What happens at Christmas
I just want you for my own,
more than you could ever know...
Lui ha un problema. Un problema enorme e fastidioso che non sembra ben disposto a levarsi dai piedi e a lasciarlo in pace. Non che voglia davvero che Harry se ne vada, perché è comunque Harry e gli vuole bene. Ma. C'è un ma, di dimensioni apocalittiche: l'amico è praticamente il suo opposto e questo Louis non lo può proprio accettare.
Non in questa particolare occasione, almeno.
Il fatto è che, se Louis strappa le decorazioni dalle pareti della sua camera, Harry le riappende con maggior determinazione; se Louis brucia di proposito il dolce natalizio, Harry ne prepara altri cinque per compensare il danno; se Louis scarta i suoi regali prima del 25 – e questo dopo averli cercati senza sosta come un bambino di sei anni –, Harry li ruba, li impacchetta di nuovo e glieli fa chissà come trovare integri il giorno di Natale.
Questa cosa va avanti da quando si sono incontrati la prima volta, in seconda superiore. Harry distribuiva dolcetti decorati con una strana glassa rossa e Louis cercava di staccare gli adesivi natalizi dal suo armadietto. Il riccio gli comparve alle spalle con un sorriso a trentadue denti. E se ne andò con un cupcake spalmato sul naso.
Da quel giorno, Louis e Harry sono migliori amici.
Come anche Johannah e Anne, le loro madri. Perché—ovviamente—sua madre doveva per forza diventare la spalla destra della genitrice di quel l'assillante ricciolino capitato a tradimento nella sua vita. E questo perché Harry è un dispensatore di amore e Dai, Lou! Mi piacerebbe tanto tanto conoscere la tua famiglia! Potremmo fare un picnic, o andare al cinema, o alla fiera, o... E così è come la faccenda è diventata catastrofica.
Ma Louis non può proprio lamentarsene. Harry è perfetto e impossibile da associare a qualsiasi sentimento negativo.
Con l'amicizia, poi, è arrivata la clamorosa verità riguardo questo insensato odio che Louis prova nei confronti di qualsiasi cosa abbia a che fare con il Natale. È una persona fantastica ed è il tipo di ragazzo che merita di essere conosciuto. Eppure, questo gigantesco particolare, aleggia sulla sua testa come una nuvola nera pronta a scagliare fulmini. Perché. Dio—Il Natale è il Natale. Non lo si può odiare. Harry non riesce proprio a digerirlo, soprattutto perché lui è l'emblema della festività. In una vita passata, deve essere sicuramente stato l'aiutante prediletto di Babbo Natale. O deve aver contribuito a far nascere questo giorno memorabile fatto di neve, regali, amore, sorrisi, gioia. E Louis. Il suo Natale è obbligatoriamente fatto di Louis; sono due parti contrapposte della sua vita che ogni anno si incastrano e cercano di convivere senza esplodere.
Inutilmente.
Louis sembra sempre voler fare tutto il possibile per rovinare e distruggere.
Però, se uno è consapevole di essere un problema e una spina nel fianco—che rende palese il voler essere lasciato in pace, mentre tutti insistono per coinvolgerlo in qualcosa che detesta—, l'altro è determinato. Determinato a non arrendersi.
E Louis lo sa. Lo sa benissimo. Più che sbuffare, pestare i piedi, mandare odio al mondo e a Harry, non sa davvero che altro inventarsi per mettere in chiaro la questione principale: odia il fottuto Natale.
~
"Come puoi trovarlo stupido?!"
È il 22. La scuola è momentaneamente finita e – già: il Mondo lo odia – sta guardando una vetrina, con lo zaino ancora in spalla e i capelli arruffati dal pisolino che si è fatto durante l'ultima ora.
C'è tanta gente in giro, da ragazzi della loro età a coppiette sorridenti, da madri con figlie adolescenti a intere famiglie. Tutti si guardano intorno con quella che può essere definita tanta luce negli occhi; corrono da un negozio all'altro, guardano i fiocchi di neve cadere e ridono senza freni per esternare il fatto di essere felici.
Idioti.
Lui sbuffa, rivolgendo un'occhiataccia allo stupido pupazzo di peluche che Harry sta guardando, e fa un passo indietro estraendo il pacchetto di sigarette dalla tasca posteriore dei jeans.
"È stupido."
"È un pupazzo di neve con indosso un cappotto. Un cappotto decorato con fiocchi di neve, Lou!" Gli occhi di Harry splendono: lo guardano con il chiaro tentativo di trasmettergli quelle stesse emozioni che sta sentendo lui.
Louis accende senza fretta il suo cilindretto cancerogeno; guarda prima il suo amico e poi quell'affare. "Stupido" decreta, nuovamente. Vede già uno sguardo speranzoso abbassarsi, grandi aspettative crollare e le campane che tornano da dove sono arrivate perché non è ancora il momento, per Louis Tomlinson, di apprezzare simili cazzate.
