12. Io non stuzzico i morti, sono loro che stuzzicano me
Avviso: Il seguente capitolo contiene scene di violenza "esplicita". Almeno credo. Non saprei... Nella mia mente è normale, ma forse qualcuno potrebbe rimanerne infastidito. Ecco il perché dell'avviso! Insomma, se siete persone molto, ma molto, ma molto sensibili, fate attenzione a non soffermarvi sui dettagli. Oppure saltate interamente il capitolo, vedete voi. Sta di fatto che ci sarà comunque del nonsense (strano).
Ma più che lo splatter, forse saranno i possibili strafalcioni grammaticali a liquefarvi le retine. Chi lo sa :3
Buona lettura
Un respiro... Due respiri... Tre respiri...
Alex s'impose di rimanere calma, concentrata. Non doveva aver paura, non doveva temere alcun male; aveva superato da tempo la fase in cui si svegliava nel cuore della notte in preda al panico, credendo che i mostri si nascondessero negli angoli bui della sua stanza, pronti a ghermirla tra le loro fauci. Che cosa stupida da pensare. Soprattutto nel considerare chi era il vero mostro.
Attenta a non compiere movimenti bruschi, fece scivolare la mano all'interno della borsa, lo sguardo ancora puntato sul quadro che ostentava indifferenza. Lasciò l'orsacchiotto e incominciò a cercare il suo più recente amico. Un lieve sorriso le increspò la bocca nel pensare all'ironia di quella situazione. Quando aveva recuperato quell'arma improvvisata dalla cucina di casa prima di dirigersi al punto d'incontro, non aveva di certo immaginato che avrebbe avuto sul serio l'occasione di poterla utilizzare durante quell'uscita e invece... Il destino dimostrava finalmente un po' di senso dell'umorismo.
Si lasciò sfuggire un sospiro non appena le sue dita si strinsero attorno all'impugnatura. Chiuse gli occhi e incominciò a contare.
Le rimanevano ancora tredici... dodici secondi prima che l'essere alle sue spalle fosse abbastanza vicino da poterla toccare. Cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno, considerando che le sue condizioni erano tutto fuorché pulite. Togliere il sangue dai vestiti era sempre una grossa scocciatura, lo sapeva per esperienza. Fortunatamente per la sua pace interiore e la lavanderia a gettoni, indossava ancora la sua mantella rossa, sebbene in quel momento avrebbe apprezzato di più la tuta di Deadpool. O Deadpool stesso. Ah, sarebbe stato bellissimo avere qualcuno disposto a fare per lei il lavoro sporco, ma purtroppo quella era la vita reale, reale quanto il branco di inutili idioti che aveva a disposizione. E a proposito d'idioti... Dov'era Ren quando più le serviva? Si era perso a masturbarsi da qualche parte per il loro tête-à-tête di prima? E fortuna che era il suo stalker!
Tre... Ren è inutile! Due... Ren è un inetto! Uno... Ren è un maniaco...
«Spero che tu sappia quanto tutto questo sia irritante» esclamò impassibile senza preoccuparsi di affrontare apertamente il suo avversario. La creatura tentennò appena, fermandosi a un passo da lei. Alex poté avvertire un lieve spostamento d'aria contro la sua schiena, ma la consapevolezza di avere una mano protesa verso di lei a pochi centimetri dalla sua mantella la lasciò del tutto indifferente. L'irritazione aveva la meglio. Sempre. E su tutto. «La trovo davvero una mancanza di rispetto per chi deve avere l'ingrato compito di ucciderti di nuovo» continuò. «Sei morta, fattene una ragione. Non c'è accanimento terapeutico che regga ormai. Oltretutto, non ho alcuna intenzione di perdere tempo con te. Vai a importunare Ren. Forse ora lo apprezzerai più per il suo cervello -credo- e non per il suo aspetto.»
