Capitolo 12 - Buona cena di famiglia!
(Credit: @/sambastardsam su Twitter)
Il mondo parve bloccarsi attorno a lui. Tutti i colori erano spariti lasciandosi dietro solo grigio e nero, i suoni sembravano distanti e attutiti, come se si trovasse sott'acqua. Per la prima volta in vita sua sentì freddo, ma non quello fastidioso che ti irrita la pelle d'inverno. Sentiva freddo dentro, nel cuore, nelle ossa, nello stomaco, ogni traccia di calore sembrava averlo abbandonato. Non udiva le risa dei suoi fratelli in salotto, come non avvertiva più l'insopportabile odore delle genziane di sua madre, tutto quello che lo circondava aveva perso qualsiasi profumo, suono e colore. Fu una sensazione strana, durò pochi secondi, visto che la voce di Mitsuha fu l'unico rumore che avvertì in quella bolla grigia.
«Pronto? Ti sei rotto?».
Come era comparsa, quella sensazione di gelo sparì scoppiando. Si ridestò dal suo stato di trance e rispose infastidito.
«Che cazzo vuoi da me?».
«Uuuuuh, attento a dire le parolacce. Non vorrai mica che la mamma ti senta?».
Touya chiuse gli occhi frustrato, poi si girò verso la porta di casa sua coprendosi la bocca per non farsi sentire dalla sua famiglia mentre sibilava come una vipera indiavolata. Sentì i bracciali ai polsi riscaldarsi mentre tentavano di controllare la sua onda di rabbia. Li portava sempre con sé, anche quando non era a lavoro. I guanti erano più professionali, li usava solo quando era in servizio, mentre indossava i bracciali, anch'essi fatti su misura per lui per permettergli di controllare meglio il suo quirk, più per precauzione che per altro.
Le sue emozioni influivano in modo pesante sulla sua unicità, che poteva impazzire da un momento all'altro. Ancora ricordava i pochi momenti di puro panico quando perdeva il controllo non solo di sé stesso, ma anche della sua abilità. Bastava poco per lui: un esercizio non riuscito bene, un voto troppo basso rispetto alle sue aspettative, un allenamento non soddisfacente e tutto nella sua testa esplodeva, come succedeva nel suo corpo. Non era tanto la rabbia a farlo esplodere, ma una cosa che gli nasceva da dentro, qualcosa di viscido e umido che strisciava per avvolgersi attorno al suo cuore. Era la pura e semplice delusione a farlo scattare, a fargli rivivere l'inferno dentro e fuori la sua testa, per questo si aggrappava così disperatamente a quegli aggeggi. Ne era dipendente, perché, se non poteva fidarsi del suo stesso cervello, di chi altro poteva fidarsi?
«Non deviare il discorso, che cazzo vuoi da me?».
Era deluso? Un po' sì. Non tanto per il fatto che fosse sparita negli ultimi due giorni, aveva provato a contattarla via messaggio o con qualche chiamata, ma lei non si era mai degnata di rispondergli. Non aveva neanche così tanto senso che lui la ricercasse, per la miseria!
«Te l'ho detto, volevo rivederti, Zuccherino.» rispose lei con aria innocente. Quasi poteva vederla sdraiata sul letto a oziare e a guardarsi le unghie annoiata. Per chi lo aveva preso? Un giocattolo? Un'onda di rabbia lo avvolse per intero, mentre rispondeva con voce fredda.
«E io te lo ripeto, sono dai miei a cena, non posso adesso.».
Sentì Mitsuha sbuffare dall'altra parte del telefono.
«I rapporti familiari sono sopravvalutati.».
Touya corrugò la fronte confuso.
«Scusa?».
Mitsuha emise un altro verso scocciato, mentre sentiva dei rumori in sottofondo, come dei cigolii di un letto e il fruscio di coperte.
«Sta sera sei sordo, eh? Ho detto che i rapporti genitore-figlio sono la cosa più sopravvalutata di questo mondo.».
«Sì, ti avevo sentito. Volevo solo capire cosa intendessi.».
