Day 10 - Choice
Mi ero dimenticata del forte odore di disinfettante degli ospedali; non che io ci sia mai stata abituata, ma considerando che in dieci giorni non vi sono praticamente mai entrata mentre il mio corpo era lì, posso dire di non averlo più considerato.
Mi strofino il naso e guardo davanti a me.
Oltre il vetro vedo me stessa sdraiata su un lettino, una flebo nel braccio, gli occhi chiusi e la pelle ancora più bianca del solito.
Sembro un cadavere.
"Vuoi entrare?" mi chiede Leonardo porgendomi la mano e io annuisco.
La prendo e attraversiamo la porta, come abbiamo fatto la prima volta che ci siamo visti per uscire da qui.
Mi avvicino al letto e vedo il mio viso scavato, pallido e quasi nero sotto gli occhi.
Immobile.
"Quella non sono io..." sussurro.
Alzo lo sguardo e vedo il mio riflesso sulla spalliera metallica: sembro un'altra persona.
"La terapia intensiva ti ha salvata." mi spiega "Ma nessuno ne esce senza sembrare una copia mal riuscita di un personaggio di Tim Burton..."
Poco dopo la porta si spalanca ed entrano i miei genitori e mia sorella seguiti da un medico.
Mia madre si fionda sul mio corpo con le lacrime agli occhi.
Inizia ad accarezzarmi il volto che sembra così fragile da potersi frantumare al suo tocco quasi fosse fatto di porcellana.
Mio padre ci guarda con un viso rassegnato e le mani nelle tasche.
Claudia si avvicina a nostra mamma e le mette una mano sulla spalla.
"Come sta?" chiede poi.
"È stabile..." risponde il dottore "Ma non posso dirla ancora fuori pericolo...L'abbiamo dovuta sottoporre ad una terapia molto dura e non vi nego che in certi momenti..."
Non conclude la sua frase.
Guardo Leonardo che mi guarda a sua volta.
"Ma per fortuna non è ancora detta l'ultima parola." termina e mio padre lo guarda dubbioso.
"Quante possibilità ci sono che sopravviva?" chiede poi.
"Non voglio mentirvi dicendo che ci sono ottime possibilità...viste le complicazioni e la gravità del danno, oltre al ritardo con cui è stata soccorsa...direi che abbiamo un 50% in entrambi i casi." spiega il medico "Dipende da lei."
Dipende da me.
È sempre dipeso da me.
Mia sorella guarda verso di me e per un momento è come se mi vedesse.
Il suo sguardo fisso e impassibile mi lascia pietrificata.
Ma lei non può vedermi ed è solo sovrappensiero.
"Devo chiedervi di uscire purtroppo..." dice il primario entrando nella stanza "La ragazza deve riposare."
"Ci dia altri 10 minuti, la prego!" supplica mia madre stringendo la mia mano bianca e scheletrica.
"Mi dispiace signora ma..."
"Va bene." lo interrompe il medico "Potete restare altri cinque minuti, non uno di più."
Mia madre annuisce velocemente ringraziandolo.
Mio padre fa lo stesso e il dottore si rivolge a lui:
"Posso parlare con lei un momento?"
"Certamente."
Escono dalla stanza e Leonardo mi prende per il polso, li seguiamo.
Si fermano proprio davanti la porta e noi accanto a loro.
"Come procedono le indagini?" chiede il medico "Hanno trovato il colpevole?"
"Non ancora..." risponde lui "Mi creda passo ogni giorno a provare a capire da solo chi è stato a farle questo...ma...Sono arrivato al punto di convincermi che solo lei potrà dircelo."
"Non si fida della polizia?"
"Non è per questo ma...più che di giustizia abbiamo bisogno di verità...e fin ora nessuno ha saputo darcene alcuna."
"Questa storia non preoccupa solo lei, signor Farnese, glielo assicuro...la morte, o comunque il tentato omicidio, di due adolescenti diventa sempre più comune purtroppo ma è comunque qualcosa che sconvolge sempre tutti..." indica oltre la finestra della mia stanza "Vede quei fiori? Non sono un dono dell'ospedale; stamattina presto una coppia è venuta a fare visita a vostra figlia, le hanno portato questo mazzo di rose bianche e sono rimasti solo pochi minuti."
"Ha chiesto i loro nomi?"
"Non serviva. Li ho conosciuti una settimana fa, la notte in cui Ginevra è stata portata qui. Erano i genitori di Leonardo Ferrarini, il ragazzo che è stato trovato con sua figlia ma che non ce l'ha fatta."
Mio padre lo guarda a bocca aperta e allo stesso modo io e Leo.
I suoi genitori sono venuti per me, invece di essere arrabbiati vedendo me viva e sapendo il loro figlio morto, mi hanno portato dei fiori.
"Sarò sincero con lei signor Farnese." continua il medico "Se Ginevra dovesse risvegliarsi ci saranno delle complicazioni per lei. La lama del coltello le ha perforato l'intestino e uno dei reni. Nonostante abbiamo ricucito tutto non potrà più mangiare molte cose e dovrà seguire una dieta particolare...inoltre le possibilità di calcoli renali aumentano incredibilmente. Non le parlo nemmeno del periodo di riabilitazione..."