Nessuna risposta. Alex si voltò lentamente, imponendosi di mantenere la sua facciata tranquilla. Scrutò ciò che rimaneva di Dakota con occhio critico e la sua solita espressione pragmatica. Come immaginato, lo spettacolo dinanzi a lei era pietoso quanto le condizioni del cadavere della ragazza. Frammenti ossei in vista, carni lacerate, ossa dislocate, occhi spenti iniettati di sangue... Di sicuro era la maschera di Halloween più figa della serata. Sbuffò, trattenendo l'impulso di passarsi una mano sul viso. Non doveva distrarsi. «Inoltre, chiunque si sia impossessato di te, deve essere davvero disperato per sceglierti come tramite.»
Eppure aveva senso. Era solo una teoria ma, se la sua intuizione era corretta, il nefando spirito in questione era riuscito a possedere il corpo della giovane grazie alle fiere viste in precedenza. Non che l'avessero aiutato intenzionalmente, sia chiaro, ma banchettando con l'anima di quella sventurata avevano lasciato libera una stanza nel motel della disperazione. Perché non approfittare dello sconto dato che la suite reale era già occupata?
Dakota inclinò il capo, facendo scricchiolare in modo grottesco il collo rotto. Il suo sguardo vacuo la trapassava, incapace di vederla, eppure Alex non si lasciò incantare da quella triste apparenza degna di un film di Romero. Era solo una sensazione, ma c'era qualcosa in lei che le provocava la pelle d'oca. E non era di certo il suo aspetto innocuo. No... Qualsiasi cosa giacesse al suo interno, sembrava piuttosto decisa a non lasciarla in pace.
Un brivido le scivolò lungo la schiena, graffiandole la pelle con il suo gelo, al ricordo di... di cosa si provasse a quell'intrusione. Nel sentire quell'entità farsi strada in lei, artigliandole e squarciandole anima e corpo un pezzo alla volta. Nello scavare fino ai più recessi angoli del suo essere, raggiungendo luoghi a lei proibiti e inaccessibili. Oh, ricordava bene quelle sensazioni, così come ricordava le urla di quella creatura. Per quanto poco, per quanto fugace potesse apparire, riusciva a percepire un flebile eco della sua presenza persino in quel momento. Era come se un'ombra avvolgesse il corpo della ragazza davanti a lei. Ne anneriva i contorni, distorcendoli. Ma la prova più evidente erano gli occhi; pervasi da striscianti tenebre che si stavano espandendo sempre più, corrompendo in modo quasi impercettibile le iridi già scure e prive di vita di Dakota, apparivano come due porte spalancate verso ciò che risiedeva al suo interno. Tenebre che la bramavano, che volevano raggiungerla. E tale situazione divenne estremamente reale quando il viso del cadavere si distorse in un sorriso disumano e snudato.
Alex agì d'istinto.
Inclinò il busto all'indietro, schivando appena in tempo il braccio di Dakota che passò inerme sopra di lei. Approfittando di quella mossa inconcludente, Alex si raddrizzò, roteò il coltello e di slancio passò il filo della lama sulla gola dell'avversaria. Il taglio, dapprima invisibile, si allargò sotto i suoi occhi in una lunga striscia rossa, dalla quale fuoriuscì del sangue coagulato. Questo scivolò lento sul petto piatto della ragazza, ma non sortì alcun effetto. Non che Alex si aspettasse di vederla crollare al suolo, soffocata dal suo stesso sangue dato che... Beh, non aveva più bisogno di respirare. E nemmeno di sangue, a dire il vero.
Prima che Dakota tentasse un'altra mossa, Alex fece qualche passo di lato, portandosi a debita distanza. Con un movimento repentino del polso, scosse il coltello, pulendo la lama dai residui. Strinse le labbra in una linea dura, osservando quel cadavere ambulante cercare di raggiungerla come se lo squarcio sulla sua gola fosse una semplice puntura di zanzara. Davvero seccante.
Attenta a non lasciar intravvedere le sue intenzioni e a non inciampare nella gonna –avrebbe venduto l'anima per un paio di pantaloni in quel momento-, Alex iniziò a camminare in circolo, imitata per quanto possibile dalla sua rivale. Entrambe si scrutavano a vicenda, cercando di prevedere chi delle due avrebbe compiuto la prossima mossa. Ma Alex non era disturbata da quella situazione di stallo, per quanto comica potesse apparire dall'esterno. Lei sembrava quasi danzare, scivolando sul pavimento come acqua, mentre Dakota... Dakota arrancava scricchiolante, sul punto di cadere a ogni movimento.
