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Capitolo VII

Capitolo VII


Da mercoledì a sabato fu un percorso lungo ed estenuante, fatto di stress per colpa del signor Stark - che non faceva altro che prendersela con Tony, ricordandogli insistentemente quanto avesse ancora da imparare per diventare almeno la metà di lui e puntualmente Tony rispondeva, ogni volta che l'uomo se ne andava, rivolto a Peter: «Se divento come lui, promettimi che mi ucciderai» - di zia May che non voleva partire più per paura di lasciare solo Peter e lui le ricordava che ormai aveva quasi diciotto anni e se la sarebbe cavata e infine dei criminali che, puntualmente, avevano deciso di moltiplicarsi in quei giorni, e Peter aveva iniziato ad odiare l'idea di essere Spider-Man (lui, che adorava esserlo, specie ora che Tony aveva iniziato con lui quella... cosa? Non sapeva proprio come definirla.).

Preparò schifezze varie, in attesa dell'arrivo di Tony: patatine, popcorn, in po' di tramezzini e delle bibite gassate, tra cui una birra che magari l'altro avrebbe bevuto, o magari no ma voleva essere previdente.

Tony arrivò puntuale. Quando Peter aprì la porta, non riuscì a trattenere un sorriso. Non aveva avuto molte occasioni di vederlo fuori dai suoi soliti abiti eleganti ma sportivi.

Portava una maglietta dei Doors e non aveva messo la gelatina. I capelli gli si arricciavano sul davanti e gli davano un'aria di distratta eleganza. Poi, per concludere, aveva deciso di togliere le lenti a contatto e aveva infocato gli occhiali da vista, quelli color ambra che Peter sperava sempre di vedergli su, perché gli piaceva troppo quando li portava.

«Tu ridi. Ci sarebbe da piangere, Peter», sbuffò divertito Tony, poi entrò in casa e si chiuse la porta alle spalle.

«E perché?»

«Ennesimo litigio con mio padre. Dice che esco troppo ma... indovina un po'? Appena gli ho detto che sarei uscito con te ha cambiato faccia», rispose l'altro con un sorriso che aveva tutto fuorché entusiasmo, poi sbuffò mentre poggiava lo zaino sul letto, «Ti adora proprio.»

«Non è reciproco, se può interessarti», si sentì di dire Peter e fu felice di ricevere in cambio una risata.

«Per quello siamo amici», disse, poi batté le mani e si guardò intorno, «allora? Che si fa? Hai preparato un programma per la serata? Io non dormo di notte, quindi aspettati una lunga notte.»

Peter alzò le spalle: «sono un animale notturno, lo sai. Ho preparato qualcosa da mangiare e... qualche film da vedere o se vuoi possiamo giocare a qualche gioco da tavola, ma in due...»

«Non dovevamo vedere quel filmetto con i draghi?», rispose Tony, interrompendolo.

Peter alzò le spalle e sorrise un po' a disagio. «Preferirei vedere qualcosa che va ad entrambi», disse.

«Ce la siamo giocata, e tu hai vinto! Non mi sembra il caso di mettersi a fare le mammolette, adesso», controbatté l'altro, con un sorrisetto che, a dire il vero, fece sentire Peter un po' a disagio. Lo sentì come se lo stesse un po' prendendo in giro, dandogli del debole, ma non in modo scherzoso come avrebbe fatto in altre occasioni. Notò un pizzico di cattiveria, in quella frase.

«Le mammolette?», chiese e Tony si voltò a guardarlo, mentre apriva una confezione di patatine e ne prendeva un paio, che mangiò con zero grazia.

«Be', sì. I film da mammoletta. Da deboluccio!», continuò e Peter notò che stava cercando di rimediare, smorzando un po' quel tono di voce superbo che improvvisamente gli aveva ricordato i primi tempi in cui aveva iniziato a frequentare la Interniship degli Avengers.

«Nel senso che non sono come il tuo Spider-Man?», chiese, risentito, e la schiena di Tony si fece subito ritta, come se lo avesse attaccato sul personale, nominando Spider-Man. Come se il suo alter ego fosse roba sua che nessun altro poteva toccare.

«Che c'entra Spider-Man, adesso? Lo vedi che sei geloso?», cercò di ironizzare.

«E di cosa dovrei mai essere geloso?» Visto che siamo la stessa persona?

«Del fatto che mi viene dietro, tipo. Che, in qualche modo, mi abbia trovato interessante e mi cerchi per salvarmi tanto che abbiamo finito per baciarci sul tetto di un palazzo. Da te non è mai venuto, no? Insomma, al posto tuo sarei geloso.»

«Tony, sei serio?»

«Un po'. In verità lo penso, che tu sia un po' geloso della cosa. Da quando te l'ho detto ti comporti in modo strano. Sei tu quello che ama i supereroi come figure mitologiche, e magari è per quello che sei strano. Pensi che poteva succedere a te e invece è successo a me.»

«Tu non sai proprio niente di niente su di me, Tony. E sei tu quello che ha una cotta per un tizio nascosto da una maschera, non io», ribatté, un po' stizzito, e Tony poggiò il sacchetto di patatine sulla sua scrivania.

«E allora? La verità è palese, sei geloso!»

«No, sai qual è la verità? Che tu hai paura, Tony. Ti piace Spider-Man perché non sai chi c'è dietro quella maschera e non lo vuoi nemmeno sapere. Ti rassicura il fatto che lui non sia nessuno , perché implica il non totale coinvolgimento emotivo, che ti spaventa tanto», disse, infine e si sentì libero quanto in colpa per averlo fatto a quel modo.