Sentì altri rumori, mentre Mitsuha borbottava tra sé e sé circa del ramen istantaneo.
«Intendevo esattamente quello che ho detto, Zuccherino.».
La udì trafficare con degli oggetti, forse delle padelle, e la sentì imprecare quando il rombo di qualcosa che cadeva al suolo lo tramortì. Respirò a fondo per impedirsi di urlare, ma per chi cazzo lo aveva preso?
«Si può sapere cosa stai facendo?».
«No! Non puoi saperlo.».
Si prese il ponte del naso tra le dita sbuffando. Stavano girando in tondo da cinque minuti buoni, mentre Touya se ne stava impalato all'ingresso ad ascoltarla dall'altra parte del telefono che si faceva bellamente i fatti suoi. Prese un grosso respiro più per racimolare quella poca pazienza che gli era rimasta dopo quella giornata.
«Cosa volevi dirmi?».
«Che ci vediamo alle 23 al Viper, mi pare ti fosse piaciuto l'ultima volta.».
No, per nulla. Non gli era affatto piaciuto il Viper l'ultima volta, anche se aveva di certo apprezzato quello che era successo. Per un secondo rivisse tutta la serata, sentendo addirittura un'ondata di cocco e rum travolgerlo. Nella sua testa rimbombavano i sussurri e i sospiri di Mitsuha e le sue mani sembravano ancora tracciargli sentieri invisibili con le dita lungo tutto il corpo. Una scossa elettrica sembrò partire dal punto in cui lo aveva avvolto la ragazza con le braccia fino a irradiarsi in tutta la sua pelle facendolo rabbrividire. Ponderò per davvero l'idea di mollare tutto e tutti per andare da lei, pronto a ricevere tutte le sue attenzioni, ma la voce di sua sorella che lo chiamava impaziente lo fece rinsanire. Che cosa gli stava passando per la testa?
«Mitsuha sono dai miei genitori, non posso.».
L'altra sbuffò in contemporanea con qualcos'altro, che presuppose fosse un bollitore. Gli rispose mentre versava l'acqua calda nella confezione di ramen istantaneo.
«E io ti ripeto che i rapporti familiari sono sopravvalutati. Dai, Zuccherino, vieni con me, ci divertiremo un sacco, come l'altra volta.».
Lei sussurrò l'ultima frase come se gli stesse raccontando un segreto, con la voce bassa e calda, invitante. Era una musica dolce che veniva suonata da un incantatore di serpenti, lo attirava e lo rendeva succube della sua melodia. Deglutì e si mordicchiò il piercing in preda ai brividi che continuavano a scuoterlo.
«TOUYA! LA CENA SI FREDDA!».
La magia scoppiò e tornò alla realtà, nuda e cruda. Non poteva mollare la sua famiglia così, né per una ragazza, né per una missione, sarebbe stato un vero bastardo. Quindi raccolse tutto l'autocontrollo di cui disponeva e rispose freddamente alla ragazza.
«Senti, non sono in vena dei tuoi giochetti. Non posso scaricare la mia famiglia in questo modo, non sarebbe giusto nei loro confronti. Possiamo vederci domani sera, sono libero. Anche Hawks ci sarebbe.».
Mitsuha sbuffò pesantemente, facendo i capricci come una bambina, ma non insisté oltre.
«Va bene, Zuccherino, goditi la tua bella famiglia felice! In compenso, però, non voglio Hawks domani.».
Touya lanciò uno sguardo confuso al telefono. Che cazzo significava?
«Perché?».
«Perché voglio conoscervi separatamente e perché l'ho deciso io. Cristo, sembrate vivere in simbiosi! In televisione comparite sempre insieme, non sarete mica fidanzati?».