Harry assottiglia lo sguardo e mostra un adorabile broncio che vuole fargli venire i sensi di colpa, invece lui si limita a stringersi nelle spalle, aspirare dalla sua sigaretta e scendere dal marciapiede. Le scarpe gli affondano nella neve fresca e lui si schiaccia il cappello sulla testa perché fiocchi umidi e schifosi gli stanno bagnando i capelli. Odia la neve; arriva sempre in periodo natalizio, ma la odia soprattutto perché è fredda e bagnata. Sembra congelare il Mondo e non ha senso. Non è né ghiaccio né acqua.
È inutile.
Louis si guarda intorno con palese fastidio; volta il capo per chiamare Harry e si tira uno schiaffo sulla fronte quando lo vede incollato al vetro del negozio di giocattoli. "Harry! Ti lascio qui se non la smetti di guardare quel coso." Butta il mozzicone a terra. "Muoviti."
Il riccio sbuffa e lo raggiunge con la coda tra le gambe. A Louis non dispiace per lui: sono vecchi e, anche se non lo fossero, troverebbe comunque tutto quanto Una. Colossale. Stronzata.
Riprendono a camminare in mezzo alla strada deserta, chiusa per le feste. Harry ha le guance rosse e i ricci tutti scompigliati; alterna sguardi incantati a sorrisi, con tanto di occhi chiusi rivolti al cielo. I fiocchi gli cadono sulla faccia, lui ride e si volta a ricambiare l'occhiata torva di Louis con una che sprizza felicità. E Louis curva l'angolo della bocca solo perché è Harry. Non riesce a trattare davvero male Harry, anche per quanto gli piacerebbe tornarsene a casa, chiudersi in camera e mettersi a guardare un film d'azione che non comprenda magia, folletti, vecchi grassi con la barba e regali. Però non può farlo. Odiare il Natale è una cosa, abbandonare Harry è un'altra... Si sentirebbe in colpa per il resto della vita.
Quindi sopporta, non cercando di mascherare quanto tutto sia insostenibile.
Sta per chiedersi se questa è la tanto attesa volta buona in cui se ne andranno, quando si accorge del vuoto al suo fianco e trova che Harry non è più accanto a lui.
Louis sobbalza appena, poi si guarda intorno e – tipico – trova che il suo migliore amico è fermo vicino a un carretto di dolci e sta consultando rapito la lista. Rotea lo sguardo e torna indietro per raggiungerlo. Alza una mano e apre bocca per dire qualcosa di simile a Mi sono davvero rotto i coglioni di doverti correre dietro, ma Harry si volta a guardarlo con gli occhi sbarrati e un sorriso che glieli stringe in una morsa.
Afferra le mani di Louis tra le proprie e comincia a rimbalzare, mentre "Guarda, guarda, guarda!" urla.
Il motivo di tanta eccitazione sono dei contenitori grondanti di schifezze tra cui caramelle e cioccolato. Un cartello dice: Esplosioni di dolcezza e Cuori di cioccolata a piacere. Louis si sta chiedendo il significato della seconda frase, quando la proprietaria del carretto gli piazza sotto il naso una tavoletta lavorata e "Ci scrivo tutto quello che vuoi, caro" dice, occhieggiando prima lui e poi Harry, come a voler sottintendere che deve accettare perché c'è un riccio saltellante al suo fianco che è a tanto così dall'esplodere.
Che cavolo ha fatto di male nella vita.
"Lou! Costano pochissimo! Ti prego, ti prego, ti prego!"
Dovranno fare un discorsetto su questa cosa che deve essere sempre lui quello che sgancia soldi a raffica. Louis tira fuori il portafogli e la conseguenza è un Harry sorridente che mangia, stringe un pupazzo o indossa un nuovo indumento natalizio. Sempre.
Louis sta per implorare a Harry di smetterla, ma la tizia insiste nuovamente con il suo fottuto cuore e lui comincia ad agitare le mani mentre pensa a qualcosa da farle scrivere. Qualsiasi cosa. "Scriva... Non lo so—"
"Harry e Louis!" Le fossette di Harry raggiungono dimensioni improbabili e il riccio si stringe al suo fianco.
"Eh?" Louis chiede.
"Harry e Louis."
"Al massimo Louis e Harry."
"Ok, Louis e Harry."
Il minore fa un sorrisino soddisfatto e—Ah. Faceva tutto parte del suo piano! Louis è un egocentrico, orgoglioso e pieno di sé; è stato distratto dalla necessità di avere il suo nome in pole position.
E si è fatto fregare.
Mette più odio possibile nel successivo sguardo, ma Harry lo ignora e si rivolge alla donna. "Quanto viene?"
"Cinque." Lei ritira il cioccolato e comincia a incidere sulla superficie con un strumento che Louis pensa non sia legale. Gli occhi scuri le saettano dal lavoro a loro due e arriva a un certo punto in cui "State insieme?" domanda.
Harry rafforza la presa sul suo braccio e ridacchia. "No, no. Siamo migliori amici." Già, sì. Convincente. "Questa è la tappa uno del mio piano."
"Piano?"
"Lui odia il Natale." All'occhiata esterrefatta di lei, il riccio scompiglia i capelli a Louis e si morde il labbro inferiore, trasudando affetto in ogni movimento nei confronti di una persona che vorrebbe essere da tutt'altra parte. "Mi restano tre giorni di tempo per farglielo amare."