Ma era solo una mera apparenza, purtroppo. Fin dal primo momento della resurrezione della ragazza, Alex aveva confidato nelle pessime condizioni in cui versava il corpo per avere un vantaggio, eppure l'attacco di prima era stato veloce. Fin troppo. Ciò non lasciava presupporre nulla di buono.
Cercando di fare il punto della situazione, lasciò vagare lo sguardo sul cadavere, analizzando e ponderando tutte le alternative che le rimanevano. Nonostante l'altezza della caduta fosse stata relativamente bassa, Dakota aveva su di sé un notevole bagaglio di ferite: frattura scomposta del femore e del perone destro, dislocamento piede sinistro, collo rotto e, molto probabilmente, tutte le costole incrinate. Il suo aspetto risultava così raccapricciante e buffo allo stesso tempo, tuttavia era ciò che albergava in lei a preoccuparla maggiormente.
Mordendosi l'interno della guancia, Alex si costrinse a ragionare. In un normale combattimento, con una persona ancora viva e vegeta, la strategia da applicare sarebbe stata piuttosto semplice. Avrebbe mirato ai tessuti molli, puntando al retro delle ginocchia e dei gomiti in modo da lesionare i tendini e impedire quindi al suo avversario di muoversi liberamente. Dopodiché si sarebbe concentrata sui punti vitali come testa, collo, torace e arteria femorale per quanto riguardava gli arti inferiori. Certo, sapeva dove colpire per frastornare il proprio avversario senza necessariamente ucciderlo, ma che gusto ci sarebbe stato altrimenti?
Purtroppo qualcuno l'aveva privata di quel piacere perverso. Oltretutto doveva ammettere che giocare a giro giro tondo con un cadavere non la stava affatto divertendo perché non aveva la più pallida idea di come procedere. Persino una pallottola nel cervello sarebbe stata inutile in una situazione come quella... alla faccia di TWD. Ma, dove la fisica falliva, entrava in gioco la filosofia.
Secondo il rasoio di Occam, la soluzione del suo problema era quella più semplice. Fu così che Alex si bloccò di colpo, imitata subito dopo da Dakota.
«Ma certo!» esclamò. «Non mi rimane altro da fare che smembrarti! Perché non ci ho pensato prima?» Fece per puntare nuovamente il coltello verso la sua avversaria, ma poi si bloccò. Il suo viso si scurì dalla disapprovazione non appena abbassò lo sguardo, conscia del fatto che quello che reggeva in mano non era certo un seghetto per le ossa. Fece fuoriuscire l'aria tra i denti, sibilando.
«Puoi farmi un favore? Cerca di stare il più ferma possibile. Mi ci vorrà un po'» esordì, sventolandole la lama davanti al viso.
Ovviamente Dakota non l'ascoltò. Zoppicò verso di lei, tagliando il cerchio invisibile che avevano creato a furia di scrutarsi come due lupi idrofobi.
Alex si preparò al contrattacco, decidendo di mirare alle braccia. Sebbene il collo fosse già compromesso a causa dello squarcio che le aveva lasciato poco prima, doveva vanificare qualsiasi suo tentativo di difendersi o di nuocerle. Ergo, braccia e gambe sarebbero stati i suoi primi obiettivi.
Fece roteare il coltello nella mano, stabilizzando il proprio peso divaricando leggermente le gambe, quando Dakota le rivolse l'ennesimo sorriso inquietante. Poi, con una velocità sovraumana, le fu addosso. Ringraziando i suoi sensi sviluppati, Alex riuscì a incrociare le braccia davanti a sé, bloccando il diretto di Dakota prima che potesse ferirla seriamente. Tuttavia, il colpo risultò così violento che si ritrovò sospinta all'indietro, le suole dei suoi stivali stridettero contro il pavimento. L'urto si propagò lungo i suoi arti, facendole vibrare le ossa.
«Allora non sei un...» si gettò di lato, rotolando fuori dalla sua traiettoria. Dakota non le permise di completare la frase. Sebbene il suo aspetto sgraziato, qualunque cosa fosse dentro di lei l'aveva tramutata in una specie di terminator zombie. Non le lasciò un attimo di respiro.