Touya ebbe un conato di vomito. Lui con Keigo, la persona che considerava un fratello? Per un attimo si immaginò baciarlo e un viscido brivido di disgusto lo scosse da capo a piedi facendogli tremare le ginocchia. Oltre al fatto che non gli piacevano nella maniera più assoluta gli uomini, avere una relazione con il suo migliore amico per lui sarebbe stato come averne una con Natsuo, anzi forse anche peggio, visto che il suo vero fratello non era a conoscenza di molti aspetti della sua vita. Come il fatto che era la pedina preferita della presidentessa Okamoto ed anche, evidentemente, di Mitsuha. Ingoiò lo schifo che lo aveva travolto e rispose alla ragazza.
«Ti prego, non dire mai più una cosa simile.».
L'altra scoppiò a ridere.
«Che gran peccato...» commentò infine.
Touya ignorò volutamente il messaggio sottointeso e si affrettò a chiudere la chiamata.
«Bene, adesso devo proprio andare, Mitsuha. Buona serata e buon ramen.».
Lei rimase in silenzio per qualche secondo, Touya lo aveva preso come un maleducato modo di chiudere la conversazione, ma non se la prese molto, non si aspettava di certo buone maniere da una donna come lei, che sembrava agire sempre e solo per i propri scopi. Si sorprese quando invece, poco prima di togliersi il telefono dall'orecchio la ragazza rispose con un sussurro appena accennato.
«Buona serata anche a te e... buona cena con la tua famiglia.».
Era diversa, ancora una volta aveva cambiato umore con la stessa velocità con cui si spegneva la luce con l'interruttore. Se prima aveva parlato con malizia, ogni parola che gli sfiorava le orecchie dolcemente, ora sembrava a malapena voler farsi sentire da lui. Vi udì una tristezza incredibile, inabissale in quella piccola frase, tant'è che, se non fosse stato per sua sorella che lo richiamava per l'ennesima volta, era sul punto di invitarla a venire da lui. Ebbe appena il tempo a rispondere con un "grazie" di risposta, poi lei interruppe la chiamata improvvisamente.
«Ma si può sapere che accipicchia stai facendo?».
Guardò Fuyumi che si era affacciata dalla porta del salotto, con uno straccio sulla spalla e i pugni sui fianchi. Il cipiglio che aveva in volto era quello che gli rivolgeva da una vita, e che probabilmente rivolgeva anche ai suoi studenti monelli: le sottili sopracciglia grigie aggrottate, così vicine da sembrare un tutt'uno, gli occhi assottigliati e le labbra strette in una linea sottile. Più che spaventarlo o impressionarlo, come invece capitava ai bambini, gli infondeva molta tenerezza. Fuyumi con lui faceva la voce grossa, ma sapeva che era tutta una facciata, una specie di messa in scena per poter farsi sentire da ben tre fratelli maschi. A volte aveva l'impressione che sua sorella a volte si sobbarcasse molti più problemi di quelli che dovrebbe e un po' la cosa gli dispiaceva, erano in due a essere i più grandi, si portavano poco più di un solo anno di differenza. Quel peso dovrebbe sentirlo e portarlo anche lui, ma Fuyumi, oltre a essere testarda, tratto comune di tutti i componenti della sua famiglia a quanto pare, era anche molto orgogliosa, mai avrebbe lasciato che fosse lui a preoccuparsi per lei.
Si rimise il telefono in tasca e la raggiunse avvolgendole il braccio intorno alle spalle.
«Scusa, Fuyumi, ero al telefono per una cosa di lavoro.».
Sua sorella gli afferrò la mano che le penzolava dalla spalla, scrollandosela di dosso con stizza. Era un vero lecchino suo fratello! Agitò le mani in alto in gesto molto teatrale parlando mentre ritornava verso la sala da pranzo.
«Lavoro, lavoro, lavoro! Pensi solo a quello! Per una volta non possono cavarsela da soli? Sei peggio di papà!».
Touya si morse la lingua per non rispondere, non aveva voglia di discutere ancora su quell'argomento. Era vero, lavorava tanto, forse anche troppo, ma aveva sempre fatto in modo di esserci nei momenti importanti della vita della sua famiglia, come la laurea di Fuyumi, il diploma di Natsu e il quinto matrimonio di sua nonna. Quest'ultimo era stato l'evento più assurdo a cui avesse mai partecipato e per fortuna non si ricordava assolutamente nulla, se non brevi e imbarazzanti sprazzi di lui e suo fratello che ballano su un tavolo. Una giornata da dimenticare.