Louis rotea gli occhi e lo allontana con una piccola spinta. Solleva il mento in un chiaro segno di sfida. "Potresti arrenderti subito, Harry. Nessuno ti biasimerebbe."
"Io mi biasimerei. In un modo o nell'altro, riuscirò a farti avvertire la magia."
In tutto questo, la commerciante finisce di scrivere i loro nomi sul cuore, lo sistema in un cesto pieno di caramelle che porge a Harry e appoggia i palmi delle mani sul piano di lavoro. "Voi due siete adorabili." Occhieggia il più piccolo e l'angolo della bocca le si curva all'insù. "Sembra una bella sfida. Ma mi aspetto di vederlo passare di qui vestito di rosso e con un sorriso da occhio a occhio, domani."
Louis sbuffa e le volta le spalle. Harry sorride un sorriso enorme e prende una caramella; la mette in bocca, guardando storto il suo migliore amico e facendo poi un occhiolino alla signora. "Forse non domani, ma più presto che tardi" bisbiglia, salutandola cordialmente e afferrando Louis per una mano.
Riprendono il passo spedito in mezzo alla via di negozi, i fiocchi di neve che ancora cadono dal cielo intensificando il silenzio. Il maggiore cerca invano di allontanarsi o, perlomeno, camminare normalmente senza dare l'impressione di avere un razzo nel posteriore. Ma Harry glielo impedisce e alterna risate a gridolini eccitati, sorrisi di cioccolato e caramelle a suppliche piene di fossette nella sua direzione. Louis scuote la testa nel pulirgli l'angolo della bocca dallo zucchero; Harry accoglie il gesto con un sorriso ancora più grande dei precedenti e cambia improvvisamente direzione, guidando entrambi verso un negozio di decorazioni natalizie.
L'impulso di strozzarsi con la sciarpa, colpisce in pieno Louis.
Il loro ingresso viene annunciato da una breve musichetta che parte proprio sopra le loro teste. Una commessa, dietro la cassa, si volta all'istante investendoli con frasi fatte di benvenuto e indica con una mano il locale elencando tante e tante cose possibili da trovare.
Harry annuisce seriamente interessato, poi schizza in una corsia senza lasciare la mano congelata di Louis. Si ritrovano in un reparto dedicato a ghirlande, addobbi luccicanti e bombolette di neve spray. Mentre il riccio preleva da uno scaffale dei fiori rossi—grondanti brillantini—e riflette ad alta voce su quanto potrebbero piacere a sua madre, Louis prende il primo tubo di neve e lo studia con curiosità.
Il secondo dopo, una spruzzata investe in pieno Harry.
"Ma che—Louis!"
Quello scoppia a ridere, guardando la barba che adesso decora il volto del suo amico. Non ci fa troppo caso, ma è la prima volta che gli capita di ridere così intensamente durante la festa natalizia.
Dettagli.
"Sei un coglione" Harry dice, cercando di pulirsi la faccia senza sporcare i propri vestiti.
È comunque un sorriso, quello che involontariamente lo illumina, perciò Louis lo guarda con soddisfazione malcelata e rimette la bomboletta al suo posto.
Quando la maggior parte dei fiocchi artificiali se ne sono andati, Harry si riempie le mani con una decina di Stelle di Natale – Louis pensa che si chiamino così – e si sbilancia in avanti. Le sue labbra ancora leggermente sporche di neve toccano quelle di Louis in un bacio veloce e gli occhi del maggiore si sbarrano automaticamente per la sorpresa. Sa che Harry l'ha fatto per lasciare a lui quel materiale sintetico sulla faccia, ma. Ma. Non così. Non si fa così! Normalmente si usano le mani; si spalma l'impasto del dolce, la neve, la terra, qualsiasi cosa, con le mani. Non con le labbra!
Solo che dura un istante.
Harry si tira indietro con un ghigno divertito e "Forza, andiamo a pagare" dice, dandogli le spalle.
I piedi di Louis si muovono più per impulso, che per altro.
Che cazzo è appena successo?
~
Casa di Niall è rivestita da cima a fondo di rosso, verde, bianco, giallo—È un fottuto arcobaleno, in pratica. Luci colorate penzolano da tutte le parti; un albero gigantesco occupa l'angolo a lato della televisione, nel salotto; pupazzi e statuine varie sono disseminate ovunque. E altro. C'è molto altro che Louis potrebbe elencare, ma no. La casa degli Horan lo disgusta senza che si metta a studiarne ogni singola parte.
Non è brutta, ok?
È semplicemente troppo.
Per lui è un'esagerazione anche solo mettere la ghirlanda fuori dalla porta di casa.
Ma è un caso particolare, come tutti continuano a ripetergli.
La prima cosa che tutta la sua famiglia ha detto, una volta arrivati di fronte alla residenza, suonava molto simile a Oh mio Dio è una cosa stupenda l'anno prossimo dobbiamo farla così anche noi.
E per Louis è stato semplicemente no.
Vuole bene a Niall, a sua madre, a suo padre, a suo fratello che non c'è mai—e che detesta ancora per la pallonata che gli ha tirano quando aveva solo dieci anni. Ma casa loro è un incubo e ha accettato di entrarci solo per lo stupido pranzo che Maura e Johannah hanno organizzato con tanta gioia.