"Vuole dirmi che dovrei lasciarla morire?" mio padre ha le lacrime agli occhi.
"Tutti qui dentro preghiamo affinché si svegli, glielo assicuro...ho già visto troppi ragazzi vivere una vita troppo breve. Ma è mio dovere informarla che se vivrà non sarà una passeggiata, anzi sarà molto dura e non si libererà mai delle conseguenze di ciò che è successo. Ginevra è una ragazza molto fragile, abbiamo fatto una gran fatica con lei in sala operatoria e in terapia intensiva...e se deve trovare la forza di vivere, questa forza deve venire da voi."
Mio padre stringe le labbra che sembrano tremare.
"Ne ho parlato con lei perché sua moglie mi è sembrata quasi più debole di sua figlia..." dice con franchezza.
"Grazie dottore."
Si stringono la mano e il medico si allontana mentre mio papà si lascia cadere sulla sedia con la testa tra le mani.
"Vuoi rientrare?" mi chiede Leonardo e io scuoto la testa.
"Voglio andare da Filippo." rispondo.
Lui annuisce.
Se la mia famiglia vuole la verità farò in modo che la abbiano.
-
Entriamo in casa Leonardi e la prima cosa che sento è la voce di Aurora.
Viene dal giardino.
Usciamo dalla porta finestra e li vedo.
Seduti sull'amaca, uno davanti all'altro, discutono.
Ci avviciniamo.
"Devi dire la verità alla polizia." insiste lei e Filippo non risponde
"Filippo, Ginevra si risveglierà da un momento all'altro e accuserà te! È te che metteranno in carcere allora!"
"Probabilmente me lo merito..."
Lei sospira.
"Sono stata a trovarla stamattina..." spiega lei "Non sembrava neanche la mia migliore amica. Sembrava...un fantasma."
Lui la guarda ma non dice nulla.
Si avvicina per prenderle la mano ma lei si allontana di scatto.
Lo guarda di traverso.
"Cos'è? Una punizione perché ho paura di confessare?" chiede.
"No...non c'entra questo ma..." risponde lei "Quando Ginevra si sveglierà lei...lei ti ha amato dal primo momento che ti ha visto..."
Mi sento quasi in colpa.
Sento stringersi la gola.
"Dobbiamo chiuderla qui, Filippo..." dice lei "Le farebbe solo più male..."
"Ginevra capirà se è davvero la tua migliore amica..."
"Ho il timore che venendo a sapere questo non lo sarà più."
"Allora vuol dire che non lo è stata mai!"
Aurora lo fissa un momento e poi abbassa lo sguardo.
Filippo le sfiora la guancia e lei chiude gli occhi.
"Non posso farle questo..." sussurra Aurora.
"Non puoi fare questo a me." risponde lui.
Si guardano e lui si china su di lei baciandola.
"Promettimi che confesserai tutto." sibila Aurora appena le loro labbra si separano.
"Te lo prometto..." risponde Filippo rassegnato.
"Oggi."
"Oggi?"
"Oggi! Andremo insieme..."
Lui sospira e annuisce.
Si abbracciano e restano l'uno nelle braccia dell'altro mentre il vento muove lentamente l'amaca come se fosse una culla.
Mi allontano di poco sedendomi su un masso ai piedi dell'albero che pende sulla piscina.
Leonardo mi si avvicina e si siede al mio fianco.
"Tutto bene?" mi chiede.
"Non so cosa fare..." rispondo "Hai sentito cosa ha detto il dottore. In più non voglio che Aurora mi consideri una minaccia... Ma hai visto i miei genitori...mia madre era distrutta. Se muoio, morirà con me..."
"Non posso dirti cosa fare..." spiega "Posso parlare da egoista e dirti che dovresti restare con me. Oppure posso mettermi nei panni degli altri e dirti che non meriti di morire. La scelta è tua Ginevra, lo è sempre stata."
Non rispondo e restiamo in silenzio per pochi minuti.
Mi sento così stupida a dubitare la possibilità per la quale molti altri avrebbero lottato.
Vivere o morire.
Quanti bambini, uomini, donne, ragazzi avrebbero voluto la possibilità di scegliere, piuttosto che restare sconfitti dalla lama affilata di un destino violento.
Leonardo, che mi chiede silenziosamente di scegliere lui, ha ammesso di aver voluto essere al mio posto.
Potessi dare a lui la mia possibilità e andare io incontro alla decisione già presa di qualcun'altro.
Ma non posso e lui lo sa.
Come sa che, nonostante io dubiti, ho già fatto la mia scelta.
"Non posso abbandonarli." dico dopo un silenzio che mi è sembrato interminabile "Aurora ha bisogno di me, sono la sua unica amica, Filippo resterà da solo appena si saprà la verità...e i miei genitori, non sono niente senza di me..."
Guardo Leonardo che mi rivolge il suo sorriso pieno di calore e annuisce.
Si alza e mi porge la mano.
"Allora andiamo?" chiede ma io esito.