Raggiunse la sala da pranzo dove lo stavano aspettando tutti quanti. Suo padre occupava il posto a capo tavola, con sua madre dall'altra parte con Shoto alla sua sinistra e Natsuo a destra, mentre sua sorella sarebbe stata affianco al più piccolo di casa e fronte a lui, che invece occupava il posto a sinistra di suo padre. La tavola già imbandita con riso, qualche verdura, lo spaziale mapo tofu di sua sorella e gli udon, rigorosamente senza pesce.
«Oh, finalmente Sua Maestà ci degna della sua presenza!».
Scoccò un'occhiataccia a Natsu alla sua sinistra, mentre si sedeva a tavola, ma non disse nulla. A suo fratello piaceva provocarlo, non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederlo arrabbiato. O almeno, non di fronte ai loro genitori, si sarebbe vendicato per bene dopo cena in giardino, magari lo avrebbe umiliato per bene con una partita a basket. Era il fratello con il quale aveva il rapporto più stretto, si sentiva più a suo agio con lui a parlare e, soprattutto, a sfogarsi. Poteva dirgli qualsiasi cosa gli passasse per la testa e Natsu non lo avrebbe mai giudicato, ma anzi lo avrebbe anche aiutato. Suo fratello aveva il dono di essere tremendamente schietto, quasi toccando l'insensibilità, quindi non si faceva problemi a dirgli che era una testa di cazzo o a dargli ragione. Touya era certo che con lui avrebbe sempre avuto un punto di vista più oggettivo e scientifico, vista la sua natura razionale e logica. A volte però anche lui non era esente da picchi di idiozia, divertendosi a punzecchiarlo e a dargli fastidio, come se avessero 8 anni. Ovviamente Touya, da buon fratellone, doveva ricordargli il suo misero posto di fratello minore, secondo solo a Shoto.
Una volta seduto, la cena ebbe inizio. Sua madre era minuziosa: ognuno aveva nel piatto una dose abbondante di yaki udon con funghi shiitake e verdure varie e una porzione di riso in un'altra ciotola sempre accompagnata da verdure grigliate, un po' di carne e tofu. Cibo semplice, ma buono, molto buono. Da quando viveva da solo aveva provato a rifare alcune ricette di Rei e gli venivano anche abbastanza bene, ma c'era sempre quel dettaglio che faceva stonare tutto quanto, non aveva lo stesso sapore, rendendo il pasto quasi insipido.
Giusto il tempo di prendere le bacchette e affondarle negli udon che il suo telefono trillò. Lo ignorò mentre sua sorella raccontava della sua classe e di qualche studente in particolare, ma quello suonò un'altra volta. Al terzo scampanellio suo padre intervenne piuttosto scocciato.
«Touya, potresti togliere la suoneria? Siamo a tavola.».
Sbuffò quasi lanciando nel piatto le bacchette e scusandosi con Fuyumi. Quel giorno sembravano tutti impazziti, lo cercavano in continuazione. Prese il telefono per silenziarlo e notò che i messaggi arrivavano tutti dallo stesso mittente.
Da Mitsuha:
Senti
Mi annoio
Raccontami qualcosa, su
Touya guardò sbalordito il cellulare, sconvolto dalla sfrontatezza di quella ragazza. Digitò una risposta veloce prima di mettere il silenzioso e poggiare il telefono sul tavolo.
Qualcosa.
«Touya, come sta Keigo? Perché non l'hai invitato?» gli disse sua madre sorridendogli.