E che organizzano ogni anno con tutte le loro enormi aspettative.
Stanno aspettando. Louis ha lo stomaco pieno di una varietà improponibile di antipasti, mentre fissa sfinito il soffitto della camera di Niall. Non è buona educazione lasciare la tavola prima che il pranzo sia finito, ma aveva urgente bisogno di parlare con il suo amico e, per questo, l'ha trascinato via mentre il biondo ancora sgranocchiava parte del suo cibo.
Le gemelle sono da poco salite solo per dire loro che, tempo cinque minuti, e una nuova portata verrà servita. Louis le ha scacciate in malo modo e sta riflettendo sulla risposta che gli ha dato Niall.
Non si aspettava quella.
Lui gli ha rivelato che Harry l'ha baciato, solo il giorno prima.
E Niall ha alzato un sopracciglio, chiedendo: "E allora?"
E allora?! Solo lui trova che ci sia qualcosa di molto strano in quello che è successo?
A quanto pare, sì.
Louis si passa una mano sulla faccia, sospirando col chiaro intento di richiamare su di sé l'attenzione dell'unica altra persona nella stanza. Niall lo fissa torvo da dove è seduto sulla scrivania e i suoi occhi stanno parlando. Vuole palesemente giudicarlo. E non per il prevedibilissimo fatto che Louis trova orribile il suo maglione rosso – perché quello è così tanto da Louis che non può davvero essere importante – , ma per qualcosa che ha a che fare con ciò che gli ha confidato.
"Te la faccio semplice: perché ti sembra una cosa così assurda?"
Il maggiore si solleva con uno scatto e socchiude gli occhi. "Perché mi ha baciato? Harry?! E, ok: è stato più un contatto fugace di labbra. Ma l'ha fatto e sono il solo a trovarlo strano?"
"A te Harry piace, no?"
"No. Beh... Sì, ma—"
"E tu a Harry piaci. Fine della spiegazione" Niall dice, scendendo dalla scrivania con un balzo e avvicinandosi alla porta. "Ora possiamo tornare in sala?" Le sue iridi azzurre si illuminano improvvisamente e guarda Louis con guance rosse e supplica mentre "Sai quanto amo i pranzi tra amici o parenti in periodo natalizio" spiega.
E Louis si sente tradito anche da lui.
Lo sa: Niall ha questa venerazione per il mangiare in compagnia, mentre fuori la neve imbianca ogni cosa e le musichette di Natale suonano alla radio. E per qualsiasi cosa abbia a che fare con il Natale.
È destinato a essere circondato da gente che non capisce quanto incredibilmente stupido sia farsi prendere da un qualcosa che non ha senso. Babbo Natale non esiste; le renne non esistono; i regali li fanno i genitori; ci si ingozza di cibo e poi si vive per mesi nel rimpianto di aver messo su trenta chili; la festa in sé e le vacanze che ne derivano non hanno senso perché tutta la festività nel particolare non ha senso!
È solo una perdita di tempo; è un modo come un altro per mangiare, divertirsi e perdere tempo.
E lui lo odia, se già non si era capito.
Ci manca che anche Niall palesi il fatto di essere suo nemico, in questo gioco, e Louis è definitivamente a tanto così dal buttarsi sotto una macchina.
Ma. Questo non è importante, ora.
Perché Harry ha finalmente deciso di baciarlo? Il loro è un rapporto complicato fatto di siamo migliori amici, ci piacciamo palesemente a vicenda, ma lasciamo correre la cosa perché sì. Forse Louis non ha premuto tanto sul discorso perché Harry è così tanto Harry da convincerlo a lasciar perdere. Loro due sono come il Sole e la Luna, il freddo e il caldo.
Il Natale e Halloween.
In pratica, Louis fa finta di niente e Harry non si pone il problema perché lui non si fa mai tante domande. Ma, soprattutto, perché complicherebbero un'amicizia che va avanti magnificamente.
E, allora: perché proprio adesso?
Dopo anni.
Louis sgrana gli occhi e torna in piedi, con gli ingranaggi nella testa che spediscono fumo ovunque. Niall lo fissa quasi spaventato, una mano sulla maniglia della porta. Il maggiore non ci fa caso e un mezzo sorriso gli colora il volto. "Fa parte del suo piano" dice, a bassa voce.
"Eh?"
"Il suo stupido piano." All'occhiata confusa di Niall, Louis rotea gli occhi e lo rende partecipe delle proprie conclusioni. "Harry continua a ripetere che mi farà amare il Natale, o qualcosa del genere, e io credo che—"
"Ma tanto lo dice ogni anno."
Louis assottiglia lo sguardo. "Mi lasci finire?"
"Scusa tanto."
"Dicevo, io credo che questa cosa di baciarmi sia stato il suo asso nella manica."
Niall inclina la testa. "In che modo, se posso saperlo?"
"Ah, boh. Non sono Harry. Però magari ha collegato le cose e un suo bacio, ricevuto a Natale, mi farebbe automaticamente adorare la festività perché ha fatto da sfondo alla cosa."
"E ha funzionato?"
Louis si guarda, fingendo di cercare una qualche differenza o particolare memorabile. Poi ghigna. "No. Odio ancora il Natale."