"Un momento..." dico "Voglio restare un momento qui, da sola..."
"Va bene...ti aspetto in ospedale allora"
"Okay."
Si china lasciandomi un bacio sulla fronte prima di allontanarsi.
Lo guardo camminare sul prato e attraversare il muro della casa prima di sparire.
Faccio un respiro profondo.
È come se sentissi ancora la sua mano nella mia.
Chiudo il pugno ma non sento nulla.
Se avessi fatto la scelta sbagliata lo avrei capito, lui non me l'avrebbe lasciato fare.
Devo solo trovare il coraggio di dire addio.
Mi metto in piedi e mi avvicino all'amaca dove Aurora e Filippo ancora parlano tra di loro.
"Credi che dovremmo tornare a trovarla?" chiede lei.
"Certo...ma prima devo passare al cimitero. Voglio lasciare una margherita a Leonardo."
"Vengo con te..." risponde lei e Filippo le rivolge un mezzo sorriso abbassando la testa "Mi dispiace per il tuo amico..."
"Anche a me...Leonardo non si meritava affatto quello che gli è successo...quello che gli ho fatto succedere!"
"Filippo..."
Lui sorride.
"Sai è quasi divertente che si siano trovati in questa situazione insieme!" esclama "Lui era pazzo di lei!"
"Chi?"
"Leonardo...e Ginevra!" risponde e mi sento percorrere da un brivido per tutta la schiena "Non ho mai osato avvicinarmi a lei perché sapevo che lui ne era innamorato. Almeno dalla seconda elemtare! Non lo diceva quasi mai ma il suo quaderno era pieno di ritratti di Ginevra...Credo che dopo Alessia, lei sia stata il suo piccolo grande amore."
Sono incapace di dire o di pensare.
È come se rivedessi scene della mia vita e in tutte ci fosse Leonardo che mi guarda, mi sorride, mi ritrae e io che non mi accorgo di nulla, troppo impegnata a vivere nella mia favola.
Mi sento ghiacciata e bollente allo stesso tempo, respiro pesantemente.
Leonardo non si è avvicinato a me in 10 giorni, si è innamorato di me in 10 anni.
Sbatto le ciglia per riacquistare controllo.
Adesso la mia scelta fa ancora più male, ma è la mia scelta.
Deglutisco e corro via verso l'ingresso senza fare caso allo stupore sul viso di Aurora e Filippo quando sentono le porte aprirsi e chiudersi apparentemente da sole.
Non ho più tempo.
-
Non sento nulla tranne il fischio continuo dei macchinari dell'ospedale che riempiono i corridoio e il rumore metallico delle ruote delle barelle.
Corro urtando alcune infermiere che si guardano attorno stupite e mi fermo di scatto appena arrivo difronte il mio reparto.
In lontananza vedo Leonardo fermo in piedi davanti la mia finestra.
Mi avvicino lentamente fermandomi al suo fianco.
"Sembri una foglia secca coperta di neve..." dice guardando davanti a sé al mio corpo incosciente.
"Non so se dovrei prenderla come un complimento..." commento e lui sorride.
Si volta verso di me e mi osserva.
"Ti sta bene il rosso..." dice rivolto alla mia giacca.
Me lo hanno sempre detto tutti.
Il rosso spicca sulla mia pelle pallida.
Mi sposta i capelli dietro la schiena.
"Mi prometti che lo indosserai più spesso..." sussurra e io annuisco.
Mi guardo negli occhi.
"Allora...buona vita Ginevra Farnese...Ci rivedremo tra molti anni, magari a vagare su una nuvola..."
Quei suoi occhi scuri come le piume di un corvo aprono una voragine nei miei.
È come se lo vedessi solo adesso, come se mi accorgessi solo ora di ciò che lo rende diverso, di quell'aura che non avevo mai visto prima, di quella luce che è più propria di un angelo che di un fantasma.
Un angelo custode.
Quasi contro voglia sbatto le palpebre e ricordo che c'è un'ultima cosa da fare.
Metto la mano in tasca e tiro fuori il contenuto.
"La tua mano..." dico e lui me la porge, aperta, col palmo all'insù e con un'espressione confusa sul viso.
Posiziono il mio pugno sulla sua mano e lascio cadere il nastro rosso della mia felpa che conteneva.
"È un regalo di addio?" chiede in un ghigno.
Scuoto la testa.
"No..." dico prendendo il nastro con l'altra mano e legando insieme le nostre una sull'altra.
Stringo il nastro e lui mi guarda.
"È una scelta."
Mentre i nostri occhi si incatenano gli uni agli altri, come due amanti disperati che non vogliono separarsi alla luce del giorno, come due lucchetti incastrati contro la ruggine logorante, come due bei sogni che hanno paura della veglia, attorno a noi si espande un rumore sordo e infermieri corrono da tutte le parti; sembrano muoversi a rallentatore.
Senza neanche voltarmi vedo i miei genitori gettarsi sul mio corpo, un grido agghiacciante si leva nell'aria e quando cala il silenzio e tutto sembra congelato nel tempo, una sola frase si cristallizza nell'ospedale:
"Ora del decesso, 17:45."
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