco tempo prima aveva quasi ucciso il giovane. Il malessere aumentò e il suo sguardo corse istintivamente alla porta ormai chiusa.

«Ren?»

Il teppista sussultò, accorgendosi solo in quel momento della presenza di John al suo fianco. Tra le mani reggeva una bottiglia ancora sigillata di Jack Daniels.

Inarcò un sopracciglio. «Quella non fa parte della riserva privata tenuta appositamente per le occasioni speciali?» gli chiese Ren monocorde.

L'altro fece spallucce. «Sì, ma ho pensato che potesse tornare utile a...»

«Come hai ragione» sospirò. Prese la bottiglia dalle mani dell'amico e svitò il tappo, prendendone una lunga sorsata. Non gli sfuggì l'occhiataccia di John.

«Cosa?»

«Intendevo dire che poteva tornare utile a Gregory. Per medicarlo o per aiutarlo a sopportare il dolore.»

Ren si limitò a osservarlo intensamente per un lungo momento in attesa di una risata. No, era serissimo. «Mica può berla tutta da solo» sentenziò alla fine con un'alzata di spalle, cercando di bere un altro sorso. John fu più veloce e con una mossa fulminea gli levò il liquore di mano, ignorando il suo sbuffo.

Privato di quella fonte di gioia, il teppista non poté fare altro che concentrare la sua attenzione sulla figura preoccupata di Keiran, intenta a girovagare senza meta per la stanza alla ricerca dell'illuminazione divina. E nel mentre, Gregory si stava dissanguando sempre più in fretta a causa della sua pressione sanguigna schizzata alle stelle. Forse Emily non era la persona più indicata a fargli da infermiera... ma Sarah era impegnata a stracciare lenzuola e lui senza la sua divisa sexy di latex non si prestava a certi servizi. E poi...

Pizzicandosi il setto nasale con le dita, Ren cercò di mantenere la calma. Scrutò di sottecchi John mentre posava la bottiglia sul tavolino accanto al caminetto, lontano dalla sua portata, per poi raggiungere la cinese. Ma gli occhi di Ren rimasero fissi sulle fiamme.

Raddrizzando la schiena, si voltò verso Gregory con un'espressione greve, scoprendo che il giovane stava ricambiando il suo sguardo. Doveva aver compreso l'origine dei suoi pensieri perché il fiacco sorriso esibito fino a quel momento a Emily si spense sul suo volto sofferente, sostituito da una cruda determinazione.

«Ok, procedi. So che aspettavi da tempo un'occasione simile» gemette, cercando di mantenere un'aria da duro.

Ren lo esaminò. Strinse le labbra, abbandonando la sua posizione rilassata. Si avvicinò al camino, gli occhi che riflettevano le fiamme morenti. «Fidati, penetrarti col mio bastone era l'ultimo dei miei pensieri questa sera. Senza contare che Keiran impazzirà di gelosia.»

«Di che cosa sta parlando?» domandò l'irlandese, visibilmente preoccupato dalla piega che aveva preso quel dialogo.

«Oh, non farla tanto lunga. Sbrigati, prima che cambi idea» insistette Gregory, ignorando l'amico.

«Ora chi è che muore dalla voglia di un bacio?»

Quando Ren si voltò verso di loro stringendo l'attizzatoio rovente in una mano, Emily lanciò un urlo così acuto che avrebbe potuto tirare giù il soffitto. «Ren, sei impazzito?» lo aggredì.

Lui la ignorò. «John, bottiglia e cintura.»

L'amico annuì, ma non sembrava per nulla felice di quello che stava per accadere. Recuperò il whisky e si avvicinò a Gregory, aspettando che Emily si allontanasse per fargli spazio. Quando ebbe via libera, tolse le bende insanguinate dal fianco del ragazzo e versò il liquore sulla ferita senza alcun preavviso, facendolo gemere di dolore. Poi con un panno asciutto gli deterse la pelle e gli porse la bottiglia.

«Ti servirà» mormorò dispiaciuto.