"Sei una persona stupida. Odi una cosa fantastica solo per il cavolo di trauma che hai subito da piccolo. E parli di un semplice bacio con Harry come se avesse attentato alla tua vita." Il biondo appoggia la schiena alla porta e sbuffa. "Che palle."
"Non è un cavolo di dramma" Louis sibila. "Se permetti, aver visto mio padre picchiare mia madre il giorno di Natale è abbastanza per farmi detestare questa stronzata."
"Eri piccolo, Lou. Quel coglione è disperso chissà dove e tua mamma è finalmente felice con un uomo che lo ama e padre di tutti i suoi altri figli."
"Sì, va beh" si affretta a chiudere il discorso. "E, per quanto riguarda Harry, non ne parlo in quel modo. Sono solo un po' sconvolto dalla cosa."
Niall ha la tipica espressione di chi non ne può più e Louis lo guarda con la medesima solo per irritarlo maggiormente. Poi, il biondo ribatte con un tono di voce ovvio. "Allora fai il suo gioco."
Louis alza un sopracciglio. "Che intendi dire?"
"Se davvero Harry l'ha fatto per mandarti in frantumi il cervello e mischiare questa cosa che provate l'uno per l'altro con la magia del Natale, tu puoi benissimo agire al suo stesso modo."
Agire al suo stesso modo.
Significa provocare, giocare e cogliere Harry impreparato.
"Perché mi consigli una cosa del genere? Tu non stai dalla parte di Harry?"
Niall rotea gli occhi e indica alle sue spalle con un gesto ovvio. "Io voglio solo andare a mangiare, Lou."
~
Make my wish come true:
all I want for Christmas is you.
Lui sente la profonda necessità di rivelare alle sue sorelle che Babbo Natale non esiste. Non perché sia un bastardo senza cuore, ma perché è dannatamente ora di aprire loro gli occhi e di smetterla di fantasticare dietro a un ciccione vestito di rosso che si imbuca nelle case altrui per abbandonare in giro per casa regali.
Lo trova inquietante e infantile. Ma soprattutto inquietante.
Però sarebbe un fratello pessimo, se lo facesse, vero?
Fermo dove si trova, con le spalle appoggiate al muro, le braccia incrociate sul petto e un'espressione che potrebbe fare la sua bella figura solo—ed esclusivamente—a un funerale, Louis osserva minuziosamente i pacchi, delle più svariate dimensioni, accatastati ai piedi dell'albero.
Per quel che ricorda, sua madre ha sempre creduto in questa sua tradizione di ammucchiarli man mano, così che giorno dopo giorno il numero cresca in un lento avanzare, fino ad arrivare alle ultime ventiquattr'ore della vigilia in cui il tappetto del salotto si presenta interamente ricoperto di regali colorati. Johannah ha costantemente detto loro una cosa, una certezza che nel cuore di Louis ha smesso di esistere da troppo tempo: "Il regalo di Babbo Natale sarà l'unico non sotto l'albero".
Fondamentalmente, i genitori si occupano della montagna di doni alla base di quell'insulsa pianta. Mentre, quello più atteso, confidato con voci speranzose, che viene trovato magicamente la mattina di Natale solo se si è stati buoni durante i dodici mesi precedenti, è da parte del ciccione.
È sempre stato così: Babbo Natale porta un solo regalo, ai bambini buoni che si comportano bene e che credono in lui.
(Nel loro caso, cinque regali per cinque bambini. Lui compreso, anche se ripete costantemente che non è necessario.)
Come trovata – Louis deve ammetterlo – è piuttosto intelligente. E carina... Abbastanza carina. Non esiste una stanza precisa per quegli unici regali; vengono posizionati nei luoghi più disparati e mai tutti insieme. Uno può trovarsi sul divano, un altro sul bancone della cucina, un altro ancora ai piedi delle scale o addirittura direttamente fuori dalla camera da letto. Nel primo posto che Babbo Natale ha reputato adatto, insomma.
Intelligente e carina, ok.
Ma non è vero niente. Come non è vero che a Natale si è tutti più buoni e ci si ama immensamente.
Suo padre aveva amato sua madre, pensa. Forse l'aveva amata molto, ma non può dirlo con certezza, perché lui non è mai stato spettatore di attimi che possano sostenere questa supposizione.
Tantomeno il famoso 25 Dicembre.
Ricorda la voce dolce di Johannah mentre gli sussurrava all'orecchio che lo amava, che era stato davvero un bravo bambino. E che i bravi bambini ricevono sempre dei regali speciali. Sempre. E mentre lui chiedeva timidamente se ne fosse sicura, se Babbo Natale avrebbe trovato l'ingresso del loro camino senza perdersi, la voce di suo padre aveva infranto quell'attimo. Era stata una risata beffarda, orribile, a cui era seguito il tonfo emesso da questo pacco regalo di belle dimensioni piombato improvvisamente sulla testa di sua madre. Il contenuto non doveva essere pesantissimo, perché Johannah cadde in terra, colta di sorpresa, ma non sembrò che si fosse ferita gravemente.
E Louis rimase paralizzato a guardare, lei e lo scatolone, su cui spiccava il suo nome scritto con un pennarello color oro.
Ricorda quel "Smettila di riempirgli la testa con queste cazzate, donna", sibilato tra i denti.