Da quando aveva presentato loro il suo compagno di stanza, Rei aveva iniziato a considerare il ragazzino un membro effettivo della famiglia invitandolo sempre a cena da solo o portandoselo dietro anche in vacanza. A Touya non dava fastidio, anche se all'inizio c'era stato un po' di gelosia, più che altro a vedere suo padre mostrare così tanta attenzione per quel pollo spelacchiato, che ricambiava con troppo fervore e interesse. Aveva quindici anni e non riusciva ancora a gestire bene le sue emozioni, non che ora fosse un maestro, quindi si infastidiva con un nonnulla. Adesso, sapendo fin troppo bene cosa aveva dovuto passare Keigo con la sua famiglia naturale, l'idea di vederlo così accolto dalla sua lo commuoveva, gli gonfiava il cuore di contentezza.
«In realtà l'ho invitato, mamma, ma ha detto che aveva il ragazzino, come si chiama? Dai, Sho, aiutami, quel tuo compagno di classe con la testa da uccello!».
Shoto finì di cacciarsi in bocca gli udon e rispose con tono pacato: «Tokoyami Fumikage.».
«Ah, eccolo! Sì, lui. Ha detto che voleva dargli almeno un turno di notte con lui per farlo abituare ai ritmi del lavoro, robe così. Comunque, sta bene, sclerato come al solito, ma sta bene.».
Con la coda dell'occhio fu attirato verso il suo telefono, dove svettava una nuova notifica.
Da Mitsuha:
Divertente, zuccherino
Dovresti fare qualche spettacolo di stand up comedy
Saresti molto bravo a far ridere i polli
Mitsuha se ne stava sul divano facendo zapping tra i canali e con il suo insipido ramen istantaneo. Doveva sapere di pollo al curry, ma tutto quello che riusciva ad avvertire era solo acqua senza sale bollita. In mezzo a programmi di cucina e gare di ballo era stata colta da una noia immensa, un buco nero di disperato e logorante tedio che non sembrava volersi richiudere. Era da mesi che non le capitava di lavorare la sera, momento prediletto dai suoi clienti per fare affari, però la League of Villains non si faceva viva da un po' quindi le richieste scarseggiavano. Sospettava che Shigaraki non se la passasse affatto bene, nonostante il colpaccio fatto a Chisaki Kai, capo della Shie Hassaikai, d'altro canto quei maledetti proiettili le stavano rendendo il lavoro più faticoso del previso.
Le aveva tentate tutte: il quirk di Twice, aveva setacciato ogni laboratorio con cui aveva rapporti su suolo giapponese e uno addirittura in Cina, aveva persino riesumato ex-clienti e infine si era vista costretta a rivolgersi all'Uroboro, l'ultima gang di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Sapeva che nei tempi d'oro, quando spacciavano droghe e sostanze dopanti per i quirk, erano soliti rivolgersi a uno scienziato che faceva parte della loro organizzazione e del loro giro e che sintetizzava di persona ogni cosa. In realtà sapeva molto di più di quanto le piaceva ammettere sull'Uroboro, ma non era in vena di brutti ricordi.
Il tempo sembrava essersi trasformato in gelatina, scorrendo lento e pigro. Erano le 18, il sole non sembrava volersene andare e la notte era ancora tremendamente lunga. Per una volta poteva prendersi una serata di puro relax, ma non era mai stata una donna a cui piace stare ferma, testimone il fatto che non aveva mai una casa fissa in cui restare. Si spostava in base alle esigenze dei clienti e ormai il vecchio appartamento con cui viveva con sua madre non aveva idea di che fine avesse fatto. Da quello che aveva capito doveva essere in mano alla polizia, non le interessava un granché in realtà. Meno aveva a che fare col suo passato, meglio stava.
Ed era proprio per questo che aveva bisogno di una distrazione. Se stava ferma troppo a lungo, poi i ricordi, i mostri che vivevano nella testa, la trovavano e le saltavano addosso senza pietà. Tenere la testa occupata con qualsiasi cosa, sempre in moto e sempre proiettava in avanti, la aiutava a non affogare e a non farsi sopraffare dalla sua stessa psiche. Aveva letto da qualche parte che le persone traumatizzate tendono a rivivere il trauma, a ricercarne la memoria come un'ossessione. Non ne capiva assolutamente il senso, ma già sapeva che la mente umana non è razionale né tanto meno collaborativa.