Gregory annuì e prese un lungo sorso, mentre l'altro si sfilava la cintura.

«Aspettate. Non vorrete mica...?» Emily fece un passo avanti, ma Sarah la bloccò. Appoggiò il viso contro la sua schiena, stringendola tra le braccia in modo da confortarla, oltre che per impedirle di intervenire.

«Va tutto bene, Emily» le mormorò rassicurante Gregory. Poi John gli mise la cintura tra i denti e si posizionò al suo fianco. Keiran, riluttante, si avvicinò dall'altro lato, afferrando il braccio dell'amico.

Tutti gli occhi si puntarono su Ren.

«E ora di cogliere il tuo fiore» esclamò senza alcuna allegria.

Strinse la presa sull'attizzatoio, le mani avevano iniziato a sudargli.

Compì il suo affondo. L'odore della carne bruciata si propagò nell'aria.



Seduto su una sedia con una sigaretta infilata tra le labbra, Ren osservava assorto Gregory che riposava tranquillo mentre Emily gli detergeva con premura il sudore dalla fronte. Aveva sopportato il dolore con grande coraggio, doveva ammetterlo, ma non era ancora finita. Il suo sguardo corse di nuovo alla porta.

«Non sei ancora uscito a cercarla?»

Ren espirò il fumo, ricambiando l'occhiata stanca di Gregory.

«Ero troppo impegnato a fare di te un uomo» sentenziò con un sospiro.

«Già, e ti ringrazio per la premura. Ma ciò non ti dà il permesso di comportarti come un cane bastonato. Fai pena.»

Ren gli lanciò un'occhiataccia. E si accorse benissimo dei sorrisi che Emily e l'irlandese cercarono di nascondere. Fece per rispondergli a tono quando la maniglia si mosse. Sia lui che Keiran scattarono in piedi colti alla sprovvista, ma quando dall'uscio apparve Mark non fu certo accolto con grida di giubilo. Il ragazzo non sembrò farci caso, chiudendo la porta alle sue spalle con una lentezza esasperante.

«Dove diavolo eri finito?» sbottò allora il teppista, visibilmente irritato.

Mark lo osservò inespressivo. C'era una strana calma in lui, qualcosa che gli diede i brividi. L'unico indizio rivelatore delle sue condizioni si basava sul rossore che spiccava nei suoi occhi spirati. «Qualcuno doveva pur pensare a ciò che rimaneva di mia sorella» mormorò.

Nella sala calò un silenzio opprimente. John fece per dire qualcosa, ma nel vedere l'espressione del suo amico preferì tenere la bocca chiusa. Non c'era nulla che potesse fare per lui ormai.

«Gregory come sta?» chiese allora Mark, cambiando discorso.

«Sopravvivo» rispose il diretto interessato, ma il ragazzo non sembrò ascoltarlo. Il suo sguardo vagava tra i presenti senza soffermarsi su nessuno in particolare, come se fosse alla ricerca di qualcuno... che non trovò. Sorrise. Un sorriso subdolo, inquietante.

Senza rendersene conto, Ren scattò in piedi, le mani strette a pugno. Il cuoio consunto dei suoi guanti scricchiolò. L'atmosfera si fece ancora più tesa.

«Ragazzi...» li ammonì John, pronto a intervenire nel caso fosse scoppiata una rissa.

«Cosa c'è Ren? Hai qualche problema?» lo sfidò Mark. Non sembrava nelle condizioni di battersi, ma lui non era il tipo da perdersi in certe sottigliezze morali.

«Semplicemente non mi piace la tua faccia.»

«Perché, aspettavi qualcun altro? Puoi sempre andare a cercarla, giusto per allungare la lista dei cadaveri. Scommetto che si divertirebbe a ucciderti.»

A quel punto Ren scattò. Percorse i pochi passi che li separavano in un battito di ciglia, fermandosi a un respiro da lui. I suoi sensi erano in allerta, il corpo pronto a balzare contro il ragazzo al minimo cenno di ostilità. Mark lo fronteggiò senza mostrare il benché minimo cedimento, solo una malsana determinazione.