Ricorda sua madre che si sollevava frettolosamente da terra, che si avvicinava al marito, mettendogli i palmi delle mani sul petto, con già dei singhiozzi a sfuggirle dalle labbra. "Ti prego, Carl... È solo un bambino—".
"Il bambino ha già quattro annI. Ed è ora che impari come gira il Mondo. Per quell'affare non deve ringraziare un grassone con la barba, ma il suo vecchio, che si spacca la schiena da mattina a sera per lui" aveva sbraitato quindi suo padre, afferrandola. "E per te."
Ricorda che a quel te, quasi strillato, con un ringhio che ora può solo definire feroce, seguì uno schiffo. Non il primo a cui gli capitava di assistere. E sicuramente altro... Altro che Louis non vide, perché strisciò sulle ginocchia fino alle scale per il piano di sopra. Ma non le salì: le usò solo come scudo, mentre si raggomitolava sul terzo gradino—o forse il quarto. Con le orecchie tappate dai palmi delle mani, aspettava che suo padre lo chiamasse per assicurargli che andava tutto bene.
"Lou?"
Louis sobbalza. Sbatte le palpebre un paio di volte e volta la testa di scatto verso gli occhi verdi di Harry, che lo stanno fissando con chiara preoccupazione. È fermo al suo fianco, la mano con cui l'ha scosso ancora sulla sua spalla. Ripete il suo nome di nuovo e il maggiore si scosta dal muro, annuendo, per fargli capire che è tutto a posto, che sta bene.
Ma è perché Harry non si convince e cerca di toccarlo di nuovo, che Louis si volta di scatto e "Ti ho detto che sto bene!" urla, allontanando prepotentemente la sua mano.
E Harry indietreggia, inciampando nei suoi stessi piedi; rischia di cadere a terra, ma non lo fa solo perché sono ancora sufficientemente vicini al muro. Si scontra con la parete alle sue spalle e lo guarda... Lo guarda con gli stessi occhi spaventati che vedeva sempre sul volto rigato di lacrime di sua madre, dopo che andava a trovarlo in cameretta, per promettergli che non sarebbe mai più successo nulla.
Louis sbianca completamente. "Scusami—" Il riccio si irrigidisce appena lui si avvicina. "Scusa, Dio—Scusami, Harry. Non volevo spaventarti, io—Non volevo colpirti" Louis dice, quasi sull'orlo di una crisi di pianto. O panico.
Tenta ancora di sfiorare il braccio di Harry, ma quello si sottrae e scivola di lato.
Ed è come una pugnalata dritta nel petto.
Guarda il suo migliore amico muoversi, allontanarsi, e si passa una mano sul volto. "Non volevo, Harry, davvero... Ti prego, scusami" lo supplica, non cercando più di ridurre le distanze.
Harry continua a guardarlo, massaggiandosi il braccio e quasi riparandosi da lui. Non dice niente per davvero troppo tempo, poi guarda Louis dritto negli occhi e lascia cadere le braccia lungo i fianchi. Un Harry ferito, o arrabbiato, è qualcosa che si pensa di non arrivare mai a vedere durante la propria esistenza, ma a lui sembra stia toccando proprio questo piacere.
Sostengono il reciproco sguardo per minuti interminabili, prima che il minore incroci le braccia al petto e muova un passo verso di lui. "Ti perdono" dice. "Ma solo se mi spieghi che ti è preso."
E Louis sgrana gli occhi; la sua bocca si spalanca in una o di stupore e fissa l'altro ragazzo con chiaro terrore nelle pupille. "No, io—Non era—" Ma Harry inarca un sopracciglio e deve desistere dal trovare una scusa. "Dio. Ok... Io—"
"Lou" lo interrompe il riccio. "È la vigilia di Natale e ho rinunciato ad andare allo spettacolo in piazza con le nostre famiglie solo perché non volevo lasciarti qui da solo. E non me ne pento" sottolinea. "Ma adesso dammi un motivo per non uscire da quella porta, raggiungerli e farti passare il resto del pomeriggio per i cazzi tuoi."
Louis lo guarda, sorpreso da quell'imprecazione decisamente non da Harry.
Evita di dire qualcosa di stupido, perché non vuole irritarlo maggiormente. E pensa a cosa invece potrebbe dire per spiegarsi, per far sì che non lo abbandoni – perché non vuole seriamente starsene chiuso in camera da solo, a odiare tutto.
È così... È deprimente, Cristo.
Louis si passa entrambe le mani tra i capelli e rivolge le spalle a Harry, dirigendosi verso il grande divano in salotto, strisciando i piedi sul pavimento e sedendosi tra i vaporosi cuscini con un sospiro, le palpebre chiuse. Gli fa male la testa. Sente l'amico raggiungerlo e sedersi accanto a lui, senza dire nulla, e la sua sola presenza lo conforta a sufficienza da permettergli di aprire gli occhi e reggere il suo sguardo. Uno sguardo che non è più arrabbiato, ma triste e incoraggiante.
Perché Harry è così. E trattare male Harry sarebbe semplicemente la cosa più stupida che chiunque potrebbe fare.
"Mio padre picchiava mia madre."