Tony lo guardò con la fronte corrugata, in quella sua solita espressione scetticismo, sicura e spavalda, che con Peter non funzionava più.

«Di cosa dovrei avere paura?»

«Dei legami», rispose secco. Ormai era in ballo e tanto valeva ballare. Gli avrebbe detto tutto. Ma proprio tutto. Forse persino chi era.

«Se avessi paura dei legami non sarei qui, no?», controbatté Tony, stizzito, incrociando le braccia al letto e proseguendo con quella pantomima di un'anima senza cuore, senza sentimenti.

«Con me è diverso.»

«No!», lo zittì ancora il più grande, puntandogli un dito addosso e strinse i denti. Li strinse forte, e si vedeva che era per reprimere qualcosa. «Non è diverso. Non lo è. Non hai idea di quello che stai dicendo, Peter. Non ne hai proprio idea», lo ammonì.

«Allora spiegami. Spiegami perché ti riesce così naturale lasciarti andare con uno sconosciuto, dietro ad una maschera, con cui sei certo di non avere un futuro e di cui hai così paura di conoscerne l'identità da fartelo andare bene così. Dammi una spiegazione diversa da quella della paura dei sentimenti».

Tony si zittì, lo fissò solo tanto intensamente da fargli del male. L'orgoglio era talmente forte da infuocare la faccia di rabbia, di umiliazione ma la verità prima o poi sarebbe dovuta uscire fuori, specie perché per Peter quella situazione con Spider-Man stava diventando insostenibile e, soprattutto, senza alcun futuro.

«Vuoi che ti dimostri che non è così?»

«Non è a me che devi dimostrare qualcosa,», si sentì di rispondere, poi indurì la mascella, «Ma a te stesso»

Tony parve percorrere quella distanza che li separava di corsa. Lo raggiunse e lo fronteggiò, e Peter non seppe se il suo intento era quello di fargli paura o di picchiarlo o chissà che cosa.

«Non farmi fare cose di cui mi pentirei. Non farmi rovinare tutto.»

Nella testa di Peter esplose un'enorme, gigantesca consapevolezza ed ebbe paura di Tony per la prima volta nella sua vita. Gli stava dicendo che provava qualcosa per lui? Che ricambiava i suoi sentimenti? Eppure aveva sempre nascosto così bene quella cosa e... Spider-Man? Questo andava a sommarsi a tanti di quei dubbi... ma anche a delle certezze che Peter non avrebbe mai pensato di avere e quando Tony sembrò intenzionato ad accorciare le distanze tra i loro sguardi fu il panico.

Panico.

Non poteva baciarlo. Non poteva. Avrebbe capito.

Avrebbe capito chi era, che stava per baciare la stessa persona che indossava quel costume che tanto lo rassicurava perché nascosto. Che rassicurava entrambi, a dirla tutta. Due patetici cacasotto incapaci di gestire le emozioni e i sentimenti. Ed ora che stava per ricevere ciò che desiderava da tempo - e che da Peter Parker non aveva ancora ricevuto - non seppe che fare.

Avrebbe dovuto allontanarsi? Avrebbe dovuto lasciarlo fare e sperare che non se ne sarebbe accorto?

Che stupido, Peter. Come può non accorgersene uno come lui che sta attento a qualunque cosa? pensò, e spalancò gli occhi, inerme.

Lo desiderava ma non poteva, non poteva!

Tony lo prese per le spalle, saldamente. Forse impaurito all'idea di pentirsi, di bloccarsi e appurare l'ipotesi che Peter gli aveva sputato davanti. Fu solo più difficile abbassare gli occhi quando incontrò i suoi, così scuri e penetranti, che persino le lenti non riuscivano a toglierne la lucentezza.

«N-non lo fare.»

Tony sbuffò una risata leggera: «Non sembri convinto a volermi fermare.»

«Non lo sono, ma... te ne pentirai, Tony. Ce ne pentiremo e... non vorrai più vedermi e poi...»

Tony si avvicinò di più. Come se quelle parole avessero avuto l'effetto contrario. Invece di incentivarlo a fermarsi lo avevano solo convinto di più. Peter sentì un pizzico impercettibile sulle sue labbra, e sebbene non era la prima volta che le sentiva sulle sue, ebbe comunque un brivido lungo tutta la spina dorsale.

Tony Stark stava baciando Peter Parker e non Spider-Man. Per la prima volta in vita loro avevano aperto uno spiraglio di sentimenti che Peter sapeva se ne sarebbero pentiti amaramente.

«E Spider-Man?», gli chiese, stupidamente, sulle sue labbra in un sibilo, mentre gli occhi andavano a cercare quelli di Tony e quando li trovarono scapparono via, altrove, per poi tornare come attratti da una calamita.

«Chi se ne frega di Spider-Man», gli sibilò l'altro e fu l'ultimo campanello d'allarme prima di vedere tutto nero, e sparire dietro a quel bacio, che fu tutto. Fu come un velo nero che lo ricoprì, che lo circondò come una coperta e tremò in gola con la paura di essere scoperto, di essere odiato.

E quando fu certo di aver raggiunto un punto di non ritorno e si rilassò, sollevato che non se ne fosse accorto, Tony lo spintonò via e tutto ciò che Peter poté sentire fu tanto, tanto dolore.

Nel cuore, nel petto, nell'anima. Nell'orgoglio.

Fine Capitolo VII

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