«Non è stata colpa sua» sibilò Ren.

«No? Perché non mi pare così innocente. E se Dakota fosse tornata per vendicarsi della persona che l'ha uccisa?»

Emily trattenne il fiato a quella constatazione, incredula come gli altri.

«Non dire assurdità. Tua sorella lo sapeva che andare al secondo piano era un azzardo. Ha pagato con la sua vita la sua sconsideratezza. E per quanto riguarda ciò che è accaduto nell'androne... Beh, potrei spiegartelo a parole mie, ma ho paura di spaventarti. Così come ha fatto quella lampada» sentenziò Ren, toccando un nervo scoperto. Non aveva dimenticato che durante la seduta era stato proprio il ragazzo a infrangere il cerchio. Se cercava qualcuno da incolpare avrebbe dovuto incominciare da se stesso. Un sorriso ferino gli illuminò il volto prima di continuare. «Inoltre, Alex è troppo furba per lasciare in giro prove incriminanti. Se l'avesse uccisa lei, fidati che la staremo ancora cercando.»

«Come Leyla?» chiese allora Mark sarcastico, facendogli venire voglia di abbandonare le buone maniere e prenderlo a pugni.

Ma a quel punto non fu il solo a perdere la pazienza. Emily si alzò, pronta a gettarsi nella mischia con il suo minaccioso aspetto da ape alta un metro e sessanta.

«Ehi, Alex era con noi quando è accaduto. E se ben ricordo eri tu che dovevi tenere d'occhio mia cugina.»

Ren incrociò le braccia al petto soddisfatto e, mentre Mark era impegnato a fulminare la ragazza con lo sguardo, le fece l'occhiolino.

«E che mi dici dei suoi "amichetti"?» domandò allora il ragazzo. «Non sono certo io quello che farneticava delle sue allucinazioni. Volete farmi credere che una persona del genere è degna di fiducia? Andiamo, ci ha liquidato fin da subito per andare a caccia di fantasmi. E per quel che mi riguarda può rimanere con loro.»

Nonostante l'ingente perdita di sangue, Gregory arrossì con aria colpevole. Ren lo ignorò, ma l'uscita di Mark gli ricordò che loro due dovevano fare un bel discorsetto a proposito di ciò che si lasciava scappare durante le sue crisi isteriche. Sapeva che era solo questione di tempo prima che la verità venisse fuori, ma regalare certe informazioni sensibili a qualcuno come Mark era... pericoloso.

«Potrà avere parecchie rotelle fuori posto, ma abbiamo bisogno di lei» la difese Ren con voce ferma.

«Tu hai bisogno di lei» puntualizzò allora il ragazzo con tono d'accusa. «E comunque è solo utile per fare da esca ai fantasmi. Possiamo benissimo cavarcela da soli.»

«A proposito di rendersi utili... Perché non vai a riparare il fucile?» Ormai stufo di quella conversazione che non li avrebbe portati da nessuna parte, Ren andò a recuperare l'antiquata arma che aveva abbandonato in un angolo. Senza troppe pretese, la lanciò contro il petto del ragazzo incurante che la sicura non fosse inserita. «Il rinculo era tremendo» sentenziò poi ironico, senza essere in grado di sorridere.

Mark afferrò il fucile con entrambe le mani, rivolgendogli un'occhiataccia. «Non era ancora ultimato» si difese. Dopotutto aveva incominciato a lavorarci poco prima che sua sorella precipitasse dal soffitto e l'idea di continuare il restauro gli era letteralmente passata di mente. «Inoltre ti avevo avvertito che avevamo a disposizione solo due proiettili e tu hai avuto la bella idea di sprecarne uno su mia sorella!»

Ren si limitò a osservarlo con sufficienza, dopodiché si avvicinò al suo orecchio. «Allora farai bene a conservare il rimanente per quando arriverà il momento del bisogno.»

Mark strinse le labbra, i suoi occhi rilucevano di odio. Senza aggiungere altro si diresse verso la porta, sbattendola con forza alle sue spalle mentre usciva.