Si ritrovò così sulla difensiva. Si piegò, schivò, parò i suoi colpi l'uno dietro l'altro in una danza senza tregua, ignorando il dolore sempre più cocente alle braccia. A quel ritmo non avrebbe retto ancora per molto. Dalla sua aveva la velocità e l'inventiva, ma non la resistenza. Digrignando i denti per la frustrazione, Alex provò a contrattaccare con fendenti mirati e celeri. Più volte riuscì a lacerare le carni dell'avversaria, ma risultarono solo tagli superficiali che non le recarono alcun impedimento. L'idea di staccarle la testa incominciò a diventare fin troppo invitante.
Perso anche l'ultimo rimasuglio di pazienza che le rimaneva in corpo, Alex fece una finta. Dakota abboccò in pieno, permettendole grazie alla sua disattenzione di rifilarle un calcio sul ginocchio destro. Con sua grande gioia, la gamba cedette definitivamente con uno sgradevole schiocco, facendo crollare la ragazza per terra... per un momento. Quella non sprecò un attimo e le agguantò la caviglia, attirandola verso di sé con uno strattone.
A causa di quella controffensiva imprevista, Alex perse l'equilibrio, cadendo malamente davanti alla propria avversaria. Gemendo, osservò Dakota con irritazione, ma poi le rivolse un largo sorriso. Senza alcun indugio la colpì in pieno viso con il piede libero. Il suono umido della cartilagine spezzata fu come musica per le sue orecchie.
«Ecco, ora puoi fare il cosplay di Michael Jackson» le consigliò Alex, osservando soddisfatta il naso di Dakota deviato verso l'alto in una posizione innaturale. Purtroppo l'altra non colse l'ironia della cosa e strinse la presa, facendole scappare un gemito di dolore.
Infuriata, Alex scalciò ancora e ancora, spargendo sangue e frammenti ossei ovunque finché l'altra non le mollò il piede. Ormai il suo volto era divenuto una maschera agghiacciante.
«E dire che la morte dovrebbe renderti bella» constatò Alex, rialzandosi per recuperare una certa distanza di sicurezza. Cercando di non posare il peso sulla caviglia lesionata, decise di cambiare tecnica. Al diavolo la pianificazione: evviva la forza bruta.
Aspettò che Dakota ritornasse in piedi e si lanciò verso di lei, scivolando a terra per schivare l'ennesimo colpo. Una volta superata, roteò su se stessa, conficcandole il pugnale nel collo. Sentì l'acciaio cozzare contro le ossa della sua avversaria e ciò le diede l'incoraggiamento necessario per aumentare la pressione. Era quasi riuscita a tranciare il disco vertebrale quando Dakota si voltò di scatto, colpendola con un manrovescio da manuale che la spedì dritta contro il muro al di sotto della scalinata. L'aria le fuoriuscì dai polmoni in un sol colpo a causa dell'impatto, lasciandola ansante per un istante che parve infinito. Ignorando i punti luminosi che le invasero la visuale, Alex combatté contro la nausea per rimettersi in piedi alla svelta, e fu allora che si rese conto di essere disarmata.
Con sua enorme disperazione, osservò impotente la scena che si compì davanti a lei. Senza alcuna esitazione, Dakota strappò con movimenti meccanici il coltello dalle sue stesse carni, provocando un tripudio di suoni umidi e ripugnanti. Una volta estratto, si voltò verso di lei brandendolo con solennità, le tenebre guizzarono vittoriose nel suo sguardo. Ormai era fregata.
La ragazza le sorrise, poi le si avvicinò veloce. Troppo veloce.
Un lampo luminoso le comparve dinanzi agli occhi. Con le spalle al muro, senza alcuna via di fuga, Alex vide il suo stesso coltello dirigersi verso di lei sotto forma di un fendente letale. L'adrenalina le incendiò le vene, rendendo la visione della sua dipartita in un slow motion tale da essere degno di un film. Ma invece di ammirare la sua breve vita passarle davanti, la mente di Alex si svuotò, divenendo fredda e incolore. A eccezione delle urla.