Per questo aveva chiamato Touya, la sua nuova distrazione preferita. Giovedì si era divertita con lui, eccome se si era divertita. Il suo sguardo sfatto e perso in un piacere che neanche lui riusciva a controllare la tormentava da allora. E poi quei capelli bianchi erano così setosi e morbidi, come la pelle profumata e decorata di piercing che attiravano i suoi occh, così simili a piccole stelle su un cielo pallido e delicato. Oh sì, la serata avrebbe preso tutt'altra piega con lui, con i suoi modi di fare a volte austeri e orgogliosi, altre volte goffi e adorabili.
C'era qualcosa di incredibilmente attraente nel corrompere un'anima così innocente, nel vederla spoglia di tutte quelle vesti candide che si tesseva addosso e di tingerle di rosso e nero. Era un brivido a cui non riusciva a resistere quello di aggirare e di corrodere l'apparente candore con cui Touya cercava di mostrarsi agli altri, al suo pubblico. Era affascinante vederlo spoglio di ogni barriera che si poneva da solo, libero da ogni limite che lo imprigionava, anche solo per una frazione di secondo. Si era gustata per così poco tempo quello spettacolo di un angelo perfetto privo delle sue ali, che ne voleva ancora, come una bevanda che non la disseta. L'espressione di puro piacere che gli aveva visto sul viso la tormentava da giorni, ormai ne bramava ancora.
E visto che neanche lui sembrava disdegnare le sue attenzioni, perché non continuare? Era brava a leggere la gente, a captarne i segnali e le motivazioni dietro ai gesti, Touya non era un'eccezione, anzi forse era la sua preda più facile e preferita. Il busto sempre protratto verso di lei, gli occhi azzurri spalancati e sempre rivolti verso di lei senza mai scollarsi e infine la testa che si inclinava in base a dove posava lo sguardo lei, come se volesse che fosse solo lui il fulcro della sua attenzione. Touya adorava essere guardato, essere visto, ma soprattutto adorava le attenzioni degli altri, ne sembrava quasi assuefatto.
Quindi, perché non dargli la sua dose giornaliera di droga? A quanto pare, però, il paparino l'aveva preceduta e ora Touya voleva solo gli occhi di suo padre addosso. A Mitsuha venne da ridere, mentre si alzava per buttare il ramen scadente, avrebbe mangiato qualcosa fuori casa. Appena però uscì dal salotto sentì il telefono trillare e un sorriso le si allargò in volto. Com'era prevedibile il ragazzino.
Da Zuccherino:
Solo se mi fai da manager.
Touya rimise a posto il telefono giusto in tempo per una domanda che gli rivolse suo padre sottovoce, mentre gli altri erano indaffarati a fare il quarto grado a Shoto circa la sua vita amorosa a scuola.
«Come sta andando la missione?».
Finì di masticare il delizioso mapo tofu di Fuyumi in maniera appositamente lenta per evitare di rispondere a quella domanda. Era anche un modo per nascondere il suo rossore, perché la prima immagine che gli balenò di fronte era Mitsuha che lo afferrava per la felpa per baciarlo. Bevve anche un lungo sorso d'acqua arrovellandosi per trovare una risposta che non fosse sospetta, ma allo stesso tempo credibile. Decise infine di rimanere sul vago.
«Direi, abbastanza bene. Siamo ancora all'inizio, però, quindi non me la sento di fare una previsione.».
Suo padre annuì, sorridendogli.
«Stai attento, per favore.».
«I dormitori sono divisi, Natsu, non posso intrufolarmi in quello femminile!» sentì Shoto dire sconvolto e rosso in volto.
Touya d'istinto si rivolse al fratello minore corrucciato.
«Dormitorio?».
Il ragazzino annuì rispondendogli.
«Sì, alla UA, in seguito agli attacchi della League of Villains, il preside e i professori hanno deciso che sarebbe stato più sicuro per noi che stessimo a scuola, anche fuori dagli orari scolastici. Insomma, i sistemi di sicurezza sono all'avanguardia ed è praticamente impossibile entrare di nascosto.».