Nessuno dei presenti mosse un muscolo mentre l'eco dei suoi passi svaniva nella villa. Fu Emily la prima a recuperare la parola e non sembrava per nulla felice.

«Sul serio, Ren? Dargli il fucile?»

Lui scrollò le spalle con sufficienza. «Non lo userà. Non ancora. Mark potrà essere un coglione, ma non è un assassino.» Ma nemmeno lui suonava molto convinto. Le sue dita corsero nuovamente al coltello.

Emily scosse il capo. «Vado a cercarla» esclamò, stupendo i presenti per la sua iniziativa.

Gregory fu così repentino da stupirla. Prima che potesse abbandonare la sua posizione accanto a lui, la ghermì per un polso, bloccandola con una smorfia. «No, Emily. È troppo pericoloso.»

«Concordo. Non è il caso che tu vada da sola» sentenziò Sarah.

«Ma Alex...» incominciò la ragazza, incerta. Distolse lo sguardo. «Sembrava davvero sconvolta. Ha bisogno di sapere che stai bene. Anche se... Probabilmente dopo tutto questo vorrà la mia testa» sospirò affranta.

Gregory scosse il capo. «Non è vero Emily. Smettila di incolparti. Non è colpa tua.»

«Però tu...»

«Sto bene. Davvero.» Gregory le rivolse un dolce sorriso. «E poi non posso certo lamentarmi per la compagnia.»

A quel punto Ren sospirò così rumorosamente da far voltare i presenti. «Ok, vado io. Prima di vomitare.»

Invece di offendersi o di guardarlo male come Keiran, Gregory allungò un braccio nella sua direzione. «Ren?»

«Sì?» chiese lui stizzito.

«Avvicinati.»

Dapprima sorpreso per quella richiesta, Ren cercò di apparire infastidito. Borbottò tra sé e sé, ma accontentò comunque il moribondo. Una volta accanto al divano si protese verso di lui, ma Gregory lo colse alla sprovvista rifilandogli un pugno nello stomaco. Gemette, più per la sorpresa che per il dolore, poiché il colpo si rivelò fiacco, ma non poté fare a meno di guardarlo soddisfatto.

«Cerca di non farti uccidere quando la trovi. O Mark avrà ragione» disse semplicemente Gregory.

Ren annuì, per poi ricambiare il favore. Gli rifilò un pugno sulla spalla ignorando gli sguardi inorriditi di Emily e Keiran e si protese verso di lui «Come sei divertente e comunque...» La frase finì con un mormorio contro il suo orecchio. Un respiro, due sillabe.

Ignorando la sua occhiata basita, Ren si rialzò e procedette verso la porta. Fece per aprirla quando qualcuno lo trattenne per la maglia. Sorpreso si voltò, accorgendosi che Emily l'aveva raggiunto e lo stava guardando apprensiva.

«Ne sei sicuro?»

«Non preoccuparti. La troverò in un baleno. Sono o non sono il suo stalker?»



Quando la porta si chiuse alle sue spalle, Emily si voltò verso Gregory con un'espressione confusa. «Cosa ti ha sussurrato?»

Il ragazzo abbassò lo sguardo, meditando su cosa risponderle. Alla fine scosse il capo. «Niente d'importante. Però... forse mi sono sbagliato su di lui.»

«O forse è il dolore che ti ha rimbambito» propose Sarah, facendolo ridacchiare debolmente.

«Sì, è possibile» concordò lui con un sorriso. Che si spense in fretta.



I due fratelli procedevano in avanscoperta per i corridoi, giocando a rincorrersi finché qualcosa non catturò la loro attenzione. Si scambiarono uno sguardo d'intesa prima di avvicinarsi di soppiatto, silenziosi e in allerta. Nascosti dietro l'angolo, i loro sguardi vacui si concentrarono sulla figura del ragazzo che si stagliava nella penombra del corridoio. Dondolava curvo su se stesso, lo sguardo spirato. Con una mano si reggeva il capo artigliandosi il cuoio capelluto, mentre l'altra che reggeva un vecchio fucile era abbandonata contro un fianco.