Non pensò. Agì e basta. Si lasciò cadere a terra, schivando la lama poco prima che potesse causarle seri danni. Eppure non fu abbastanza svelta. Un bruciore intenso si propagò sulla sua spalla in ondate prorompenti, laddove il coltello era riuscito a penetrarle la pelle. Era solo un graffio, ma fu sufficiente a provocarle una smorfia di dolore. Allarmata, sperò con tutto il cuore che la lama s'incastrasse nel pannello alle sue spalle, in modo da privare Dakota della sua arma occasionale. Sperò inutilmente. Come al solito.
Dakota bloccò l'attacco non appena si rese conto che la sua preda stava per sfuggirle e storse il braccio in maniera innaturale per poterla colpire di striscio. Le nocche scheletriche della sua mano sbatterono contro la sua tempia, facendola crollare di lato.
Alex boccheggiò a terra. Frastornata, alzò lo sguardo, incrociando quello vittorioso dell'essere che possedeva Dakota. Ormai l'aveva in pugno, lo sapeva, ma non si sarebbe mai mostrata debole di fronte a un avversario così infimo. Si mise a sedere con difficoltà, senza distogliere gli occhi da quelli della ragazza. Nel mentre, posò una mano sulla spalla ferita. E tanti saluti alla speranza di non sporcare di sangue i vestiti.
Così come tanti saluti alla sua vita. Se qualcuno si stava trattenendo intenzionalmente nell'ombra per poter compiere un'entrata trionfale, quello era il momento più opportuno per muovere le chiappe e salvarle la pelle. Seriamente, perché non era ancora arrivato qualcuno? Erano andati a preparare i popcorn per godersi meglio lo spettacolo di lei che se le prendeva di brutto? Bambini? Ren? Satana? Nessuno?
Dakota brandì di nuovo il coltello verso l'alto, pronta a colpirla nuovamente, quando uno sfrigolio distrasse entrambe.
Confusa nell'udire quel rumore estraneo, Alex seguì lo sguardo della sua aguzzina. Non poté fare a meno di socchiudere le labbra dalla sorpresa quando si accorse della provenienza di quel suono. Sul dorso della mano di Dakota, in corrispondenza dei punti in cui il suo sangue l'aveva sporcata quando l'aveva pugnalata, si stavano formando diverse piaghe rossastre, come se fosse venuta a contatto con dell'acido e non con...
Che rivelazione...
Approfittando dell'effetto sorpresa, Alex premette con forza il palmo contro il taglio. Sibilò di dolore a quell'aderenza, ma strinse i denti costringendosi a non allentare la presa. Prima che Dakota potesse intuire quello che stava per fare, Alex agitò la mano nello spazio vuoto che le divideva, schizzando quanto più sangue possibile sul viso dell'avversaria.
Inizialmente non accadde nulla, ma poi la ragazza incominciò a sibilare, indietreggiando di qualche passo. Si portò le mani verso il volto, artigliandosi la pelle che iniziava ad arrossarsi e a fumare. E, infine, incominciò a sciogliersi. L'odore della carne bruciata si levò nell'aria, avvolgendole con il suo tanfo.
Alex pregò che quel momento potesse darle del vantaggio, ma servì solo a far alterare di più la sua rivale. A giudicare dai furenti versi gutturali che emise, era riuscita a ferirla per la prima volta dall'inizio di quella serata. Buono a sapersi. Doveva solo dissanguarsi e la partita era vinta. Semplice no?
Ovviamente no. Che chiedeva a fare?
Dakota strinse i denti così forte da scheggiarsi lo smalto. Ignorò il dolore, ignorò le piaghe che si stavano propagando sulla sua pelle e le rivolse un ringhio inumano. I suoi occhi divennero infuocati, oscuri, le tenebre al loro interno incominciarono a turbinare selvagge fino ad espandersi per tutto il suo volto, alterandone l'aspetto. E ciò che albergava dentro di lei incominciò a venire allo scoperto.
Gesù, Giuseppe, Maria e Belzebù...