«La League non mi sembra far uso di sotterfugi, hai visto cos'hanno combinato con il camion blindato che portava Overhaul. Così vi stanno letteralmente servendo su un piatto d'argento, tutti radunati nello stesso luogo.».
A quel punto si intromise sua madre sentendo lo sgomento del figlio maggiore.
«Touya, anche noi ne eravamo molto scettici all'inizio. Non è bello vedere un altro figlio uscire di casa prima ancora di compiere la maggiore età e pensavamo che tuo padre sarebbe bastato come protezione, stavamo addirittura per chiederti di tornare a vivere qui come ulteriore garanzia! Il professor Aizawa e All Might sono stati onesti con noi, proteggeranno tuo fratello e la sua classe a ogni costo, ma vogliono che siano in primis loro stessi a sapersi difendere a vicenda. Mi sento più sicura sapendo che mio figlio dorme accanto a dei ragazzi che sono disposti a fare di tutto per aiutarsi l'un l'altro, che qui in casa con solo me e tuo padre. Inoltre sarebbe rischioso anche per tua sorella.».
Touya strinse i denti infastidito. Per mettere in allarme persino una scuola come la UA, doveva esserci per forza qualcos'altro sotto. Aveva il presentimento che i docenti di suo fratello fossero a conoscenza di cose, che persino a lui e a suo padre non erano state dette. Decise di lasciar cadere l'argomento, ma una punta di fastidio rimase.
«Ma perché sono sempre l'ultimo a sapere le cose?».
Questa volta fu Natsuo a intervenire sbuffando.
«Perché non sei mai a casa!».
Si girò verso il fratello con un cipiglio alzato, mentre vide con la coda dell'occhio sua sorella sbracciarsi per far stare zitto Natsuo, che prontamente la ignorò.
«Scusami?».
«Ho detto che non sei mai a casa! Stai sempre a lavoro, non fai altro. È da un mese che non ci vediamo e non hai ancora rivolto la parola! Persino papà, che è il numero uno, ha meno turni di te.».
Touya fu avvolto da una vampata di calda e rovente rabbia, ma si impose di rimanere impassibile. Udì suo padre cercare di intromettersi con un sussurrato rimprovero verso Natsu, ma l'altro fu pronto a rispondere.
«Non intrometterti! Lo difendi sempre, papà.».
Touya strinse i pugni continuando a guardare suo fratello in cagnesco. Non era la prima volta che tirava fuori l'argomento. Era vero, lavorava fin troppo, ma che ci poteva fare? Negli ultimi mesi, da quando la League of Villains aveva fatto la sua comparsata, i criminali sembravano spuntare in giro come margherite in un prato di campagna. Ogni settimana c'era una nuova rogna o un nuovo capriccio del Dragone, cosa che prescindeva da lui, quindi che cosa diamine poteva farci?
«Vuoi venire tu al posto mio, mh? Vuoi alzarti tu tutte le mattine alle 6 e tornare a casa alle 2 di notte? Hai idea di che cazzo di settimana di merda sia stata? No, Natsu, te lo dico io: non lo sai, perché, mentre tu ti stavi godendo in tranquillità la tua vita universitaria senza doverti preoccupare un minimo della gente fuori di testa che abita questo fottuto mondo, c'ero io da qualche parte della città a farmi ricoprire di melma o a calarmi nelle fogne per far sì che tu potessi dormire serenamente la notte.».
C'era il silenzio assoluto a tavola, neanche suo fratello osava rispondere. Rincarò la dose, per zittirlo definitivamente.
«È stata una settimana pesante, molto pesante, per cui ti ringrazierei se evitassi di rinfacciarmi tutto quello che faccio per te e per il bene di questa famiglia e di questo paese, fratellino. Anche perché non mi sembra che negli ultimi anni sia stato completamente assente, ti lamenti solo quando fa comodo a te.».