«Avevi ragione... Non mi hanno creduto» mormorò al nulla. «A loro importa solo di quella troia. Non mi ascolteranno mai.»

Vendicami...

Fu solo un sussurro, un flebile eco che scomparve nel vuoto come una brezza.

«Io... Lo farò. Ma ho bisogno di prove. Non posso farcela da solo. Quando finalmente apriranno gli occhi e si accorgeranno che per tutto questo tempo stavano difendendo la persona sbagliata, allora...»

Fallo... Fallo...

Mark singhiozzò. «Mi dispiace. Mi dispiace. Avrei dovuto proteggerti. Non sono stato un bravo fratello, ma te lo prometto. Ti vendicherò Dakota. Soffrirà per ciò che ti ha fatto.»

Uccidila... Vendicami... Vendicami...

Raddrizzando la schiena, Mark scosse il capo come se si fosse risvegliato da una trance. Si guardò attorno leggermente confuso. I bambini lo scrutarono attenti mentre li superava per poi sparire nelle profondità della casa. Si scambiarono uno sguardo preoccupato, ma quando si voltarono per ritornare dagli altri a riferire ciò che avevano scoperto, sussultarono. I loro occhi si allargarono dalla paura quando misero a fuoco Dahlia alle loro spalle. Scomparvero in un battito di ciglia sotto il suo sguardo fermo. Ma non provò alcuna soddisfazione a quella vista.

Fece per tornare sui suoi passi, quando una mano la afferrò bruscamente per il polso.

La bambina si voltò impassibile, affrontando lo sguardo arrabbiato del gemello.

...Non dovresti esporti in questo modo...

Dahlia non rispose. Si voltò e fece per andarsene, ma lui la trattenne.

...Se ti vedesse... Dopo quello che hai fatto...

Non completò la frase. Entrambi alzarono lo sguardo verso il soffitto, colti da una strana sensazione. Dahlia chiuse gli occhi. Le sue labbra si mossero senza produrre alcun suono, ma quando riportò lo sguardo sul fratello, lo trovò indeciso. Dopo un attimo di titubanza annuì.

Dahlia gli rivolse un lieve sorriso, per poi bloccarsi. Una delle porte del corridoio si aprì.



Ren uscì, chiudendo la porta alle sue spalle. Si passò la mano tra i capelli già scompigliati ed emise un profondo sospiro. Fece per accendersi un'altra sigaretta quando un fruscio lo immobilizzò. Si voltò di scatto, guardandosi attorno, ma il corridoio era vuoto.

Scosse il capo, rimettendo via il portasigarette e si diresse a passo di marcia verso l'androne.

Non si guardò indietro, dove Dorian lo stava esaminando con vivo interesse.





Chi non muore si rivede, eh?

... Ok, pessimo esempio in questo caso.

Come andiamo ragazzi? Finalmente si ritorna nel vivo della storia. Dopo aver scritto i capitoli inerenti ad Alex, per non parlare poi della mini Alex/Male Supremo, ci voleva proprio uno scorcio sui piccoli pirla. Per lo meno ho evitato di spaventarmi da sola. Sì, Alex versione small mi fa paura.

Cooooomunque....

Siete contenti che Gregory sia ancora con noi? Per il momento.

Se riuscirà a portare il suo culetto fuori da lì, sarà obbligato ad accendere un cero in chiesa e magari pagare da bere a Ren che... non se la passerà poi tanto bene a dire il vero.

Giusto per sicurezza, ricordatevi i fazzoletti nel prossimo capitolo.

Probabilmente non serviranno, ma la previdenza non è mai troppa.

Come sempre ringrazio tutti voi cari lettori, vecchi e nuovi, sani e psicotici, per essere approdati anche qui e per sopportarmi. Vi ricordo che sono sempre aperta alle vostre domande, dubbi, disagiate e ci rivediamo nel prossimo numero di: Mainàgioia col Bradipo.

Auf wiedersehen!

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