Alex perse uno, due battiti, incapace di distogliere lo sguardo dall'oscura massa che stava fuoriuscendo dalla schiena di Dakota. Paralizzata, spaesata, si ritrovò alla mercé del suo nemico, impossibilitata a elaborare una controffensiva. Tabula rasa. Osservò Dakota puntare la lama del coltello nella sua direzione, pronta a colpirla con violenza, ma ciò le lasciò solo un senso d'intorpidimento. La sua attenzione era totalmente concentrata sul suo vero avversario, offuscando tutto ciò che la circondava. Per questo non se ne accorse finché non fu troppo tardi.
«ALEX!»
E accadde.
Alex si era preparata a ricevere quel colpo. Se lo aspettava. Certo, era convinta di non meritarselo ma, in tutto quel disastro, mai e poi mai avrebbe voluto essere difesa a costo della vita di qualcun altro, specialmente se quel qualcuno era un suo amico.
I suoi occhi rimasero focalizzati sull'entità che stava sorgendo dinanzi a lei finché una sagoma confusa non s'interpose tra loro. E solo allora, quando avvertì quel profumo famigliare, quel calore confortante, quei riccioli neri scompigliati, si rese conto di aver commesso un grave errore di valutazione.
Gregory si lasciò andare in un urlo di dolore, mentre la lama del coltello penetrava nel suo fianco. Alex ne udì il suono bagnato, percepì il viscido calore che le bagnò una guancia, ne avvertì l'odore propagarsi nelle sue narici fino a soffocarla.
Poi Gregory crollò davanti a lei. Una macchia rossa incominciò ad allargarsi sui suoi vestiti.
Il torpore che l'avvolse durò solo per un istante, ma fu sufficiente. Dimenticò Dakota e l'entità, ignorò le urla e le esclamazioni sorprese degli altri ragazzi che nel frattempo erano giunti nell'androne. Non provò niente, non sentì nulla; era solo un pezzo di carne vuoto alla deriva, incapace di gestire quello che stava accadendo. Poi qualcosa scattò in lei. Una scintilla, un sentimento umano. Si riscosse, la mente ebbe il sopravvento sul corpo e, senza pensarci, si protese verso il giovane, premendo con forza le mani sulla ferita in modo da bloccare l'emorragia. Il sangue le scivolò lungo le dita, creandole un vuoto nello stomaco.
«Stupido, stupido!» sbraitò, infuriata con lui, con se stessa, con l'intero universo. Al mondo esistevano poche persone in grado di sopportarla: perderne anche una soltanto era una possibilità di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
«Alex! Gregory!» La voce terrorizzata di Emily risuonò nelle sue orecchie con lo stesso effetto di un pugno in pieno stomaco. Diamine, ora dovevano arrivare?
Alex sollevò lo sguardo dal ragazzo e lo puntò verso l'amica, comparsa alle spalle di Dakota. «Vattene!» sibilò, per poi focalizzarsi sulla sua avversaria con la speranza di trovarla ancora concentrata su di lei e non su quegli idioti ritardatari. Ma ciò che vide... ciò che vide la destabilizzò.
L'entità ricambiò il suo sguardo.
E Alex crollò.
Il respiro le si bloccò in gola, soffocandola. Istintivamente, si distaccò da Gregory, andando ad appiattirsi il più possibile contro il muro. Non riusciva a muoversi, a respirare, i suoi occhi sgranati rispecchiavano la creatura appena apparsa, ormai libera dall'involucro di carne che l'aveva contenuta. Poi, a poco a poco, le sue pupille si dilatarono, i suoi muscoli si rilassarono, il suo battito cardiaco rallentò. Ogni paura, ogni dubbio, ogni senso di colpa, tutto si disperse nell'aria.
Non era possibile...
Dunque, era quella la creatura che li aveva in pugno. Era lei che li aveva imprigionati, era lei che aveva portato la morte in quella casa, era lei che aveva provato a possederla dilaniandola dall'interno... ed era bellissima.
Era fumo, ombra, tenebra... morte. Una sagoma dalle fattezze umane che volteggiava sopra di lei e la osservava con un'intensità tale da farla rabbrividire. Alex si prese qualche istante per contemplarla, facendo scivolare lo sguardo sulla sua figura asessuata ed eterea fino a seguire i fili da marionetta che ancora la tenevano legata a Dakota.