Considerò l'argomento chiuso, girandosi verso il suo piatto e riprendendo a mangiare senza preoccuparsi della reazione di Natsu, aveva ottenuto quello che voleva, ovvero il silenzio assoluto. Mentre sua madre attirava l'attenzione su di sé chiedendo a suo fratello come stessero andando gli studi, guardò di nuovo il telefono sul quale ritrovò la home piena di messaggio, tutti dallo stesso mittente.
Da Mitsuha:
Non ti conviene, mi prenderei la metà degli incassi
Uff, che palle
Non c'è niente in TV, a parte stupide gare di ballo
Perché devono sempre inquadrare il sedere della ballerina??
Non posso godermi anche io un po' di sano culo maschile?
Tipo il tuo, non è male
Anzi, i jeans dell'altro giorno ti stavano fin troppo bene
Ho l'immagine del tuo bel sederino stampata in testa
Peccato non abbia colto l'occasione per una palpatina
Mi sto mangiando le mani per non averlo fatto
Mi annoioooooooooooo
Zuccherinooooooooooooooo
Consideramiiiiiiii
Sono una civile in difficoltà, salvami!
Porta il tuo bellissimo culetto sodo qui e salvami dalla noia!
Oh basta, mi sono rotta il cazzo di stare qua dentro
Guardò sconcertato i messaggi. Quanto era sfrontata quella ragazza! Si ritrovò ad arrossire per gli apprezzamenti per nulla velati, ma tremendamente espliciti. Gli andò anche di traverso l'acqua e si mise a tossire e sputacchiare ovunque, con suo padre che lo guardava preoccupato tirandogli dei colpetti alla schiena. Il bruciore ai polmoni era tale che si salirono le lacrime agli occhi, poi pian piano si calmò rassicurando tutti. Quando la sua famiglia fu distratta da sua Fuyumi che annunciava di aver finalmente trovato una casa, si affrettò a rispondere e a prestare attenzione successivamente a sua sorella.
Da Zuccherino:
MITSUHA!
Ma ti sembrano cose da scrivere?
La mercenaria guardò distrattamente il telefono, mentre rovistava nel suo borsone alla ricerca di indumenti puliti. In televisione non davano nulla di interessante, ma comunque non era una che passava il sabato sera in pigiama sul divano. Non aveva amici, perché evitava le persone come la peste e il suo unico parente era il denaro. Non aveva per niente voglia di andare da Shigaraki e la banda di idioti, perché a malapena li sopportava. Spinner era un filosofo e un moralista fallito, Twice era un rompicoglioni, Toga era da rinchiudere, mentre Shigaraki aveva bisogno di un bel intervento chirurgico alla faccia e forse anche al cervello. Gli unici che si sarebbero salvati erano Mr Compress, se non ci provasse spudoratamente con lei, e Kurogiri, se non avesse la sfera emotiva di un sasso.
Quando trovò i vestiti adatti, un paio di semplici pantaloncini e una T-shirt, si diresse in bagno per una sciacquata veloce, ovviamente con acqua caldissima anche se fuori facevano almeno 30°. Era un effetto collaterale del suo quirk la continua sensazione di gelo che le ghiacciava le ossa e la pelle. Le stagioni calde erano una manna dal cielo, quelle fredde una maledizione. Non aveva assolutamente senso, ma era comunque una delle cose da aggiungere alla sua lunga lista di assurdità nella sua vita. La prima era sua madre, poi veniva il suo quirk, infine tutta una serie di episodi della sua esistenza.
Era stata un'altra delle sue decisioni impulsive quella di uscire. Basta, non ce la faceva più a stare rinchiusa in quel monolocale striminzito! E proprio mentre si stava dando una lavata veloce al lavandino che le venne in mente un'idea malsana. Ovviamente coinvolgeva Touya, il quale non avrebbe per nulla gradito all'inizio, ma era certa che con un po' di persuasione si sarebbe sciolto come un cubetto di ghiaccio in un forno.
Prese il telefono, ignorando il messaggio del ragazzo. Digitò su Zoozle due semplici parole:
Endeavor casa.
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