Capitolo VI
Capitolo VI
«Sei geloso», constatò Tony, e Peter seppe che non aveva seriamente capito niente.
Non era geloso. Era felice, triste, esaltato, depresso, su di giri e di cattivo umore e tutto in un solo stato d'animo. Perché Tony aveva una cotta per lui, forse era addirittura innamorato, ma non di lui. Era la sua controparte quella di cui l'amico era infatuato e Peter non avrebbe mai voluto dovergli dire che se Spider-Man lo amava... era perché lui lo amava. Da sempre, da una vita, da un secolo. Da quando gli aveva visto passarsi la mano tra i capelli quel giorno in cui lo aveva conosciuto alla Stark internship.
«Tony, per favore», sbuffò, continuando a scrivere le formule chimiche sul quaderno, senza ormai uno straccio di concentrazione. «Se fosse così ti dovrei odiare per tutte le volte in cui lo incontri. Non sono geloso, sono stupito dal fatto che accada tanto spesso... e che tu abbia una cotta per qualcuno di cui non conosci nemmeno l'identità.»
«Non ho una cotta per lui!», sbuffò Tony polemico, e quando Peter alzò lo sguardo su di lui con la fronte corrugata, distolse lo sguardo. «Okay, forse sì ma questo non toglie che non è una cosa seria. Insomma, Peter! Ci siamo baciati ma questo non significa che io e quel coso stiamo insieme.»
«No, ma... non credo che Spider-Man se ne vada in giro a baciare tutte le persone che salva... dietro quella maschera c'è una persona, con una vita privata e dei sentimenti che non ti sono dati conoscere. O no?»
«Ha di certo senso, però... senti, non mi voglio complicare la vita. Sto solo cercando di godermi la cosa con la dovuta calma. So che non potrò mai avere una relazione con un supereroe, figuriamoci se lui poi mi rivela la sua identità di sana pianta! Sarebbe davvero il colmo!»
Lui vorrebbe , pensò Peter, mordendosi un labbro, felice che Tony non potesse vederlo visto che era tutto preso a fissare il cellulare. E vorrebbe dirti tante di quelle cose che sta scoppiando...
«Tu che hai invece? Sei strano. - Peter aprì bocca per dire di no e Tony lo bloccò con un gesto della mano - Non dire di no. Se lo dici sei un bugiardo.»
Peter lanciò malamente la matita sulla scrivania mandando al diavolo l'idea di continuare a studiare, poi si prese la testa tra le mani e si arruffò i capelli.
«Non ho niente. Niente in particolare. Sono stressato, perché ho un sacco da fare, tante cose per la testa e tuo padre mi mette pressione... insomma, ho bisogno di riposare. Di... dimenticare un po' di cose», ammise, e gli lanciò giusto uno sguardo, prima di tornare a riprendere la matita perché dopotutto doveva studiare per il compito dell'indomani.
Tony alzò le spalle, lo vide con la coda dell'occhio.
«Questo weekend usciamo. Facciamo qualcosa. Andiamo tipo alla villa a Malibu dei miei.»
«E chi ce li ha i soldi per andare a Malibu?», rise Peter, convinto che quella fosse l'ennesima proposta che Tony buttava lì senza poi fare un fico secco.
«I miei. Insomma, se gli dico che voglio andarci e nomino te, mio padre come minimo mi lascia disponibile mezzo patrimonio di famiglia da utilizzare a fondo perso. Sai quanto ti adora. Se potesse adottarti e disconoscere me lo farebbe.»
«Non ho piacere nell'essere figlio di tuo padre», rise ancora Peter, poi aggiunse. «Senza offesa.»
«E chi si offende... è la verità. Okay senti, forse Malibu è un po' estremo e me ne rendo conto, ma facciamo qualcosa per davvero. Andiamo in un posto che piace ad entrambi. Che ne so... non c'è una di quelle fiere stupide che ti piacciono tanto?»
«E che tu odi a morte?», rise Peter, poi arricciò le labbra; «Senti, perché non... vieni da me? Questo weekend zia May è da zia Sarah e... sono da solo. Se ti va, possiamo fare una specie di serata nerd e magari puoi dormire da me, se ne hai voglia», propose e ci mise tutto se stesso nel cercare di non immaginare lui e Tony nella stessa stanza, magari in pigiama, magari seduti sul letto a guardare un film e finire a pomiciare come due adolescenti alle prime armi... un po' come succedeva quando era nelle vesti di Spider-Man, insomma.
Tony gli lanciò un'occhiataccia che lo spiazzò per qualche secondo, poi annuì e alzò le spalle: «Meglio di niente.»
«Cos- meglio di niente cosa?», grugnì, poi gli lanciò l'astuccio quando lo vide scoppiare a ridere e mettere su quell'espressione divertita che lasciava sempre Peter col cuore per aria.
«Ma... ti va una partita a Basket qua sotto?», domandò Tony, improvvisamente.
Peter alzò le sopracciglia. «E il lavoro?»
«Riprendiamo dopo, ora non ne ho proprio voglia. Dai, facciamo una pausa. O hai paura che ti stracci di nuovo?»