Attratta, quasi incantata dal suo vero nemico, Alex non poté fare nulla se non lasciarsi avvolgere da quelle sensazioni così famigliari, terrificanti. E l'ombra fece altrettanto. Si lasciò scivolare nel vuoto che le separava, protraendo una mano artigliata verso di lei come un invito. Un desiderio.
Alex scrutò quel volto privo di lineamenti alla ricerca di una falla, un indizio che non trovò, per poi soppesare la sua silente richiesta. Dopo un attimo di titubanza, si allungò per raggiungerla. Le sue dita sfiorarono per un istante delle creatura... E nella sua mente esplose il caos.
Urla, agghiaccianti urla. La costrinsero a ritirarsi, ad allontanarsi dall'entità. Spaesata, Alex fu sballottata nella realtà degli eventi, nel presente. Quell'attimo di distrazione fu sufficiente per permetterle di guardarsi attorno, rimanendo sconvolta. Quelle grida non provenivano da dentro la sua mente come credeva, ma al di fuori. Chiunque ne fosse l'artefice, stava tentando disperatamente di attirare la sua attenzione, perché la situazione di stallo che l'aveva colta non era altro che un'illusione. Dakota era ancora pronta a mietere vittime sotto il controllo dell'entità e l'attenzione generale era totalmente concentrata su di lei.
Su Dakota, non sull'ombra.
Alex raggelò. Il suo sguardo si soffermò sui volti famigliari che la circondavano senza visualizzarli davvero. Perché? Perché nessun altro si era accorto della presenza del vero artefice di quella carneficina? Perché stavano perdendo tempo con quel cadavere inutile?
Sentì gli occhi pizzicarle nel rendersi conto della realtà.
Perché solo lei li vedeva?
L'urlo di Emily la fece sussultare, ma fu il rimbombo che ne seguì a gelarle il sangue nelle vene. Le sue orecchie incominciarono a fischiare a causa della deflagrazione della polvere da sparo avvenuta poco lontano da lei, coprendo ogni altro suono nei paraggi. Confusa, Alex abbassò lo sguardo e solo allora se ne accorse.
Il suo coltello era lì, abbandonato sul pavimento vicino a Gregory e circondato da un paio di... dita?
A quella vista, il legame che aveva instaurato con quell'essere si spezzò definitivamente, permettendole di percepire di nuovo ciò che stava accadendo attorno a lei. Poco distante, Ren imbracciava un vecchio fucile ancora fumante puntato contro Dakota o, più precisamente, contro quello che rimaneva della sua mano. Alle sue spalle, Mark era trattenuto da John, che stava combattendo con tutte le sue forze per impedirgli di intervenire. Perché non l'aveva ancora capito... Quella non era più sua sorella. Keiran era posizionato davanti a Emily e a Sarah per proteggerle, o per impedire loro di raggiungerli, non lo sapeva.
Ormai impossibilitata a continuare il suo attacco, Dakota lanciò un sinistro ululato che echeggiò nei dintorni facendo rabbrividire i presenti. Alex era però ben consapevole chi fosse il reale autore di quell'urlo. Sollevò di nuovo lo sguardo e l'ombra la ricambiò con un ringhio frustrato. Fece per tentare un nuovo contatto, avvicinandosi ancora a lei, ma poi si bloccò, come se qualcuno l'avesse immobilizzata. Furente di rabbia, la creatura si ritirò, scomparendo di nuovo nei meandri della villa e lasciando una scia di marciume al suo passaggio.
Alex si permise di respirare solo quando la sua essenza si dileguò del tutto dalla stanza. Almeno finché non si accorse della bambina.
Era in piedi, ferma al centro dell'androne. Non sapeva da quanto tempo fosse lì, ma la sua presenza fu sufficiente a metterla in allerta. La piccola ricambiò il suo sguardo, i suoi grandi occhi neri la squadrarono vuoti e profondi come l'oblio, dopodiché seguì l'esempio di quell'essere e sparì anch'essa. Solo allora Dakota crollò a terra come una marionetta a cui erano stati recisi i fili. Fu raggiunta immediatamente dal fratello che, nell'osservare le impietose condizioni in cui versava, si raddrizzò, pronto a dirigersi verso di lei. Ren lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla e lo fissò così male da impedirgli di proferire parola.