Lui non si ritrae da ciò che ha appena ammesso. Né l'altro lo interrompe.
"La picchiava, tanto, ed era come se lo facesse con più ferocia a ogni festività, o a ogni occasione di festa" Louis prosegue, consapevole del fatto che piangerebbe tutte le sue lacrime se osasse smettere di parlare. "Mi ricordo vagamente i miei compleanni... E sono grato, di questo. Ricordo che l'anniversario dei miei genitori veniva celebrato con occhi neri o lividi sulle braccia." Sono cose che solo lui e sua madre sanno. Ma è strano come lo stia facendo sentire meglio l'ammetterle ad alta voce, gettarle fuori da una delle finestre sigillate della sua mente per darle in pasto a qualcuno di estraneo agli eventi. "Pasqua, le vacanze estive, Halloween... E Natale. Me le ricordo quelle mattine. Mi ricordo le urla, i pianti e i regali rotti sul pavimento."
Smettila di riempirgli la testa con queste cazzate, donna.
"Io mi ricordo tutto. E non faccio apposta, davvero, ma ogni volta che penso al Natale riesco solo a vedere il volto pieno d'odio di mio padre e quello terrorizzato di mia madre, che continuava ad assicurarmi che sarebbe andato tutto bene" Louis dice, vedendo quei volti davanti a sé. "Che prima o poi anche per noi ci sarebbe stato il Natale."
Ed è stato così, no?
Carl se n'è andato – ha provato varie volte a mettersi in contatto con loro, quando Louis aveva quindici o sedici anni, ma ha dovuto darsi per vinto dopo il più che chiaro ed educato rifiuto del figlio al proposito di riallacciare i rapporti: un va' all'Inferno più che sentito.
Quindi le promesse di Johannah si sono avverate. E anche in questo momento si trova a un passo dal Natale, al fianco del suo migliore amico... Ma non riesce. Non riesce a dimenticare, ad accettare che quella magia sia davvero arrivata anche per loro. Che viva in loro ogni anno da quando lui e sua madre hanno avuto una seconda possibilità.
È stato più facile del previsto sbandierare ai quattro venti il suo passato, ma si sente comunque svuotato di ogni energia e mentalmente provato dal dolore psicologico della cosa.
Si passa i palmi freddi sul viso; guarda di nuovo Harry... E lo trova che si sta fissando le dita intrecciate delle mani, mentre mordicchia il proprio labbro inferiore con insistenza.
Louis inclina il capo. "Che c'è?"
Harry sposta gli occhi su di lui. Inspira profondamente, prima di "Lo sapevo" sussurrare.
Ed è uno scherzo, giusto?
"Cosa." Louis vorrebbe che suonasse come una domanda, ma sa che deve risultare molto più simile a un'affermazione molto maleducatamente sibilata tra i denti.
"Questo" Harry dice, muovendo le mani intorno a sé. "Il motivo per cui odi il Natale."
Louis ringrazia solo che non sorrida e che nemmeno lo guardi con uno dei suoi sguardi da Harry, mentre lo dice. Evita così di avere un pretesto per tirargli un pugno sul naso.
"Tu—E come."
Il riccio si avvicina leggermente, strisciando sul divano verso di lui. "Ne avevamo parlato un giorno Johannah e io, durante una tua partita di calcio" spiega, per niente turbato dal fatto che Louis lo sta incenerendo con gli occhi. "Lei è terribilmente grata di vederti al sicuro, ma ha sempre saputo che ci sono ancora molti pesi sul tuo cuore."
Louis si trattiene dal mettersi a urlare.
Conta fino a dieci, per calmarsi, poi solleva l'indice destro. Scuote la testa e lo riabbassa, optando per respirare lentamente—molto lentamente—ed essere comprensivo. Perché glielo deve: a Harry, ma anche a sua madre."Non mi hai mai detto nulla" si limita quindi a constatare, guardando l'altro ragazzo con un miscuglio indefinito di sentimenti che fanno a pugni tra loro, nella testa e nel cuore.
"Perché è la tua vita. Doveva essere una tua scelta parlarne o meno."
E Louis sa che Harry ha ragione. È solo troppo impegnato a considerarsi pugnalato alle spalle dalle persone più importanti della sua vita per poterlo accettare. Lo sa, ma non per questo se ne fa di buon cuore una ragione e si lascia andare ad abbracci ed emotività. Deve un attimo capire, e accettare, e lasciare le cose a un punto morto per un tempo sufficiente a farlo sentire dalla parte della ragione.
Oltretutto, a irritarlo maggiormente, è il fatto che Harry non gli stia dando consigli; non sta cercando di fargli capire cosa sarebbe giusto fare, o pensare; né tenta di aiutarlo con qualche bella frase di circostanza. No: Harry resta nel suo silenzio, conscio di non avere nulla da dire e mettendo il maggiore nella muta consapevolezza di sapere già che non c'è proprio altro da aggiungere.
Louis sa cosa riempie il silenzio, senza aver necessità di essere detto.
È passato. Vive tutto nel passato e morirà nel passato. Devi solo mollare la presa.
Si lascia cadere all'indietro, la testa rivolta al soffitto e gli occhi chiusi. Si sente sfinito, confuso, e "Avevo in mente di vendicarmi, questa sera" ammette, prima di potersene rendere davvero conto. La frase gli rotola fuori dalle labbra in un sussurro.