Peter rise sornione, raccogliendo la provocazione: «No, ho solo paura di farti male!»
ᏖᎧᎮᏋ
Non era la prima volta che si dedicava a una partita a Basket nel cortile del quartier generale che, straordinariamente, offriva un campetto sul retro niente male, che non aveva nulla da invidiare a un vero e proprio campo da basket da strada, difatti il cesto era più basso rispetto al normale e l'area era meno larga.
Peter si sistemò sotto al canestro e Tony gli si posizionò davanti, con la palla appoggiata su un fianco, che lo guardava ridendo.
«Che avrai da ridere, dico io? L'altra volta ti ho stracciato!», commentò Peter, e l'altro rise, meno apertamente di prima, però. Aveva incassato male il colpo.
Però era vero, lo aveva stracciato ma, dopotutto, lui era Spider-Man e si era dovuto pure trattenere. O gli avrebbe fatto malissimo.
«Stavolta vinco io, ne sono certo!»
«Solo perché sei di buon umore non vuol dire che vincerai! Non voglio rovinarti la giornata, Tony», rispose, anche se quell'intraprendenza gli usciva sempre con una certa goffaggine.
«Ci giochiamo il film da vedere sabato. Io opto per VelociPastor !»
«No, per favore, non uno di quei tuoi film trash! Facciamo che vediamo How To Train Your Dragon ?», propose, e l'altro lo guardò come se avesse nominato un libro satanico. Ovviamente, come ogni cosa comune, non la conosceva.
«Uno di quei tuoi filmetti per ragazzine?», lo prese in giro e Peter, con uno scatto, gli rubò la palla. Cercò di essere meno veloce possibile, solo per sembrare una persona normale.
Cominciò a palleggiare davanti a sé, passandosi la palla da una mano all'altra, per nulla intenzionato a fargli prendere in giro i suoi film preferiti, men che meno quelli con i draghi e Tony, negli occhi, fece ardere il fuoco della competizione. Una fiamma così forte che lo fece sorridere. Era bellissimo. Continuò a passarsi la palla da una mano all'altra, poi scattò di lato e Tony si precipitò con le mani alzate per poterlo bloccare dal tirare da una distanza abbastanza forte da assegnargli tre punti, ovvero il suo obiettivo.
«A quanto arriviamo?», chiese, ritraendosi per non lasciarsi derubare.
«Dodici punti!», esclamò Tony e Peter, senza nemmeno aspettare, annuì debolmente per approvare quel punteggio e scattò dall'altro lato, quello debole di Tony, il sinistro (siccome era destrorso) e, prima che potesse braccarlo anche solo da dietro, fece un salto e tirò, facendo subito canestro.
«Questi sono tre, Stark!», esclamò e lui fece un suono di disapprovazione con la lingua.
«Facciamo che non esistono tiri da tre punti in questo caso?»
«Oh, hai paura che possa farne dodici in solo quattro canestri?»
«Sai che ti dico, teniamoceli questi tre punti, che ti voglio stracciare, maledetto stronzo!», rispose Tony, e gli rubò inaspettatamente la palla, prendendolo in un momento di distrazione, dove si stava godendo quelle rimbeccate reciproche che lo divertivano. Tony si voltò e tirò dalla stessa distanza ma nell'altro canestro, centrandolo. Si voltò a guardarlo con un sorriso da stronzo insopportabile.
«Sì, teniamoli!», esclamò.
«È l'ultima volta che te lo lascio fare», asserì Peter, e si leccò le labbra, bramando quella palla che, in un battibaleno, fu nelle sue mani. Si avvicinò al canestro, per farsi rincorrere, poi fece uno scatto all'indietro, tirando di nuovo dall'area da tre, e fece canestro. Vide chiaramente la faccia di Tony rabbuiarsi. Sudava già e era stanco.
Palleggiò un altro paio di volte, cercando di non fargli prendere la palla, e ci riuscì di nuovo, riuscendo a fare canestro ancora, e poi ancora.
E poi ancora.
«Basta!», esclamò Tony, improvvisamente e quando si voltò lo trovò piegato su se stesso con le mani sulle ginocchia. Si avvicinò con la palla tra le mani e sorrise ma, quando fu troppo vicino, quello gliela prese dalle mani, si voltò e segnò altri tre punti, per poi sedersi a terra, a gambe incrociate.
Li dividevano tre punti. Non era nelle condizioni di continuare.
«Hai vinto, cristo santo. Possibile che tu non stia nemmeno sudando? Mi fai schifo, Peter!», esclamò Tony visibilmente irritato e, quando Peter gli mostrò la mano per aiutarlo ad alzarsi, la prese ridendo. «Vedremo quel filmetto per bambini, allora. Maledizione, ti odio!», esclamò.
Peter scoppiò a ridere, reclinando la testa all'indietro. «E io odio te!», mentì e, ridacchiando come due idioti, tornarono nel loro laboratorio, a lavorare.
Si sentì bene, anche se l'ombra delle bugie che stava raccontando lo copriva non facendogli godere troppo quella felicità.
Fine Capitolo VI
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