Ma quella tragica situazione non si era affatto conclusa. Tutt'altro.
Emily, Sarah e Keiran si diressero di corsa verso di lei e Gregory, ancora prono per terra. Da come gemeva, si capiva che era ancora in vita, almeno per il momento.
«Dannazione!» sbottò Keiran, afferrando i lembi della maglia dell'amico per poter controllare la gravità della lesione. Accanto a lui, Emily si portò le mani alla bocca e incominciò a piangere silenziosamente, consolata da Sarah.
«Vado a preparare delle bende con le lenzuola» mormorò la ragazza in tono pratico, dirigendosi a passo di marcia verso una delle stanze in disuso. John la seguì immediatamente, pronto ad aiutarla e a scongiurare qualsiasi altro incidente.
Alex li osservò in silenzio, finché non si rese conto della presenza di Emily accanto a lei. Stava stringendo la mano di Gregory e, nel frattempo, stava tentando di comunicare con lei. Le sue parole però le scorrevano addosso come acqua. Non riusciva a capirle, non riusciva ad ascoltarle. La sua mente era ancora in subbuglio.
Persino quando qualcuno spinse via l'amica si ritrovò troppo stordita per ribattere. Non oppose resistenza nemmeno quando delle mani le afferrarono le guance, costringendola a osservare un viso stranamente famigliare.
«Alex! Alex, concentrati su di me, guardami!»
Alex lo fece. O meglio, ci provò. Dopo un momento di difficoltà, riuscì a mettere a fuoco il volto di Ren davanti al suo. La sua espressione era sconvolta, preoccupata, infuriata; trasmetteva così tante emozioni che in un momento di lucidità gli avrebbe proposto di fare l'attore pornografico.
Quando finalmente riuscì a ricambiare il suo sguardo, Ren le sventolò qualcosa davanti agli occhi. «Sul serio Alex? Un coltello? Che cosa ti è saltato in mente? Perché devi sempre fare di testa tua?»
Alex non rispose. Ci mise qualche istante a ricordarsi che quella lama era sua e che poco prima aveva... Esatto. Che cosa le era saltato in mente? Perché l'aveva con sé? Che cosa ci faceva lì? Perché era con loro? Perché non...
Ren dovette aver notato la sua confusione, perché la sua espressione si calmò, diventando apprensiva.
«Alex? Cosa...»
Alex lo spinse così forte da farlo cadere all'indietro. Non riusciva più a pensare, a respirare. Il suo sguardo corse da Ren che la osservava sbigottito, a Gregory ancora steso per terra tra le braccia di Emily, a Keiran che tentava di aiutare l'amico al massimo delle sue capacità, a Mark che abbracciava la sorella e le sussurrava parole che non riusciva a decifrare.
Quel caos sensoriale era troppo da poter gestire, troppo da sopportare. Per cui fece la sola cosa che le venne in mente.
Si alzò in piedi e corse via.
Ok, so cosa state per dire: ma che è sta gran cagata?
Vi chiedo scusa.
Lo so, è solo colpa mia e della mia lentezza, ma volevo disperatamente aggiornare prima di partire per la mia mini vacanza... Anche se nel constatare che sono poco più di un paio di giorni mi vien male.
Per chi non lo sapesse, ho iniziato a lavorare nei weekend, quindi tra l'ansia di vivere, la preparazione dei documenti e cose del genere, la scorsa settimana l'ho passata a farmi paranoie su paranoie e quindi la scrittura non è stata nemmeno contemplata. Ecco perché mi sono ritrovata sempre all'ultimo! Yeeeee.
Motivo per cui, questo capitolo, specialmente la fine, è stato scritto in fretta e furia. Siete per cui autorizzati a demolirlo con cattiveria. Me lo merito. Prometto che più avanti cercherò di sistemarlo, ma per il momento spero che non sia completamente da buttare.
Alla prossima :3
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