"Vendicarti?"
Non riesce a vedere Harry, ma è più che certo lo stia osservando con chiara confusione negli occhi, i ricci scompigliati, gli occhi verdi luccicanti e le guance rosse—perché Harry ha le guance perennemente rosse quando fa freddo... Ed è così adorabile.
Anche se pensa di avercela con lui – vuole avercela con lui – , sa quanto il suo migliore amico sia incredibilmente adorabile.
E irritante.
"Già." Louis apre gli occhi e vede il lampadario sopra la sua testa; osserva le lampadine spente e si concentra su quelle per poter continuare a parlare. "Per il tuo bacio."
Silenzio.
Sente solo silenzio per un po' di tempo, poi un fruscio alla sua sinistra e Harry compare nel suo campo visivo. Lo sta guardando con la testa inclinata di lato e un sorrisetto a curvargli le labbra all'insù. "E come avevi pensato di fare?" domanda, trattenendo a stendo una risata.
Louis fa schioccare la lingua e ci riflette un attimo, poi punta gli occhi azzurri nei suoi e "Baciandoti a mia volta" dice.
E Harry adesso è piacevolmente sorpreso.
"Insomma—" Louis continua. "Ne ho parlato con Niall, perché mi serviva capire. Ed ero arrivato alla conclusione che volevo coglierti di sorpresa, giocare al tuo stesso gioco... Ma quell'antipatico non mi ha sostenuto in alcun modo, se non mettendomi l'idea in testa, e io non—" Non cosa? Tu non avevi fottutamente idea di che fare, stupido. "Non avevo nessun piano, Harry. Ci ho pensato in questo momento e ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente."
E l'ho fatto per smetterla una buona volta di pensare al mio morboso attaccamento a ciò che è stato.
Ora si sente incredibilmente un coglione.
Il riccio appoggia il gomito al bordo del divano e si massaggia il mento, quasi ci stesse riflettendo.
Fa paura, davvero.
"E la prima cosa che ti è venuta in mente, è stata di baciarmi?" domanda. "Significa che lo faresti?"
Louis capisce troppo tardi di essersi messo alle strette da solo. Harry è un orsetto buono e tutto il resto, ma lo sta palesemente punzecchiando. E gode nel farlo! Ora rimpiange di non aver agito come aveva deciso con Niall, ma di essersi arreso così velocemente, soccombendo alla situazione e al fatto che si sente come svuotato da tutte le sue emozioni negative. Che fine hanno fatto? Non sa proprio dirlo con certezza. Sa solo che come per magia se ne sono andate... Come se fossero state trainate via da una slitta grondante regali di Natale.
Sono sparite, in un istante, afferrate con decisione dalla presenza—costante—di Harry e rese un qualcosa di marginale.
È così, no?
Suo padre è solo un brutto ricordo.
Sua madre è felice.
E il regalo di Babbo Natale che ancora oggi Johannah gli fa trovare il 25 Dicembre... Quello è uno di quei tanti regali che non ha mai potuto scartare con la sua famiglia.
Louis sta per avere un attacco isterico, davvero. Potrebbe mettersi a ridere e poi a rotolare in terra.
Concede un sorriso esasperato a Harry e "Perché me lo chiedi?" domanda.
Il riccio sfiora con finta indifferenza la manica sinistra del suo maglione rosso. Ha le fossette stupendamente in bella mostra e i ricci più animati dal solito, quasi sentissero l'energia presente nella stanza. "Perché mi piacerebbe molto se giocassi al mio gioco."
"Ma così vinceresti tu" gli fa notare Louis.
Tutti i suoi demoni stanno strisciando via, nei buchi invisibili del pavimento, spaventati dalla sconfitta inaspettata.
"Ti sembra che stia vincendo?"
E Louis si è reso vagamente conto di essersi sporto in avanti, a ogni frase detta, a ogni sguardo concesso. A ogni genuino sorriso colorato di spirito natalizio. O forse l'ha fatto consapevolmente, perché Harry è qui, a un battito di ciglia da lui, e lo sta guardando con un sorriso da orecchio a orecchio e le guance schifosamente rosse.
Non gli è mai importato perdere: a lui spaventava l'idea di doversi scontrare con i mostri della sua infanzia, con quei grandi perché che l'hanno accompagnato per tanti anni.
Ma adesso, mentre muove la mano sinistra per intrecciare le dita a quelle di Harry, mentre le punte dei loro nasi si sfiorano, capisce che è stato un confronto più facile del previsto. Qualcosa che avrebbe dovuto affrontare molto tempo prima, quando ancora era troppo accecato dall'odio per accettare la luce.
"Sì, Haz."
Quando non era ancora pronto per baciare il suo migliore amico circondato dalla magia del Natale.
* Avevo intenzione di modificare il nome della madre di Louis, essendo il personaggio ispirato alla vera Johannah Deakin e considerando le tristissime circostanze di nemmeno due anni fa, ma poi ho deciso di lasciare il testo com'era sperando che questo non venga letto come un'insulto nei confronti di quella bellissima donna, deceduta in età così giovane.
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